Pronto soccorso, mancano 2 mila medici

Pronto soccorso, mancano 2 mila medici
La prima proposta è “per evitare l’esplosione del sistema”. È l’incipit, a suo modo allarmante, dell’ultimo comunicato della Società italiana di medicina di emergenza urgenza (Simeu) che lancia l’Sos al presidente Mattarella per chiedere il via libera all’ingresso nella medicina di urgenza di giovani neo laureati.
Cosa accade, per avere toni così definitivi e proposte così dirompenti? Tra l’altro in un settore della sanità così delicato e che può riguardare tutti? È la carenza di medici in Italia, in particolare quelli del Pronto soccorso a spingere il presidente del Simeu, Francesco Rocco Pugliese a lanciare una raccolta firme condivisa da 200 direttori di Pronto soccorso perché è “urgente tamponare i prossimi 5 anni”. La proposta prevede l’assunzione di medici non specialisti, anche neo-laureati, da iscrivere però contemporaneamente in sovrannumero alle Scuole di specializzazione in Medicina d’urgenza. Una via che appare obbligata dettata dal fatto che al
Pronto soccorso dal nord al sud, “sono a rischio chiusura: i medici mancanti sono ormai oltre 2.000 e non si riescono più a coprire i turni”. Il documento dell’Accademia dei direttori Simeu è indirizzato in primis al capo dello Stato Sergio Mattarella ed al ministro della Salute, Roberto Speranza. La prima proposta, per evitare l’esplosione del sistema”, si legge nel documento presentato il 15 novembre scorso e ufficializzato in un incontro al Senato, è proprio l’introduzione dell’”ospedale d’insegnamento”. In altri versi è necessario prevedere l’assunzione temporanea nei Pronto Soccorso di medici non specialisti, anche neo-laureati, o con una specializzazione diversa, da iscrivere contestualmente in sovrannumero alle scuole di specializzazione di Medicina di emergenza. Un modo per inserire i giovani neo laureati o addirittura ancora studenti dentro un sistema lavorativo e quindi di esperienza professionale.
La loro formazione, sempre secondo la proposta della Società italiana di medicina di emergenza urgenza,
avverrebbe per la parte pratica nei dipartimenti d’emergenza, integrata poi dalla formazione teorica nelle sedi universitarie.
In questa maniera, sottolinea il
presidente del Simeu, Francesco Rocco Pugliese, “si ovvierebbe in tempi rapidi alla drammatica carenza di medici nei Pronto Soccorso, con un provvedimento che consentirebbe nell’arco dei prossimi cinque anni di comporre i futuri organici di Ps con soli specialisti in Medicina d’emergenza urgenza”. Tali medici sarebbero destinati nell’immediato, si spiega nel documento, “alla gestione di pazienti con codice a minore priorità ed eseguirebbero la formazione pratica sul campo sotto la supervisione dei direttori”. Per evitare che ci siano tensioni professionali la proposta della Società italiana di medicina di emergenza urgenza,
fa presente che si tratta di “dequalificare i medici d’urgenza ma è necessario tamponare l’emergenza. La nostra è una proposta urgentissima, una misura-tampone temporanea ed eccezionale”.
La Simeu nella sua lettera al presidente Mattarella e ai senatori, ha chiesto anche di “risolvere le carenze strutturali e organizzative”, a partire dalla previsione di un numero congruo di posti letto, e di intervenire sul “grave disagio lavorativo cui sono sottoposti i medici d’urgenza, e che rende poco attrattiva questa professione”. Ciò anche intervenendo decisamente contro il fenomeno delle aggressioni sul luogo di lavoro e prevedendo una valorizzazione economica del lavoro in Emergenza. L’obiettivo, ha concluso Pugliese, è pure “arrestare l’attuale fuga dai Pronto soccorso di professionisti preziosi e difficilmente sostituibili”. Il problema non è solo legato alla carenza di medici di pronto intervento, ma a conti fatti tra
il 2011 e il 2017 il Sistema sanitario  nazionale, ha perso più di 4mila unità e l’età media è passata da 51,0 a 52,9 anni. Ciò che più preoccupa, tuttavia, è l’avvicinamento alla pensione del gruppo più folto di professionisti, i circa 25mila medici che nel 2019 hanno tra i 62 e i 66 anni, nonché gli ulteriori 22mila che nel 2019 hanno tra i 57 e i 61 anni.
Quota 100 ha accelerato il congedo di questa parte di lavoratori.
Alle difficoltà causate dall’impatto dei pensionamenti va aggiunta l’insufficiente compensazione causata dal cosiddetto imbuto formativo, il grande ingorgo formatosi all’ingresso della carriera medica in ragione del basso numero di borse di specializzazione disponibili. C’è poi da ricordare il numero chiuso per gli aspiranti giovani che intendono abbracciare la professione medica. Dal pronto soccorso, all’età e fuga dei medici verso la lesione, al numero chiuso degli studi, sono tre problemi che se non risolti tra breve segneranno davvero la crisi del sistema sanitario.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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