Caramanico nel Chronicon casauriense

“ TRADO ET DONO IN ECCLESIA SANCTE CRUCIS, VOCABULO AQUE PUTRIDE ”

Caramanico nel Chronicon casauriense

di Antonio Alfredo Varrasso*

Questo lavoro è frutto di una recente rielaborazione della conferenza che tenni in Caramanico Terme, presso l’Oratorio della Trinità, annesso allo splendido complesso monumentale di Santa Maria Maggiore, il 17 maggio 1998, su invito del Rev. Parroco di quella insigne Chiesa Parrocchiale, Don Giuseppe Liberatoscioli. La base documentaria della mia ricostruzione storica è data, essenzialmente, dal novero degli atti compresi nella raccolta del Liber instrumentorum seu chronicorum monasterii casauriensis, più noto come Chronicon casauriense della Biblioteca Nazionale di Francia in Parigi (Codex Parisinus Latinus n. 5411),che da qui in avanti cito con C.P.L. 5411. Riprodotto fototipicamente nel 1982, dando così un notevole contributo anche alle iniziative circa i beni culturali della Nazione che si trovano all’estero, questo straordinario reperto letterario e documentario, composto nel XII secolo, si è reso accessibile, nella sua integrità, agli studiosi, benché non se ne sia nel frattempo approntata una valida edizione critica. In questo senso, credo, il mio approccio alla complessa fonte documentaria potrà, come era ed è nelle mie più vive intenzioni, costituire un contributo all’analisi critica dei testi cronistico e documentario, come del resto, in questi anni, ho cercato di fare in più modi ed in relazione a diversi oggetti di ricerca. Benché, come dicevo, non esista fin qui una edizione critica del codice, possediamo validi lavori di presentazione dello stesso, nonché le trasposizioni, sia pure parziali, operate nel passato e di cui dà conto, uno per tutti, il Prof. Alessandro Pratesi nel testo a stampa che accompagna l’ edizione fototipica del 1982 (Prefazione all’edizione fototipica del Liber instrumentorum seu chronicorum monasterii casauriensis, L’Aquila 1982). Non va trascurata, poi, tutta una vasta e variegata storiografia moderna e contemporanea, costruita, direi, proprio sulla base della individuazione dei testi codicografici casauriensi, come fonti straordinariamente importanti della storia medievale regionale e locale, per non dire nazionale e dalle implicazioni anche internazionali, il cui esito illustre più recente è sicuramente costituito dal ricco volume di Laurent Feller, Les Abruzzes médiévales. Territoire, économie et société en Italie centrale du IXe au XIIe siècle. Ecole française de Rome, Rome 1998. Indubbiamente l’oramai quasi ventennale edizione fototipica del codice casauriense ha favorito, particolarmente, la storiografia locale, pur prescindendo dalle sedi, autorevoli o meno, in cui questa si è sviluppata, meglio di quanto potessero fare le trasposizioni seicentesche e settecentesche del codice parigino, che, come è noto, ne hanno evidenziato parzialmente la ricchezza documentaria. Al tempo stesso, però, la vastissima raccolta documentaria di Casauria ha posto l’urgenza di una sua più puntuale analisi critica, laddove i documenti, restituitici nella loro integrità e nel complesso unitario del codice, illustrano le vicende del territorio, tutte da rivelare sul piano storiografico, senza alcuna trascuratezza.

L’estrapolazione dal contesto di documenti concernenti una data località, come per Caramanico, potrebbe apparire una forzatura, ovvero una sollecitazione impropria dei testi, proprio in assenza di una valutazione critica più complessiva ed unitaria della fonte codicografica. Il rischio esiste, anche per quel che concerne una considerazione riduttiva dei dati documentari così proposti, in quanto i loro contenuti verrebbero sostanzialmente isolati e, quindi, privati del respiro generale, del rapporto con la vicenda complessiva non so lo del territorio, ma anche dell’ente monastico, sia dal punto di vista istituzionale, che sociale, politico, ecc. Tuttavia, interrogare il Chronicon casauriense, se mi si consente, dal basso, cioè partendo dal rapporto territorio-monastero, con tutte le prudenze e le cautele del caso, potrà riuscire utile alla storia degli insediamenti ed a contribuire efficacemente alla critica esegetica della fonte, immaginando di ricostruire, tassello per tassello, un quadro storico unitario, che vive e si nutre di tante diversità. Quelle che, viceversa, rischierebbero di rimanere in ombra, se non del tutto trascurate e ignorate proprio e particolarmente sul piano della storia locale; della storia del territorio, sottoposta, se non opposta, a quella dell’ente monastico, di cui, invece, è parte saliente e fondamentale. Circa un secolo fa l’esigenza di ricostruire storicamente il territorio abbaziale fu particolarmente avvertita da Pier Luigi Calore (+ 1935), nel momento stesso in cui si accinse a provvedere alla “salvezza” del monumento storico ed architettonico di San Clemente a Casauria. Il suo si concretizzò in un progetto culturale di grande respiro, in uno slancio, se vogliamo, anche idealistico, che gli derivava, però, non da mero spontaneismo, ma da un più moderno concetto di salvaguardia, tutela e valorizzazione del bene culturale. Irrealizzabile senza la consapevolezza del rapporto storicamente determinato con il territorio circostante. Quello del Calore fu un contributo fondamentale al recupero del monumento, che trascese pure le dolorose vicende personali a cui andò incontro, per costituire un patrimonio di idee e di studi trasmessi, non senza utilità ed interesse, alle generazioni successive, compresa la nostra.

Mi pare che tutto questo possa richiamare all’attualità delle cose le vicende originarie del codice casauriense, commesso al fedele confratello di Leonate, il monaco Giovanni di Berardo, dallo stesso grande abate che, quasi contemporaneamente, ricostruiva sontuosamente la chiesa abbaziale, sul finire del secolo XII. Intendo con ciò sottolineare il valore fondante della vicenda territoriale, operante il grande progetto di riedificazione del tempio casauriense, al di là delle contingenze del momento, che, naturalmente, occorre tenere presenti, ma che, in un certo senso, vengono trascese da un gesto ricco di significato per il territorio circostante; un gesto che fu tecnico, artistico, culturale, religioso e politico: proprio in quanto riflettente la storia del territorio come sua motivazione più intima e profonda. Cosa possa significare tutto questo oggi, nel momento storico attuale, ha certamente a che vedere con lo stesso atteggiamento con cui guardiamo e concepiamo la risorsa culturale di San Clemente a Casauria. Fare della storiografia locale un momento alto di rivisitazione e spesso di nuove scoperte delle fonti, credo, allarghi sempre più l’orizzonte analitico per lo studio del rapporto tra la fonte stessa, l’ente che l’ha prodotta ed il territorio. Credo pure che questo insistere nuovo sulle vicende territoriali in rapporto alla storia abbaziale significhi superare positivamente un atteggiamento culturale che, puntando tutto il suo interesse speculativo sul monumento storico ed architettonico in quanto tale, facendo altresì rivivere limiti localistici che si ritenevano ormai passati, impediva, o ostacolava seriamente la più proficua iniziativa di valorizzazione del patrimonio storico casauriense in tutta la regione e quindi di inquadrare il monumento stesso come il risultato emblematico della storia sociale e culturale di tutta la media ed alta Valle del Pescara. In questo senso l’impegno culturale odierno acquista un suo specifico valore di impegno civile. Il caso Caramanico non fa eccezione rispetto agli altri insediamenti storici del territorio e, al tempo stesso, rappresenta una vicenda originale e complessa, che informa di se la storia del cenobio benedettino di Casauria. Che guardò alla Majella, al mons Tarinus, sempre, e ancor dopo il XII secolo, come ad un formidabile caposaldo del suo radicamento sociale, culturale e religioso, tanto da rivendicare la primogenitura stessa di Caramanico, diffondendo una tradizione che, per quanto seriamente inficiata dai documenti storici e tutta leggibile nello slancio rivendicativo antinormanno, è espressiva di una autentica tensione verso il territorio, che fu la vera trama della civiltà monastica europea e, per essa, dei Benedettini casauriensi.

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Leggi l’intero documento da qui: CARAMANICO NEL CHRONICON_di_A_A_VARRASSO

*storico, pubblicista e saggista

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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