L’economia sommersa vale 211 miliardi

Duecentoundici miliardi, pari a quasi il 12% del Pil italiano. E’ questo per il 2018 il valore dell’economia sommersa e illegale, quella che sfugge alle statistiche ufficiali eppure incide in modo rilevante sul benessere e l’andamento economico della società. A fornire il dato è l’Istat, che evidenzia come – rispetto al 2017 – il peso dell’economia non osservata si riduca di 3 miliardi, confermando la tendenza alla discesa dell’incidenza sul Pil dopo il picco del 13% raggiunto nel 2014.  Nel 2018 il valore aggiunto generato dall’economia non osservata – ovvero dalla somma di economia sommersa e attività illegali – ha registrato una lieve flessione rispetto all’anno precedente.

Un andamento che secondo Istat si deve alla diminuzione del valore aggiunto sommerso da sotto-dichiarazione di 2,9 miliardi di euro rispetto al 2017 e da utilizzo di input di lavoro irregolare (-1,7 miliardi). Risultano in crescita le altre componenti residuali (+1,4 miliardi). L’economia illegale ha segnato un aumento contenuto in valore assoluto, con un’incidenza che è rimasta ferma all’1,1%. Rispetto al 2017 l’Istat osserva una lieve variazione del peso relativo delle diverse componenti dell’economia non osservata: a una riduzione delle quote ascrivibili alla sotto-dichiarazione (dal 46,0% al 45,3%) e all’utilizzo di input di lavoro irregolare (dal 37,5% al 37,2%), fa fronte un incremento di quelle riconducibili alle altre componenti del sommerso (dal 7,6% all’8,3%) e all’economia illegale (dall’8,8% al 9,1%). Non a caso le unità di lavoro irregolari nel 2018 ammontano a 3 milioni e 652 mila, in calo però di 48 mila unità rispetto al 2017.

Intanto la Coldiretti fotografa altri numeri legati al sommerso. Dal campo alla tavola le agromafie sviluppano un business illegale e sommerso da 24,5 miliardi che minaccia ora di crescere mettendo le mani su un tessuto economico indebolito dalla crisi determinata dall’emergenza coronavirus che ha coinvolto ampi settori della filiera agroalimentare a partire dalla ristorazione. Nella filiera agroalimentare – sottolinea la Coldiretti – pesa la crisi di liquidità generata dall’emergenza coronavirus in molte strutture economiche che sono divenute più vulnerabili ai ricatti e all’usura. Crescono gli interessi delle organizzazioni criminali nel settore agroalimentare ed in modo specifico – continua la Coldiretti – nella ristorazione nelle sue diverse forme, dai franchising ai locali esclusivi, da bar e trattorie ai ristoranti di lusso e aperibar alla moda fino alle pizzerie.

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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