Dissesto idrogeologico a Chieti, si cerca una soluzione per la delocalizzazione

Lavorare insieme a una soluzione normativa che consenta non solo di dare i contributi di autonoma sistemazione, ma che ponga le basi della necessaria delocalizzazione, con il coinvolgimento di tutti gli Enti preposti ad agire in base alla normativa vigente, sia il Testo unico per l’Ambiente sia il nuovissimo Disegno di legge sulla ricostruzione post calamità che ha appena avuto il via libera dal Senato. Normative tutte richiamate negli interventi e che potrebbero dare a Chieti l’opportunità di divenire un caso pilota, in quanto da tutti è stata riconosciuta la gravità della situazione.

È quanto emerso dall’incontro organizzato dall’Amministrazione comunale di Chieti, presenti i parlamentari del territorio Chieti-Pescara, sul tema dello stato di emergenza per il dissesto idrogeologico dell’area di Santa Maria e dei provvedimenti più adeguati a dare risposte ai cittadini. Erano presenti i deputati Luciano D’Alfonso, Alberto Bagnai, Daniela Torto, Guerino Testa (quest’ultimo anche in rappresentanza del presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio), i senatori Michele Fina, in collegamento da remoto, Nazario Pagano ed Etel Sigismondi; l’onorevole Giulio Sottanelli ha inviato un messaggio.

C’erano anche il commissario straordinario Giovanni Legnini, il comitato cittadino per il quartiere di Santa Maria, con il presidente Ettore D’Orazio, e il sindaco di Bucchianico, Lizio Di Renzo, il cui territorio è interessato dallo stesso problema di Chieti, tutti accolti dal sindaco del capoluogo, Diego Ferrara, e dal presidente del Consiglio comunale, Luigi Febo.

“Le decisioni saranno condivise e corali, faremo un Consiglio comunale aperto che convocheremo a breve per recepire indirizzi e azioni opportune, dialogando fattivamente anche con il comitato cittadino di Santa Maria, con cui abbiamo sempre interloquito in questi mesi nelle varie fasi dell’azione da noi promossa sul fronte dissesto idrogeologico – dicono Ferrara e Febo -. L’incontro servirà ad andare oltre, perché non è svuotando le zone fragili che si risolve il problema, ma è ragionando sulla delocalizzazione con tutta la documentazione necessaria alla mano e, al contempo, su una nuova vocazione alle zone interdette che non possono essere lasciate all’abbandono”.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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