La bella storia di vita di Aquilino: dal sabotaggio delle linee tedesche nella seconda guerra mondiale, a minatore in Belgio, a operaio edile, a uomo di fiducia

La bella storia di vita di Aquilino: dal sabotaggio delle linee tedesche nella seconda guerra mondiale, a minatore in Belgio, a operaio edile, a uomo di fiducia

 

“Ho fatto una vita bellissima”. Queste parole rappresentano la esemplare conclusione della conversazione con COLASANTE AQUILINIO, classe 1931, pensionato iscritto al Sindacato Pensionati della CGIL e componente il direttivo provinciale del SUNIA, il sindacato degli inquilini ed assegnatari vivendo nel quartiere popolare di San Donato a Pescara. Tantissimi anni portati splendidamente. Ci incontriamo nella sede zonale del Sunia e della Cgil in Via Aldo Moro che lui frequenta assiduamente. Ci conosciamo, quindi, bene essendoci incontrati in questo ufficio numerose volte. Ma questa volta è diverso: ci vediamo perché mi vuole raccontare gli episodi salienti della sua vita che, a suo dire, è stata certamente felice, ma ugualmente sofferta e difficile.

L’idea mi è venuta qualche giorno fa avendolo ascoltato in un intervento alla riunione provinciale del Sunia dove, con molto calore, ha affermato la attualità dei valori della Resistenza e della lotta partigiana. “Io non ho sparato contro i tedeschi, ma la guerra l’ho vissuta da ragazzo in montagna ed ho fatto un atto di sabotaggio contro l’occupazione tedesca della mia zona.”

 

Aquilino Colasante è originario di Montebello di Bertona, ultimo di sei figli. “Durante la guerra, mi dice, non c’era niente….se volevi sopravvivere dovevi solo zappare la terra…c’era la fame nera….”

La madre muore nel 1946 e la situazione familiare si rende ancora più difficile. In questo periodo Aquilino vive l’occupazione tedesca dell’area vestina e di Montebello di Bertona. Le truppe tedesche nella loro ritirata provvedono a fare saltare i ponti, minare le strade per rendere difficoltosa l’avanzata delle truppe alleate ed avevano stabilito il comando militare proprio a Montebello di Bertona.

 

“Un giorno – racconta – portando a pascolare le pecore, insieme ad alcuni miei coetanei, vediamo nel verde del bosco dei fili elettrici, di colore bianco, rosso e verde. Non ci abbiamo pensato due volte ed abbiamo provveduto a tagliare questi fili non rendendoci perfettamente conto che così facendo avevamo tagliato la rete telefonica del comando tedesco, le cui comunicazioni rimasero bloccate per un lungo tempo. La reazione tedesca fu furente, ma i responsabili di questo sabotaggio non furono individuati.”

 

“Io mi ricordo i rastrellamenti tedeschi per cercare nella nostra montagna i partigiani, aggiunge Aquilino, ai quali, personalmente, con notevole rischio e pericolo, nonostante il periodo di grande fame, portavo da mangiare della pagnotte di pane dividendole con quelle necessarie per alimentare la mia famiglia”.

 

Colasante ha avuto un fratello prigioniero dei tedeschi in Germania ed un altro che ha fatto la resistenza in Grecia di cui ha il vivo ricordo di quando nell’inverno del 1944 tornò in Italia, sbarcò a Brindisi e solo dopo molti giorni, in maniera davvero avventurosa, tornò a Montebello di Bertona, dove aveva abbondantemente nevicato, con abiti leggeri ed avendo ai piedi non le scarpe, ma zoccoli di legno. Quindi è stato un miracolo che sia sopravvissuto al lungo viaggio ed alle proibitive condizioni climatiche.

 

Subito dopo la guerra il lavoro scarseggiava. Al di là delle opere di ripristino dei ponti e delle strade distrutti dai tedeschi in ritirata l’attività produttiva principale era la raccolta dei tronchi in mezzo al bosco che venivano trasportati, per la lavorazione, con gli asini a Penne.

Quindi le condizioni di vita continuarono ad essere particolarmente dure e difficili per un giovane, come Aquilino, che voleva, comunque, costruirsi un futuro.

 

Nel 1955 viene diffuso il bando del Governo De Gasperi per chi voleva andare in Belgio a fare il minatore. Colasante decide di emigrare in Belgio, facendo la domanda tramite il sindacato. La sua destinazione, nel giugno del 1955 la miniera di Cherat vicino a Liegi. Lì troverà molti conterranei provenienti da Farindola, Penne, Manoppello. Venne ospitato in una casa che i belgi chiamavo hotel, per modo di dire, data la sua modestia. Certamente non erano le baracche che ospitavano gli italiani a Marcinelle.”Lavorare in miniera era difficilissimo, ma ci si abituava”, mi dice Aquilino.

 

Appena arrivato ho mangiato per la prima volta, in vita mia, una bistecca…Per me fu una grandissima cosa! Nel 2011 sono tornato in Belgio con mia figlia che, nel vedere il tunnel della miniera dove ho lavorato, rimase impressionata, e mi ha detto:”ma papà, come hai fatto a lavorare lì sotto…”.

 

Colasante ha vivo il ricordo della tragedia di Marcinelle, dove dice di aver perso un amico che lavorava con lui, originario di Penne, che aveva fatto domanda di assere trasferito da Liegi a Marcinelle. La sera del 7 agosto del 1956 partì per Marcinelle, la mattina dell’8 prese servizio al Bois du Cazier e, purtroppo, non è più tornato. “Quando nell’elenco delle vittime ho letto il suo nome mi sono sentito male”mi dice.

I minatori in Belgio non venivano chiamati con il loro nome e cognome, ma a loro era dato un numero….Aquilino Colasante per sette anni ha lavorato la pietra in galleria raggiungendo, per quei tempi, una grande specializzazione professionale….parlava bene il francese e si era integrato bene.

C’è stato un periodo in cui aveva pensato addirittura di andare in Sudafrica a lavorare nelle miniere d’oro allettato da importanti offerte economiche. Invece il destino aveva stabilito diversamente. Tornato per un periodo in Italia si sposa con Galante Valeriana, il 29 settembre 1957, porta la moglie in Belgio ed arrivano due figli. “Il matrimonio per me – mi precisa Aquilino – ha rappresentato una scelta fondamentale e tante volte mi sono interrogato sulle mie capacità di riuscire a formare una famiglia. Ma oggi posso dirmi soddisfatto anche se purtroppo mia moglie è morta nel 2011.”

 

Ai primi di luglio del 1964 Colasante decide, insieme alla famiglia, di tornare in Italia. La direzione della miniera lo invita a rimanere; non vogliono che vada via sia per la sua preparazione professionale che per la sua serietà ed affidabilità. Ma lui torna a Pescara dove per circa 8 mesi fa il muratore nel cantiere del centro della città in ricostruzione alle dipendenze della azienda edile Di Gennaro e Severino. Aquilino, sorridendo, mi dice che deve l’aver trovato lavoro ad una visita che fece, subito dopo che era tornato a Pescara, all’ufficio dell’on.Aldo Cetrullo, storico leader socialdemocratico pescarese e personaggio molto influente. Avendo fatto una buona impressione trovò subito lavoro. Come edile la paga era buona: 120 mila lire al mese. Che Aquilino pensò di arrotondare facendo il guardiano notturno. Poichè vicino al cantiere c’era un garage, in Via Teramo, per sei anni ha lavorato lì come sorvegliante di giorno e la notte lavava le macchine poiché vi era anche il lavaggio.

Aveva raggiunto – possiamo dire – una condizione di relativa tranquillità economica nella Italia del dopoguerra ed all’inizio di quello che è stato il boom economico del secolo scorso, quando la sua vita cambiò nuovamente.

 

“Un giorno, mi dice, viene in garage un signore che arriva con un Pagodino Mercedes a due posti, una vettura bellissima ed unica per quel periodo. Parcheggia e va via a casa abitando vicino al garage. Quando riprende la sua autovettura, nel salire in macchina non si accorge che gli cadono dalla tasca un pacchetto di soldi. Aquilino prontamente gli corre dietro e gli restituisce i soldi, che rappresentavano una bella cifra! Questo gesto, ovviamente, colpisce molto favorevolmente il proprietario dei soldi. Si tratta di un importante industriale petrolifero Pietro Nostrani proprietario di 78 impianti che subito provvede a dare ad Aquilino un ricompensa di 10 mila lire( a quei tempi erano davvero tanti soldi!) e poi gli propone di diventare il suo autista e factotum, come persona di fiducia, con uno stipendio di 200 mila lire al mese.

 

“La sua fiducia nei miei confronti era totale – aggiunge Colasante – avevo, ad esempio, anche le chiavi delle cassette di sicurezza dove c’erano i gioielli di famiglia e la mia firma depositata in tre banche per le operazioni bancarie. Per me è stata una grande esperienza professionale ed umana. Purtroppo la situazione economica del sig, Nostrani nel tempo mutò in negativo. Dopo aver ceduto 38 impianti alla società Italpetroli, nel 1986 mi chiamò e mi disse che non mi poteva tenere più alle dipendenze e mi diede, come prova della sua grande generosità e stima, un importo della liquidazione tre volte superiore a quanto spettantomi.”

 

Aquilino mi dice che ha incontrato il sindacato, la Cgil nel 1970 all’epoca della diatriba e della lotta con l’Aquila per il capoluogo di regione. Ricorda di aver conosciuto Tonino Corneli che all’epoca era il massimo dirigente della Cgil di Pescara nel corso di una trattativa nel cantiere edile dove ha lavorato. E ricorda che Corneli ad un certo punto gli disse:” Vuoi venire a fare il sindacalista con me?” Lui rispose che non se la sentiva, ma da allora il suo legame con il sindacato è sempre stato molto forte. Oggi è pensionato dal 1991 con una pensione di poco superiore al minimo, una altra piccola pensioncina dal Belgio ed una piccola rendita dall’Inail.

 

Aquilino Colasante ha indubbiamente vissuto una bella vita: nella Resistenza contro i tedeschi, in miniera in Belgio, lavoratore edile, uomo che ha avuto su di sé grandi responsabilità. Ma la sua è soprattutto una bella storia che deve essere conosciuta perché contiene in sé quei valori etici e morali, di lotta per la democrazia, la giustizia sociale, la responsabilità, la serietà e l’affidabilità che devono essere anche oggi, per i più giovani, i punti di riferimento per costruire un nuovo domani in una Italia più giusta e solidale.

 

di Nicola Primavera

 

 

 

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

Controllate anche

In ricordo delle vittime del sisma del 6 aprile: concerto dell’orchestra dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese a L’Aquila, Pescara e Sulmona

di Nelide Maiorani Un auditorio attento e delle grandi occasioni per l’orchestra dell’Istituzione Sinfonica Abruzzese …

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *