Secondo le stime diffuse dall’Istat, nel 2025 le retribuzioni cresceranno più dell’inflazione, ma il recupero del potere d’acquisto perso negli ultimi anni richiederà ancora tempo. A settembre 2024 i salari reali risultavano inferiori di 8,8 punti rispetto a gennaio 2021. A fine anno la crescita delle retribuzioni monetarie è stimata al 2,9%, a fronte di un’inflazione acquisita dell’1,6%, con una perdita reale ancora significativa.
Anche la Fondazione Di Vittorio evidenzia una riduzione consistente del potere d’acquisto: tra il 2021 e il 2024 i salari del settore privato avrebbero perso circa 6.400 euro, quelli del settore pubblico 5.700 euro. Parallelamente il mercato del lavoro resta dinamico: secondo l’Istat, nel 2025 l’occupazione in termini di Ula crescerà dell’1,3%, un ritmo superiore a quello del Pil (0,5%). Tale andamento riflette la maggiore convenienza del lavoro per le imprese, la necessità per le famiglie di incrementare il reddito e la permanenza più lunga al lavoro delle fasce d’età mature. Il Censis rileva che l’aumento degli occupati nel biennio 2023-2024 è dovuto in larga parte agli over 50, che rappresentano l’84,5% della nuova occupazione.
Nel rapporto, l’Istat indica che le retribuzioni lorde pro capite mantengono un andamento positivo, seppur in rallentamento. Per il 2025 è prevista una crescita del 2,9%, mentre nel 2026 l’incremento stimato è del 2,4%, con margini più ridotti per recuperare il potere d’acquisto perso nel biennio 2022-2023. Il tasso di disoccupazione dovrebbe scendere al 6,2% nel 2025 e al 6,1% nel 2026.
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