Famiglie e imprese, la Fisac avverte le Banche

Famiglie e imprese, la Fisac avverte le Banche.
 
“Pensiamo che a tutto ciò debba essere messo un freno per una maggior tutela della legalità, dell’occupazione, dell’area contrattuale della clientela e delle famiglie”. A sfoderare un linguaggio chiaro, dai toni preoccupati e diretti, è la Fisac (Federazione italiana sindacati assicurazione credito), ossia il sindacato dei lavoratori di banca della Cgil, che in questi giorni è sceso di nuovo in campo a tutela dei posti di lavoro, delle famiglie e delle imprese che credono ed investono i risparmi negli istituti di credito. L’argomento più sentito in questi mesi e su cui la federazione insiste per un chiarimento è quello crediti inesigibili, comunemente chiamati “Npl”. Un problema che riguarda in Italia milioni di cittadini che rischiano di vedere tagliato ogni rapporto con le banche talvolta solo per avere saltato un solo pagamento. La Fisac-Cgil attraverso il suo segretario Giuliano Calcagni, ha sottolineato nelle scorse settimane il problema anche sociale e di tutela della parte economicamente più fragile della popolazione, che si determinerà nel 2020 con una lettera al presidente della Repubblica Sergio Mattatella. In questi giorni inoltre è la Federazione a tenere incontri e convegni per rilanciare un problema così serio e allarmante che porterà non pochi guai a molte famiglie e piccole imprese italiane.
“Sono trascorsi più di 10 anni dall’inizio della crisi economica mondiale”, sottolinea la Federazione riepilogando come si è arrivati all’attuale punto critico, “la più grande dopo quella del ’29; non è questo il luogo dove analizzare e discuterne le molteplici cause, ma vorremmo approfondire uno degli effetti che questa crisi ha generato e ancora sta producendo nel nostro paese.
Il prezzo più alto è stato sicuramente sostenuto dall’economia reale; dal 2009 a oggi sono fallite circa 114mila imprese con la conseguente perdita di molti posti di lavoro, lasciando intere famiglie e piccoli imprenditori in situazione di grave disagio a fronte della scomparsa della loro unica fonte di reddito. Il fenomeno non  si è ancora  arrestato e continua ad aumentare il numero delle persone e delle famiglie che, in crescente difficoltà economica, non riesce a far fronte agli impegni precedentemente assunti con le banche e o finanziarie quali mutui, finanziamenti e prestiti personali”. La crisi economica, nelle valutazioni del sindacati dei bancari, ha generato un innalzamento vertiginoso delle sofferenze bancarie riferibile anche a famiglie  e piccole imprese.
“Le banche italiane”, calcola il sindacato, “hanno pensato di alleggerire i propri bilanci mediante la vendita di elevate quantità di crediti inesigibili, comunemente chiamati Npl, passati dai 341 miliardi del dicembre 2015 ai 209 miliardi di settembre 2018 , con una cessione di oltre 100 miliardi (fonte Sole 24 ore).  Inoltre la nuova regulation di vigilanza (EBA-BCE) non potrà che accelerare il trend.
Si è sviluppato un vero e proprio mercato collaterale che, come spesso avviene in queste circostanze, non ha trovato una regolamentazione chiara, soprattutto a garanzia e salvaguardia dei soggetti più deboli, le famiglie in difficoltà economiche”. In questo contesto già difficile e denso di incertezze c’è chi invece ha trovato il modo di creare guadagni nel silenzio stesso delle istituzioni che avrebbero dovuto invece intervenire.
“Allettati da prospettive di grandi guadagni sono state create nuove società esclusivamente per l’acquisto e la successiva gestione di pacchetti di crediti venduti al 15/20% rispetto al valore iscritto in bilancio”, rivela la Fisac, “Con la cessione, le banche hanno un immediato introito oltre un miglioramento significativo della qualità delle poste di bilancio, mentre le società di riscossione ottengono la possibilità di un ingente guadagno generato dalla differenza tra la somma pagata e quanto recuperato dai creditori ceduti.  Proprio questo spinge queste compagnie ad ottenere il massimo rimborso delle somme senza considerare le condizioni economiche, sociali e psicologiche di coloro che la crisi economica ha trasformato in insolventi. Le società di gestione erano inizialmente legate al settore del credito e quindi sottoposte al Tub (Testo Unico Bancario) con dipendenti regolati dal CCNL del credito, successivamente, anche in virtù di masse sempre più ingenti da gestire, sono stati ceduti in subappalto ad altre società che non fanno riferimento alle normative citate venendo meno i requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza, che spesso adottano comportamenti al limite della legalità per il recupero delle somme”. Inoltre si prevede una sorta di accanimento contro famiglie e imprese in quanto
il compenso che i nuovi agenti “addetti al recupero delle somme” ricevono è proporzionato a quanto riescono a realizzare; non si preoccupano minimamente delle ristrettezze economiche in cui versano i debitori né tantomeno considerano le condizioni di estrema povertà e difficoltà in cui verrebbero a trovarsi nel caso obbligati a risarcire il debito.
“Parallelamente al mercato degli Npl sta prendendo sempre più spazio il mercato degli Utp e cioè quei crediti che al momento hanno ritardi perché il debitore fa fatica a pagare le rate”, sottolinea ancora la Federazione del sindacato dei bancari,
“Non è più necessario quindi che il credito sia divenuto inesigibile ma basta una rata in mora, un ritardato pagamento per far considerare alla banca quel credito di difficile solvibilità e quindi cedibile a terzi. La cessione degli Utp è ancora più disastrosa perché va ad incidere in quelle realtà , aziende che hanno perso una commessa o famiglie con lavoratori in cassa integrazione, che con un piccolo aiuto come la sospensione delle rate o allungamento della durata, potrebbero tornare alla regolarità”. Un quadro a tinte fosche, con famiglie e imprese che si ritroveranno in ginocchio. Una situazione che la Federazione in nome sia del buon senso, della trasparenza, ma anche per un principio sociale di solidarietà vuole evitare, proponendo delle alternative che siano meno impattanti e comunque più giuste dal punto di vista dei rapporti di fiducia tra banche e cittadini.
“A conclusione non ci resta che constatare che la vendita di crediti deteriorati a società terze non produce nulla di buono”, osserva con disappunto la Federazione, “se non per i due attori principali, cedente e cessionario. Esiste una terza via che tenga in considerazione anche i bisogni del ceduto? La pratica di cessione di Npl e Utp provoca un doppio effetto: uno occupazionale, in quanto attività sin qui considerate tipiche del lavoratore bancario (recupero crediti) vengono un esubero di personale e dall’altro una vera e propria emergenza sociale. In sostanza, le sofferenze non sono state cancellate, non sono magicamente scomparse ma sono solo state traslocate ad altri “proprietari”. Pensiamo che a tutto ciò debba essere messo un freno per una maggior tutela della legalità, dell’occupazione, dell’area contrattuale della clientela e delle famiglie”.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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