Con la crescita dei giorni di lavoro trascorsi in smart working migliora anche l’esperienza lavorativa vissuta dai collaboratori di un’organizzazione. Fanno eccezione, in negativo, le realtà che adottano un modello di quasi full remote, concedendo ai dipendenti la possibilità di lavorare per quattro giorni alla settimana lontano dall’ufficio. È quanto emerge dal “Report Smartworking 2024”, la ricerca realizzata da Great Place to Work Italia con l’obiettivo d’indagare il rapporto tra smart-working, soddisfazione lavorativa e produttività aziendale, redatta ascoltando il parere espresso da quasi 21mila collaboratori di 33 organizzazioni che hanno partecipato alla survey. Nel 2024 si stima che saranno 3,65 milioni gli smart worker attivi in Italia. Ma il modello più diffuso tra le organizzazioni risulta essere quello ibrido che offre la possibilità di lavorare da remoto per due (20%) o tre giorni (18%) alla settimana; mentre solo in meno di un caso su 10 (7%) i collaboratori lavorano in full remote per l’intera settimana lavorativa.
Le realtà più virtuose del Made in Italy sposano un modello di lavoro ibrido in più della metà dei casi (56%), con una differenza del +37% rispetto al dato della media nazionale (19%), dove a dominare è ancora il lavoro in presenza (74%). Tra le generazioni al momento attive nel mondo del lavoro, la Generazione X (tra 45 e 54 anni) e i Baby Boomer (over 55) preferiscono la collaborazione in presenza, percependo isolamento e ridotta efficacia nel lavoro completamente da remoto. Al contrario, i più giovani gestiscono meglio la collaborazione a distanza ma soffrono la mancanza di socializzazione in ufficio, un aspetto importante per i programmi d’inserimento della Gen Z (under 25).