Imprese, in Abruzzo dal 2014 al 2019 ne sono state perse 3.000

La perdita di 3.000 imprese in Abruzzo dal 2014 al 2019, che in valori percentuali e’ stata pari a due volte e mezzo quella italiana, e’ da ascrivere in larga misura al settore dell’artigianato ed e’ determinata soprattutto dall’andamento di tre attivita’ economiche: le costruzioni che, in valori percentuali, flettono in misura doppia rispetto al valore medio nazionale; le attivita’ di alloggio e ristorazione che, in valori percentuali, crescono la meta’ di quello italiano; l’agricoltura che nella sola provincia di Chieti decresce di ben 1.091 unita’, decrescita molto alta dovuta sia al numero elevato di imprese agricole presenti in questa provincia (32 per cento contro il 14 per cento nazionale ) che alla flessione percentuale altissima che supera del 50 per cento quella nazionale. Lo rivela l’ultimo rapporto del professor Aldo Ronci sull’andamento dell’economia abruzzese. Secondo queste analisi la flessione sarebbe stata comunque molto piu’ pesante se la provincia di Pescara non avesse registrato un incremento di 634 unita’ influenzata: dalle attivita’ di alloggio e ristorazione, dalle attivita’ tecniche, dai servizi alle imprese e dalle attivita’ immobiliari che, in valori percentuali, crescono tutte piu’ del doppio rispetto ai valori regionali; dal commercio che, in controtendenza sia al dato nazionale che a quello delle altre tre province, riesce a crescere. Nel report si evidenzia che il fenomeno del forte calo delle imprese caratterizza non solo i comuni montani ma anche 52 Comuni non montani che sono ubicati nella fascia costiera. I dati numerici al riguardo denunciano un fenomeno nuovo che, quindi, va approfondito, soprattutto se si tiene conto del fatto che, tale calo, procede in parallelo con lo spopolamento che ha anch’esso interessato, nello stesso periodo, i comuni non montani siti nella fascia costiera.

“Alla luce dei dati esposti e delle considerazioni emerse – sostiene Aldo Ronci- se si vogliono evitare provvedimenti occasionali legati alla funesta logica particolaristica praticata da decenni senza risultati apprezzabili, non resta che adottare una metodologia programmatoria che elabori un progetto che attivi uno sviluppo regionale armonico e che faccia si’ che tutti gli interventi e le risorse siano coerenti con quel progetto. Allo stato si ha l’opportunita’ da parte della Regione di adottare lo strumento dell’Agenda urbana che, meglio di qualsiasi altro, potrebbe avviare uno percorso di sviluppo armonico ed equilibrato di tutto il territorio abruzzese. L’Agenda urbana in Italia, a oggi, a livello delle singole Regioni, e’ declinata in forma molto libera e diversificata e la regione Abruzzo nel Por Fesr 2014-2020 (Piano operativo regionale) ha individuato come sistema urbano cui destinare queste risorse le sole quattro citta’ capoluogo Chieti, l’Aquila, Pescara e Teramo, che non sembra rispondere alle esigenze di uno sviluppo armonico ed equilibrato del complesso sistema socio economico di tutto il territorio abruzzese. Merita attenzione la proposta di realizzazione dell’Agenda urbana abruzzese che, secondo uno studio del dipartimento di Architettura dell’Universita’ “G. D’Annunzio” coordinato dal professor Roberto Mascarucci, prevede la suddivisione del territorio regionale in 7 Aree urbane funzionali che fanno riferimento alle citta’ medie di Pescara-Chieti, Teramo, L’Aquila, Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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