E' record storico per il Made in Italy agroalimentare nel mondo con le esportazioni che a gennaio 2018 superano per la prima volta i 2,5 miliardi di euro per effetto di un incremento del 12,8% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E' quanto emerge da un'analisi della Coldiretti sui dati Istat relativi al commercio estero nel 2018. Si tratta di un ottimo risultato proprio all'inizio dell'anno del cibo italiano nel mondo che - sottolinea la Coldiretti - conferma le potenzialita' del Made in Italy a tavola per la ripresa economica ed occupazionale del Paese. Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentare - sottolinea la Coldiretti - interessano i Paesi dell'Unione Europea, dove il cibo tricolore cresce del 12,6%, mentre sui rapporti con gli Stati Uniti - sottolinea la Coldiretti - che sono di gran lunga il principale mercato dell'italian food fuori dai confini dall'Unione, pesa il braccio di ferro sui dazi commerciali fra Trump e il resto del mondo. Una situazione resa ancora piu' preoccupante dal fatto che - spiega la Coldiretti - gli USA in valore assoluti sono la terza piazza commerciale piu' importante per il cibo italiano dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna. Se in Germania a gennaio 2018 sullo stesso periodo del 2017 le esportazioni alimentari sono cresciute del 10,7% superando i 399 milioni di euro, in Francia si e' verificato un balzo del 18,4% mentre in controtendenza rispetto ai progressi a due cifre degli altri paesi europei, in Gran Bretagna i timori legati alla Brexit hanno fermato l'aumento al 4,1%.
Leggi Tutto »Cgia: tariffe in rialzo per treni, acqua, poste
Nel 2017 le tariffe pubbliche sono tornate a crescere, invertendo la tendenza che si era registrata nei due anni precedenti. Ad eccezione dei servizi telefonici (-0,8%), tutte le altre 9 voci analizzate dall'Ufficio studi della Cgia sono aumentate: i trasporti ferroviari addirittura del 7,3%, l'acqua del 5,3%; i servizi postali del 4,5%, l'energia elettrica del 3,8%, il gas del 2%, i pedaggi dell'1%, i taxi dello 0,6%, i rifiuti dello 0,5% e i trasporti urbani dello 0,2%. L'inflazione, invece, è salita dell'1,2%. "Aumenti, comunque - rileva la Cgia - che non hanno nulla a che vedere con l'escalation verificatasi negli ultimi 10 anni: se il costo della vita tra il 2007 e il 2017 è cresciuto di quasi il 15%, l'acqua ha segnato un +90%, i biglietti ferroviari un +46,4%, i servizi postali un +45,4%, rifiuti e pedaggi/parcheggi entrambi del 40%. Nel decennio preso in esame solo i servizi telefonici hanno subito una contrazione di prezzo (-9,9%)". "Il rincaro delle materie prime avvenuto nell'ultimo anno, in particolar modo dei prodotti petroliferi - segnala il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - ha riacceso i prezzi di una buona parte delle principali tariffe pubbliche. Non va nemmeno dimenticato che il blocco delle tasse locali imposto dal Governo in questi ultimi anni ha spinto molti enti locali a far cassa con le proprie multiutility, attraverso il ritocco all'insù delle tariffe amministrate. Come dimostrano i dati, l'effetto combinato di queste due operazioni ha avuto un impatto economico molto negativo sui bilanci di famiglie e imprese".
Per quanto concerne la tariffa dell'acqua, la Cgia precisa però che "è vero che gli aumenti che si sono registrati in Italia negli ultimi anni sono stati molto importanti, tuttavia va ricordato che il prezzo medio al metro cubo a Roma, pari a 1,63 dollari, è nettamente inferiore a tutte le tariffe medie applicate nelle principali capitali europee". "Come annunciato dall'Authority per l'energia elettrica e il gas verso la fine del 2017 - ricorda poi il segretario della Cgia Renato Mason - a partire dall'1 gennaio di quest'anno le bollette di luce e gas sono aumentate rispettivamente del 5,3 e del 5%, provocando un aumento dei costi per una famiglia tipo di 59 euro all'anno. Altresì, va segnalato che la tanto agognata liberalizzazione del mercato vincolato sia dell'energia elettrica sia del gas è slittata di un anno. Prevista inizialmente per il prossimo 1 luglio, scatterà, invece, sempre lo stesso giorno, ma del 2019". Se compara il peso delle nostre tariffe con quello degli altri Paesi europei, il risultato che emerge presenta luci ed ombre. Per quanto riguarda il prezzo dell'energia elettrica per una famiglia con un consumo domestico medio annuo compreso tra 2.500 e 5.000 Kwh, ad esempio, il nostro Paese si piazza al sesto posto con un risparmio rispetto al dato medio dell'Area euro del 2,5%. Per il gas, invece, le cose vanno meno bene. Il costo medio che grava una famiglia italiana con un consumo domestico compreso tra 20 e 200 GJ (Giga Joule - unità di misura dell'energia) è il terzo tra i 19 paesi che utilizzano la moneta unica. Rispetto alla media dell'Area euro paghiamo l'8,1%. Viceversa, spostarsi con i mezzi pubblici in Italia è conveniente, almeno in termini di prezzo. Nel confronto con le principali città europee, il costo del biglietto di bus, tram e metropolitana di sola andata per una tratta di circa 10 chilometri (o almeno 10 fermate) è il più basso in assoluto. La media misurata a Milano e Roma è di 1,6 dollari. Niente a che vedere con il prezzo praticato, ad esempio, a Stoccolma (4,2 dollari), a Londra (4 dollari) e a Dublino (3,2 dollari). Biglietti tra i meno cari d'Europa anche quando viaggiamo in treno. Il biglietto di sola andata in seconda classe per una tratta di almeno 200 chilometri applicata a partire dalle stazioni di Milano e di Roma è mediamente di 27,8 dollari. Solo la media di Barcellona e Madrid è leggermente inferiore alla nostra (27,2 dollari), mentre a Londra il costo è di 74 dollari, la media di Berlino, Francoforte e Monaco è di 58,2 dollari, a Parigi è di 43,8 dollari e a Stoccolma di 41,8 dollari.
Leggi Tutto »Consumi, Coldiretti: record di spesa per frutta e verdura
Mai così tanta frutta e verdura sulle tavole degli italiani da inizio secolo per un quantitativo pari a circa 8,5 milioni di tonnellate nel 2017, con un aumento dei consumi, superiore del 4% all'anno precedente. L'andamento positivo dei consumi è spinto soprattutto alle preferenze alimentari dei giovani, che fanno sempre più attenzione al benessere a tavola. Il risultato è che la frutta e verdura è la principale voce di spesa degli italiani per un importo di 102,33 euro a famiglia, pari a circa 1/4 del totale (23%). "Una netta inversione di tendenza rispetto al passato con un andamento positivo favorito anche da nuove modalità di consumo sospinte anche dalla disponibilità di tecnologie casalinghe low cost per preparare centrifugati e snack per grandi e piccini". E' quanto emerge dallo studio di Coldiretti sulla rivoluzione dei consumi degli italiani a tavola nel 2017 diffuso in occasione della Festa di primavera nei mercati di Campagna Amica "dove finalmente sono arrivate le primizie sabato 17 marzo 2018 in tutta la Penisola". "Anche se in ritardo per colpa del maltempo - sottolinea la Coldiretti - sui banchi dei mercati ci sono infatti le prime fragole, asparagi, zucchine, agretti oltre a insalate e carciofi Made in Italy. Tutti protagonisti della primavera salvati nelle campagne italiane dal gelo che ha distrutto gli ortaggi in campo e provocato perdite consistenti nelle piante da frutto e ulivi con danni che potrebbero raggiungere i 300 milioni di euro su decine di migliaia di imprese agricole".
Secondo lo studio del Crea - riferisce la Coldiretti -, il 64% dei consumatori ritiene che la freschezza sia l'elemento principale nell'acquisto delle verdure, seguito dalla stagionalità (51,4%) e dal prezzo conveniente (31,7%). In particolare - precisa la Coldiretti - l'aspetto e il profumo sono i fattori che indicano maggiormente al consumatore la freschezza dei prodotti ortofrutticoli ma grande rilievo viene dato anche al luogo di acquisto come il mercato o direttamente dal produttore. Anche perchè - continua la Coldiretti - la verdura comperata direttamente dal contadino puo' arrivare a durare fino ad una settimana in più non dovendo affrontare lunghe distanze per il trasporto prima di arrivare nel punto di vendita. La ricerca di sicurezza e genuinità nel piatto porta l'88% degli italiani a bocciare la frutta straniera e a ritenere importante scegliere nel carrello frutta e verdura Made in Italy secondo l'indagine Coldiretti/Ixè, visto che l'Italia è al vertice della sicurezza alimentare mondiale con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici irregolari (0,5%), quota inferiore di 3,2 volte alla media dell'Unione Europea (1,7%) e ben 12 volte a quella dei Paesi extracomunitari (5,6%). Sotto accusa le importazioni incontrollate dall'estero favorite dagli accordi commerciali agevolati stipulati dall'Unione Europea come il caso delle condizioni favorevoli che sono state concesse al Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli e zucchine o all'Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi. Accordi - conclude la Coldiretti - fortemente contestati perché nei paesi di origine è spesso permesso l'uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera.
Leggi Tutto »Istat, a febbraio ferma su mese, +0,5% su anno
In frenata il costo del carrello della spesa: a febbraio i prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona diminuiscono dello 0,7% su base mensile e dello 0,6% su base annua (da +1,2% di gennaio). E' quanto rileva l'Istat. La diminuzione congiunturale dei prezzi degli alimentari non lavorati e' dovuta principalmente ai vegetali freschi (-4,6%; -21,4% la variazione annua, che accentua la flessione del 7,4% registrata a gennaio, risentendo del confronto con febbraio 2017 quando i prezzi dei vegetali freschi fecero registrare un consistente rialzo congiunturale pari a +12,5%). Risultano invece in aumento i prezzi della frutta fresca (+0,8% il congiunturale; +3,0% la variazione annua da +4,4% registrato nel mese precedente).
Il rallentamento non riguarda la dinamica dell''inflazione di fondo', al netto degli energetici e degli alimentari freschi, che si attesta a +0,6% come a gennaio. L'inflazione al netto dei soli beni energetici - spiega l'istituto nazionale di statistica, si riduce invece di quattro decimi di punto percentuale (+0,2%, da +0,6% del mese precedente). La variazione nulla registrata su base mensile dall'indice generale e' la sintesi di una dinamica opposta e simmetrica dei prezzi dei beni (-0,4%) e dei servizi (+0,4%). La flessione dei primi e' dovuta prevalentemente ai Beni alimentari (-0,7%), la crescita dei secondi ai Servizi relativi ai trasporti (+1,6%). Pertanto, su base annua la crescita dei prezzi dei beni decelera (+0,3%, da +1,3% di gennaio) mentre accelera, seppur di poco, quella dei servizi (+0,8% da +0,6%). Il differenziale inflazionistico tra servizi e beni torna quindi positivo dopo cinque mesi risultando pari a +0,5 punti percentuali (era -0,7 a gennaio). L'inflazione acquisita per il 2018 e' pari a +0,4% per l'indice generale e nulla per la componente di fondo. I prezzi dei prodotti ad alta frequenza di acquisto scendono dello 0,3% in termini congiunturali e aumentano dello 0,3% in termini tendenziali (in attenuazione da +1,3% del mese precedente). L'indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) diminuisce dello 0,5% su base mensile (a causa principalmente delle ulteriori riduzioni di prezzo registrate per i saldi invernali di abbigliamento e calzature) e aumenta dello 0,5% su base annua (da +1,2% a gennaio). La stima preliminare era +0,7%. Infine, l'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (Foi), al netto dei tabacchi, non varia su base mensile e aumenta dello 0,5% rispetto a febbraio 2017.
Leggi Tutto »Ortofrutta, l’export italiano sfiora i 5 miliardi
Le esportazioni italiane di ortofrutta hanno sfiorato l'anno scorso la soglia dei 5 miliardi di euro, con un incremento del 3% rispetto al 2016, stabilendo un record storico per il settore. Lo annuncia, in una nota, Fruitimprese, l'associazione nazionale degli esportatori/importatori, che ha rielaborato i dati ufficiali dell'Istat riferiti a tutto l'anno 2017. Cresce il valore delle nostre esportazioni, calano i volumi esportati del 6% con circa 4 milioni di tonnellate. Il saldo supera di poco il miliardo di euro con un incremento del 3,2% rispetto al 2016. Crescono anche le importazioni sia in volume (7,4%) che in valore (3%). Per quanto riguarda i volumi dei singoli comparti cresce la frutta secca (6,4%) mentre calano ortaggi (-10,3%), frutta fresca (-4,7%) e agrumi (-16,1%). In valore segno positivo per gli ortaggi (0,3%) e la frutta fresca (6,1%) e segno negativo per agrumi (-10,2%) e frutta secca (-1,4%).''E' il made in Italy che vince sui mercati internazionali - commenta il presidente di Fruitimprese Marco Salvi- nonostante instabilita' internazionali per l'embargo russo e aree in continua crisi come il Nord Africa. Da sottolineare il brillante risultato del saldo commerciale attivo (1,059 miliardi), tra i migliori degli ultimi vent'anni, nonostante l'aumento dell'import". Il record dell'export nasce dalla forza trainante del comparto frutta fresca (che rappresenta il 57% dell'export totale) e del comparto legumi e ortaggi (27%).
Leggi Tutto »Dati lavoro, il 2017 chiude con un calo dello 0,3 per cento
Frenata per l'occupazione in Italia nell'ultimo trimestre con un -0,3% sul trimestre precedente che mette il nostro Paese in fondo alla classifica europea: i dati pubblicati oggi dall'Eurostat con riferimento alla contabilita' nazionale (differenti da quelli sulle forze di lavoro per i quali l'Istat ieri segnalava per gli occupati un +0,1% congiunturale) registrano un arretramento dell'occupazione dopo tre trimestri positivi. Il -0,3% congiunturale italiano si confronta, dato peggiore nell'Ue a 28 insieme alla Polonia, con il +0,2% francese e il +0,3% tedesco ma anche con il +0,4% spagnolo. In Grecia l'occupazione arretra (-0,1%) rispetto al terzo trimestre ma meno che in Italia mentre Malta vola con +1,8% congiunturale (+6,1% tendenziale). In media l'area Euro segna per l'occupazione un +0,3% congiunturale mentre l'Ue a 28 registra un +0,2%. Nel quarto trimestre 2017 si registra invece un incremento rispetto allo stesso periodo del 2016 dello 0,9%, comunque un dato molto piu' basso della media (fanno peggio solo la Lituania e la Polonia) che segna un +1,6% per l'area Euro e un +1,5% per l'Ue a 28. L'Istat spiega che il dato piu' significativo e' quello tendenziale (quindi il +0,9% del quarto trimestre) perche' quello congiunturale risente di effetti statistici specifici come una diversa destagionalizzazione. Il dato di contabilita' nazionale di confronto tra i paesi Ue tiene conto degli occupati ma - spiegano ancora i tecnici l'Istat - la misura che riflette meglio l'andamento dell'imput di lavoro e' quello delle Ula (unita' di lavoro a tempo pieno) per le quali nel quarto trimestre si e' registrato un aumento congiunturale dello 0,1%. Nel dato sull'occupazione usato da Eurostat si guarda alle teste (quindi chi lavora part time vale uno come chi fa due lavori) mentre il dato sulle Ula (quello che in Italia aumenta su base congiunturale anche nel quarto trimestre) si guarda alle ore lavorate e quindi chi lavora solo venti ore alla settimana viene contabilizzato come meta' di una persona impiegata a tempo pieno. Su base tendenziale comunque l'occupazione in Italia, pur crescendo (+0,9%), arranca rispetto agli paesi, soprattutto quelli piu' penalizzati sul fronte dell'occupazione negli anni della crisi come la Spagna (che registra un +2,6%) e la Grecia (+2,7%) mentre la Germania segna +1,5%, la Francia +1,1% e la Gran Bretagna +1%.
Leggi Tutto »Bankitalia: In Italia 7 famiglie su 10 sono proprietarie delle case
In Italia circa il 70% delle famiglie è proprietaria dell'abitazione in cui risiede. Lo riferisce la Banca d'Italia nell'Indagine sui bilanci delle famiglie italiane. La quota di proprietari è però ancora diminuita tra le famiglie con capofamiglia fino a 45 anni dal 59% al 52% tra il 2006 e il 2016. Da Palazzo Koch spiegano che tra il 2014 e il 2016 la ricchezza netta è diminuita, quasi interamente per effetto del calo del prezzo delle case. La flessione è stata più marcata per i patrimoni più elevati (a prezzi costanti, la mediana e il nono decile della ricchezza netta sono diminuiti rispettivamente del 9% e di oltre il 6%; il secondo decile è cresciuto di circa il 4%).
Alla fine del 2016 solo il 2% delle famiglie possedeva immobili che non comprendevano l'abitazione principale. La quota di famiglie proprietarie dell'abitazione di residenza è rimasta sostanzialmente stabile rispetto al 2006. Il calo di 7 punti percentuali, al 52%, della quota di proprietari tra i nuclei familiari con capofamiglia fino a 45 anni è stato controbilanciato dalla forte riduzione del peso di queste famiglie sul totale, dal 37% al 27%, proseguendo la tendenza avviatasi all’inizio degli anni novanta. Secondo la valutazione delle famiglie, l’abitazione di residenza, indipendentemente dal titolo di occupazione, valeva in media poco meno di 1.800 euro al metro quadrato, il 7% in meno rispetto al valore del 2014 e il 23% in meno rispetto a quello del 2006, un andamento complessivamente in linea con quello evidenziato dall’Indice dei prezzi delle abitazioni dell’Istat. Le famiglie interpellate prevedono un sostanziale assestamento dei prezzi nel corso del 2018, prefigurando in media un calo di circa un punto percentuale.Circa un quinto delle famiglie risiedeva in un'abitazione in affitto e il restante decimo l’occupava a titolo gratuito. Il canone annuo, in media poco sopra 4.000 euro e superiore di circa il 5% a quello rilevato nella precedente rilevazione, rappresentava almeno un quinto del reddito familiare per circa il 68% dei nuclei con reddito equivalente inferiore a quello mediano e per circa il 46 per cento di quelli al di sopra.
Leggi Tutto »Studio Cgia, autonomi versano più Irpef di dipendenti e pensionati
L'Irpef è la principale imposta pagata dai contribuenti. A versarla sono solo le persone fisiche (lavoratori dipendenti, pensionati e lavoratori autonomi) e come risulta dalle dichiarazioni dei redditi del 2016 questi soggetti danno all'erario oltre 155 miliardi all'anno. L'incidenza di questo gettito sul totale delle entrate tributarie è pari al 33%. E sebbene le partite Iva costituiscano solo l'11,4% del totale delle persone fisiche presenti in Italia (pari a poco più di 4.660.000 unità), ciascuno di queste (artigiani, commercianti, piccoli imprenditori, liberi professionisti), versa mediamente poco più di 4.700 euro di Irpef l'anno, rispetto ai 4mila euro che mediamente vengono prelevati dalla busta paga di un lavoratore dipendente e a poco più di 2.900 euro che, invece, il fisco incassa da ogni pensionato. L'elaborazione è stata effettuata dall'ufficio studi della Cgia sulla base dei dati emersi dalle dichiarazioni dei redditi del 2016. "Abbiamo ritenuto necessario puntualizzare questa questione - dichiara il coordinatore dell'ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo - per sconfessare una tesi sempre più diffusa secondo la quale le tasse in questo Paese vengono pagate principalmente da coloro che subiscono il prelievo alla fonte. Per carità, nessuno disconosce che tra il lavoro autonomo ci siano delle sacche di evasione o di sotto dichiarazione che vanno assolutamente contrastate, ci mancherebbe. Questi dati, tuttavia, dimostrano inconfutabilmente che il popolo delle partite Iva dà un contributo significativo alle casse dell'erario ed è mediamente più tartassato degli altri contribuenti".
In Italia, i lavoratori dipendenti e i pensionati ammontano a oltre 35.650.000: questi ultimi costituiscono l'87,5% del totale dei contribuenti Irpef e subiscono un prelievo complessivo di 127 miliardi di euro l'anno (pari all'81,9% del gettito totale Irpef). Gli autonomi, invece, sono poco più di 4.660.000 lavoratori, pari all'11,4% del totale dei contribuenti Irpef. Al fisco versano quasi 22,5 miliardi di euro (pari al 14,5% del totale). A livello territoriale la regione che presenta il più alto numero di lavoratori attivi è la Lombardia (oltre 3.785.000 dipendenti e poco più di 839.000 partite Iva), che ha quasi 10 milioni di abitanti. Subito sotto ci sono il Lazio, per quanto concerne il numero di lavoratori dipendenti (poco più di 2 milioni) e il Veneto, per quanto riguarda i lavoratori autonomi (attorno a 463.300). Il Veneto è al terzo posto a livello nazionale anche per il numero di lavoratori dipendenti (1.892.768), mentre l'Emilia Romagna si posiziona sull'ultimo gradino del podio per via della presenza di lavoratori autonomi (425.790). Anche il maggior numero di pensionati si concentra in Lombardia (2.520.858). Al secondo posto scorgiamo invece il Lazio (1.297.744) e al terzo il Piemonte (1.256.035). Sul fronte del gettito Irpef per regioni, infine, il territorio che ne versa di più è la Lombardia. In termini assoluti con 35,1 miliardi di euro (Irpef media di 6.085 euro). Seguono il Lazio con 17,7 miliardi (Irpef media di 6.058 euro) e l'Emilia Romagna con 14,1 miliardi (Irpef media di 5.245 euro).
Leggi Tutto »Reddito di cittadinanza, picco di ricerche su Google dopo il voto
I motori di ricerca non possono analizzare i flussi elettorali e le motivazioni di voto. Pero' possono fornire alcune indicazioni. Su Google la chiave di ricerca "reddito di cittadinanza" (e altre legate allo stesso argomento) ha avuto un'impennata subito dopo il voto, tra i 5 e il 6 marzo. Con un'impennata piu' decisa nel centro-sud, dove il M5S ha costruito il proprio successo. La ricerca "reddito di cittadinanza" ha avuto un picco intorno alle ore 21 del 5 marzo. Cioe' a urne chiuse e risultati gia' chiari. I dati non dicono quante persone siano andate a caccia di informazioni online, ma danno un quadro delle tendenze (in proporzione). Se Google indica il momento di maggiore interesse con 100 il 5 marzo, il giorno del voto si ferma a 15 e il il 3 marzo a 10. Tradotto: le ricerche sul "reddito di cittadinanza" si sono decuplicate tra la vigilia del voto e il giorno successivo alla chiusura dei seggi. Un interesse che si e' mantenuto vivo anche nelle giornate successive, il 6 (con un picco a quota 84) e 7 marzo (arrivato fino a 78). Dove c'e' stata l'impennata maggiore? Secondo i dati di Google Trends, in Abruzzo, Sardegna, Umbria, Calabria e Molise. Tutte regioni (salvo l'Umbria) dove ha prevalso il M5S.
La crescita delle ricerche post-elettorale si conferma anche per domande piu' specifiche. Con una differenza: lo slittamento di qualche ora. Il giorno dopo il voto ha prevalso il generico "reddito di cittadinanza". Il 6 marzo gli utenti hanno iniziato a cercare massicciamente anche qualche indicazione pratica. Nella mattinata del 6 marzo c'e' il picco della ricerca "reddito di cittadinanza come funziona" (con volumi quintuplicati rispetto al giorno del voto). E poi c'e' chi ha badato direttamente al sodo: le ricerche di "Reddito di cittadinanza m5s requisiti" si sono moltiplicate per 20 tra il 4 e il 6 marzo, con un picco a piu' di 24 ore dalla chiusura dei seggi. Anche in questo caso, le regioni piu' interessate sono state quelle colorate di giallo: Abruzzo, Calabria, Sardegna, Sicilia. Anche se al quinto posto spunta una delle aree dove il Movimento 5 Stelle non ha prevalso: la Toscana. Certo, le ricerche di Google non raccontano motivazioni di voto e conoscenza della proposta. Si potrebbe ipotizzare, ad esempio, che gli elettori abbiano usato altri canali. Che le ricerche siano state (molto) diluite nei giorni precedenti al 4 marzo. Oppure che la crescita delle ricerche in alcune regioni del centro-Sud sia legata alla minore penetrazione di internet: la curiosita' per un tema che potrebbe riguardarli da vicino potrebbe aver spinto utenti di solito lontani dal web a cercare informazioni online. Ma, al netto dei molti condizionali, resta il fatto che la caccia alle informazioni si sia intensificata dopo il voto e non prima di mettere una X sulla scheda. La geografia e l'andamento delle ricerche cambiano per un altro argomento molto popolare della campagna elettorale: la flat tax. L'interesse nei confronti di questa proposta (del Centrodestra) e' stata molto piu' costante. Il picco si e' avuto il 25 febbraio. E i livelli del post-voto sono in linea con quelli dei giorni precedenti. Senza impennate nelle ultime settimane. Diversa e' anche la distribuzione regionale delle ricerche: le due regioni del sud in vetta (Basilicata e Abruzzo) sono seguite da Valle d'Aosta (dove ha prevalso il Movimento alla Camera e il Centrosinistra al Senato), Friuli Venezia Giulia e Lombardia (conquistate dal Centrodestra)
Leggi Tutto »Istat, decelera l’inflazione a febbraio dopo tre mesi di stabilita’
Dopo tre mesi di stabilita', si e' registrata una decelerazione dell'inflazione a febbraio: in base alle stime preliminari dell'Istat, infatti, l'indice dei prezzi al consumo ha mostrato un tasso tendenziale (+0,6%) di tre decimi inferiore rispetto al trimestre novembre-gennaio. "Il rallentamento - ha spiegato l'Istat - e' stato determinato dalla dinamica delle voci maggiormente volatili: i ribassi tendenziali degli alimentari non lavorati sono ancora legati ai forti rincari che hanno caratterizzato lo stesso periodo dell'anno precedente". L'inflazione di fondo, nella misura al netto dei beni energetici e alimentari non lavorati, ha evidenziato un moderato aumento, pari a +0,7%, 0,1% in piu' rispetto a gennaio, e per la prima volta da dicembre 2016 si e' attestata su ritmi superiori a quelli dell'inflazione totale. "La risalita della core inflation - ha commentato l'Istituto nazionale di statistica - e' da imputare alla componente dei servizi (+0,8% rispetto il precedente +0,6%) mentre per i prezzi dei beni industriali non energetici la variazione annua e' ritornata appena negativa".
"L'inflazione pressoche' nulla per i beni industriali non energetici - ha aggiunto l'Istat -, risente, oltre che della moderazione dei costi salariali e di un contesto interno e internazionale maggiormente competitivo, anche della debole dinamica dei prezzi all'importazione. L'apprezzamento del cambio dell'euro ha attenuato le pressioni sui costi dei prodotti importati per i principali raggruppamenti". Per i beni di consumo non alimentari, infatti, si e' accentuata la caduta tendenziale, con -0,3% a dicembre da -0,1% a novembre, che ha coinvolto alcune importanti voci di spesa dei bilanci delle famiglie, con -0,6% per la confezione di articoli di abbigliamento e -0,4% per le calzature.
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