Arrestato boss della ‘ndrangheta che si nascondeva in Abruzzo

Arrestato dai carabinieri il boss calabrese Simone Cuppari, capo della omonima ‘ndrina originaria di Brancaleone e con base a Francavilla al Mare da dove avrebbe controllato l’attività di traffico di stupefacenti e riciclaggio. L’operazione dei carabinieri di carabinieri del comando provinciale di Chieti è scattata nel pomeriggio di martedì. Cuppari era ricercato dal febbraio del 2017, quando era sfuggito alla cattura nel corso dell’operazione ‘Design’, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di L’Aquila e condotta dai carabinieri del Comando provinciale di Chieti. 

Il boss è stato rintracciato e arrestato dagli uomini dell’Arma in un’abitazione della provincia di Bergamo. Cuppari è stato condannato in primo grado a 28 anni di reclusione per traffico di cocaina dal Tribunale di Chieti lo scorso mese di luglio in relazione alle indagini che hanno portato all’operazione ‘Shot 2009’, e su di lui pendevano tre ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dalle Dda di L’Aquila e di Reggio Calabria e dal Tribunale di Pescara per le operazioni ‘Sparta’ e ‘Banco Nuovo’ condotte dai Carabinieri di Pescara e di Locri. 

I contatti con la Calabria li teneva attraverso i classici ‘pizzini’ e lui, che pure non era solito parlare a telefono, alla fine è stato tradito proprio da una telefonata intercettata: quella con cui ha prenotato una vacanza per la settimana di Ferragosto che avrebbe dovuto trascorrere insieme a moglie e due figli a Eraclea Terme. Alla fine Cuppari è stato però tradito da una telefonata fatta per organizzare una vacanza in famiglia su una ”casa mobile” fra l’11 e il 17 agosto e che gli sarebbe costata quasi 1.600 euro per sette notti, come rivela una telefonata intercettata, una telefonata determinante, effettuata molto presto il 31 luglio e che ha dato la prova ai carabinieri della presenza di Cuppari nell’appartamento di Martinengo dove lo hanno raggiunto la moglie e i due figli proprio in vista della vacanza da passare insieme.

I militari lo cercavano da febbraio dell’anno scorso quando riuscì a scampare al blitz con 19 arresti che portò a smantellare una cellula ‘ndranghetista’ in Abruzzo. Cuppari in quell’occasione riuscì a sfuggire alla cattura, ma da quel momento i carabinieri di Chieti non gli hanno dato tregua tenendo sotto controllo audio e video decine di utenze telefoniche e possibili nascondigli e soprattutto monitorando i movimenti fra la Calabria e l’aeroporto di Orio al Serio o di alcuni personaggi che, come si è scoperto, portavano ‘pizzini’ nell’area bergamasca che raggiungevano in aereo per poi ripartire in giornata. Cuppari, che al momento dell’arresto non ha detto un parola, viveva in una palazzina dove aveva preso in affitto un appartamento tramite un prestanome: a quell’ora era uscito forse per fare la spesa, ma i carabinieri avevano circondato l’intero edificio. L’operazione che ha portato alla cattura è stata illustrata nel corso di una conferenza stampa svoltasi a Chieti e tenuta dal vice comandante della Legione carabinieri Abruzzo e Molise, il colonnello Antonio Buccoliero, dal comandante provinciale dell’Arma colonnello Florimondo Forleo e dal comandante del nucleo investigativo del comando provinciale di Chieti , il maggiore Marcello D’Alesio

Sono oltre dieci i pizzini sequestrati, unitamente a otto telefoni, ora al vaglio dei carabinieri e che potrebbero svelare ulteriori aspetti dell’attività criminale di Cuppari che nel frattempo è rinchiuso nel carcere di Bergamo. Ai pizzini e a Cuppari i carabinieri sono arrivati, come ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri di Chieti, il colonnello Florimondo Forleo nel corso di una conferenza stampa, ”monitorando alcuni viaggi che non avevano ragione, di alcuni calabresi che partivano per Bergamo in aereo e ritornavano in giornata, muovendosi nel territorio di Bergamo anche solo per andare a prendere il caffè in alcuni bar. Questo – ha aggiunto Forleo – ci ha chiaramente indicato che portavano dei messaggi e che li depositavano in luoghi convenuti, i classici pizzini, per poi essere recuperati da altri affiliati”. Pizzini che venivano lasciati nei luoghi più diversi: cabine telefoniche, sotto i tavolini di un bar, nelle stazioni di autobus e treni”. 

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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