Millennials senza pensione

Millennials senza pensione, a meno che i 20enni di oggi non inizino da subito a mettere da parte qualcosa per la vecchiaia: hanno 40 anni di tempo. Un articolo contenuto sul F&D Magazine on Millennial and Work del Fondo monetario internazionale, fa il punto sul rischioso futuro previdenziale di una generazione (quella dei nati tra gli anni 80 e i primi del Duemila) etichettata con più di una definizione: Millennials, appunto, perché nati a cavallo del Millennio, generazione Y, generazione digitale. “Le pensioni pubbliche hanno svolto un ruolo cruciale negli ultimi decenni per assicurare un reddito dopo il ritiro dal lavoro”, si legge nell’articolo firmato da Mauricio Soto economista esperto del Dipartimento Affari fiscali del Fmi. M per la generazione dei Millennials che entra nell’età lavorativa “la prospettiva è che le pensioni non provvederanno alla loro sicurezza economica nella stessa misura in cui è stato per le generazioni precedenti”. Dunque i Millennials dovrebbero subito pensare a forme di previdenza complementare. Le pensioni sono state una forma importante di reddito, coprendo oltre il 60% del reddito nei paesi Ocse. Inoltre le pensioni hanno ridotto la povertà: senza gli assegni pensionistici infatti il tasso di indigenza per over 65 nelle economie avanzate sarebbe ben più alto. 

Ma la spesa pensionistica costa: la spesa pubblica per le pensioni nelle economie avanzate è cresciuta da una media del 4% del pil negli anni Settanta al 9% nel 2015 (in Italia secondo l’Istat è stata al 15% nel 2015), riflettendo l’ivecchiamento della popolazione, con l’aspettativa di vita media che è aumentata di circa un anno ogni decennio. “Per affrontare i costi dell’invecchiamento, molti paesi hanno avviato riforme pensionistiche significative, mirando in gran parte a contenere la crescita del numero di pensionati – tipicamente aumentando le età di ritiro o riducendo le regole di ammissibilità e riducendo l’entità delle pensioni con degli incentivi”, afferma Soto. Tuttavia le proiezioni mostrano come il gap generazionale sia destinato ad acuirsi: tabelle alla mano, nel 1980 le spese per la pensione in percentuale al reddito pro capite (il cosiddetto tasso di sostituzione economica) è stato pari a circa 35%, ma questa percentuale di sostituzione è destinata a scendere al 20% entro il 2060. “Questo significa che le generazioni più giovani dovranno lavorare più a lungo e risparmiare di più per andare in pensione e ottenere tassi di sostituzione simili a quelli dei pensionati di oggi. La buona notizia per questi giovanissimi è che hanno 40 anni per correre ai ripari, pianificando lunghe carriere e iniziando a mettere i soldi da parte. Ma – conclude Soto – devono cominciare ora”

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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