Dove va in Governo giallo-verde?

Dove va in Governo giallo-verde?

Le elezioni regionali in Abruzzo e in Sardegna hanno rappresentato in parte la controprova dei sondaggi sulla consistenza del favore che le forze politiche godono attualmente presso gli elettori. Il Centro Destra ha vinto nettamente, il Centro Sinistra si è posizionato, sia pur ampiamente distaccato, al secondo posto e il movimento 5 stelle ha avuto un crollo verticale. E’ pur vero che le elezioni politiche sono diverse da quelle amministrative e in queste ultime il Movimento ha una resa peggiore. Il crollo dei consensi è però evidente e considerevole e dire che in Sardegna i Grillini hanno guadagnato l’11% perché nella consultazione precedente non erano presenti è una battuta che non fa ridere. Nel Centro Destra, al netto delle numerose liste alleate, il trend è chiaro: la Lega cresce molto, Fratelli d’Italia avanza moderatamente e Forza Italia perde, dimezzando i propri voti. Più difficile valutare il risultato del Centro Sinistra. I dati parlano di un 30% nelle due regioni, il PD però arretra e la crescita è determinata sia dal concorso di numerose liste, sia dal personale prestigio dei due candidati alla presidenza.

L’effetto Zingaretti

Le primarie e la elezione del nuovo segretario hanno dato un certo effetto spinta al PD; il partito sembra aver recuperato le perdite ulteriori subite dopo le elezioni politiche ed è ritornato al 18 % che caratterizzò il risultato del 4 marzo. Nelle politiche del 2013 il movimento 5 stelle prese il 25% e il PD poco meno, quindi il 7% in più del Movimento nel 2018 (32 invece di 25) sembra provenire in modo consistente dal PD (18 invece di 25). Negli attuali sondaggi il 10% in meno dei 5 Stelle non sembra essere tornato al PD e solo scarsamente alla Lega che invece ha drenato in modo particolare consensi da Forza Italia; è evidente che i delusi si siano rifugiati nell’astensione. Cosa potrà ottenere il PD in futuro? Il lavoro di Zingaretti, che punta a tornare ad un dualismo Centro Sinistra contro Centro Destra si presenta difficile. La stagione dell’Ulivo che metteva insieme coalizioni in grado di vincere le elezioni ma incapaci di governare è difficile che possa essere rinnovata. Le elezioni europee, anche se una legge elettorale strettamente proporzionale non favorisce le coalizioni, ci darà qualche indicazione non solo sui risultati del PD ma anche sulla presenza eventuale del Listone proposto da Calenda. Zingaretti deve controllare le numerose correnti interne tacitandole ma mantenendole in sub ordine per non annacquare la novità presentata dalla sua elezione. La difficoltà maggiore la avrà con Renzi; l’attivismo di quest’ultimo che gira l’Italia come una trottola per presentare il suo libro non promette niente di buono. Dichiarava che avrebbe lasciato la politica dopo il flop del referendum, ma il bullo di Rignano sull’Arno si guarda bene di seguire l’esempio di un signore come Cameron. Controlla ancora discretamente i gruppi parlamentari, in particolar modo il Senato, anche se le defezioni e i passaggi di campo sono la regola in politica. Probabilmente ha in mente di farsi un partito sul modello di Macron, puntando su quell’’lettorato di Forza Italia che non vuol passare alla Lega. Operazione che forse avrebbe avuto successo dopo il 41% del 2014 ma che ora è destinata ad un risultato modesto. Consentitemi, in questo ragionamento di respiro nazionale, di fare una piccola riflessione locale

Renzi a Pescara

Presentando il suo libro recentemente a Pescara, Renzi che da Presidente del Consiglio aveva preso accordi in Europa perché fossero portati esclusivamente nei porti italiani tutti gli immigrati clandestini recuperati da ogni nave presente nel Mediterraneo , ha attaccato Salvini sulla politica migratoria della lega facendo riferimento agli immigrati italiani che partivano con le valigie di cartone per andare nelle Americhe, in Australia e in Belgio a fare i minatori e a morire nelle infuocate gallerie della miniera di carbone di Marcinelle. Queste parole sono una offesa per i parenti degli emigrati e per tutta la comunità abruzzese devastata dalla emigrazione prima che la crescita economica favorita dalla DC mettesse un freno a questa emorragia. Come nipote di un emigrato ho il diritto di indignarmi. Mio nonno non è arrivato su un barcone a New York e non è stato ospitato in una residenza o in un albergo a non fare nulla. Ha dovuto presentare richiesta all’ambasciata statunitense, depositare i suoi documenti, essere sottoposto a visita medica e tenuto in quarantena su Ellis Island all’arrivo. E poi trovarsi subito un posto di lavoro per guadagnarsi da vivere per lui e la famiglia lasciata in Italia. La stessa trafila la hanno sopportata tutti gli emigrati abruzzesi. Per questo offensivo paragone avrebbe meritato di essere preso a metaforici calci nel sedere; non so se qualcuno dei presenti abbia protestato, ma è noto che i cittadini hanno i dirigenti politici che si meritano.

 

Il governo giallo verde di fronte al caso TAV

I dati sono chiari; per ora questa anomala alleanza fa bene alla Lega e male al Movimento 5 stelle. Salvini per ora non ha alcun interesse a modificare questo stato di cose che gli frutta un aumento di consensi e soprattutto un prosciugamento di Forza Italia. Come ai bei tempi del Cavaliere che dominava incontrastato. E’ evidente che una trattativa con Berlusconi lo può solo danneggiare. Con la Meloni è diverso; al momento opportuno la può imbarcare nel governo o assorbirla in una sorta di nuovo PDL. Se le cose proseguissero così potrebbe continuare con la alleanza anche dopo le elezioni europee. Ma c’è il pericolo del contagio. Se l’immobilismo del governo e il peggioramento della economia cominciassero a fargli pagar dazio, dovrà staccare la spina per andare a nuove elezioni o per posizionarsi comodamente sulla sponda della opposizione nel caso improbabile che 5 stelle e PD vogliano formare un governo insieme. Intanto si tratta di superare gli scogli del 20 e 21 marzo. Prevedere che le richieste di processo per Salvini e di sfiducia per Toninelli saranno respinte è un facile esercizio. Difficoltà consistenti deve affrontare Di Maio; la perdita di consensi e il sommarsi delle sconfitte cominciano a pesare sulla sua leadership. Deve cercare di invertire il trend. La cosa più facile da fare è stoppare la crescita della Lega e se possibile spingerla verso un ridimensionamento. La Lega infatti è cresciuta perché ha realizzato alcuni dei suoi programmi (immigrazione, decreto sicurezza, legittima difesa). Bisogna pertanto bloccare tutte le altre leggi che stanno a cuore a Salvini ed equipararlo in una gara alla rilevanza presso la pubblica opinione che per ora Salvini sta vincendo. Questa è una operazione che si può fare senza rompere il patto di governo. Ma cosa fare per arrestare le perdite e recuperare i consensi? Quanto accade non è causato da un freno al contratto di governo. I tanti no del Movimento (no alle olimpiadi, no alla TAV, no alla TAP, no ai vaccini,) E il sì alla decrescita felice sono sostenuti da una minoranza limitata di elettori rivoluzionari, che vivono in una condizione di eccitazione emotiva. Non rappresentano molti voti e comunque devono essere tenuti in un perenne stato di eccitazione suscitandogli contro sempre nuovi nemici; la cosa non è facile. Il resto dei voti, ed in particolar modi quelli conquistati al sud, sono dovuti in parte alla protesta per una insoddisfazione delle condizioni presenti e in parte al reddito di cittadinanza. Per quanto riguarda quest’ultimo provvedimento, ammesso pure che possa combattere la povertà, cosa tutta da dimostrare, bisogna rendersi conto che l’elettorato non ti vota mai per gratitudine delle cose avute, ma per le promesse di cose nuove da ottenere; invece ti toglie il voto se pensa che avresti potuto fare di più o hai peggiorato in qualche modo la sua condizione economica. Se gli elettori votassero per gratitudine di quanto ottenuto non avrebbero mai cancellato dall’agone politico i partiti dell’arco costituzionale che hanno realizzato cose rispetto alle quali il reddito di cittadinanza è inesistente. Di Maio si trova dunque a risolvere un difficile rebus. Se non frena la Lega e continua a perdere consensi rischia di dover abdicare alla sua posizione di potere. Deve pertanto preparare un piano B se Salvini staccherà la spina o se deciderà lui stesso di staccarla. E questo piano B non può prevedere altro che un governo con il PD o una alleanza elettorale con il PD. Il rischio di una implosione non è quindi solo qualcosa di improbabile e di immaginario.

 

di Achille Lucio Gaspari

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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