La protesta. Chiude la stagione venatoria. La Lav accusa: Regioni sottomesse alle doppiette che non hanno rispettato le norme anti Covid


Chiude la stagione venatoria e la Lav critica le Regioni per essersi “sottomesse” alla volontà delle doppiette.
“Se c’è una cosa che, in piena pandemia da Coronavirus, la stagione venatoria 2020/21 ha chiaramente evidenziato è quanto le Regioni siano assoggettate alle pretese dei cacciatori e quanto siano del tutto disponibili ad assecondarle, anche mettendo a rischio la salute dei cittadini”. Sottolinea la LAV a commento della stagione di caccia che si chiuderà domenica.
Secondo Lav, le restrizioni per il coronavirus: “sono state rispettate da ogni categoria, con l’unica eccezione dei cacciatori. La gran parte delle Regioni – Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Umbria, Abruzzo, Campania, Molise, Puglia, Calabria, Sardegna – ha escogitato ogni possibile stratagemma amministrativo pur di consentire ai cacciatori di poter praticare la loro sanguinaria passione, in deroga alle limitazioni imposte agli spostamenti. Tutto ciò nonostante le chiare indicazioni del Governo, riportate anche nella pagina web dedicata alle FAQ sui contenuti dei provvedimenti anti-Covid, dove è esplicitamente riportato che le limitazioni alla mobilità dei cittadini riguardano anche i cacciatori”.
“È scandaloso che buona parte delle Regioni, che sono gli enti responsabili dei servizi sanitari offerti ai cittadini, abbiano deliberato la libera circolazione dei cacciatori”, critica Massimo Vitturi, responsabile LAV Area Animali Selvatici, “in piena violazione delle disposizioni governative, rischiando di favorire così la circolazione del virus Covid-19, mettendo quindi a rischio la salute dei cittadini”.
La versione della Lav sulla caccia appare sconsolante.
“I dati che abbiamo raccolto”, spiegano gli animalisti, “indicano che ogni anno solo fra Lombardia ed Emilia Romagna, i cacciatori acquistano da allevamento e poi liberano sul territorio circa mezzo milione di individui fra fagiani e lepri, all’esclusivo scopo di fucilarli. Animali che, fra l’altro, creano non pochi problemi all’agricoltura, se si pensa che in Lombardia hanno causato il 32% dei danni totali.
Ma oltre ad abbattersi sugli animali, la caccia è responsabile di sofferenze e morte causate anche per gli esseri umani”.
Per gli animalisti quelli degli incidenti è un problema serio che non può essere banalizzato.
“I cacciatori sostengono che quando i loro fucili feriscono o addirittura uccidono una persona, si tratta sempre di “incidenti”, come quelli che possono accadere quando si guida un’automobile, oppure quelli che vedono ogni anno protagonista qualche alpinista durante l’arrampicata”, sottolinea con disappunto la Lav,
“Dietro questo tentativo di banalizzare gli ‘incidenti di caccia’, c’è ovviamente la necessità per il mondo venatorio, di ricondurre a una presunta normalità gli eventi che vedono vittime umane cadere sotto i colpi delle doppiette o delle carabine”, fa ancora presente Massimo Vitturi, responsabile LAV Animali Selvatici, “Eppure, quando una persona cade vittima di un fucile da caccia ci sono solo due possibilità: chi ha sparato non ha controllato cosa fosse inquadrato nel mirino dell’arma oppure, fatto ancora più grave, ha constatato che il suo colpo avrebbe centrato una persona. In ambedue i casi è evidente che non si tratta affatto di “incidenti” ma più propriamente di incosciente o dolosa gestione dell’arma in dotazione.
Per questo motivo la abbiamo scritto al Ministro dell’Interno Lamorgese”, sottolinea la Lav “chiedendo che al verificarsi di presunti “incidenti venatori”, sia immediatamente ritirata la licenza di porto d’armi del proprietario del fucile che ha sparato, avendo egli dimostrato di non essere in grado di gestire l’arma”.

di g.p.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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