Curare e prendersi cura. La lezione della Sanità

di Ruggero Parrotto*

La pandemia non è solo una sfida sanitaria. Fatta di tempi, di strategie, di analisi, di scelte. E’ un banco di prova per i sistemi istituzionali, per la politica, per la Pubblica Amministrazione. Ed è un grande appuntamento con la storia. L’Italia è stata reattiva, ma si è fatta trovare impreparata e disorganizzata. Come capita spesso, la crisi ha esaltato le qualità e la generosità di tante nostre persone. Ma ha messo a nudo l’inadeguatezza di una classe politica spesso distratta, superficiale, lontana dalla realtà. I tagli lineari e indiscriminati nella sanità, ad esempio, decisi negli ultimi anni, sono lì a dimostrarlo: come accade spesso nelle organizzazioni, sono il segnale della resa, dell’incapacità di scegliere. Sono la fuga dalle responsabilità. Questo non è mai accettabile, neanche quando si parla di organizzazioni profit e di sistemi ispirati dall’esclusivo vantaggio finanziario. Men che meno quando vi è in gioco la cosa pubblica, l’interesse collettivo, la vita delle gente.

Con i nostri ritardi, con le nostre incertezze e le polemiche che fanno sempre da contorno, anche l’Italia alla fine vaccinerà la maggioranza della popolazione. Ci vaccineremo per diversi anni e la pandemia verrà messa alle spalle, con i suoi tanti morti e feriti, con le sue code psicologiche, sociali ed economiche. La gente gradualmente tornerà ad incontrarsi, a frequentarsi. Si tornerà ad andare in vacanza, al ristorante, in palestra, al cinema, a teatro, forse anche più di prima, perché quelle cose ci stanno mancando tanto. E non a caso, le aree marketing delle grandi multinazionali sono al lavoro da mesi per trovare i messaggi giusti, per ribaltare la prospettiva, per scommettere sul “riscatto collettivo”.

Una trama che alimenta speranza, rassicurante e liberatoria.

Ma quale sarà il futuro del Paese? Come si vivrà nei prossimi anni? Quali saranno i valori guida, le regole di ingaggio? Ci sarà spazio vero per i giovani, per le donne, per chi vuole fare impresa? Si faranno gli investimenti giusti, in tempi congrui? Si darà il giusto spazio al rispetto dell’ambiente, si darà la giusta attenzione alle fasce deboli? Si investirà per davvero nella tecnologia utile, nella scuola, nei trasporti di nuova generazione? Lo smart working sarà per davvero intelligente? Si riuscirà ad investire nella competenza, nella serietà, nella leadership di chi governa le istituzioni, le grandi imprese, le grandi organizzazioni? E ancora, cosa si farà di concreto per chi ha perso il lavoro, e per chi faceva fatica già prima della crisi? Come si aiuteranno le imprese in difficoltà, o chi non ce l’ha fatta? Quali tutele si metteranno in atto per evitare che la malavita organizzata o le reti finanziarie senza scrupoli acquisiscano a prezzi di saldo imprese eccellenti costrette a fallire? In sintesi, riusciremo a sfruttare la lezione, gestendo con la stessa serietà l’emergenza e le scelte strategiche?

Il vaccino salverà tanta gente e rimetterà in moto l’economia dei consumi. Ma non ci salverà dalla deriva culturale, sociale e politica.

Per affrontare seriamente queste sfide serve un cambio di paradigma. Bisogna curare e prendersi cura.

La politica dovrà prendere lezioni dalla Sanità. Da anni i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari si confrontano e si scontrano intorno a queste due dimensioni inscindibili. Ed entrambe indispensabili.

Per curare serve sapere e saper fare. Serve la competenza, l’esperienza, la concretezza, la determinazione. Per prendersi cura serve saper essere. Bisogna ascoltare, capire, mettersi nei panni, interpretare i bisogni, dare senso e accogliere. Se la vita delle comunità passa dalle scelte che vengono fatte, dalle decisioni che si prendono, dall’attenzione vera verso le esigenze delle persone, dalla capacità di creare opportunità per tutti, dalla contagiosa passione dei giovani, dall’esempio di tanti silenziosi cittadini che fanno la propria parte, allora ci troviamo di fronte a un quadro straordinariamente complesso. Serve un cambio di passo epocale.

Alcuni malati di cancro affermano che la paura di non farcela è terribile come il male che li ha colpiti. E che l’abbraccio del chirurgo, quel momento lì, è stato decisivo. Una scossa, un brivido che entra nelle ossa, nei muscoli, nei tendini, nella testa.

Dobbiamo essere più seri, più preparati, più coraggiosi, e anche più onesti. Ma soprattutto dobbiamo innamorarci del nostro futuro. Dobbiamo dedicarci alla bellezza, alla qualità e all’autenticità dei rapporti. Dobbiamo diventare fieri dei nostri successi. Dobbiamo isolare i delinquenti, e rendere la vita più facile alle tante persone per bene, che ogni tanto sbandano e vanno incoraggiate, abbracciate. Dobbiamo far accadere cose concrete e raccontarle, dedicando meno tempo prezioso alle polemiche. Dobbiamo gridare con l’esempio, con i comportamenti esemplari. Dobbiamo scuotere le coscienze.

Dobbiamo curare e prenderci cura dei problemi. Dobbiamo prenderci cura di noi stessi.

*Socio Aidr e Presidente iKairos – mentoring ed economia sociale

 

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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