Congedi per assistere parenti con grave disabilità validi senza orari

La legge sui congedi retribuiti per assistere un familiare con grave disabilita’ non prevede orari per l’assistenza, basta essere presenti anche solo di notte per avere le carte in regola con i controlli del datore di lavoro. Lo sottolinea la Cassazione che ha accolto il ricorso di un metalmeccanico licenziato dalla ‘Sevel’ che aveva scoperto che l’operaio, in congedo per due anni, stava con la madre solo di notte e di giorno tornava a casa sua. Sara’ reintegrato perche’ chi assiste ha diritto a “spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita e di riposo”. Non si puo’ ritenere – afferma la Cassazione nel verdetto 29062 – “che l’assistenza che legittima il beneficio del congedo straordinario possa intendersi esclusiva al punto da impedire a chi la offre di dedicare spazi temporali adeguati alle personali esigenze di vita, quali la cura dei propri interessi personali e familiari, oltre alle ordinarie necessita’ di riposo e di recupero delle energie psico-fisiche, sempre che risultino complessivamente salvaguardati i connotati essenziali di un intervento assistenziale che deve avere carattere permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e di relazione del disabile”. Cosi’ gli ‘ermellini’ – con una sentenza che tiene presente i problemi di malattie degenerative come l’Alzheimer – hanno risposto alle obiezioni della ‘Sevel’, fabbrica che ad Atessa produce auto per Fca, e che insisteva per licenziare in tronco il dipendente sostenendo che “durante le giornate oggetto di accertamento investigativo si era dedicato ad attivita’ di proprio personale interesse e non risultava aver assistito la madre disabile”. Il lavoratore era stato infatti spiato dai detective nel giugno 2013 nella sua abitazione di Gessopalena, paese a circa una trentina di chilometri da Lanciano, la cittadina dove viveva la madre malata e dove lui aveva spostato la residenza per usufruire della legge 151 del 2001 sui congedi parentali. I supremi giudici osservano che “pur risultando materialmente accaduto che Franco S. si trovasse in talune giornate del giugno 2013 lontano dall’abitazione della madre cio’ non e’ sufficiente a far ritenere sussistente il fatto contestato – la violazione del dovere di fedelta’ e correttezza – perche’ una volta accertato che, ferma la convivenza, il lavoratore comunque prestava continuativa assistenza notturna alla disabile, alternandosi durante il giorno con altre persone, con modalita’ da considerarsi compatibili con le finalita’ dell’intervento assistenziale, tanto svuota di rilievo disciplinare la condotta tenuta”. L’operaio si era giustificato spiegando che la madre era insonne e che la notte bisognava stare attenti che non scappasse di casa, perche’ aveva gia’ fato dei tentativi di fuga. In primo grado, il Tribunale di Lanciano dichiaro’ illegittimo il licenziamento, ma la Corte di Appello de L’Aquila nel 2015 escluse il diritto alla reintegrazione e si limito’ a condannare ‘Sevel’ a pagare 15 mensilita’. Ora la Cassazione ha accolto in pieno la tesi del diritto di Franco S. a recuperare il suo posto di lavoro dal momento che non ha commesso alcun illecito disciplinare.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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