di Francesco Piccinino Camboni
La multa
Quarantamilioni. È questa la cifra della sanzione che la Francia ha inflitto a Shein, per pratiche commerciali ingannevoli. La più alta mai imposta nel Paese per violazioni di questo tipo. Una cifra che fa notizia, ma ciò che dovrebbe farci riflettere va ben oltre i milioni di euro. Come siamo arrivati al punto in cui il marketing vale più della verità?
L’indagine è stata condotta registrando i prezzi di migliaia di prodotti in sconto sul sito tra il 1° ottobre 2022 e il 31 agosto 2023. L’autorità francese ha rivelato che gran parte degli sconti pubblicizzati da Shein erano fittizi, costruiti su prezzi gonfiati ad arte per far sembrare l’offerta irresistibile. Non è solo una scorrettezza commerciale, è un modo per manipolare la percezione del valore, trasformando il consumatore in spettatore ipnotizzato da numeri rossi e timer che ticchettano.
La trappola della convenienza
Shein, simbolo del cosiddetto ultrafast fashion, produce e distribuisce in tempi record migliaia di nuovi articoli ogni giorno. È una macchina efficiente, alimentata dalla nostra fame di novità e dalla nostra abitudine a volere tutto, subito, a poco. Oggi, nella maggior parte dei casi, il prezzo più basso ha sostituito la qualità, e l’urgenza ha sostituito la riflessione. Ma a chi giova davvero questa “convenienza”? Forse non a noi, se ogni maglietta acquistata di impulso finisce dimenticata in fondo a un cassetto. Forse non a chi la produce, in condizioni spesso opache, invisibili. E forse nemmeno all’ambiente, che paga il conto silenziosamente. Ci siamo mai chiesti se dietro l’ennesima “promozione imperdibile” si nasconde una strategia pensata per toglierci lucidità, non per farci risparmiare?
La sanzione francese è senza dubbio storica, ma è un messaggio, un tentativo di porre un limite, o almeno un dubbio, dentro un sistema che gira troppo in fretta per accorgersi dei danni che lascia dietro di sé. Il problema, però, non è solo Shein. Il problema sono anche i consumatori. La nostra fretta, la nostra fame di novità, la nostra distrazione. La cultura dello “usa e getta” è ormai più veloce del nostro senso critico.
Il vero prezzo del fast fashion
Nel corso degli anni, Shein ha anche parlato di impegni ambientali, annunciando obiettivi di riduzione delle emissioni. Tuttavia l’autorità francese ha sottolineato, che queste dichiarazioni non sono state accompagnate da alcuna prova verificabile. Si tratterebbe dunque solo di un nuovo linguaggio promozionale, dove la sostenibilità diventa una parola in saldo, utile a placare le coscienze, ma vuota nei fatti.
La domanda che dovremmo porci è semplice: quanto ci costa, davvero, ciò che costa poco? L’UNEP sottolinea infatti che l’industria tessile è responsabile del 2–8 % delle emissioni globali di gas serra, consuma ogni anno circa 86 milioni di piscine olimpioniche d’acqua e contribuisce a circa il 9 % delle micro plastiche immesse negli oceani (1*). Secondo una pubblicazione del Parlamento Europeo inoltre, “un carico di bucato di vestiti in poliestere può rilasciare 700.000 fibre di microplastica, che possono finire nella catena alimentare umana” (2*) A Bruxelles, in un recentissimo incontro a marzo 2025, la Commissione Europea e l’UNEP hanno rilanciato la loro cooperazione strategica, destinando 21,5 milioni di euro a programmi ambientali globali e impegnandosi su economia circolare, inquinamento e sicurezza climatica: un segnale politico contro modelli di consumo insostenibili come il fast fashion (3*). Infine, l’azienda è sotto indagine anche presso la stessa Commissione Europea, che valuta violazioni del Consumer Protection Cooperation Regulation e del Digital Services Act, una legge che regola le piattaforme online, per garantire trasparenza, correttezza e sicurezza digitale. Serve ad evitare che grandi aziende digitali sfruttino la loro posizione per ingannare o manipolare gli utenti, come nel caso del colosso del fast fashion (4*).
Uno sguardo dall’altra parte
Eppure, nel tratteggiare un quadro netto, è utile ricordare che Shein non è soltanto simbolo di abuso, ma anche espressione di un modello che ha saputo intercettare un bisogno reale: l’accesso a prodotti di moda a basso costo. Per milioni di giovani e famiglie con redditi limitati, Shein rappresenta la possibilità di partecipare, seppure marginalmente, a un linguaggio estetico globale da cui si sarebbero altrimenti sentiti esclusi. L’azienda ha anche introdotto elementi innovativi nella gestione della produzione, con un modello basato su produzioni a ciclo brevissimo e su domanda, riducendo gli stock inutilizzati e, almeno sulla carta, gli sprechi. Dal 2022 ha lanciato il programma SHEIN Exchange, una piattaforma interna per la rivendita di abiti usati tra clienti (5*), e ha aderito a iniziative di rendicontazione ESG (ambiente, sociale, governance), come il report di sostenibilità pubblicato nel 2023 (6*), in cui si impegna a ridurre del 25% le emissioni lungo la catena di fornitura entro il 2030.
Si tratta di azioni ancora parziali, certo, e spesso criticate per la mancanza di trasparenza o per il loro impatto limitato rispetto alla scala dell’azienda. Ma una valutazione onesta non può ignorare che, almeno formalmente, Shein ha iniziato a rispondere a una crescente pressione pubblica. E se è vero che la moda non dovrebbe mai costare la dignità o l’equilibrio del pianeta, è altrettanto vero che il diritto alla scelta e all’espressione personale non può restare un privilegio per pochi.
La risposta dell’azienda
Shein in tutto questo, ha accettato di pagare la multa. Secondo quanto riportato dalla BBC, l’azienda sostiene che le pratiche scorrette, in particolare gli sconti in realtà inesistenti, non hanno avuto effetto sui consumatori. L’azienda ha spiegato di essersi adeguata prontamente, apportando le modifiche necessarie alle comunicazioni promozionali dopo che le autorità francesi hanno segnalato le irregolarità. Inoltre, Shein ha affermato di avvalersi di un funzionamento automatizzato dei prezzi, sostenendo che gli errori erano involontari e riferibili a processi di aggiornamento, e di essere pienamente impegnata a collaborare con regolatori nazionali ed europei per garantire la conformità alle normative vigenti (7*), fra cui quelle sui servizi digitali.
Siamo ancora consumatori o solo consumati?
La sanzione è solo un primo passo per riaprire un dibattito necessario su ciò che consumiamo, su ciò che chiamiamo “moda”, su quanto valore diamo alle cose e a noi stessi. Siamo davvero sicuri che stiamo comprando qualcosa? O stiamo solo pagando per sentirci temporaneamente appagati? Perché il vero “sconto” forse non è mai stato sul prezzo, ma sulla nostra attenzione.
Fonte 1* Sito UNEP (Programma Ambientale Nazioni Unite): https://www.unep.org/news-and-stories/story/fashions-tiny-hidden-secret?utm_
Fonte 2* Parlamento Europeo: https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/BRIE/2019/633143/EPRS_BRI(2019)633143_EN.pdf
Fonte 3* Sito UNEP: https://www.unep.org/news-and-stories/press-release/european-commission-unep-boost-cooperation-environment-and-climate
Fonte 4* Sito Ufficiale Commissione Europea : https://digital-strategy.ec.europa.eu/en/news/commission-requests-information-shein-illegal-products-and-its-recommender-system
Fonte 5* Sito Ufficiale Shein: https://www.sheingroup.com/corporate-news/shein-launches-shein-exchange-resale-platform-in-europe-and-the-united-kingdom/?utm_
Fonte 6* Report Sostenibilità pubblicato da Shein: https://www.sheingroup.com/wp-content/uploads/2024/08/FINAL-SHEIN-2023-Sustainability-and-Social-Impact-Report.pdf.pdf?utm_
Fonte 7* BBC: https://www.bbc.com/news/articles/c62vq1mnndno?utm_