Riflessioni sull’esito delle elezioni in Emilia Romagna e Calabria

Riflessioni sull’esito delle elezioni in Emilia Romagna e Calabria

La matematica non è una opinione e 2+2 fa sempre quattro tranne che nella valutazione dei risultati delle elezioni, e questo accade anche a chi vuole fare un commento oggettivo. Tutto dipende dall’angolo di visuale da cui si osservano risultati. In questo caso si può scegliere una valutazione tra dati esattamente comparabili che sono quelli delle precedenti elezioni regionali. I risultati possono anche essere valutati alla luce delle aspettative e delle dichiarazioni dei leaders politici. Se si vuole tentare una previsione, sempre rischiosa e difficile per chi la fa, si utilizzerà la comparazione tra mele, pere e banane, cosa impossibile in matematica ma accettabilissima in politica, utilizzando i dati delle elezioni politiche, europee e regionali per valutarne il trend ed azzardare una previsione.

 

Una valutazione su dati omogenei

Se si confronta il dato elettorale del 2014 agli attuali è il Centro Destra che a buon diritto si può proclamare vincitore. Ha infatti strappato la Calabria al Centro Sinistra con amplissimo margine e ha conteso la vittoria al Centro Sinistra in Emilia Romagna dove alle precedenti elezioni la vittoria per la Sinistra era stata semplice e senza rischi come sparare sulla Croce Rossa. Anche il trend è nettamente favorevole al Centro Destra e si conclude con un umiliante 8 a 1 . Ci saranno in primavera altre elezioni regionali in Valle d’Aosta, Veneto, Liguria, Marche, Campania, e Puglia. Per ora il Centro Sinistra conduce per 4 a 2 ed è difficile che riesca a conservare o addirittura a migliorare questo risultato. Un dato deve però far riflettere ed è un dato ambivalente. Il vantaggio della Sinistra sulla Destra si è considerevolmente ridotto in una regione che storicamente è sempre stata un grosso serbatoio di voti per il PD e per i suoi predecessori e questa abbondanza, che ora non esiste più, serviva per compensare la scarsità di voti raccolti in altre aree. La percentuale di partecipazione al voto è però raddoppiata. Nel 2014 la vittoria era così sicura per il PD che non tutti gli elettori della Sinistra sono andati a votare e si sono astenuti anche molti elettori di destra in considerazione della inutilità dello sforzo. In questa tornata elettorale l’incertezza del voto e la mobilitazione delle sardine ha favorito, anche se non di molto la sinistra. Questa situazione potrebbe ripetersi in qualche altra regione, in modo particolare in Toscana.

 

Le aspettative e le dichiarazioni dei leaders

Durante il Governo D’Alema le elezioni regionali furono pesantemente sfavorevoli alla Sinistra e il Capo del Governo ne prese atto dimettendosi. Questo non comportò elezioni anticipate perché la maggioranza in parlamento non subì variazioni numeriche, ma si ebbe un nuovo governo con un diverso Presidente Del Consiglio. Gli esponenti della maggioranza attuale hanno sempre sostenuto che non si tratta di elezioni politiche e che anche una vittoria di Salvini in Emilia non avrebbe determinato elezioni anticipate. Conte affermava che naturalmente non c’era da temere neanche una variazione nella carica di Presidente del Consiglio e questo naturalmente anche perché memore di quanto capitato a Massimo d’Alema. Per ora questo rischio non lo corre ma è da vedere cosa accadrebbe se in primavera il Centro Destra segnasse uno Score di 5 a 1. La Meloni a Porta a Porta ha fatto una fantasiosa dichiarazione sostenendo che il Presidente della Repubblica sarebbe stato obbligato a sciogliere le Camere in caso di duplice vittoria anche in assenza di un voto di sfiducia al Governo, cosa che sarebbe apparsa come un colpo di stato. Salvini sosteneva in continuazione che con una vittoria anche in Emilia Romagna, che dava quasi per sicura, avrebbe dato una spallata al Governo. Sono affermazioni in cui non crede nemmeno lui ma è stato costretto a farle perché Bonaccini aveva mostrato di saper ben amministrare e quindi era necessario spostare l’attenzione dal governo regionale a quello nazionale e soprattutto per la inconsistenza della candidata leghista. Quindi sul piano dei dati elettorali omogenei il Centro Destra ha vinto, ma sul piano delle aspettative suscitate dalle roboanti dichiarazioni del segretario della Lega ha perso.

 

Il confronto con le precedenti elezioni

Da quando nel 1994 con la vittoria di Berlusconi è nata la seconda repubblica la coalizione al governo ha sempre perso le successive consultazioni elettorali che erano un confronto tra due soli soggetti, sia pure costituiti da raggruppamenti di partiti, la Destra e la Sinistra. Nel 2013, dopo l’interludio del Governo Monti è apparsa sulla scena politica una terza forza, Il movimento 5 stelle che ha rifiutato le avances di Bersani e si è mantenuto alla opposizione. La tripolarità delle forze politiche si è confermata nelle elezioni del 2018 con queste caratteristiche: il PD che aveva governato nella precedente legislatura ha subito una sonora sconfitta, il Movimento 5 Stelle che aveva fatto una rigida opposizione ha guadagnato i frutti maggiori arrivando a sfiorare il 33%, e nel campo della Destra alla riduzione dei consensi di Forza Italia ha fatto seguito una notevole crescita della Lega che si è portata vicino al 18%. Con una rapidità imprevedibile le cose sono cambiate in un anno e mezzo. Ai 5 Stelle è capitato quello che Montanelli prevedeva per Berlusconi “facciamolo governare e il suo consenso crollerà”. Questo sta accadendo al Movimento di Grillo con una rapidità sconcertante. Alle elezioni europee ha dimezzato i propri voti a fronte di una modesta ripresa del PD e di una forte crescita della Lega e di Fratelli d’Italia. Queste elezioni regionali mostrano un ulteriore miglioramento del PD, una crescita del Partito della Meloni che si sta sostituendo a quello di Berlusconi e un moderato arretramento della Lega al cui consenso le citofonate di Salvini non giovano. Questo moderato arretramento leghista si spiega con il fatto che Salvini, annebbiato dal sole del Papeete e dalle bevute di Mojto, ha liquidato il governo giallo verde credendo di poter andare immediatamente alle urne. Questo errore e il fatto che, come diceva Andreotti, il potere logora chi non lo ha, spiega la riduzione dei consensi. Una cosa si può prevedere con sicurezza: non si andrà a votare prima della scadenza naturale della legislatura. Ai partiti di governo non conviene assumere dei rischi anche se il trend osservato in questo gennaio, ossia il lento calo della Lega e il recupero del PD dovesse continuare; la entrata in vigore della legge che taglia il numero dei parlamentari è un ulteriore disincentivo per tutti ma in particolar modo per le forze di governo e tra questi per il Movimento 5 Stelle che rischia di essere una meteora nel panorama politico italiano. I prossimi appuntamenti elettorali regionali e dei grandi comuni ci diranno quale tendenza prevarrà nel rafforzamento. Variabili da considerare sono il futuro andamento dell’economia, i rapporti nella maggioranza tra PD e 5 stelle e i problemi giudiziari di Salvini che potrebbero per lui rivelarsi uno svantaggio ma forse anche un vantaggio. Comunque, anche a scapito di ulteriori salvinate, io terrei ben pronto Giorgetti a cimentarsi come leader, perché identificare Salvini con la Lega in modo totalizzante è un errore. Fino a che un consistente partito di centro non nascerà è verso il centro che si prendono i voti per vincere e questi voti più facilmente li può conquistare un capo politico moderato nei modi e nelle azioni.

 

di Achille Lucio Gaspari

 

 

 

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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