Nel Servizio sanitario nazionale emergono differenze retributive tra territori, ma il contratto collettivo nazionale continua a garantire un’elevata uniformità salariale. A parità di ruolo, gli scarti tra le buste paga del personale sanitario da Nord a Sud si collocano mediamente tra i 4.000 e i 5.000 euro annui. È quanto rileva il Rapporto semestrale sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti (n. 1/2025) pubblicato dall’ARAN.
Lo studio, previsto dal decreto legislativo 165/2001, introduce quest’anno un’analisi che affianca all’andamento temporale delle retribuzioni anche un confronto puntuale dei livelli salariali effettivi e delle differenze territoriali nel comparto Sanità, con particolare attenzione al personale non dirigente. Secondo il rapporto, gli infermieri percepiscono una retribuzione media nazionale di circa 36.000 euro annui, gli assistenti amministrativi si attestano intorno ai 29.500 euro e gli operatori sociosanitari a circa 28.100 euro. Le differenze territoriali restano contenute, a conferma di una regolazione salariale ancora fortemente ancorata al contratto nazionale.
L’analisi evidenzia inoltre l’assenza di marcate fratture regionali e la presenza di modelli di “contiguità territoriale”, con aziende sanitarie geograficamente vicine che tendono ad allineare i trattamenti economici. Permangono tuttavia alcune differenze legate agli stili gestionali, con singole aziende che adottano politiche retributive parzialmente diverse rispetto alla media.
La seconda parte del rapporto analizza l’andamento complessivo delle retribuzioni nel pubblico impiego e nel settore privato fino al terzo trimestre 2025. In generale, gli stipendi risultano in crescita, con un ritmo superiore all’inflazione, seppur in rallentamento rispetto ai trimestri precedenti. Per il settore pubblico, l’Aran sottolinea il ruolo determinante degli ultimi rinnovi contrattuali e dell’introduzione della nuova Indennità di vacanza contrattuale per il triennio 2025-2027.
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