Una ricerca condotta da Gfk Italia, presentata oggi dall'Istituto nazionale per la chirurgia dell'obesità (Inco) del Gruppo ospedaliero San Donato, mette per la prima volta a confronto il punto di vista del paziente obeso (320 adulti coinvolti) e quello del camice bianco (201 medici di medicina generale, età media 61 anni e 31 anni di esperienza professionale in media) su un fenomeno che nel Belpaese è in rapida crescita, al punto da indurre gli osservatori a parlare di epidemia. Se, infatti, nel 2015 un'indagine Istat segnalava più di un terzo della popolazione adulta (35,3%) in sovrappeso e una persona su 10 obesa (9,8%), con un complessivo 45,1% di over 18 in eccesso ponderale, oggi la ricerca Gfk Italia vede i pazienti obesi salire a quota 13% (di cui 4% gravi con Bmi uguale o superiore a 35), mentre resta invariato il dato della popolazione adulta in sovrappeso. Ciò significa che attualmente la metà circa degli italiani in età adulta è in eccesso ponderale, dato che aumenta con l'avanzare dell'età e ha un'incidenza significativa al Sud e nelle Isole.
"L'Inco è un centro di riferimento per il trattamento dell'obesità e abbiamo sentito la necessità di approfondire e condividere questi dati inediti relativi alla gestione da parte dei pazienti e dei medici curanti, in modo da porre l'attenzione su una patologia complessa e dai costi sociali sempre più elevati, troppe volte percepita come un inconveniente estetico e non come una malattia grave", spiega Alessandro Giovanelli, chirurgo e direttore di Inco. Punto primo: le cause che avrebbero condotto gli intervistati all'obesità. Per i pazienti sono principalmente due i fattori principali, da un lato l'ereditarietà (54% degli intervistati con Bmi 30 o più) e dall'altro l'influenza di stimoli e modelli sociali (51%) che favorirebbero stili alimentari scorretti. Solo una minima parte individua nella sedentarietà una delle possibili cause (2%). Mentre per i medici di famiglia le principali cause dell'obesità severa vanno ricercate innanzitutto nei modelli e negli stimoli sociali che favoriscono stili alimentari scorretti (86%), poi nell'ereditarietà e in terza battuta nella fragilità psicologica. Quanto alle difficoltà, il disagio maggiore segnalato dai pazienti è di natura estetica (60% degli intervistati, che sale a 71% fra gli obesi gravi). A seguire vengono citate le difficoltà dovute all'inefficienza fisica che limita anche i movimenti più banali e solo al terzo posto i problemi di salute (fra i quali il 18% segnala anche ansia e il 14% depressione). "È perfettamente comprensibile che il paziente percepisca come problema primario quello che, agli occhi di tutti, è motivo di dileggio e derisione: l'aspetto fisico. E sentendosi goffo e impacciato nei movimenti, non fa che acuire questo senso di inadeguatezza nei confronti di se stesso e di chi lo circonda. Molte volte non avverte un reale problema di salute, finché non si manifestano le comorbilità. Il nostro scopo è di indirizzare la persona obesa verso la consapevolezza di essere affetta da una reale malattia, ed accompagnarla in un percorso di cura", afferma Marina Biglia, presidente dell'associazione Amici obesi .
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