La realtà, le statistiche, gli occhi chiusi della politica (soprattutto in Abruzzo)

di Angelo Orlando*

Il 13 giugno 2023, l’Istat ha pubblicato il focus “La politica di coesione e il Mezzogiorno. Vent’anni di mancata convergenza” per analizzare quella che è la principale politica di investimento dell’Unione Europea, misura predisposta con l’obiettivo della riduzione del divario tra i livelli di sviluppo delle regioni, confrontando e valutando i risultati dei tre cicli di programmazione (2000-2006, 2007-2013, 2014-2020).

Preliminarmente bisogna ricordare che fino al 2004 l’Unione Europea contava solo 15 paesi, mentre, oggi, dopo l’uscita della Gran Bretagna, ne conta 27. Questo elemento è decisamente importante per valutare I dati statistici in riferimento soprattutto al Pil pro capite, evidentemente soggetto a fluttuazioni nel momento in cui i fondi strutturali hanno innalzato il livello di reddito delle nazioni e delle regioni meno sviluppate. Sulla scorta del rilievo della mancata convergenza, è chiaro che poi le regioni italiane classificate come “meno sviluppate”, quelle del Mezzogiorno (Abruzzo escluso) abbiano avuto un processo di crescita decisamente inferiore alla media dei paesi dell’Unione Europea 27. Per quanto riguarda l’Abruzzo, che galleggia tra le regioni del Centro-Nord e quelle del Mezzogiorno, è opportuno ricordare che è passato dall’obiettivo uno del periodo 1989-1993 (la sanzione dell’uscita da questo obiettivo è stato il primo atto del Governo Berlusconi I, con il decreto del Ministro del lavoro Mastella) alla fase di phasing-out nel periodo 1994-1999, successivamente all’obiettivo due negli anni 2000-2006, per collocarsi nell’obiettivo “Competitività regionale e occupazione” , 2007-2013, fino ad essere catalogato tra le regioni “in transizione” (Pil pro capite tra 75% e 90 % della media UE 27) nel periodo 2014-2020 e nella programmazione 2021-2027. Nella tabella che identifica il “Pil pro capite a parità di potere di acquisto a prezzi correnti (con riferimento ad anno 2000 e tasso medio annuo di crescita 2021-2000 per regione europea- “ NUTS 2- è la classificazione di Eurostat per valutare uniformemente le unità territoriali e poter procedere a comparazioni-“, l’Abruzzo è collocato tra le cosiddette “ regioni avanzate mature”, in compagnia decisamente lusinghiera se si pensa che in questo quadrante sono collocate anche regioni economicamente più sviluppate come Lombardia, Emilia, Piemonte e Veneto. Ora, a proposito di queste regioni nel Focus (p.7) è scritto “… tassi di crescita media annua del Pil pro capite nettamente più modesti sono stati realizzati dalle regioni economicamente più avanzate (…): Questi territori potrebbero essere definibili come “regioni avanzate economicamente mature”. Queste aree rappresentano una parte rilevante talvolta totalitaria in termini di popolazione dei paesi della “Vecchia Europa” (…): È presente in queste regioni il 68% della popolazione italiana, il 71% della popolazione francese, il 67% della popolazione tedesca e oltre il 90% di quella austriaca e olandese”.

Ancora, se si considera il tasso medio annuo di crescita Pil pro capite a parità di potere d’acquisto, per regione e media Unione Europea 27 2000-2021, tenuto conto che la media di crescita europea è 2,73%, l’Abruzzo presenta un tasso di crescita di 1,39, collocandosi al sestultimo posto della graduatoria delle regioni italiane, guidata, come al solito, dalla Provincia Autonoma di Bolzano (2,02), non molto distante da quello di altre regioni economicamente più solide e strutturate.  Quelle che potrebbero sembrare notizie positive, in un quadro, però, sostanzialmente negativo per l’Italia e soprattutto per la regione del Mezzogiorno, finiscono qui. Preso atto che le regioni NUTS2 in Europa sono 242 e fanno riferimento alla geografia vigente a gennaio 2020, guardiamo l’evoluzione del ranking delle regioni europee: “… E’ l’intero sistema paese Italia che si è contraddistinto per un processo di progressivo allontanamento dal dato medio europeo: nel 2000 erano ben 10 le regioni italiane fra le prime 50 per Pil pro capite a parità di potere d’acquisto e nessuna fra le ultime 50. Nel 2021 fra le prime 50 ne sono rimaste solo quattro (Provincia autonoma di Bolzano, Lombardia, Provincia autonoma di Trento e Valle d’Aosta), mentre fra le ultime 50 ore se ne trovano ben quattro (Puglia, Campania, Sicilia e Calabria)”.

Osserviamo ora la posizione l’Abruzzo in questa graduatoria: ciclo 2000-2006 posizione 115, tasso di crescita 1,5, ciclo 2007-2013 “ 121. tasso di crescita 0,5 , ciclo 2014-2020 “ 137 tasso di crescita 0,6, 2021-2019 142 “ 1,2

Ma quali sono gli elementi che hanno prodotto e producono queste rilevanti fluttuazioni all’interno dell’Europa 27? Tasso di occupazione e produttività del lavoro.

Torniamo in Abruzzo.

         Tasso di occupazione:
2000-2006 55,7 media europea 61,8,
2007-2013  56,6   ………………….. 63,6
2014-2020 56,4  …………………….66,3
2021            57,8  ……………………..68,4.

Guardiamo ora la produttività del lavoro (Pil per occupato):

2000-2006 56.718 media UE  27 (dal 2020) 49.966

2007-2013 62.716  ……………..59.755

2014-2020 67.004  ……………68.130

2021             72.120    ……………..75.272.

Guardiamo ora la situazione attuale in rapporto alla previsione Istat per il 2030 sulla demografia regionale: 2021 popolazione 15 -64 anni 807.927, popolazione totale 1.281.011, 2030 15-64 anni 744.660, popolazione totale 1.233.395. E chiaro il peso di questa componente di rischio sulla realtà economica abruzzese nel periodo successivo alle elezioni regionali ed europee nel 2024? La necessità di una svolta della politica economica e industriale nazionale regionale è dimostrata da questi scenari disegnati nel Focus. La prima simulazione riguarda la percentuale di Pil pro capite a parità di potere d’acquisto regionale rispetto alla media Unione Europea 27 nel 2021 e nel 2030. Se immaginiamo l’invarianza sia del tasso di occupazione sia della produttività del lavoro, l’Abruzzo si troverebbe con un Pil pro capite di 76,2, ai margini della zona “negativa”(Molise, Sardegna, Campania, Puglia, Sicilia e Calabria), all’ultimo posto di una categoria di “regioni in transizione“ (Pil pro capite compreso tra il 75 e il 100% del Pil pro capite europeo), categoria che, oltre ad Abruzzo, Umbria e Marche, annovererebbe anche Liguria Toscana e Piemonte.

Passiamo ora a scenari ipotetici, se non addirittura utopistici:
1) se l’Abruzzo riuscisse ad avere un tasso di occupazione simile a quello europeo il suo Pil pro capite salirebbe vertiginosamente al 91,4%
2) se riuscisse ad avere una produttività del lavoro simile a quella europea il suo Pil sarebbe dell’82,8%
3) se tasso di occupazione e produttività del lavoro fossero simili ai dati europei il Pil pro capite regionale per l’Abruzzo salirebbe vertiginosamente al 99,3%.

Esiste una politica, nazionale e regionale, in grado di invertire questa catastrofica tendenza o, almeno, limitare fortemente i danni? Purtroppo, il sonno non appartiene solo ad Omero!

*Insegnante, viene eletto al Senato della Repubblica nel 1994 nelle file di Rifondazione Comunista e per la XII legislatura fa parte della Commissione Finanze e Tesoro e di quella Agricoltura. Successivamente è per due mandati consigliere regionale in Abruzzo sempre per il PRC.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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