Foreste e lotta alla crisi climatica. Il decalogo di Legambiente sulla biodiversità e il patrimonio forestale

Valorizzare il contributo della natura e delle foreste nelle politiche per il clima, puntare sulla tutela della biodiversità e promuovere la gestione forestale sostenibile per garantire l’erogazione di tutti i servizi ecosistemici, rafforzare le filiere forestali sostenibili e le produzioni locali, frenare l’abbandono della montagna, prevenire il degrado ed i rischi per il territorio, rendere le città più verdi e resilienti al cambiamento climatico. Sono questi per Legambiente i temi centrali che possono fornire un impulso alla bioeconomia circolare e alla tutela degli ecosistemi forestali e che rappresentano per l’associazione ambientalista il quarto pilastro del Recovery Plan Italiano a cui il Governo Italiano deve lavorare, tenendo conto delle sfide legate al 2020, anno cruciale per il raggiungimento degli obiettivi decennali sulla conservazione della Natura, e che una parte delle risorse stanziate dall’Europa con il  NextGenerationEU e destinati all’azione per il clima devono essere investiti proprio in soluzioni basate sulla natura volte a promuovere la biodiversità e gli ecosistemi. Per questo l’associazione ambientalista lancia oggi un decalogo di dieci punti sul patrimonio forestale italiano che prevede tra le azioni chiave quella di avere ecosistemi sani e foreste resilienti per frenare gli effetti del climate change, creare nuove aree protette che, in coerenza con la Strategia Europea per la Biodiversità, devono crescere fino al 30% entro il 2030, realizzare una rete nazionale delle foreste vetuste e primarie e i Santuari della biodiversità, prevenire e ridurre i rischi naturali per le foreste.

Proposte e temi al centro del III Forum La Bieconomia delle Foreste. Conservare – Ricostruire- Rigenerare organizzato oggi da Legambiente, attraverso un talk on line in diretta streaming per tutta la giornata sulle pagine fb di Legambiente, La Nuova Ecologia, Legambiente Natura e sui rispettivi siti, e che vedrà confrontarsi esperti del settore, delle aree protette, stakeholders e i rappresentanti istituzionali e politici a partire dal ministro dell’Ambiente Sergio Costa anche per fare il punto sulla Strategia forestale nazionale in fase di definizione e prevista dal Testo unico sulle filiere forestali. Su questa Legambiente chiede che si arrivi al più presto alla sua approvazione e che a livello europeo venga definita una politica comunitaria forestale analoga a quella che si è sviluppata in ambito agricolo. A tal riguardo l’associazione ambientalista ricorda che il 43% della superficie dell’UE (182 milioni di ettari) è costituito da foreste o altri terreni boschivi, di cui 134 milioni di ettari sono disponibili per l’approvvigionamento di legname. Inoltre dal 1990 al 2015, la copertura forestale è aumentata di un’area pari alla superficie della Grecia, grazie ai programmi di imboschimento e riforestazione e alla ricrescita naturale. Il Forum sarà anche l’occasione per raccontare le migliori pratiche per conservare e tutelare gli ecosistemi forestali, per parlare di foreste urbane per città più resilienti al cambio climatico e per premiare nel pomeriggio i vincitori del Premio Comunità Forestali Sostenibili 2020 promosso dall’associazione ambientalista e da PEFC Italia e che valorizza attività e iniziative che mantengono e migliorano la qualità delle foreste, del territorio montano e dei servizi che esse garantiscono.

 

“La crisi climatica, le esigenze di decarbonizzazione dell’economia, e la necessità di sostenere uno sviluppo più sostenibile, in cui assume un ruolo importante la tutela della natura, – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – sono le sfide del prossimo decennio a cui anche il settore forestale è chiamato a dare un contributo. Sfide che richiamano gli impegni che il nostro Paese ha sottoscritto per frenare gli effetti negativi della crisi climatica sulla tutela degli ecosistemi naturali e per garantire il benessere dei cittadini. Spetta ai singoli Stati membri agire e al nostro Paese inserire nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, che dovrà predisporre nei primi mesi del 2021, gli obiettivi previsti dalla Strategia sulla biodiversità per il 2030 in coerenza con la transizione ecologica e sociale delle economie europee richiesta dal Next Generation EU. Una transizione ecologica ed un modello di sviluppo economico basato sulla conservazione della biodiversità e su soluzioni naturali che la Commissione propone agli Stati membri richiedendo che nei singoli Piani nazionali di ripresa e resilienza sia contenuta un’azione climatica ambiziosa a cui destinare almeno il 37% delle risorse complessive e finanziare misure di protezione della biodiversità sanciti a livello europeo e globale. Non perdiamo dunque questa preziosa occasione per rilanciare la nostra economia orientandola verso obiettivi di sostenibilità traducendo in realtà la rivoluzione verde nel nostro Paese”.

 

Per l’associazione ambientalista conservare la biodiversità è dunque una delle prime condizioni per aiutare a ridurre le emissioni di gas serra e a rendere gli ecosistemi più resilienti e capaci di proteggersi da soli.  Ma è anche una grande opportunità di investimento e di creazione di nuovi lavori per una economia verde, se pensiamo che solo in Europa circa il 17% dei posti di lavoro attuali è più o meno direttamente collegato alle risorse ecosistemiche e quindi alla loro efficienza biologica.

Per questo la stessa Unione Europea ha più volte ricordato l’importanza di mantenere gli ecosistemi sani e funzionali affinché possano garantire, tra gli altri, l’equilibrio climatico o l’impollinazione. Per raggiungere i livelli di mitigazione necessari entro il 2030 è essenziale ripristinare le foreste, i suoli e le zone umide e creare spazi verdi nelle città, un concetto alla base anche della Strategia europea per la biodiversità al 2030 in cui si definiscono nuove modalità per attuare con maggior efficacia la normativa già in vigore, ma anche nuovi impegni, misure e obiettivi per frenare la perdita di biodiversità. E una delle chiavi per farlo, sottolinea Legambiente, si chiama gestione forestale sostenibile e responsabile che garantisce la conservazione della biodiversità e l’erogazione dei servizi ecosistemici per mantenere a lungo il valore ambientale, economico, sociale e culturale delle foreste.

 

“Le foreste – aggiunge Antonio Nicoletti, responsabile nazionale aree protette e biodiversità Legambiente – sono preziosi alleati per contrastare la crisi climatica e offrono alla collettività servizi ecosistemici di valore straordinario e la filiera italiana della trasformazione è già leader nel mondo per qualità dei manufatti e originalità del design, rappresentando un settore che ha ben compreso le necessità di uno sviluppo nel segno della sostenibilità e della tracciabilità, in grado di contemperare le esigenze di conservazione con quelle di valorizzazione. Ma, alla luce delle sfide in atto e dei ritardi accumulati nel nostro Paese dove negli ultimi 50 anni è mancata una visione strategica finalizzata a migliorare il paesaggio e la qualità del bosco, crediamo opportuno che il settore forestale italiano debba imboccare la strada della gestione forestale sostenibile e responsabile senza perdere altro tempo approvando al più presto la Strategia Forestale Nazionale. Per questo vanno ripensati pianificazione, soprattutto nelle aree naturalistiche e di pregio, criteri di tutela in un’ottica multifunzionale e utilizzo dei prodotti forestali a cascata soprattutto per la filiera legno-energia. Si deve, inoltre, puntare a valorizzare e riconoscere economicamente l’impegno degli operatori e delle comunità locali che con le loro attività garantiscono una buona gestione delle foreste e l’erogazione dei servizi ecosistemici”.

 

Dati su foreste e proposte: I boschi sono la più importante infrastruttura verde del Paese. Coprono il 36,4 % della superficie nazionale (circa 10,9 milioni di ettari) e per il 27,5% sono sottoposte a vincolo naturalistico, ospitano importanti specie di piante e animali, come alcuni grandi predatori a rischio di estinzione, e svolgono funzioni e servizi indispensabili alla vita dell’uomo. La superficie forestale nazionale è in costante aumento da decenni: è passata dal 12% circa alla fine del 19° secolo al 36,4% attuale. L’Italia importa l’80% del fabbisogno di prodotti legnosi. Il legname consumato (tondo e semilavorato) proviene per oltre il 65% dall’estero e principalmente da Austria, Francia, Svizzera e Germania. Nonostante ciò la filiera produttiva italiana legata alla risorsa legno – connessa sia con le foreste di origine naturale che con le produzioni legnose fuori foresta – rappresenta un’importante realtà produttiva e occupazionale per il Paese e presenta ampie possibilità di crescita e sviluppo. Il settore e le filiere forestali generano l’1,6% del Pil e oltre 300mila occupati nel settore legno arredo, carta e packaging. Inoltre l’Italia è il più importante produttore ed esportatore di mobili ed ha una grande e consolidata capacità produttiva nel settore cartario e del packaging.[1] Per questo Legambiente nel suo decalogo propone anche di costituire un Cluster Legno nazionale per sostenere le filiere locali e il made in Italy, di aumentare l’uso del legno nei processi produttivi e uso a cascata ai fini energetici, di sostenere la bioeconomia circolare e finanziare la biodiversità e le infrastrutture verdi, di garantire la diffusione della pianificazione e della certificazione forestale e di contrastare il commercio illegale del legno e dei prodotti di origine forestale.

 

Infine l’associazione ambientalista chiede di creare più foreste urbane per rigenerare le città, combattere la crisi climatica e raggiungere gli obiettivi sul clima fissati con l’Accordo di Parigi. Le foreste hanno un ruolo importante nel ciclo globale del carbonio e per mitigare l’effetto serra. Si stima che nel mondo 3,9 miliardi di ettari di foreste, circa il 30% delle terre emerse, immagazzinino oltre 1.100 miliardi di tonnellate di carbonio. Boschi e foreste italiane immagazzinano 1,24 miliardi di tonnellate di carbonio. Per questo, in coerenza con la strategia europea per la biodiversità, bisogna promuovere un piano nazionale di messa a dimora di alberi che privilegi le aree urbane, periurbane e i fondovalle e che coinvolga tutti comuni e non solo le città metropolitane. La Legge n. 10/2013 ha introdotto misure per censire, gestire e valorizzare il verde urbano. Malgrado ciò le politiche del verde messe in atto dai comuni italiani sono ancora altalenanti. Poco più del 53% dei comuni capoluogo hanno un catasto degli alberi. Solo il 44,8% hanno il regolamento del verde urbano, e ancora pochi utilizzano i criteri minimi ambientali per gli appalti nella manutenzione delle alberature. In molti comuni, per mancanza di personale specializzato o per prassi consolidate, anziché seguire criteri selvicolturali e tecniche di arboricoltura urbana si ricorre alle cosiddette “capitozzature degli alberi”. Le città italiane con il maggior numero di piante in rapporto agli abitanti sono Cuneo (203 piante/abitante) e Modena (114 piante/abitante).

 

Il III Forum Nazionale La Bioeconomia Delle Foreste è il quarto di sette incontri tematici organizzati da Legambiente con istituzioni, imprese e associazioni per individuare le migliori proposte per il Piano nazionale di ripresa e resilienza che il Governo italiano dovrà presentare in Europa entro aprile 2021. I prossimi appuntamenti in programma sono: Conferenza Città Clima sull’adattamento climatico in ambito urbano (25 novembre), Forum QualEnergia sulla lotta alla crisi climatica e sulla mobilità sostenibile (2-3 dicembre), Rapporto Ecomafia (11 dicembre).

 

In allegato: Le proposte per LE FORESTE D’ITALIA

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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