Nel 2020, nonostante la pandemia, la produttivita’ del lavoratore medio italiano e’ aumentata oltre ogni previsione superando la media europea e campioni come la Germania. Fedele alla vulgata che vuole gli Italiani dare il meglio di se’ nelle emergenze, eccoci a staccare “di molto” i colleghi tedeschi, e addirittura prendere la volata rispetto ai francesi e spagnoli. E’ quanto si legge nel Report dell’Istat sulla produttivita’ che registra nell’anno del Covid un aumento di produttivita’ del lavoro in Italia dell’1,3% a fronte di un +0,4% della Germania, di un calo dell’1,1% della Francia, di un -2,,8% della Spagna e una media UE27 dell’1,2%. Forse – ma il report non lo dice – il merito e’ da attribuire anche, almeno in parte, al lavoro agile. “Nel 2020 – spiega l’Istat – la produttivita’ del lavoro e’ aumentata marcatamente nel settore delle Attivita’ finanziarie e assicurative (6,3%), nei Servizi di informazione e comunicazione, nel settore dell’Istruzione, sanita’ e assistenza sociale (5,7%) e, in misura piu’ contenuta, nelle Costruzioni (2,8%)”. Il dato spicca a fronte di un sistema Italia segnato da una produttivita’ del lavoro con crescita piuttosto lenta (+0,5% in media, negli anni 2014-2020), e comunque pari alla Francia, superiore alla Spagna (0,0), ma sensibilmente inferiore alla Germania (+1,0%) e alla media Ue27 (+ 1,2%) dello stesso periodo. Non cosi’ bene come la produttivita’ del lavoro, ha fatto il capitale che – sempre nel 2020 – ha visto la sua produttivita’ crollare dell’11,2%. La scarsa efficienza con cui il fattore capitale e’ utilizzato nel processo produttivo e’ noto (-1,1% annuo nel periodo 2014-2020) , ma un tonfo a due cifre, meriterebbe qualche riflessione. Sempre sul fronte del lavoro, l’Istat da’ altre buone notizie, segnalando per il terzo trimestre di quest’anno un aumento del numero degli occupati: di 121 mila unita’ (+0,5%) rispetto al trimestre precedente, e un aumento di 505 mila unita’ (+2,2%) rispetto al terzo trimestre del 2020. In crescita anche le ore lavorate, che segnano un +1,4% rispetto al trimestre precedente e un +4,1% rispetto al terzo trimestre 2020. Nel compresso, il tasso di occupazione sale al 58,4% mentre il tasso di disoccupazione scende al 9,2%.
E’ il lavoro a tempo determinato quello che continua a cresce in modo sostanziale. se non preoccupante, superando i 3 milioni di lavoratori con contratto a scadenza e quindi in condizione di precarieta’. A fronte di 505.000 occupati in piu’ (+2,2%), il numero del saldo positivo degli occupati con un contratto a tempo indeterminato (+228.000) risulta decisamente inferiore al numero dei contratti a termine (+357.000) la cui crescita e’ schizzata di +13,1% mentre per i primi l’andamento e’ poco piu’ che stabile (+1,5%) Se e’ vero, come dice Bonomi, che le aziende non pensano a licenziare. E’ pure vero che preferiscono assunzioni a scadenza, segnale inequivocabile di scarsa fiducia nelle prospettive economiche di lungo termine. Se poi assumono – tempo determinato o indeterminato che sia – e’ il contratto a tempo parziale che corre di piu’ registrando un +3,7% a fronte di un piu’ risicato +1,9% del tempo pieno.