L’Utopia del Simec

L’Utopia del Simec

Se un minatore trova una pepita d’oro non si indebita con la miniera! Questa era la metafora con la quale il prof. Giacinto Auriti cercava di spiegare ai “comuni mortali” il significato del Simbolo Econometrico di Valore Indotto (SIMEC)

Nel 1391 a Napoleone Orsini venne concesso, da Re Ladislao di Durazzo, il permesso di battere moneta. Il conio dei bolognini, piccole monete d’argento con l’effige di San Leone papa e, sul rovescio, la sigla Guar circondata dalla scritta Ladislaus, rappresenta il riconoscimento dello spazio politico che gli Orsini riescono a ritagliarsi in particolare sul territorio di Guardiagrele. Trascorrono 609 anni e qualcuno ci riprova solo che questa volta il permesso di battere moneta non viene concesso dall’alto ma scaturisce dalla “volontà” del popolo in ossequio alla teoria sul valore indotto.

Siamo nell’estate del 2000 e la famosa teoria sul valore indotto della moneta, coniata dal prof. Giacinto Auriti, si materializza in una banconota che ha un valore di cambio (con la lira) alla pari ma ha un potere di acquisto doppio rispetto alla lira. In quel periodo nei negozi di Guardiagrele con 1000 Simec si acquistavano beni per 2000 Lire. Auriti non aveva aumentato il valore della moneta ma aveva raddoppiato il potere di acquisto dei cittadini.

Un’utopia? Certo! Ma questa storia ci riporta a tutte le grandi invenzioni, a tutto quello che appariva non convenzionale ed apparentemente inspiegabile ma soprattutto inutile. Le più grandi invenzioni della storia non sono state mai comprese ma soprattutto sono state derise da tutti coloro che non ne erano gli inventori. Ora quelle utopie sono entrate dentro il nostro quotidiano in maniera indissolubile. Auriti sarebbe stato un folle dunque esattamente come Edison che provò per ben 13 mila volte l’esperimento della prima lampadina. La sua perseveranza era giustificata dal fatto che lui, dal primo esperimento, sapeva che avrebbe funzionato. Anche Auriti sapeva che il SIMEC avrebbe funzionato!

Dietro alla vicenda del Simec si nasconde una storia di incomprensioni di teorie mai comprese e di “anelli” che hanno indebolito la filiera. La teoria del valore indotto è tanto complessa quanto banale e si basa sul valore che per convenzione (cioè per accordo tra privati) i privati stessi attribuiscono ad un titolo. Il Simec non faceva altro che misurare questo valore per poterlo rendere scambiabile. Se il simec aveva un potere di acquisto doppio rispetto alla lira era dovuto al fatto che gli operatori (chi compra e chi vende) accettavano quel tipo di valore come valore di scambio. Il volano economico si creava con la circolazione. Il commerciante che riceveva in pagamento i Simec riusava la moneta per acquistare a sua volta e così via. Famosa è diventata la metafora della dinamo!

Gli anelli deboli della catena si presentavano in due punti: al cambio iniziale ed al cambio finale. Se è valore indotto deve essere valore indotto, non può essere valore derivato. Il cambio effettuato con la lira (oppure oggi con l’euro) rinnega di per se il principio stesso di valore indotto. Se la proprietà della moneta appartiene al popolo non può essere erogata a fronte di uno scambio con moneta emessa sul debito dalla banca centrale. Così come non può essere ricambiata in uscita. Questa pratica ha reso di fatto il Simec dipendente dalla Lira ed ha di fatto annullato la teoria del valore indotto.

La problematica si complica quando chi ha ricevuto in pagamento il Simec si trova a dover acquistare presso chi non ha aderito alla convenzione e quindi necessita di moneta corrente. Questa problematica però attiene ad un fatto che esula dalla teoria del valore indotto che rimane valida e funzionante negli ambiti della sua convenzione. Dunque ipotizzando di voler ripetere l’esperimento sarebbe da ipotizzare la distribuzione del Simec attraverso il meccanismo da cui esso stesso scaturisce e cioè la “convenzione”. Si potrebbe ad esempio partire dalla retribuzione dei dipendenti la quale per la sua interezza verrebbe erogata in moneta corrente e per una parte corrispondente erogata in Simec. Nessun cambio all’origine dunque, solo la possibilità di utilizzare la moneta all’interno delle attività che, sempre per convenzione, riconoscono ad esso un valore di scambio. Nessun cambio neanche alla fine dunque ed in questo modo, la moneta nascerebbe e vivrebbe per circolare.

Meno male che il titolo parla di utopia diversamente qualcuno avrebbe potuto prendermi sul serio ma sapete, è proprio quando non ci si prende troppo sul serio che vengono fuori le vere rivoluzioni.

(di Maurizio Camiscia)

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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