L’economia italiana arretra nel primo trimestre dell’anno. Tra i fattori che incidono sul dato ci sono l’incremento dei casi di Covid-19, lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina e l’impennata dei prezzi energetici che hanno portato ad una contrazione del Pil tra gennaio e marzo dello 0,2%. Si tratta del primo dato negativo dopo quattro trimestri consecutivi di crescita nel 2021. L’Italia registra così una delle peggiori performance tra i grandi Paesi europei, che pure non hanno brillato: la Germania ha infatti chiuso a +0,2%, la Francia a crescita zero, la Spagna a +0,3% e la media dell’area euro si e’ attestata, in linea con la variazione tedesca, a +0,2%. Il calo italiano era comunque piu’ che atteso. Le stime del governo contenute nel Def erano anzi peggiori e indicavano una flessione piu’ che doppia, pari allo 0,5%. Stessa percentuale calcolata anche dalla Banca d’Italia e dall’Ufficio parlamentare di Bilancio nell’ultimo quadro congiunturale. Stando quindi alle prime rilevazioni dell’Istat, l’economia italiana ha reagito meglio del previsto, mantenendo peraltro una crescita sostenuta del 5,8% nel confronto su base annuale, anche se i livelli pre-Covid non sono stati ancora riconquistati. Per recuperare sull’ultima parte del 2019 manca ancora uno 0,4%. Difficile, considerando lo scenario internazionale, prevedere se nel secondo o nel terzo trimestre potra’ essere messo a segno, anche se, alla luce dei dati di oggi, dopo gli allarmi sulla recessione lanciati nelle ultime settimane anche da istituzioni come il Fondo monetario internazionale, sembra ora prevalere un certo cauto ottimismo. Per il governo e’ Renato Brunetta ad esporsi. Secondo il ministro della Pubblica amministrazione, l’economia ha retto, le imprese si sono mostrate resilienti e i dati lasciano intravedere che anche i prossimi trimestri potrebbero essere migliori delle attese. Insomma, l’Italia non naviga certo “nelle acque della recessione”. Anche tra gli analisti, Paolo Mameli di Banca Intesa prevede un rimbalzo nei tre mesi in corso, debole ma comunque sufficiente per scacciare lo spettro della temuta recessione tecnica, determinata da due trimestri consecutivi di contrazione. A preoccupare resta invece l’inflazione. Ad aprile c’e’ stato un primo rallentamento dopo ben 9 mesi di accelerazione. Il tasso di crescita dei prezzi e’ passato dal 6,5% di marzo al 6,2%, grazie soprattutto alla decelerazione dei prezzi energetici. La riduzione delle accise decisa dal governo e il calo delle bollette ratificato il primo del mese dall’Arera – grazie anche in questo caso agli stanziamenti pubblici – hanno fatto la loro parte.
L’effetto si vede tutto sul ‘carrello della spesa’, che comprende appunto alimentari e prodotti per la cura della casa e della persona e non i carburanti: l’inflazione e’ passata dal 5% di marzo al 6% di questo mese. Da tenere sotto attenta osservazione e’ peraltro anche l’andamento dello spread e delle aste di titoli di Stato. Il differenziale ha raggiunto i 185 punti base, aggirandosi sui livelli di giugno 2020, mentre il Tesoro ha assegnato 6,5 miliardi di euro di Btp a 5 e 10 anni con tassi in deciso rialzo. Il rendimento del Btp quinquennale e’ salito all’1,91% mentre quello del decennale e’ cresciuto al 2,78%, ai massimi da oltre tre anni.