Bankitalia, il rialzo dei tassi rallenta i prestiti

Il rialzo dei tassi della Bce frena i prestiti delle banche alle imprese. Nel suo ultimo bollettino la Banca d’Italia fa il punto sulla situazione del comparto del credito e dell’economia a inizio 2023 e rileva che gli istituti di credito italiani sono ben attrezzati in termini di capitale e liquidità con una base di depositi stabile, e hanno avuto contraccolpi “contenuti” per le crisi di Credit Suisse e Svb causate anche dalla fuga dei risparmiatori.

La stretta della Bce non avrebbe inficiato una lieve ripresa del Pil dei primi mesi dopo la stagnazione di fine 2022. Fa ben sperare infatti il rimbalzo della produzione industriale sospinta dal calo dei prezzi dell’energia mentre i consumi delle famiglie sono stazionari dopo il salasso dei mesi precedenti a causa delle fiammate inflazionistiche e del caro bollette.

Per il momento, dopo il decennio di tassi zero e credito in abbondanza (con la lunga parentesi Covid), la cinghia si sta stringendo: a febbraio il credito al comparto privato è sceso del 3,1% con un -7,5% per le imprese mentre i prestiti alle famiglie sono risultati a a -0,1 per cento, principalmente per il rallentamento dei mutui per l’acquisto di abitazioni. Non sono solo i tassi alti a scoraggiare la richiesta di finanziamenti ma anche un inasprimento delle politiche di concessione del credito da parte delle stesse banche. Se infatti, come si diceva, i contraccolpi delle tensioni si sono spenti (e i titoli bancari hanno recuperato le perdite), “le autorità di vigilanza europee e nazionali continuano a seguire da vicino l’evoluzione della situazione” delle banche. La media degli istituti italiani (vi possono certo essere sempre singole situazioni di debolezza) presenta comunque dei punti di forza. Proprio i continui richiami della vigilanza e del mercato le hanno spinte a smobilizzare la gran parte dei loro crediti deteriorati e rafforzare il capitale i cui indici ora sono “più elevati della media delle maggiori banche europee”. Anche l’altra possibile ‘mina’, le minusvalenze del portafoglio di titoli di debito, spiegano gli esperti dell’istituto centrale “emergerebbero solo nel caso in cui le banche si trovassero nella necessità di vendere i titoli prima della scadenza”. Una eventualità “poco probabile” e “molto al di sopra dei minimi regolamentari. Aiuta anche la natura ‘tradizionale’ delle banche italiane che a volte può rappresentare un peso ma che in questo caso è un indubbio vantaggio: più della metà dei depositi è sotto i 100mila euro. Sono per la gran parte soldi in conto corrente e non investimenti, quindi meno soggetti a movimenti bruschi verso rendimenti più elevati (come nel caso di Svb o Credit Suisse).

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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