Il fine settimana appena iniziato è il primo libero dalle tasse. E’ quanto evidenzia Cgia, che spiega che secondo l’annuale elaborazione compiuta dal proprio Ufficio studi ieri è scoccato, ovviamente in linea puramente teorica, il giorno di liberazione fiscale o, come lo chiamano negli Stati Uniti, il ‘tax freedom day’. In altre parole, dopo ben 156 giorni dall’inizio di quest’anno, sabati e domeniche compresi, il contribuente medio ha terminato di lavorare per pagare l’armamentario fiscale italiano che, in particolare, è costituito dall’Irpef, dall’Ires, dall’Irap, dall’Iva, dalle addizionali, dai contributi previdenziali, dalle tasse locali, etc. Versamenti che sono necessari per far funzionare la macchina pubblica. «Insomma, dopo oltre cinque mesi in cui la nostra attività lavorativa è servita per onorare le richieste del fisco, da ieri e sino al prossimo 31 dicembre ciascun italiano eserciterà la propria professione per vivere e per migliorare la propria condizione economica», è scritto nella nota di Cgia, che precisa ad ogni modo che si tratta di un esercizio da scuola che consente di misurare in maniera del tutto originale il peso fiscale che grava sugli italiani.
Per la Cgia, nel 2025 la pressione fiscale sarebbe destinata a diminuire, sebbene di poco, attestandosi al 42,5 per cento. In questo caso il giorno di liberazione fiscale verrebbe anticipato di un giorno, di conseguenza i giorni di lavoro necessari per pagare le tasse sarebbero 155.
Cgia ricorda che, secondo le ultime stime dell’Istat riferite al 2022, sono quasi 2,5 milioni le persone fisiche presenti in Italia che sono occupate irregolarmente come dipendenti o abusivi. Sono uomini e donne che lavorano completamente in nero o quasi; quando operano in qualità di subordinati non sono sottoposti ad alcun contratto nazionale di lavoro o, se lavorano in proprio, in possesso di una partita Iva. In valore assoluto il numero più elevato è concentrato in Lombardia con 379.600 unità.
Tenendo conto di un confronto europeo, l’Italia è tra i Paesi più tartassati, posizionandosi a sesto posto. Nel dettaglio nel 2024 la pressione fiscale in Danimarca, primo Paese per tasse, era al 45,4 per cento del Pil, in Francia al 45,2, in Belgio al 45,1, all’Austria il 44,8 e in Lussemburgo al 43. L’Italia aveva un tasso del 42,6 per cento del Pil. Se da noi, come quest’anno, nel 2024 sono stati necessari 156 giorni lavorativi per pagare tutte le imposte, le tasse e i contributi, in Danimarca hanno lavorato per il fisco 166 giorni, in Francia e in Belgio 165, in Austria 164 e in Lussemburgo 157. La media UE è stata di 148 giorni (-8 rispetto al dato Italia), mentre in Germania è stata di 149 (-7 giorni rispetto a noi) e in Spagna di 136 giorni (-20 giorni).