Il centenario dell’impresa di Fiume ed il travisamento del suo significato

 

Il centenario dell’impresa di fiume ed il travisamento del suo significato

 

Il prossimo settembre ricorrerà il centenario dell’impresa di Fiume compiuta da Gabriele d’Annunzio; non sono tanto necessarie celebrazioni e commemorazioni quanto giornate di studio sull’argomento e io mi auguro che la Regione Abruzzo, la città di Pescara e l’università che ne porta il nome siano leaders di studi storici che possano concordemente raggiungere la verità scientifica sulla questione. Sulla figura di d’Annunzio in generale e sull’impresa di Fiume in particolare l’antifascismo militante ha infatti decretato una damnatio memoriae. E questo stato d’animo si riattiva anche in questi giorni in cui alcuni pseudo intellettuali contestano la decisione del comune di Trieste di porre una statua di d’Annunzio in piazza della Borsa. Gli antifascisti in servizio permanente utilizzano l’accusa di fascismo quando vogliono chiudere la bocca ad un avversario scomodo, in uno stile che è veramente fascista. Ma non dobbiamo meravigliarci, infatti in Italia esiste l’ANPI(associazione nazionale partigiani italiani) che riceve finanziamenti pubblici e ha iscritti che ovviamente non sono partigiani ma fingono di esserlo per utilizzare l’antifascismo pronto ad ogni uso contro chiunque non concordi con le loro posizioni. Avendo scritto liberamente mi aspetto che qualcuno mi accusi di fascismo ,ma cosa è il vero antifascismo lo so per tradizione familiare. Mio nonno ettore era uno di quei borghesi in odio ai fascisti per il loro equilibrio e il loro amore per la democrazia. L’altro nonno di cui mi onoro di portare il nome era un socialista che faceva propaganda delle sue idee e per questo era perseguitato dal regime che lo manteneva negli elenchi dei terroristi pericolosi. Torniamo ora alla impresa di Fiume e alle motivazioni di d’Annunzio. Come molti ricorderanno il Vate era stato uno strenuo interventista e in guerra non si era sottratto ad azioni coraggiose e dal grande valore simbolico come la beffa di Buccari e il volo su Vienna. Con queste imprese ci aveva guadagnato medaglie al valore e perso un occhio. Le sue imprese avevano un alto valore propagandistico tanto da far dire ad un comandante austriaco-anche noi avremmo bisogno di un nostro d’Annunzio.

L’Italia era entrata in guerra avendo stipulato con gli alleati i patti di Londra dell’aprile 1915 in cui tra le rivendicazioni italiane veniva concessa la annessione di Fiume. Dopo una vittoria costata 650.000 morti e 1.500.000 di feriti e mutilati gli alleati e in particolare il presidente americano Wilson si misero di traverso alle rivendicazioni italiane e con la creazione dello stato iugoslavo la annessione di Fiume restava una chimera. Fu a questo punto, dopo un anno di vane trattative ,che d’Annunzio decise di agire e di occupare Fiume per mettere gli alleati fedifraghi di fronte al fatto compiuto. Radunò a Ronchi alcuni battaglioni di Arditi e marciò su Fiume; i militari dell’esercito che avrebbero dovuto fermarlo ,e tra questi bersaglieri, alpini e carabinieri lo riconobbero come loro Comandante e si unirono a lui. L’ingresso a Fiume senza sparare un colpo ,fu una marcia trionfale con la città che accoglieva gli Arditi in delirio. Anche la Regia Marina non fu da meno; diversi MAS, due cacciatorpediniere e una corazzata entrarono nel porto di Fiume e si misero agli ordini del Comandante. Il Capo del Governo Italiano Saverio Nitti definito da Gabriele “il cagoia” non accettò l’annessione all’Italia e d’Annunzio in attesa di tempi migliori costituì lo stato libero di Fiume. Lo dotò in collaborazione di De Ambris di una costituzione ,la carta del Carnaro, che è un esempio di perfetta democrazia che nessuna costituzione democratica contemporanea è in grado di eguagliare. Tra i valori che questa costituzione difende c’è anche quello della bellezza che in modo informale pervadeva l’azione politica durante il periodo classico greco-romano e durante il rinascimento. D’Annunzio intese fare dello stato di Fiume un simbolo contro le oppressioni di tutti i popoli , un centro di propaganda per una rivoluzione senza confini. Nei quindici mesi di questa avventura accorsero a Fiume rivoluzionari, avventurieri , ma anche grandi scienziati come Guglielmo Marconi ed artisti come Marinetti e Toscanini che vi tenne due concerti. D’Annunzio voleva trasportare da Fiume al territorio metropolitano una rivoluzione democratica tesa realizzare in Italia una repubblica sociale. Si ingannò su Mussolini che aveva da poco fondato a Milano i Fasci di Combattimento e fu anche ingannato da lui. D’Annunzio riteneva in una prima fase che ci fossero punti di contatto tra la sua idea politica e quella di Mussolini. Il futuro duce glielo faceva credere , lo trattava con deferenza e prometteva appoggio al suo progetto di rivoluzione ma in realtà aveva in mente una sua rivoluzione di tipo autoritario di cui voleva essere il capo . Per questa ragione mentre fingeva interesse alle idee di d’Annunzio trattava con Giolitti che era diventato di nuovo Capo del Governo e gli assicurava sostegno segreto alla sua azione politica. Giolitti aveva infatti stipulato con i Paesi dell’Intesa il trattato di Rapallo in cui si respingeva l’annessione di Fiume all’Italia e la si costituiva come Città Libera con uno statuto sfavorevole agli interessi italiani; inoltre era previsto che l’Esercito Italiano sloggiasse d’Annunzio da Fiume, cosa che fu realizzata nel Natale di sangue del 1919. Divisioni dell’esercito al comando del generale Caviglia attaccarono da terra e le corazzate cannoneggiarono la città colpendo anche il Palazzo del Governo dove per puro caso il Vate non restò ucciso. Cosa che non meraviglia se si considera che anche Garibaldi fu ferito sull’Aspromonte da una pallottola sparata da un soldato italiano.

D’Annunzio era abile nella propaganda e Mussolini ne copiò molte cose: i discorsi dal balcone ed il dialogo con la folla, le camicie nere che erano la divisa degli arditi e il “me ne frego” che era il loro motto; anche la canzone Giovinezza era un inno degli arditi, copiata nella musica e con parole diverse adottata dai fascisti. Fu d’Annunzio ad inventarsi il grido Eia Eia Alalà per sostituire l’anglosassone “barbaro” hip hip hurrà con un grido di guerra dei romani e dei greci antichi. Anche il titolo di DVCE fu copiato da Mussolini perché d’Annunzio era il comandante ma talvolta anche il duce.

Mussolini aveva tutto l’interesse a fingersi un continuatore di Gabriele ma intanto lo definiva così: d’Annunzio è come un dente guasto o lo si estirpa o lo si ricopre d’oro. Quanto a d’Annunzio la sua opinione su Mussolini e sul fascismo era molto negativa. In una prima fase dopo il rientro da Fiume coltivava ancora la speranza di una rivoluzione sociale in Italia e Gramsci chiese di incontrarlo mentre il ministro degli esteri dell’Unione Sovietica fu addirittura suo ospite. A Gardone era tenuto isolato e sotto controllo. Ci si può chiedere come mai non tentò una azione decisa contro Mussolini. Essendo di idee repubblicane non avrebbe potuto contare sul sostegno del re , rifuggiva dall’idea di innescare una guerra civile e in fin dei conti era un artista, non un politico. Chi volesse farsi un’idea più completa di questa vicenda dovrebbe leggere il bel libro di Giordano Bruno Guerri “disobbedisco” recentemente pubblicato. Ci potrà trovare brani dei discorsi tenuti a Fiume da d’Annunzio. Quando dopo il Natale di sangue decise di ritirarsi da Fiume ma coltivava ancora la speranza di una rivoluzione in Italia concluse i suo discorso con la frase “insorgere è risorgere” Vorrei però citare alcune parole di un suo famoso discorso che a rileggerle colpiscono per la loro straordinaria attualità “Ci siamo levati soli contro un mostro minaccioso e insaziabile. Ci siamo levati soli contro il mondo folle e vile. Ci siamo levati soli contro l’immenso potere costituito e munito dei ladri, degli usurai e dei falsari. Respiriamo il nostro orgoglio”.

di Achille Lucio Gaspari

 

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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