Unioncamere, un quarto delle imprese prevede di crescere nel 2024

Per un quarto delle imprese italiane, nonostante il complesso quadro internazionale, gli affari cresceranno nel 2024, mentre per la maggior parte rimarranno stabili. A rilevarlo un sondaggio Ipsos-Unioncamere-Tagliacarne, diffuso in occasione della Conferenza internazionale delle Camere di Commercio. L’appuntamento, organizzato da Unioncamere in collaborazione con la Camera di commercio di Torino, fa il punto su criticita’ e sfide con cui si deve confrontare il sistema produttivo nazionale. Dallo studio emerge che 6 imprenditori su 10 ritengono che nei prossimi 12 mesi la situazione restera’ stabile per chi fa impresa; per quasi il 25% invece migliorera’ molto o almeno un po’. La quota dei pessimisti, quindi e’ prossima al 18%, in discesa rispetto allo scorso anno quando era pari al 42%. Non tutto il Paese, pero’, mantiene questo profilo. Le aziende del Nord mostrano infatti maggior ottimismo per il prossimo futuro rispetto a quelle del Mezzogiorno e del Centro Italia (al Nord gli ottimisti o i “neutrali” sono l’85% mentre al Sud tale quota scende all’81% e al Centro al 77%). La manifattura e i servizi contano inoltre le quote piu’ elevate di imprese che propendono per una stabilita’ dell’andamento aziendale nei prossimi mesi o in un suo miglioramento, rispetto al commercio.

Notevoli le incognite del contesto a livello mondiale. I dati presentati all’incontro, mostrano che il commercio mondiale, in crescita da circa 20 anni, ha probabilmente raggiunto il suo tetto: l’export mondiale di beni e servizi e’ infatti costantemente prossimo al 30% del Pil. E questo mentre le dinamiche della globalizzazione stanno progressivamente modificando il quadro internazionale con una crescita delle politiche protezionistiche (nei primi nove mesi del 2023, per ogni intervento di liberalizzazione ce ne sono stati 4 di protezionismo: 600 contro 2.400), l’affermazione nelle strategie aziendali del near e del reshoring con il conseguente accorciamento delle catene globali del valore, e la ricerca da parte dei Paesi di una autonomia strategica (in termini di energia e materie prime pregiate) che ha portato, ad esempio, l’Unione europea a ridurre la dipendenza dai Paesi extra-Ue al 65% delle proprie forniture. Di fronte a questo contesto, le sfide a livello europeo e italiano sono molteplici. Diventa prioritario accelerare sul fronte degli investimenti (che in Europa sono cresciuti in media solo del 3,6% l’anno nell’ultimo decennio, a fronte del 7,2% della Cina, del 6,5% dei Paesi dell’Asia emergente e del 5,5% degli Usa) e, in casa nostra, sul fronte dell’utilizzo dei fondi comunitari (di quelli programmati per il 2014-2020, ne sono stati utilizzati solo i due terzi), anche facilitandone l’accesso alle imprese che, come rivela una ricerca di Unioncamere, in un caso su due lamentano una eccessiva complessita’ degli adempimenti e richiedono supporto ed assistenza (questi i bisogni espressi rispettivamente dal 19 e 18% delle aziende) Restando in Italia, i progressi sul fronte dell’innovazione si fanno comunque vedere. Per quanto riguarda la sostenibilita’, una impresa su 4 ha investito in tecnologie green a basso impatto ambientale (ma il 15% ritiene che le risorse economiche siano insufficienti a superare questa sfida e il 5,2% lamenta costi troppo elevati delle materie prime verdi). Cresce anche l’adozione del digital lending da parte di soggetti finanziari non bancari. Nella classifica a livello di G7, l’Italia e’ al terzo posto, dopo Stati Uniti e Regno Unito, per prestiti concessi da soggetti non bancari, con 1,9 miliardi di dollari.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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