Sono stati prorogati al 10 aprile 2017 i termini per la presentazione delle domande di sostegno alle stalle ubicate nelle regioni terremotate colpite dal sisma per le perdite di reddito degli allevatori provocate dai decessi, dal crollo della produzione di latte del 30% per lo stress da freddo e dalle scosse, ma anche per la perdita di mercato causata dallo spopolamento. Lo rende noto Coldiretti Abruzzo nel sottolineare che le misure straordinarie sono fissate in 400 euro/capo bovino, 60 euro/capo ovi caprino, 20 euro/capo per suino e 45 euro/capo per le scrofe e 100 euro/capo ad equino. "Un boccata di ossigeno che deve arrivare con urgenza nelle campagne terremotate per salvare le stalle in un territorio - sottolinea la Coldiretti - a prevalente indirizzo agricolo con una significativa presenza di allevamenti che è importante sostenere concretamente affinchè la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell'economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo. Sono 25mila le aziende agricole e le stalle nei 131 comuni terremotati di Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria con 292mila ettari di terreni agricoli coltivati soprattutto a seminativi e prati e pascoli da imprese per la quasi totalità a gestione familiare (96,5%), secondo le elaborazioni Coldiretti sull'ultimo censimento Istat. Significativa la presenza di allevamenti con quasi 65 mila bovini, 40mila pecore e oltre 11mila maiali dalle quali si evidenzia anche un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialità di pregio famose in tutto il mondo".
Leggi Tutto »Solidale e biologica, le sagge e “sante” regole dei produttori di Zafferano di Navelli
Una famiglia che è una comunità storica, una cooperativa che ha tra i suoi iscritti discendenti di agricoltori che da secoli coltivano e producono zafferano. "Furono gli spagnoli nel 1400 con la regina Giovanna a dare alla piana di Navelli l'opportunità si produrre un farmaco, lo zafferano, l'oro rosso che aveva ed ha qualità farmacologiche tali che dalla notte dei tempi è utilizzato per mitigare i problemi gastro intestinali, le allergie agli occhi, le disfunzioni cardio circolatorie, fino ad essere una spezia di altissima qualità per dare sapori unici alle vivande". Gina Sarra è una delle discendenti della famiglia Sarra, una istituzione nel mondo dello Zafferano, dopo la morte del fratello Silvio, è lei il punto di riferimento della cooperativa che produce lo Zafferano dop dell'Aquila. Una specialità che viene richiesta da tutto il mondo.
Signora Gina iniziamo dal raccolto, come si annuncia quello del 2017?
"Stiamo, tuttavia, cercando di recuperare i danni subiti negli anni passati, sia per il vento, neve e quando un branco di cinghiali ha devastato in una sola notte tre ettari di campi dove lo zafferano era pronto per il raccolto. La nostra cooperativa è una comunità e i soci che hanno subito danni, sono aiutati dagli altri soci. In questo senso da secoli abbiamo una agricoltura biologica e solidale. Un modello produttivo che viene studiato anche dall'estero"
Come è iniziata la produzione sull'altipiano di Navelli?
"I documenti risalgono al 1400 quando lo zafferano era venduto in tutta Europa come farmaco, la produzione era nelle mani di comunità ebraiche presenti sulla piana e nei paesi del circondario di Navelli. Ora la commercializzazione è legata al mondo della cucina. Ci sono chef da tutto il mondo che ci chiedono di poterlo acquistare. Ma sta tornando anche lo zafferano come farmaco"
Chi ne fa richiesta?
"Quei medici che hanno fatto studi approfonditi di omeopatia, che conoscono bene le sue proprietà. Il nostro prodotto è purissimo, venduto a circa 22 euro al grammo. Produciamo con tecniche che sono rimaste nei secoli le stesse".
Come funziona la vostra cooperativa?
"È un modello solidale, aperto ai giovani che apprendono le regole da soci anziani, in alcuni casi centenari. C'è un mutuo rapporto di aiuto, questo lembo di terra è benedetto. E sarà conservato così ancora per secoli"
Coldiretti, prorogati al 10 aprile termini per domande di sostegno alle stalle
Sono stati prorogati al 10 aprile 2017 i termini per la presentazione delle domande di sostegno alle stalle colpite dal sisma per le perdite di reddito degli allevatori provocate dai decessi, dal crollo della produzione di latte del 30% per lo stress da freddo e dalle scosse, ma anche per la perdita di mercato causata dallo spopolamento. Lo rende noto la Coldiretti nel sottolineare che le misure straordinarie sono fissate in 400 euro/capo bovino, 60 euro/capo ovi caprino, 20 euro/capo per suino e 45 euro/capo per le scrofe e 100 euro/capo ad equino. Una boccata di ossigeno che deve arrivare con urgenza nelle campagne terremotate per salvare le stalle in un territorio - sottolinea la Coldiretti - a prevalente indirizzo agricolo con una significativa presenza di allevamenti che e' importante sostenere concretamente affinche' la ricostruzione vada di pari passo con la ripresa dell'economia che in queste zone significa soprattutto cibo e turismo. Sono 25mila le aziende agricole e le stalle nei 131 comuni terremotati di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo con 292mila ettari di terreni agricoli coltivati soprattutto a seminativi e prati e pascoli da imprese per la quasi totalita' a gestione familiare (96,5%), secondo le elaborazioni Coldiretti sull'ultimo censimento Istat. Significativa la presenza di allevamenti con quasi 65 mila bovini, 40mila pecore e oltre 11mila maiali dalle quali si evidenzia anche un fiorente indotto agroindustriale con caseifici, salumifici e frantoi dai quali si ottengono specialita' di pregio famose in tutto il mondo. Il crollo di stalle, fienili, caseifici e la strage di animali hanno limitato l'attivita' produttiva nelle campagne mentre lo spopolamento - sottolinea la Coldiretti - ha ridotto le opportunita' di mercato. Occorre recuperare il ritardo accumulato nell'arrivo delle strutture provvisorie annunciate nelle campagne, dalle stalle ai moduli abitativi.
Leggi Tutto »Coldiretti, finito il secondo inverno più caldo di sempre
Arriva la primavera e finisce l’inverno che si è classificato come il secondo più caldo di sempre sul pianeta a livello climatologico facendo registrare una temperatura media sulla superficie della terra e degli oceani, addirittura superiore di 0,89 gradi rispetto alla media del ventesimo secolo. E' quanto emerge dalle elaborazioni Coldiretti sulla base dei dati della banca dati Noaa, il National Climatic Data Centre dal 1880. "Anche in Italia si è verificata una evidente anomalia con l’inverno che - sottolinea Coldiretti - è stato più caldo con una temperatura superiore di 0,45 gradi rispetto alla media del periodo di riferimento e si colloca al 26esimo posto tra i più bollenti dal 1800, secondo Isac Cnr"
Dall’analisi si conferma la tendenza al surriscaldamento con il 2016, 2015 e 2014 che si collocano nell'ordine sul podio degli anni più caldi a livello globale mentre in italia il 2016 si è classificato al quarto posto ma il 2015 si era posizionato al primo posto e il 2014 al secondo.L’aumento delle temperature è accompagnato a livello nazionale da una tropicalizzazione del clima. "Il 'pazzo inverno' si è caratterizzato infatti in Italia - precisa Coldiretti - anche da un calo del 24 % delle precipitazioni, che ha sconvolto le natura con il Po che è allo stesso livello del mese di agosto. Una indicazione dello stato di crisi idrica in cui si trova l’Italia in questo momento". Al Nord in Piemonte e in Emilia Romagna il volume complessivo delle risorse idriche disponibili è ai livelli minimi dal 2010, ma in difficoltà sono anche la Lombardia dove è già attivato da settimane l'Osservatorio permanente sugli utilizzi idrici, il Trentino Alto Adige e il Veneto. Nel resto della Penisola la situazione è a macchia di leopardo con Abruzzo, Basilicata e Sicilia, che segnalano le più basse disponibilità idriche degli ultimi anni
I consumatori precisa Coldiretti "sono costretti a fare i conti con le fluttuazioni anomale nei prezzi dei prodotti che mettono nel carrello della spesa dove a febbraio si sono registrati aumenti del 37,2% nei prezzi dei vegetali freschi per le gelate di gennaio.
Leggi Tutto »Clima, Coldiretti: Italia a secco dopo un inverno caldo
Dopo un inverno climatologico piu' caldo di quasi mezzo grado (+0,49) con il 24% di pioggia in meno l'Italia è a secco e la natura è in tilt. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti in occasione dell'arrivo della primavera, dalla quale si evidenzia che ad aggravare la situazione è un marzo bollente e drammaticamente asciutto dopo febbraio che in Italia si è classificato al sesto posto tra gli anni piu' caldi dal 1800 con la colonnina di mercurio che è risultata di 2,11 gradi superiore alla media del periodo di riferimento. Se è allarme siccità con il Po in magra come ad agosto, le alte temperature hanno provocato l'esplosione contemporanea delle fioriture che provoca una impennata delle allergie da polline. L'Italia - sottolinea la Coldiretti - si è inaspettatamente coperta di fiori che sono comparsi nello spazio di pochi giorni dai giardini fino ai campi coltivati dove è un tripudio di colori. Primule, viole e margherite ricoprono i prati mentre nelle campagne - precisa la Coldiretti - sono fioriti mandorli, albicocchi, peschi e tutte le piante da frutto si sono "risvegliate" con la diffusione del polline e delle allergie. Alla bellezza del paesaggio si contrappone però una preoccupante mancanza di acqua perché la pioggia e le nevicate invernali - spiega la Coldiretti - sono determinanti per ricostruire le riserve idriche necessarie alle piante alla ripresa vegetativa primaverile per crescere e garantire i raccolti
La situazione di difficoltà in cui versa il Paese è evidente dalla situazione dei principali bacini idrografici del Paese a partire dal fiume Po che fa segnare lo stesso livello idrometrico della scorsa estate ed inferiore di oltre un metro rispetto allo stesso periodo del 2016, al Ponte della Becca dove il livello e di appena -2,7 metri. Il risultato - continua la Coldiretti - è visibile nei principali bacini idrici dove, secondo l'ultimo monitoraggio della Coldiretti, lo stato di riempimento del lago Maggiore è al 51,5%, quello del Lago di Iseo al 22,1% quello del Lago di Como al 17,1% mentre piu' positiva è la situazione del Garda con il 79,2%. Al Nord in Piemonte e in Emilia Romagna il volume complessivo delle risorse idriche disponibili è ai livelli minimi dal 2010, ma in difficoltà sono anche la Lombardia dove è già attivato da settimane l'Osservatorio permanente sugli utilizzi idrici, il Trentino Alto Adige e il Veneto. Nel resto della Penisola la situazione è a macchia di leopardo con Abruzzo, Basilicata e Sicilia, che segnalano le più basse disponibilità idriche degli ultimi anni. Siamo di fronte - precisa la Coldiretti - agli effetti dei cambiamenti climatici che si stanno manifestando con pesanti conseguenze sull'agricoltura italiana perché si moltiplicano gli sfasamenti stagionali e gli eventi estremi con precipitazioni brevi, ma intense e il repentino passaggio dal maltempo al sereno. Siccità e bombe d'acqua, ma anche gelate estreme e picchi di calore anomali - continua Coldiretti - si alternano lungo l'anno e lungo tutta la Penisola sconvolgendo i normali cicli stagionali. Una sfida anche per i consumatori che - conclude la Coldiretti - sono costretti a fare i conti con le fluttuazioni anomale nei prezzi dei prodotti che mettono nel carrello della spesa dove a febbraio si sono registrati aumenti del 37,2% nei prezzi dei vegetali freschi per le gelate di gennaio mentre a marzo le quotazioni stanno rientrando con il bel tempo.
Leggi Tutto »Agromafie, la crescita del crimine nel food
Fare acquisti in filiera corta e scegliere prodotti garantiti dagli agricoltori non è solo una scelta dettata da una forte attenzione alla qualità dei cibi e alla loro freschezza. Si tratta anche di tutelare la sicurezza alimentare di quel che si porta in tavola. “Occorre vigilare sul sottocosto e sui cibi low cost dietro i quali spesso si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi se non l’illegalità o lo sfruttamento”. Lo ha affermato il presidente della Coldiretti Roberto Moncalvo alla presentazione del quinto Rapporto #Agromafie2017 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare.
Quello delle agromafie è infatti un fenomeno preoccupante e purtroppo in crescita. Il volume d'affari complessivo annuale è salito a 21,8 miliardi di euro con un balzo del 30% nell’ultimo anno. Tale stima rimane, con tutta probabilità, ancora largamente approssimativa per difetto.
La filiera del cibo, della sua produzione, trasporto, distribuzione e vendita, ha tutte le caratteristiche necessarie per attirare l’interesse di organizzazioni che via via abbandonano l’abito “militare” per vestire il “doppiopetto” e il “colletto bianco”, riuscendo così a scoprire e meglio gestire i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e della finanza 3.0. Sul fronte della filiera agroalimentare, le mafie, dopo aver ceduto in appalto ai manovali l’onere di organizzare e gestire il caporalato e altre numerose forme di sfruttamento, condizionano il mercato stabilendo i prezzi dei raccolti, gestendo i trasporti e lo smistamento, il controllo di intere catene di supermercati, l’esportazione del nostro vero o falso Made in Italy, la creazione all’estero di centrali di produzione dell’Italian sounding e la creazione ex novo di reti di smercio al minuto.
Le minacce sul territorio italiano
Nel 2016 si è registrata un’impennata di fenomeni criminali che colpiscono e indeboliscono il settore agricolo nostrano. Non si tratta più soltanto di “ladri di polli” quanto di veri criminali che organizzano raid capaci di mettere in ginocchio un’azienda, specie se di dimensioni medie o piccole, con furti di interi carichi di olio o frutta, depositi di vino o altri prodotti come file di alveari, intere mandrie o trattori caricati su rimorchi di grandi dimensioni. A questi reati contro l’agricoltura, secondo il Rapporto Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, si affiancano racket, usura, danneggiamento, pascolo abusivo, estorsione nelle campagne mentre nelle città, silenziosamente, i tradizionali fruttivendoli e i nostri fiorai sono quasi completamente scomparsi, sostituiti i primi da egiziani e i secondi da indiani e pakistani che, pur sapendo proferire a stento poche frasi compiute in italiano, controllano ormai gran parte delle rivendite attive sul territorio.
Tra tutti i settori “agromafiosi”, quello della ristorazione è forse il comparto più tradizionale e immediatamente percepito come tipico del fenomeno. In alcuni casi sono le stesse mafie a possedere addirittura franchising e dunque catene di ristoranti in varie città d’Italia e anche all’estero, forti dei capitali assicurati dai traffici illeciti collaterali. Il business dei profitti criminali reinvestiti nella ristorazione coinvolgerebbe oltre 5mila locali, con una più capillare presenza a Roma, Milano e nelle grandi città.
Dalle infiltrazioni nel settore ortofrutticolo del clan Piromalli all’olio extra vergine di oliva di Matteo Messina Denaro fino alle imposizioni della vendita di mozzarelle di bufala del figlio di Sandokan del clan dei Casalesi e al controllo del commercio della carne da parte della ‘ndrangheta e di quello ortofrutticolo della famiglia di Totò Riina, i più noti clan della criminalità si dividono il business della tavola mettendo le mani sui prodotti simbolo dell’agroalimentare italiano.
Solo nell’ultimo anno le Forze dell’Ordine hanno messo a segno diverse operazioni contro le attività della malavita organizzata, con arresti, sequestri e confische contro personaggi di primissimo piano della mafia che hanno deciso di investire ed appropriarsi di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta. Il risultato è la moltiplicazione dei prezzi che per l’ortofrutta arrivano a triplicare dal campo alla tavola, ma anche pesanti danni di immagine per il Made in Italy in Italia e all’estero.
Importazioni pericolose
Quasi un prodotto agroalimentare su cinque che arriva in Italia dall’estero non rispetta le normative in materia di tutela dei lavoratori, a partire da quella sul caporalato, vigenti nel nostro Paese: dal riso asiatico alle conserve di pomodoro cinesi, dall’ortofrutta sudamericana a quella africana in vendita nei supermercati italiani fino ai fiori del Kenya.
Si stima che siano coltivati o allevati all’estero oltre il 30% dei prodotti agroalimentari consumati in Italia, con un deciso aumento negli ultimi decenni delle importazioni da paesi extracomunitari dove non valgono gli stessi diritti sociali dell’Unione Europea. Riso, conserve di pomodoro, olio d’oliva, ortofrutta fresca e trasformata, zucchero di canna, rose, olio di palma sono solo alcuni dei prodotti stranieri che arrivano in Italia che sono spesso il frutto di un “caporalato invisibile” che passa inosservato solo perché avviene in Paesi lontani, dove viene sfruttato il lavoro minorile, che riguarda in agricoltura circa 100 milioni di bambini secondo l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), di operai sottopagati e sottoposti a rischi per la salute, di detenuti o addirittura di veri e propri moderni “schiavi”. Ecco una sintesi delle bad practices su alcuni prodotti di importazione.
Salva il suolo! Firma online la petizione
Ogni anno in Europa spariscono sotto il cemento 1000 kmq di suolo fertile, un'area estesa come l'intera città di Roma.
Senza un suolo sano e vivo non c'è futuro per l'uomo. Oggi il suolo è violentato, soffocato, contaminato, sfruttato, avvelenato, maltrattato, consumato. Un suolo sano e vivo ci protegge dai disastri ambientali, dai cambiamenti climatici, dalle emergenze alimentari. Tutelare il suolo è il primo modo di proteggere uomini, piante, animali.
Nonostante questo, in Europa, non esiste una legge comune che difenda il suolo. I cittadini di tutta Europa chiedono di difenderlo dal cemento, dall’inquinamento e dagli interessi speculativi. Insieme a noi, oltre 400 associazioni chiedono all'UE norme specifiche per tutelare il suolo, bene essenziale alla vita come l'acqua e come l'aria.
COSA CHIEDIAMO
Chiediamo che il suolo venga riconosciuto come un patrimonio comune che necessita di protezione a livello europeo, in quanto garantisce la sicurezza alimentare, la conservazione della biodiversità e la regolazione dei cambiamenti climatici.
Chiediamo un quadro legislativo che tuteli i suoli europei dall'eccessiva cementificazione, dalla contaminazione, dall'erosione, dalla perdita di materia organica e dalla perdita di biodiversità.
#People4Soil è un'Iniziativa dei Cittadini Europei sostenuta da più di 400 associazioni. Tieni pronta la tua carta di identità e clicca qui per firmare la petizione e difendere il suolo.
Leggi Tutto »Terremoto: vero aiuto viene dalla solidarietà, nel piatto di 1 italiano su 4
All’indomani della grande manifestazione che ha portato agricoltori e allevatori delle zone colpite da terremoto a Montecitorio per manifestare contro i ritardi nella ricostruzione, il dato che emerge è che in aiuto delle campagne c’è stata soprattutto la solidarietà della gente comune.
Con una vera corsa all’acquisto dei prodotti terremotati che ha coinvolto quasi 1 italiano su 4 (24%) compreso il Santo Padre che ha incaricato espressamente l’Elemosineria Apostolica di comprare prodotti alimentari tipici delle aree colpite da distribuiti a diverse mense caritative della città di Roma per la preparazione dei pasti donati.
Una opportunità resa possibile – sottolinea Coldiretti – anche grazie ai mercati degli agricoltori di Campagna Amica che continuano ad ospitare, dalla Capitale a tutta la Penisola, gli agricoltori colpiti dal terremoto rimasti senza possibilità di vendita. Per le feste natalizie sono stati acquistati quasi diecimila cesti con i prodotti delle aree colpite dal sisma anche grazie all’enorme successo della vendita on line mentre oltre 50mila italiani hanno assaggiato la caciotta della solidarietà, ottenuta con il latte raccolto dalle stalle terremotate di Norcia, Amatrice e Leonessa, e il “cacio amico” fatto con il latte degli allevamenti marchigiani.
Sotto il coordinamento di una apposita task force sono state avviate da Coldiretti numerose iniziative assieme all’Associazione Italiana Allevatori e ai Consorzi Agrari che hanno consentito anche la consegna di mangiatoie, mangimi, fieno, carrelli per la mungitura, refrigeratori e generatori di corrente oltre a roulotte, camper e moduli abitativi. Ma anche l’operazione “adotta una mucca” che ha già dato ospitalità ad almeno 2000 pecore e mucche sfollate a causa dei crolli delle stalle e “dona un ballone” di fieno per garantire l’alimentazione del bestiame. Per aiutare le aree rurali è anche attivo uno specifico conto corrente denominato “COLDIRETTI PRO-TERREMOTATI” (IBAN: IT 74 N 05704 03200 000000127000) dove indirizzare la raccolta di fondi.
Per dare finalmente risposte concrete agli allevatori colpiti dal terremoto occorre:
- Accelerare il percorso di realizzazione delle stalle provvisorie previste con i nuovi bandi
- Abbattere gli adempimenti burocratici per gli agricoltori che vogliono acquistare da soli le strutture. Una possibilità prevista dall’ordinanza 5 del decreto terremoto che sino ad oggi – denuncia Coldiretti – è rimasta sostanzialmente inapplicata a causa dei troppi vincoli a partire da quello che impone strutture similari a quelle dei bandi, mentre basterebbe dare semplicemente un tetto massimo di spesa e permettere agli allevatori di costruirsi la stalla provvisoria più adatta alle loro esigenze. E lo stesso dovrebbe valere per i moduli abitativi per gli agricoltori.
- Intervenire sulle Ordinanze 8 e 13 che, nell’ottica di una ricostruzione di lungo periodo, prevedono il rafforzamento, la riparazione e ricostruzione degli immobili, estendendone l’arco temporale di intervento al fine di comprendere gli eventi sia sismici che calamitosi di gennaio 2017.
- Ripristino delle reti viarie e misure concrete di sostegno alle imprese terremotate, dall’erogazione immediata dei fondi previsti dal decreto legge Sisma Italia per garantire liquidità e far fronte dai danni subiti (bestiame morto, crollo di vendite, ecc.) al pagamento degli aiuti diretti per il mancato reddito (400 euro/capo bovino, 60 euro/capo ovi caprino, 20 euro/capo per suino e 45 euro/capo per le scrofe e 100 euro/capo ad equino), dalla definizione immediata dei termini di assegnazione delle indennità all’ultimazione dell’arrivo dei fondi del Piano di sviluppo rurale.
- Massicce misure di sostegno con sgravi fiscali per famiglie, imprese e per chi investe nelle aree terremotate, oltre a incentivi per favorire e accelerare la ripresa e i flussi turistici, con la detraibilità delle spese sostenute dai turisti per i soggiorni nelle strutture ricettive agrituristiche e un sostegno ai consumi dei prodotti delle aree colpite.
“Quanta vita rimane a Norcia, Amatrice, Visso, Basciano, Arquata del Tronto, Camerino e in tutti i Comuni colpiti, e quanta vita si potrà suscitare in futuro, sono legate al destino che avranno i produttori agricoli che non hanno lasciato la terra, le decine di migliaia di animali che essi accudiscono, le migliaia di ettari che coltivano, le Dop e le Igp a cui danno vita” ha dichiarato il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, nel sottolineare che “se vogliamo ripristinare l’intreccio fra storia/cultura, ambiente, agricoltura che ha consentito a queste zone di vivere e prosperare, bisogna sostenere il suo “cuore” agricolo”.
“Si tratta di proposte concrete, ha dichiarato Maria Letizia Gardoni, Delegata Nazionale Coldiretti Giovani Impresa, quelle avanzate da Coldiretti, senza le quali diventa più reale il rischio di abbandono di vaste aree geografiche a forte vocazione agricola che ad oggi hanno permesso a tanti giovani di seguire il proprio sogno attraverso la realizzazione di un percorso imprenditoriale innovativo ed originale”.
Leggi Tutto »Agricoltura italiana: piace ai giovani perché stimolante e innovativa
Agricoltura italiana, in continua evoluzione, soprattutto per merito di giovani imprenditori agricoli. Per giovani agricoltori, intendiamo ragazzi under 35 che, grazie al progresso tecnologico e a diverse opportunità offerte per garantire il ricambio generazionale, hanno deciso di mettersi in proprio, coltivando – è proprio il caso di dirlo – la passione per l’agricoltura e i prodotti che ne derivano. Lunedì torna l’appuntamento con una nuova Storia raccontata direttamente da un nostro giovane che, tra difficoltà, ma anche grandi soddisfazioni, è riuscito ad affermarsi in un settore tutt’altro che obsoleto.
Agricoltura italiana e ricambio generazionale: un binomio che funziona perché i ragazzi stanno ritornando alla “terra”. Produrre con le proprie mani, dalle proprie forze e con uno sguardo orgoglioso al passato, fatto di tradizioni millenarie, perché l’agricoltura da sempre è tradizione e oggi è tradizione rinnovata, reinventata. Questi ragazzi studiano, si applicano, compiono percorsi che li portano ad interpretare l’agricoltura sotto un profilo più moderno, al passo con i tempi. Raccolgono tantissime idee e le impiegano per fare innovazione. Applicazione, impegno, ma soprattutto voglia di fare bene con lo scopo di valorizzare i prodotti di quel Made in Italy che tanto piace a tutti.
Oggi come oggi, sono tanti i giovani che rispondono al richiamo della propria terra, delle proprie tradizioni. I giovani agricoltori di cui parliamo, sono ragazzi pieni di creatività, che amano reinventare con idee innovative. Giovani spinti dal desiderio di fare e fare bene, partendo dalla terra, dalle proprie origini, dalle mani e dalle proprie, bellissime intuizioni. Per dare valore alle tante idee innovative applicate all’agricoltura è nato il Premio Oscar Green, che rappresenta un importante momento di promozione offrendo a tutti i partecipanti l’opportunità di condividere progetti e intuizioni. Promuovere l’agricoltura sana del nostro Paese, questo l’obiettivo degli Oscar Green, i cui protagonisti sono giovani agricoltori e le loro tante e belle idee innovative.
ISCRIVITI SUBITO A OSCAR GREEN 2017
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