L’Italia ha la maglia nera in Europa per il numero di decessi da batteri resistenti ai farmaci. Le morti causate nel nostro Paese da infezioni ospedaliere resistenti agli antimicrobici sono circa 12mila all’anno, un terzo di tutti i decessi che si verificano in ospedale. Nel biennio 2022-23 sono infatti 430mila i ricoverati che hanno contratto una infezione durante la degenza, l’8,2% del totale dei pazienti, contro una media Ue del 6,5%. Lo indica l’ultimo rapporto di sorveglianza dell’Ecdc – Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie – presentato oggi, in un dossier dedicato al tema, dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) in occasione della Giornata europea per la lotta all’antibiotico-resistenza che apre la Settimana mondiale per il consumo consapevole di questi farmaci, organizzata dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). Peggio di noi con l’8,9% fa solo il Portogallo, che però ha una popolazione più giovane della nostra e quindi meno suscettibile. L’Italia è in fondo alla classifica anche per l’uso di antibiotici, somministrati al 44,7% dei degenti contro una media europea del 33,7%. E così il cane si morde la coda, perché l’uso tanto massiccio di antimicrobici fa nascere superbatteri resistenti agli stessi farmaci. Tra i microbi più diffusi c’è la Klebsiella, che infetta le vie urinarie con una mortalità che arriva alla metà dei casi, lo Pseudomonas che provoca infezioni osteoarticolari con mortalità al 70%, l’Escherichia coli che causa diarrea anche sanguinolenta, il Clostridium difficile che prolifera nell’intestino con una mortalità a 30 giorni che si avvicina al 30%.
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