Cgia, per reati fiscali 14mila denunce nel 2022, 290 arresti

“Nel 2022 – in seguito ai controlli della Guardia di Finanza – sono state denunciate all’Autorità giudiziaria per violazioni penali tributarie 14.045 persone, di cui 290 sono state arrestate”, cioè “il 2% dei soggetti denunciati è finito in carcere”. Lo afferma l’ufficio studi della Cgia che ha elaborato i dati della Corte dei Conti. Guardando alla serie storica – continua la Cgia – “dal 2011 emerge che il numero assoluto dei denunciati è rimasto pressoché stabile, mentre gli arresti, dopo il minimo toccato nel 2016” con 99, “hanno raggiunto il picco massimo nel 2021” con 411, “per poi scendere di 121 casi nel 2022”, quindi a 290. Prendendo invece in esame “l’incidenza degli arrestati sul totale dei denunciati, la percentuale ha ricominciato a salire nel 2016 (0,9%) per arrivare alla soglia massima nel 2020 e nel 2021 (in entrambi gli anni il 3%), per poi diminuire di un punto nel 2022 (al 2%)”.

“La lotta all’evasione passa anche attraverso l’azione repressiva – afferma la Cgia – purtroppo, così come ha avuto modo di segnalare la Corte dei Conti, fino ad ora non siamo stati in grado di misurare l’efficacia di questa attività punitiva. Infatti, non esiste alcuna analisi realizzata dall’amministrazione fiscale o dal ministero della Giustizia in grado di valutare ex post gli effetti prodotti dall’azione repressiva del nostro fisco”. Tuttavia – avverte la Cgia – “in Italia non abbiamo la necessità di istituire uno stato di polizia tributaria per combattere l’evasione. Insomma, determinati con chi è completamente sconosciuto al fisco, altrettanto decisi nei confronti di coloro che fanno i furbi, senza comunque essere costretti ad inasprire la disciplina penale tributaria con l’intento giustizialista di gettare in galera gli evasori e buttare la chiave”. Questo – conclude la Cgia – “almeno fino a quando non ci verrà dimostrato, con dati alla mano, che il ricorso alla pena restrittiva della libertà personale risulti essere uno strumento in grado di dissuadere le persone a non fare il loro dovere fiscale e a recuperare le somme evase”; è per questo si ritiene che “per ridurre l’infedeltà fiscale e allinearci agli standard dei Paesi europei meno interessati da questo fenomeno sia auspicabile mettere a punto in tempi rapidi un fisco meno aggressivo, più semplice, più trasparente e più equo, premiando chi produce, chi crea occupazione e genera ricchezza. Garantendo, allo stesso tempo, un gettito sufficiente a far funzionare la macchina dello Stato e per aiutare chi si trova in difficoltà”.

“Anche grazie a un leggero calo della pressione fiscale – aggiunge la Cgia – nel 2022 l’amministrazione finanziaria ha recuperato dalla lotta all’evasione oltre 20 miliardi di euro. Tra il 2015 e il 2020, per esempio, le imposte evase in Italia sono scese di 16,3 miliardi di euro. Sebbene il 2020 sia stato un anno molto particolare a causa della pandemia, il tax gap stimato dal Mef è sceso a 89,8 miliardi; di cui 78,9 ascrivibili al mancato gettito tributario e gli altri 10,8 miliardi frutto dell’evasione contributiva”. Secondo la Cgia “gli autonomi, almeno al Nord, non sono gli affamatori del popolo. In materia di evasione fiscale, spesso gli organi di stampa e molti autorevoli opinionisti citano i dati del Mef che stimano in quasi 90 miliardi il tax gap delle entrate tributarie e contributive presenti nel Paese. La tipologia di imposta più evasa sarebbe l’Irpef in capo al lavoro autonomo, per un importo pari a 28,3 miliardi che corrisponde ad una propensione al gap nell’imposta che da anni sfiora stabilmente il 70%. Le stime messe a punto dal Mef non convincono, anche alla luce del fatto che non includono il tax gap riconducibile agli autonomi esclusi dal pagamento dell’Irap. Vale a dire quelli in regime dei minimi (quasi 2 milioni di soggetti), una buona parte delle imprese agricole, i professionisti privi di autonoma organizzazione e il settore dei servizi domestici. Stiamo parlando di ben oltre la metà dei lavoratori indipendenti presente nel nostro Paese”

Nella mappa dell’evasione – si fa presente – c’è un “forte divario” Nord-Sud. Nel 2020 – dice la Cgia – “il peso dell’economia non osservata sul valore aggiunto nazionale era all’11,6%, pari a 174,6 miliardi. Di quest’ultimo importo, l’economia sommersa era pari a 157,4 miliardi e le attività illegali 17,3 miliardi. L’evasione fiscale e contributiva, invece, si aggirava attorno ai 90 miliardi (78,9 miliardi imputabili all’evasione tributaria e 10,8 miliardi all’evasione contributiva)”. La Cgia è “riuscita a calcolare anche l’evasione a livello regionale. In buona sostanza, a fronte di 90 miliardi di evasione fiscale all’anno, è come se a ogni 100 euro di gettito incassato dal fisco, comunque ne venissero evasi 13,2. Se la stessa simulazione la riproduciamo a livello regionale, la situazione più critica la scorgiamo nel Mezzogiorno: nella classifica di euro evasi ogni 100 euro incassati, in Puglia gli evasori se ne trattengono 19,2 euro, in Campania 20 e in Calabria, maglia nera d’Italia, 21,3. Si tratta di cifre doppie rispetto a ai 10,6 euro che si registrano in Friuli Venezia Giulia, ai 10,2 euro in Provincia di Trento e ai 9,5 euro in Lombardia. Il territorio nazionale più fedele al fisco è la provincia di Bolzano che presenta un’evasione di soli 9,3 euro ogni 100 incassati”.

Al Nord gli autonomi in contabilità semplificata dichiarano – spiega ancora la Cgia – “il 43% in più dei colleghi del Sud. Anche osservando le dichiarazioni dei redditi degli imprenditori individuali e dei lavoratori autonomi in contabilità semplificata (regime fiscale che coinvolge la grandissima parte degli artigiani e dei piccoli commercianti), le differenze reddituali sono profondissime. Se, mediamente, al Nord si dichiarano 33mila euro all’anno, al Sud solo 23mila. Questo vuol dire che al Nord si dichiara il 43%”. Una “forchetta” che “tende addirittura ad aumentare quando si analizzano le dichiarazioni dei redditi anche dei lavoratori autonomi (liberi professionisti e artisti) e delle imprese individuali in contabilità ordinaria. Ovviamente questi divari sono sicuramente riconducibili alle diverse situazioni economiche e sociali presenti in queste due macro aree. Tuttavia, ha una rilevanza non trascurabile anche l’impatto dell’evasione fiscale di sopravvivenza che nel Mezzogiorno ha dimensioni importanti”. Guardando ai dati delle singole regioni per “le dichiarazioni dei redditi in contabilità semplificata, in Lombardia gli autonomi dichiarano 35.462 euro, in provincia di Trento 34.436 euro, in Veneto di 33.318 e in Friuli Venezia Giulia di 33.205 euro. Per contro, in Sicilia ci si attesta sui 23.946 euro, in Puglia sui 23.223 euro, in Campania sui 22.662 euro, in Basilicata sui 21.012 euro, in Molise sui 19.610 euro e in Calabria sui 19.551 euro. La media nazionale è pari a 29.425 euro”.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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