Quel 10 gennaio che cambiò la storia del mondo

di Achille Lucio Gaspari*

Noi italiani conosciamo molto bene alcune date che riguardano la nostra storia come il 20 settembre 1870 quando Roma divenne la Capitale dell’Italia, il 24 maggio del 1915 e il 4 novembre del 1918 inizio e fine vittoriosa della partecipazione italiana alla prima Guerra Mondiale. E poi l’8 settembre 1943 quando l’Italia capovolse le sue alleanze della seconda Guerra Mondiale, il 25 aprile 1945 festa della liberazione e il 2 giugno data di fondazione della Repubblica.

Ma qualcuno ricorda cosa accadde il 10 gennaio di 2070 anni fa? Credo quasi nessuno dei miei lettori. Eppure quel giorno del gennaio 49 a.C. Cesare varcò il Rubicone e con quell’atto diede inizio a quella trasformazione che Ottaviano Augusto completò cambiando la Repubblica Romana in un Impero. Facciamo però un passo indietro e cerchiamo di approfondire sia pur sommariamente la figura di questo uomo politico, generale e scrittore di successo.

Caio Giulio Cesare nasce a Roma il 12 luglio del 100 a.C nel quartiere popolare della Suburra. Discende da una famiglia nobilissima ma squattrinata. In un discorso commemorativo per la morte della sorella del padre di nome Giulia, ricorda la duplice discendenza regale da Anco Marzio e divina ,dalla dea Venere madre del suo antenato Enea. La nascita nel quartiere popolare , ma in modo particolare il fatto che la zia Giulia fosse la moglie di Caio Mario , capo del partito popolare, determinarono Cesare a parteggiare per questa fazione politica. All’epoca il potere politico era conteso a Roma tra il partito popolare e quello conservatore. Cesare sposò Cornelia figlia di Cinna che era il principale sostenitore di Caio Mario nella guerra civile combattuta tra il vincitore dei Cimbri e dei Teutoni e il capo dei conservatori Lucio Cornelio Silla. Alla morte di Mario, Silla tornato a Roma e preso il potere, comandò a Cesare di ripudiare la moglie;non avendolo Cesare obbedito, Silla considerandolo un potenziale pericoloso avversario decise di eliminarlo. In difesa di Cesare intervennero le Vestali ed Aurelio Cotta che a Roma godeva di grande prestigio. Silla pronunciò allora la celebre frase ”Vincerent ac sibi haberent, dum modo scirent eum, quem incolumen tanto opere cuperent, quandoque optimatium partibus, quae secum simul defendissent,exitio futurum, nam Caesari multos Marios inesse” che per chi non ama il latino significa: Abbiatela pure vinta e tenetevelo pure! Un giorno vi accorgerete che colui che volete salvo a tutti i costi sarà fatale alla fazione degli ottimati che pure tutti insieme abbiamo difeso. In Cesare ci sono infatti molti Marii.

Acconsentendo alle richieste Silla lo risparmiò ma lo fece nominare Flamen Dialis, quale sacerdote di Giove , carica religiosa che era incompatibile con incarichi politici. Il neo sacerdote, non fidandosi delle promesse sillane fuggì da Roma e si rifugiò in Sabina. Tornato a Roma alla morte di Silla seguì in oriente l’esercito comandato da Marco Minucio che lo mandò in missione diplomatica presso Nicomede IV re della Bitinia. Si disse a Roma che Cesare avesse avuto una relazione omosessuale con questo re. Vera o falsa la notizia, alla morte del sovrano che si spense senza eredi , il testamento da lui redatto lasciava il suo regno in eredità a Roma. Durante la sfilata del Trionfo ai legionari era consentito di dire qualsiasi cosa sul proprio comandante e di Cesare dicevano “ marito di tutte le mogli e moglie di tutti i mariti” Per l’omosessualità si riferivano all’incerto episodio di 35 anni prima ; per quanto riguarda le amanti i verbali del Senato ricordano questo curioso episodio. Correva il 63 a.C. e Cicerone aveva sventato la congiura di Catilina. In Senato si discuteva se alcuni congiurati arrestati dovevano essere condannati a morte con un regolare processo o giustiziati ipso facto. Cesare sosteneva che, essendo stato Catilina dichiarato nemico pubblico perché violava la Costituzione, i difensori della Repubblica non potevano violare la medesima condannando dei cittadini romani senza un regolare processo. Catone l’Uticense si scagliò contro questa proposta accusando Cesare di collusione con i congiurati. Mentre stava parlando un commesso si avvicinò a Cesare e gli consegnò un biglietto; Catone se ne accorse e cominciò a gridare “ecco, guardate , i suoi complici gli fanno recapitare un messaggio” A che Cesare disse “Ti sbagli Catone questo è un messaggio di tua sorella Servilia che mi conferma l’appuntamento che ho con lei questa sera” Servilia era la madre di Bruto che Cesare aveva adottato, era forse suo figlio naturale? E quando Cesare lo vide tra i pugnalatori disse “quoque tu Brute, fili mi?” anche tu Bruto figlio mio? La famiglia dei Bruti era nobilissima ma dopo questo episodio (Dante posiziona Bruto insieme a Giuda tra i traditori nel posto più profondo dell’Inferno) essere un Bruto e fare una azione brutale ha acquisito un preciso significato.

Abbiamo lasciato Cesare in oriente e lo ritroviamo all’assedio di Mitilene dove si comportò con tanto coraggio da essere insignito della Corona Civica , una delle più alte decorazioni militari che gli aprivano automaticamente le porte del Senato. Durante quel periodo fu sequestrato dai pirati della Cilicia che lo tennero prigioniero per 38 giorni e richiesero un riscatto di 20 talenti d’oro “ Ve ne farò dare cinquanta – disse Cesare- ma poi vi catturerò tutti e vi farò crocefiggere” e avvenne proprio così.

Tornato a Roma iniziò con grande successo il cursus honorum delle cariche pubbliche. Nel frattempo era stato eletto Pontefice Massimo, carica religiosa di vertice che aveva però anche un grande significato politico. La moglie Pompea in qualità di consorte del Pontefice presiedeva un cerimonia religiosa in onore della Bona Dea a cui gli uomini non potevano partecipare. Per curiosare Clodio ,travestito da femmina, si introdusse in casa ma fu scoperto. Ne nacque un grande scandalo ed un conseguente processo. Cesare ripudiò la moglie nonostante non ci fossero prove di un suo coinvolgimento pronunciando la celebre frase”la moglie di Cesare non può essere sfiorata dal sospetto”

Raggiunti i massimi vertici del potere e divenuto Console a Cesare fu assegnata la Gallia che con una guerra decennale conquistò completamente invadendo anche la parte sud della Britannia e varcando il Reno per penetrare in Germania mediante la costruzione di un ponte lungo mille duecento metri edificato in soli 12 giorni. La carica di Proconsole che comportava anche il mantenimento dell’Imperium militare gli fu confermata per altri 5 anni. Ma il partito dei Conservatori , temendo il suo crescente prestigio cominciò ad ostacolarlo. Gli chiese di cedere una delle sue 3 legioni cosa che egli fece. Cesare voleva ,dovendo tornare a Roma da privato cittadino e sapendo che volevano intentargli un processo, essere candidato console per il 50 in absentia. Questa carica lo avrebbe ricoperto di immunità giudiziaria. Il consenso alla candidatura venne negato dal Senato e i consoli del 50 erano entrambi fieri avversari del partito popolare. La richiesta di presentazione della candidatura in absentia fu rinnovata per il 49 e anche questa volta venne emanato un decreto di diniego dal Senato Secondo la Costituzione repubblicana i tribuni della plebe Marco Antonio e Gaio Scribonio opposero il veto che non venne applicato e pur essendo inviolabili dovettero fuggire da Roma per salvare la pelle. Il partito Conservatore aveva palesemente violato la Costituzione. A Cesare si pose il dilemma di cosa fare. Il fiume Rubicone che scorre in Romagna e si getta in Adriatico rappresentava a nord il confine del Pomerium ;a nessuno era consentito varcarlo in armi senza il consenso del Senato. Quello però era il Senato che per due volte aveva violato la Costituzione. Cesare decise quindi di varcare il fiume con le sue due fedeli legioni; questa è stata la prima marcia su Roma da Nord mossa da motivazioni politiche. Cesare voleva, o almeno diceva di voler ripristinare la Costituzione violata e quel fatidico 10 gennaio nel varcare il fiume disse “Alea jacta est” Il dado è gettato!

*Professore Ordinario Emerito, Direttore Sezione Clinica Chirurgica, Facoltà di Medicina e Chirurgia
Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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2 Commenti

  1. Piacevole ed erudito l’articolo, condito con una blanda vena ironica che rendono facile la lettura. Con queste premesse e mettendo assieme altri articoli dell’autore , pensi che sarebbe presumibile ipotizzare uno o più volumi sulla storia di Roma.

  2. Carissimo Prof. una bella rievocazione storica che ci eleva lo spirito dalle grettezze quotidiane!
    Un saluto affettuoso Nicola Farina

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