Lavoro, per 5 milioni la busta paga è inferiore a 10 mila euro

Lavoratori poveri, per lo piu’ giovani, precari e part-time. Nel 2019 erano circa 5 milioni le persone che percepivano un salario medio non superiore ai 10 mila euro lordi annui ma a seguito della pandemia i numeri sono cresciuti. A sostenerlo e’ la Fondazione Di Vittorio della Cgil, sulla base degli ultimi dati che analizzano la dinamica salariale legata alla tipologia e durata contrattuale, facendo prevedere, in attesa dell’aggiornamento dei dati, un peggioramento della situazione ed in particolare per la sfera dei cosiddetti working poor. Le fasce dei lavoratori piu’ poveri comprendono per la gran parte gli occupati a tempo determinato, part-time o full-time ma comunque caratterizzati dalla discontinuita’ lavorativa, ovvero dal periodo di impiego che non arriva ai 12 mesi. Ed e’ in questi casi che per 5 milioni di persone la busta paga 2019 viaggiava dai 5.600 euro ai 9.800 euro lordi l’anno, fermandosi cosi’ sotto la soglia dei 10 mila euro. La pandemia, sostiene la Fdv, nel 2020 ha portato il salario medio di un dipendente a tempo pieno in Italia a diminuire del 5,8% rispetto al 2019, con una perdita in termini assoluti di 1.724 euro nell’anno. Il calo piu’ ampio nell’Ue (-1,2% in media) e nell’Eurozona (-1,6%) che mette il Paese in coda rispetto alle altre grandi economie, nell’ordine Spagna, Francia, Belgio, Germania e Paesi Bassi. Il ricorso alla cassa integrazione e ai Fondi di solidarieta’ ha tuttavia piu’ che dimezzato la riduzione del salario medio annuo che cosi’ ‘integrato’ si e’ fermata a 726 euro in meno (-2,4%), restando comunque sotto la soglia dei 30 mila euro lordi l’anno (a 27.900 euro). Fondazione Di Vittorio e Cgil sottolineano, quindi, la funzione positiva svolta dal blocco dei licenziamenti, ormai scaduto, e dall’utilizzo degli ammortizzatori sociali. Anche l’occupazione ha registrato una flessione piu’ “contenuta”: Eurozona -1,3% e Italia -1,7%. Il quadro complessivo resta pero’ difficile: oggi, secondo i dati Fdv, ci sono circa 3 milioni di precari con contratti di Lavoro a tempo determinato e 2,7 milioni di part-time involontari, ovvero coloro che lavorano a tempo parziale non per scelta ma perche’ costretti dalla mancanza di alternative, che si aggiungono ai 2,3 milioni di disoccupati ufficiali. Il salario dei part-time italiani, emerge ancora dal rapporto, e’ piu’ basso dei colleghi nella media dell’Eurozona di oltre il 10%. Cosi’ come la percentuale di part-time involontario in Italia risulta la piu’ alta a livello europeo: nel 2020 arriva a segnare il 66,2% sul totale degli occupati a tempo parziale (circa 4,2 milioni), contro il 24,7% dell’Eurozona. In questo modo, il tasso di disoccupazione “sostanziale” calcolato dalla Fondazione nel 2020 si conferma pari al 14,5% rispetto al 9,2% ufficiale e comprende quasi 4 milioni di persone, un numero che ai 2,3 milioni di disoccupati aggiunge coloro che sarebbero disponibili a lavorare ma non cercano un posto perche’ sono scoraggiati, bloccati per la cura di figli o anziani o sono sospesi, in attesa di riprendere l’attivita’.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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