Street Care

di Angelo Orlando*

Quando, qualche secolo addietro, Francesco Bacone, nel capitolo 12 di uno dei suoi Saggi, per descrivere le modalità di persuasione di di Maometto ed i suoi miracoli, scriveva di “audacia”- latino-, “ boldness” – inglese-, termini traducibili in italiano con “sfrontatezza”, non avrebbe mai immaginato che lo stesso vantato miracolo, “se Maometto non va alla montagna, la montagna va da Maometto “, potesse ripresentarsi, naturalmente in forme diverse, in età moderna. Ma qual è la forma nella quale questo miracolo si manifesta oggi? È una forma assolutamente originale di “Street Care”! A dire il vero altri modelli di Street Care già esistono. Ad esempio, a Torino per street care si intende “attività a favore di migranti e senzatetto per le strade di Torino e cintura, dove altre al tampone sono assicurate visite, medicazioni, coperte, minestre e bevande calde”. Ad esempio, ancora, in Inghilterra, invece, per street care si intende la cura e pulizia delle strade (vedi Newcastle, laddove in testa al programma di pulizia si scrive: “quanto è pulita una città fa un enorme differenza per la qualità della vita della popolazione locale”). In Abruzzo, però, oggi di street care si parla o, meglio, si potrebbe parlare, per quanto riguarda le modalità di tutela della salute riservate a tanta parte della popolazione abruzzese. Rileggiamo la Costituzione della Repubblica italiana: -articolo 3: “ Tutti cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza distinzione di sesso…, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale”; -articolo 32: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”. Considerate ora il combinato disposto dei due articoli. Se vi avventurate nella lettura e nelle interpretazioni dei costituzionalisti, in materia sanitaria, a partire dalla legge 833 del 1978, la legge istitutiva del Sistema Sanitario Nazionale, attraverso la riforma del decreto legislativo 502/1992 e del decreto legislativo 299/1999, alla luce, oggi, di tutta la problematica sollevata dalle richieste di autonomia differenziata da parte soprattutto delle regioni “ricche”, che chiedono di poter organizzare autonomamente i propri servizi sanitari regionali, è facile capire che il problema fondamentale, per buona parte degli italiani è quello dell’uniformità dei livelli di assistenza. Ora, ecco come si legge in Abruzzo questa ipotetica uniformità. “Aree interne: 5 milioni di euro all’Abruzzo per “casa salute mobile”.… Questa iniziativa mira a promuovere soluzioni a problemi di disagio e fragilità sociale mediante la creazione di nuovi servizi e infrastrutture sociali e/o il miglioramento di quelli esistenti, favorendo l’aumento del numero dei destinatari e la qualità dell’offerta, anche facilitando il collegamento e l’accessibilità ai territori in cui sono ubicati i servizi stessi… In questo caso specifico Aric ha curato gli interventi del PNRR, predisponendo di concerto con le quattro Asl questo progetto che avvicina i servizi legati alla salute in quelle zone interne della nostra regione che quotidianamente devono fare i conti con le distanze da coprire per raggiungere strutture sanitarie” ha dichiarato il presidente della regione Abruzzo Marco Marsilio… “. In coda all’articolo si legge, poi, che questo servizio sarà svolto da un truck-poliambulatorio mobile che raggiungerà le sedi di 103 comuni facenti parte delle aree interne afferenti a ciascuna delle quattro Asl regionali ( Il Centro, 14 dicembre 2022). Il 14 marzo 2023 l’Agenzia regionale di informatica e committenza – Aric-, con la determinazione n. 41 indice la gara comunitaria a procedura aperta per l’affidamento del servizio (dopo qualche determina di differimento dei termini, al 21 giugno 2023, pare, non si conosce l’esito della gara). Il costo di questo servizio? 5 milioni di euro, oltre Iva di legge per un contratto di 36 mesi. Il 25 marzo 2023, sempre sul quotidiano di cui sopra, si legge che “anche il più piccolo e sperduto dei paesi avrà in piazza il suo mini ospedale”, che “i comuni delle aree interne interessati (classificati come “intermedi, periferici ed ultra periferici “) corrispondono a due terzi dei centri abruzzesi (202) in cui vivono complessivamente 460.328 cittadini “. Si dettagliano, poi, comuni e popolazione: 70 ( su 108,n.d.c.) per l’Asl dell’Aquila-Avezzano-Sulmona, per un totale di 90.146 residenti (su 287.151), 86 ( su 104) per l’Asl Lanciano-Vasto -Chieti (241.475 residenti -su 371.975-); 30 ( su 46) per l’ASI Pescara (64.696 su 312.320), 16 ( su 47)per la Asl di Teramo (64.011 su 298.414). Dopo l’elenco delle prestazioni e delle dotazioni di personale,, che vanno dagli screen oncologici, colon retto fino all’assistenza domiciliare per gli anziani (?); infermiere e ostetrica di comunità accoglienza dei migranti e dei profughi in fuga dalle guerre, finalmente le dimensioni dell’unità mobile: “ La dimensione interna richiesta è di 100 mq, suddiviso in cinque box per le visite, più un’area per l’attesa dei pazienti di 40 m quadri, un vano spogliatoio… servizi igienici… cabina doccia… zona diagnostica… una zona attrezzata con pc… climatizzatore… Impianto di stabilizzazione per lo stazionamento del veicolo e doppia scala anteriore di accesso “. Il primo dato da rilevare è il passaggio dei comuni coinvolti nel progetto da 103 a 202. L’unica spiegazione plausibile di questa dilatazione potrebbe verosimilmente risiedere nel metodo di classificazione dei comuni stessi. Ad esempio, il piano territoriale di coordinamento provinciale- PTCP- della provincia di Chieti determina tre ambiti, la zona costiera, quella collinare e infine quella montana. Muoversi all’interno di questo criterio per per tutta la regione avrebbe dato risultati certamente più vicini alla prima definizione numerica che alla seconda. Quindi, sarebbe stato più opportuno classificare i paesi come costieri, di media o alta collina, parzialmente montani, totalmente montani. Pineto e Roseto degli Abruzzi, in provincia di Teramo, hanno gli stessi problemi di prossimità alle strutture sanitarie e socio-sanitarie di Crognaleto? San Salvo, Mozzagrogna e Torino di Sangro vivono la stessa condizione di Rosello e Quadri ? Non ci sono presidi ospedalieri ad Atessa, Popoli, Penne e Castel di Sangro, oppure la programmazione della rete è qualcosa di etereo? Qual è il carattere di questa misura? È una misura integrativa, complementare, oppure rischia di essere, in molti casi, una misura sostitutiva? Ha un rapporto funzionale con la rete ospedaliera, con il piano di assistenza territoriale, con i programmi operativi? Per il reclutamento del personale ci saranno gli stessi problemi che sussistono per le case di comunità, per gli ospedali di comunità, per i centri operativi territoriali? Può essere considerata una misura in grado di far fronte al fenomeno dello spopolamento delle aree interne ed ai viaggi della speranza verso la costa? Proviamo a considerare ora la dimensione finanziaria del SSR abruzzese. Qualche tempo fa l’assessore Veri ci ha comunicato che il finanziamento pro capite dei cittadini abruzzesi è di oltre 2100 €.Con un calcolo scontato bisognerebbe dedurne che per la prevenzione, assistenza territoriale e assistenza ospedaliera nelle aree interessate dal progetto di casa della salute mobile l’impegno di spesa dovrebbe raggiungere una somma vicina ad un terzo del finanziamento complessivo, finanziamento che si aggira normalmente intorno ai 2.6/700.000.000 di euro, insomma una somma intorno ai 920 milioni di euro( circa 400 milioni per la sola assistenza ospedaliera). Se consideriamo la popolazione della provincia dell’Aquila coinvolta nel progetto, questa rappresenta un terzo della popolazione complessiva e, conseguentemente, per questo terzo dovrebbero essere impegnati circa 180 milioni di euro( oltre 80 milioni per ass. osped.). Passando alla provincia di Teramo, la cui Asl ha un finanziamento di circa 600 milioni di euro, essendo la popolazione impegnata poco più di un quinto di quella complessiva, la somma riservata a questa dovrebbe aggirarsi intorno ai 120/130 milioni di euro( circa 55 milioni per ass. osp.). Situazione pressoché analoga riscontriamo nella provincia di Pescara, finanziamento complessivo 635 milioni di euro, quota di riserva sempre intorno ai 120/130 milioni di euro ( sempre 55 milioni per ass. osp.) Adottando lo stesso criterio, per la provincia di Chieti, su una somma di circa 800 milioni di euro, la quota riservata ai comuni coinvolti nel progetto dovrebbe toccare, anzi superare i 480 milioni di euro ( circa 220 milioni per assistenza ospedaliera). Preso atto del fatto che questa stima, per quanto grossolana e approssimativa, sostanzialmente indica una quota di finanziamento quanto meno vicina a quella necessaria per assicurare a queste popolazioni un livello sufficiente e appropriato di prestazioni, buttiamo lo sguardo sulla media collina e sulla costa. Consideriamo, ad esempio, l’area metropolitana Chieti-Pescara, con il 27% della popolazione regionale insediata sul 4% del territorio. Osserviamo la presenza di ospedali pubblici, di cliniche private convenzionate, aggiungiamo a questa realtà quella costiera o limitrofa di Ortona, Lanciano e Vasto, con la dotazione di ambulatori e poliambulatori pubblici e privati. Quanta parte del finanziamento complessivo del sistema sanitario regionale abruzzese assorbe questo mondo e di quanti servizi, sconosciuti ai cittadini delle aree interne, fruiscono gli altri ? Allora, è con il progetto “ Casa della salute mobile” che si realizza quella che ambiziosamente si chiama “coesione territoriale” e, soprattutto, si assicura un livello “uniforme “ di tutela della salute?

*Insegnante, viene eletto al Senato della Repubblica nel 1994 nelle file di Rifondazione Comunista e per la XII legislatura fa parte della Commissione Finanze e Tesoro e di quella Agricoltura. Successivamente è per due mandati consigliere regionale in Abruzzo sempre per il PRC.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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