Di Francesco Piccinino Camboni
Un Papa per i giovani
Papa Francesco non è stato solo una figura religiosa, ma una presenza affettuosa e paterna per milioni di giovani nel mondo. Sin dall’inizio del suo pontificato, nel 2013, aveva parlato ai giovani fedeli senza filtri: “Fate chiasso!”, gridava durante la Giornata Mondiale della Gioventù a Rio de Janeiro. Non era un invito generico alla ribellione, ma una chiamata coraggiosa a lasciare un segno nel mondo. A distanza di anni, quella voce risuona ancora più forte.
La forza della figura del Papa
Nel contesto contemporaneo, la figura del Papa non è soltanto spirituale, ma anche profondamente politica e culturale. In un mondo diviso, in cui le parole spesso alimentano l’odio, un pontefice ha il potere di costruire ponti. Papa Francesco l’ha fatto: con i migranti, con i poveri, con le religioni diverse, con i non credenti. Le sue parole hanno spesso superato i confini della Chiesa, influenzando il dibattito pubblico, la diplomazia e persino la legislazione internazionale.
Le sue decisioni, le sue riforme e il suo stile pastorale hanno contribuito a plasmare un nuovo volto dell’istituzione cattolica. È per questo che ad oggi, con la sua scomparsa, si apre una nuova fase della storia ecclesiale e sociale. Ed è essenziale, soprattutto per le nuove generazioni, interrogarsi sul futuro che seguirà.
Un linguaggio nuovo per una fede antica
Francesco aveva capito che il le Sacre Scritture, per arrivare ai cuori giovani, dovevano farsi comprendere di nuovo. Non adattando il messaggio, ma traducendolo nella lingua della vita di oggi. Così, nel 2025, quando presentò una nuova edizione dello “Youcat” (il catechismo per i giovani), lo fece con parole semplici e quotidiane: “La password della gioia è Gesù.”
Lo disse ricordando che la fede non è un insieme di regole, ma una relazione viva. “Non perdete mai la connessione con Gesù”, ripeteva.
Francesco sapeva che molti giovani oggi vivono una solitudine silenziosa, quasi invisibile. Una solitudine che nasce da una società iper connessa eppure incapace di intimità, in cui si condividono contenuti ma non emozioni, dove si moltiplicano relazioni superficiali ma manca l’ascolto profondo.
Il Papa ha colto questo malessere, affermando che essere fragili non è una colpa, ma un punto di partenza.
Un’eredità di speranza
Durante il Congresso UNIV 2025, rivolgendosi agli studenti universitari di tutto il mondo, li esortava a non vivere da spettatori.
Diceva: “Vivete entusiasti nella fede, diligenti nella carità, perseveranti nella speranza.”
Un’eredità che non è fatta solo di parole, ma di stile di vita. In un tempo in cui anche i giovani faticano a sentirsi accolti nella Chiesa, Francesco ha aperto spazi, domande, dialoghi. Ha parlato ai lontani, ha creduto nei ribelli, ha difeso i fragili.
La stanchezza interiore
Papa Francesco è stato uno dei pochi leader spirituali a nominare apertamente il senso di vuoto che spesso accompagna i ragazzi di oggi. Parlava di una “stanchezza interiore” che nasce da un mondo che li spreme ma non li ama, che propone modelli inarrivabili e poi li lascia soli nei momenti difficili.
Nel suo messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù 2024, scriveva: “Spesso a pagare il prezzo più alto siete proprio voi giovani […] rischiando di vivere senza speranza, prigionieri della noia e della malinconia.” Ma subito dopo, offriva un’alternativa: il cammino, il non rassegnarsi. Per Francesco, il pellegrinaggio era la metafora della vita: stancante, sì, ma sempre aperta a una meta di speranza.
Cosa farebbe Cristo al mio posto?
Questa è la domanda che Francesco ha lasciato in eredità. Una domanda semplice e rivoluzionaria. Non un comandamento, non un dogma, ma una chiave di lettura della vita quotidiana. Nelle scelte piccole come in quelle grandi, nel dubbio come nel dolore, ci si può sempre chiedere: cosa farebbe Cristo al mio posto?
In questo interrogativo sta la grandezza del suo pontificato: ha insegnato ai fedeli a pensare da esseri umani, senza auto imporsi nulla, ma camminando con loro, come un compagno fidato.
Il silenzio che affida un compito
Ora che la Sua voce non c’è più, il mondo sembra un po’ più silenzioso.
Francesco ha indicato sentieri, ma non ha mai voluto camminare da solo.
La parola ora passa a chi resta: il Papa ha seminato in una terra giovane, spetta a questa terra e al mondo intero, far fiorire ciò che ha lasciato.