Lavoro, dati sensibili a rischio con la messaggistica online

Il 71% dei dipendenti usa WhatsApp o altre app di messaggistica e software di videoconferenza online per condividere dati sensibili, e confessa di usare queste applicazioni per inviare informazioni critiche dell’azienda per cui lavora. Ad evidenziarlo è uno studio di Veritas technologies, azienda specializzata nella produzione di soluzioni tecnologiche per la protezione dei dati, che ha intervistato 12.500 colletti bianchi di quattro continenti.
A completare il quadro è un sondaggio condotto da Federprivacy su un campione di circa mille professionisti e manager d’impresa italiani, dal quale è emerso che la metà degli intervistati (52%) utilizza, più o meno spesso, il proprio smartphone per fotografare documenti di lavoro riservati e spedirli tramite WhatsApp o un’altra app simile. Peccato che circa uno su quattro di essi (24%) ammetta anche che ogni tanto sbaglia destinatario, e a preoccupare maggiormente è il fatto che tra le informazioni scambiate tramite queste applicazioni vi sono password aziendali, dettagli delle carte di credito, dati dei clienti, piani strategici, informazioni bancarie e salariali, e persino risultati dei test Covid-19 dei dipendenti con relativi dettagli medici. Fiumi di informazioni confidenziali che scorrono quindi attraverso le app di micro chat che vengono preferite dal 54% degli utenti professionali perché le trovano più pratiche rispetto alla tradizionale posta elettronica, anche se in questi casi la rapidità dello strumento presta il fianco a notevoli rischi per le aziende.
Anche se è durante la pandemia che si è riscontrato il maggior aumento dell’uso di WhatsApp e delle varie piattaforme online per motivi di lavoro, a quanto pare non siamo però di fronte a un fenomeno passeggero, perché nello studio di Veritas il 79% degli intervistati ha affermato che in futuro si troverà di nuovo ad usare tali app per condividere informazioni aziendali e dati sensibili, nonostante che quasi un terzo (30%) degli impiegati sia stato già ammonito dai propri responsabili per aver inviato dati confidenziali tramite canali vietati dalle procedure interne.
Secondo il sondaggio di Federprivacy, nel 60% delle imprese intervistate esiste già una policy che disciplina le app di messaggistica, e sono previste anche sanzioni disciplinari per chi infrange le regole, ma evidentemente le misure organizzative finora adottate non sono sufficienti ad arginare il problema. Per dare un aiuto pratico alle imprese che devono disciplinare l’uso di servizi aziendali di chat e messaggistica elettronica in conformità al Gdpr, Federprivacy ha elaborato anche un decalogo messo a disposizione degli associati con la circolare 1-2021.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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