I dilemmi della democrazia a 5 Stelle

La notizia del nuovo codice etico del Movimento 5 Stelle ha provocato reazioni contrastanti. La maggioranza dei commentatori e avversari politici ha interpretato questo documento come un voltafaccia clamoroso dettato dall’esigenza di proteggere i militanti inquisiti ma ben visti dai capi. Pochi sono stati, invece, quelli che hanno applaudito la proposta di Grillo di decidere caso per caso sulle dimissioni degli eletti raggiunti da un avviso di garanzia.

Il caso del codice etico evidenzia bene i pregi e i difetti dei 5 Stelle. Il Movimento sta dimostrando una capacità inattesa di correggere errori grossolani, ma allo stesso tempo appare quasi infantile nella sua ostinata incapacità di accettare i principi basilari della democrazia. È come se secoli di teoria e pratica politica siano passati invano. Tant’è che i 5 Stelle hanno bisogno ogni volta di andare a sbattere contro il muro della realtà e del buonsenso, di infrangere fragorosamente le loro (a volte pericolose) illusioni prima di adottare un atteggiamento più appropriato e realistico. Il rischio è che in questo titanico quanto goffo sforzo di ripensamento della politica essi si ritrovino tra qualche tempo sfiancati, delusi e forse anche sconfitti dalla loro stessa inconcludenza.

La forza attrattiva dei 5 Stelle sta nell’aver attaccato al cuore un sistema politico che l’opinione pubblica ritiene inefficiente e corrotto, proponendo come soluzione il rinnovamento della classe dirigente all’insegna della trasparenza e dell’onestà. Credo sia questa la ragione fondamentale del loro successo tra la gente. Meno interessante per i cittadini, invece, sembra essere la proposta di una “nuova” democrazia basata sulla partecipazione diretta delle persone comuni alle scelte politiche. In altre parole, è come se agli elettori importi poco come le decisioni vengono prese in seno al Movimento. Per questa via, però, il “sogno” di una democrazia rappresentativa controllata dal basso si sta rapidamente trasformando nella realtà di un sistema scarsamente rappresentativo controllato dall’alto. A correggere i limiti della democrazia delegata, infatti, non è tanto la maggiore partecipazione del popolo, quanto la volontà illuminata dei suoi interpreti, Grillo e Casaleggio junior, che credono che esista un solo popolo, il loro.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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