Con il crollo della produzione nazionale di olive (-37%) gli italiani devono dire addio ad oltre 1 bottiglia su 3 di olio extravergine Made in Italy mentre l’esplosione dei costi mette in ginocchio le aziende agricole e per l’inflazione generata dal conflitto in Ucraina volano sugli scaffali i prezzi al dettaglio. E’ quanto emerge dall’esclusivo Dossier “2022 fra clima e guerra, nasce l’olio nuovo” di Coldiretti e Unaprol su dati Ismea diffuso in occasione della Giornata Mondiale dell’Ulivo.
La produzione nazionale del 2022 – riferiscono Coldiretti e Unaprol – crolla a circa 208 milioni di chili, in netta diminuzione rispetto alla campagna precedente ma il cambiamento del clima taglia soprattutto i raccolti del sud mentre aumentano quelli nelle regioni del centro nord dove negli anni con la tendenza al surriscaldamento anche in Italia la coltivazione si è estesa fino ai piedi delle Alpi. I cali peggiori si registrano infatti al Sud Italia, specie nelle regioni più vocate all’olivicoltura dalla Puglia alla Calabria, che da sole – evidenziano Coldiretti e Unaprol – rappresentano il 70% della raccolta nazionale. In Puglia, cuore dell’olivicoltura italiana, si arriva a un taglio del 52% a causa prima delle gelate fuori stagione in primavera e poi dalla siccità, mentre continua a perdere terreno il Salento – denunciano Coldiretti e Unaprol – distrutto dalla Xylella, che ha bruciato un potenziale pari al 10% della produzione nazionale. Ma crollano anche la Calabria (-42%) e la Sicilia (-25%). La situazione migliora spostandosi verso il Centro e il Nord, con il Lazio che – spiegano Coldiretti e Unaprol – registra un progresso del +17% e l’Umbria e la Toscana fanno ancora meglio con +27%, mentre l’Emilia Romagna cresce del +40% e la Liguria del +27%. Incrementi ancora maggiori in Veneto con +67% e in Lombardia che segna un +142% con gli uliveti che si estendono dalle sponde dei laghi, Garda, Como, Maggiore, fino alle valli alpine.