L’Osservatorio

Cinquemila controlli della Guardia costiera in una settimana

Oltre cinquemila controlli sono stati effettuati dalla Guardia Costiera nell'ultima settimana di luglio. Grazie a questi servizi sono stati restituiti alla libera fruizione dei cittadini quasi 250 mila metri quadrati di spiagge occupati da privati o stabilimenti non autorizzati. E' questo il principale risultato dell'operazione condotta dalle direzioni marittime delle capitanerie di porto, promossa dal ministro delle Infrastrutture e Trasporti, Danilo Toninelli, nell'ambito dell'attività 'Mare sicuro 2018'. Come emerge dai dati, resi noti dal Mit, delle città dove risiedono i 15 comandi regionali delle Capitanerie di Porto (cui fanno capo circa 300 comandi territoriali, dunque ogni città rimanda all'intera regione), dai 5358 controlli totali, sono emersi complessivamente 385 illeciti, di cui 233 amministrativi e 152 penali. Novantre i sequestri, di cui 45 penali e 48 amministrativi. Le attrezzature sequestrate sono state 11.260. Complessivamente sono stati comminate sanzioni per 171.500 euro, di cui 60 mila irrogate dalla direzione marittima di Civitavecchia, che ha anche accertato il più alto numero di illeciti amministrativi (50). Il maggior numero di controlli è stato effettuato dalla direzione marittima di Ravenna (1320). Il comando di Pescara ha sequestrato, invece, il più alto numero di attrezzature (2357) e ha liberato 110mila metri quadri di spiaggia (l'area più estesa), seguito da quella di Reggio Calabria con 1951 attrezzature sequestrate e 97.660 metri quadri restituiti tornati spiaggia libera. La direzione marittima di Napoli ha, invece, riscontrato il più alto numero di illeciti penali (38) e registra il maggior numero di sequestri penali (27). I dati decisamente più alti relativi ad alcune regioni non vanno intesi, spiega il Mit, come un campione rappresentativo di una più diffusa condizione di illegalità ma sono riferibili soltanto ad aree di spiaggia libera controllate caratterizzate da una maggiore concentrazione e densità di utenza. 

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Industria, Istat: Produzione +0,5% a giugno, +1,7% annuo

A giugno 2018 l'indice destagionalizzato della produzione industriale aumenta dello 0,5% rispetto a maggio. Lo stima l'Istat, rilevando che nella media del secondo trimestre il livello della produzione rimane invariato rispetto al trimestre precedente. Corretto per gli effetti di calendario, a giugno 2018 l'indice è aumentato su base annua dell'1,7% (i giorni lavorativi sono stati 21 come a giugno 2017). Nella media dei primi sei mesi la produzione è cresciuta del 2,6% su base annua.

"La crescita congiunturale dell'indice destagionalizzato negli ultimi due mesi permette di recuperare la flessione di aprile, con un livello che a giugno si attesta sullo stesso di marzo", commenta l'istituto, aggiungendo che "in termini tendenziali si conferma l'espansione nei primi sei mesi dell'anno, il cui impulso tende tuttavia ad attenuarsi negli ultimi mesi". Sempre l'Istat pone l'accendo su come l'indice destagionalizzato dei beni strumentali abbia raggiunto a giugno "un livello elevato", sostenuto da quattro mesi di continua crescita congiunturale. Anche la dinamica su base annua conferma un marcato profilo di crescita per questo comparto.

L'indice destagionalizzato mensile mostra a giugno una crescita rispetto al mese precedente nei comparti dei beni strumentali (+1,4%) ed, in misura più contenuta, dei beni di consumo (+0,5%) e dei beni intermedi (+0,1%); una variazione negativa registra invece l'energia (-0,7%). Mentre gli indici corretti per gli effetti di calendario registrano un’ampia crescita sull'anno per i beni strumentali (+5,4%). Più contenuto è l'aumento per i beni di consumo (+1,2%) e per i beni intermedi (+0,4 %), mentre diminuisce il comparto dell’energia (-3,9%).I settori di attività economica che registrano la maggiore crescita su base annua sono l'attività estrattiva (+12,5%), la produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+11,8%) e la fabbricazione di mezzi di trasporto (+7,1%). Le maggiori flessioni si registrano invece nella fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (-8,6%), nella fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (-6,5%) e nella industria del legno, della carta e stampa (-4,2%). 

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Il caldo abbassa la produzione di latte delle mucche del 15 per cento secondo Coldiretti

 "Stress da caldo anche per gli animali nelle case e nelle fattorie dove le mucche con le alte temperature stanno producendo fino al 15% circa di latte in meno rispetto ai periodi normali". È l'allarme lanciato dalla Coldiretti sugli effetti dell'innalzamento delle temperature nell'ultima settimana dalle stalle ai pollai, dove si registrano difficoltà nelle aree piu' colpite dall'afa. "Per le mucche - sottolinea la Coldiretti - il clima ideale è fra i 22 e i 24 gradi, oltre questo limite gli animali mangiano poco, bevono molto e producono meno latte. In soccorso nelle stalle - rileva la Coldiretti - sono già scattate le contromisure anti afa nelle stalle dove gli abbeveratoi lavorano a pieno ritmo perché ogni singolo animale è arrivato a bere con le alte temperature di questi giorni fino a 140 litri di acqua al giorno contro i 70 dei periodi più freschi. In funzione anche ventilatori e doccette refrigeranti per aiutare a sopportare meglio la calura. Al calo delle produzioni di latte si aggiunge dunque anche - continua la Coldiretti - un aumento dei costi alla stalla per i maggiori consumi di acqua ed energia che gli allevatori devono sostenere per aiutare gli animali a resistere all'assedio del caldo". "A soffrire sono anche i maiali, che mangiano meno nonostante ventilatori, doccette e sistemi di raffreddamento misti con acqua e aria che lavorano a pieno regime mentre si segnalano difficoltà anche nei pollai dove - sostiene la Coldiretti - si è sta registrando un calo fra il 5 al 10 per cento nella deposizione delle uova". "Da seguire - sottolinea la Coldiretti - sono anche gli animali domestici con cani e gatti possono che possono soffrire l'eccesso di calore soprattutto perché sudano poco. Tutto questo può essere molto pericoloso e portare l'animale, in condizioni estreme, anche alla morte. E' molto importante fare in modo che stiano sempre al riparo dal sole e in luoghi ben areati. Se necessario, installare sistemi di ventilazione supplementari, ma soprattutto - consiglia la Coldiretti - garantire sempre dell'acqua e non lasciarli mai soli nelle macchine al chiuso"

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Roma è la città leader per il gelato

E' Roma la città leader in Italia per il gelato. A rilevarlo è l'analisi di mercato sul primo trimestre 2018 della Camera di Commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Dati alla mano-secondo i calcoli elaborati- nella Capitale sono presenti 1.423 attività e 4.336 addetti. Seguono Napoli per numero di gelaterie specializzate nella produzione e distribuzione (901) e Milano per addetti (2.918). Nella classifica delle dieci città con la maggiore concentrazione di gelaterie risultano poi esserci Torino, Salerno, Bari, Brescia, Palermo, Venezia, Messina e Catania con Nuoro e Lodi (+7,5%) e Teramo (+6,5%) che crescono più delle altre. Complessivamente nello Stivale le gelaterie, tra produzione e vendita, sono invece 19 mila con quasi 73 mila addetti impiegati e un fatturato annuale di 1,5 miliardi. Tra le località con la più alta redditività di settore, relativamente al 2016, al primo posto è Firenze con 358.896 euro. Seguono Terni (115.831), Milano (82.907), Roma (78.649), Bologna (68.718). Infine sul fronte consumi, relativamente all'estate 2018 e secondo stime Coldiretti, le alte temperature degli ultimi giorni avrebbero fatto fare un balzo agli acquisti di gelato del 30% con una preferenza per il prodotto artigianale

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Idealista, prezzi delle case in calo 0,2% a luglio

Non riparte il mercato immobiliare. A luglio, calcola il portale immobiliare 'Idealista, i prezzi delle abitazioni usate sono scesi dello 0,2% rispetto al mese precedente, attestandosi a una media di 1.793 euro/m2. Il prezzo e' in calo del 2,5% rispetto a un anno fa (46 euro in meno). In un mese tradizionalmente fiacco per le compravendite, le richieste dei proprietari si sono ulteriormente appiattite anche per le distrazioni di un evento sportivo come i mondiali di calcio, con 14 regioni su 20 caratterizzate da deboli oscillazioni: si va dallo 0,8% dell'Emilia Romagna al -0,9% della Puglia. Basilicata (6,6%), Molise (2%) e Trentino Alto Adige (1,2%) segnano le performance migliori, mentre le contrazioni piu' decise riguardano Valle d'Aosta (-2,1%), Liguria (-1,2%) e Friuli Venezia Giulia (-1%). La Liguria resta la regione piu' cara a livello di valori nominali con 2.536 euro al metro quadro, seguita da Lazio (2.406 euro/m2) e Valle d'Aosta (2.403 euro/m2). Sul fondo della graduatoria troviamo la Calabria, ancorata ai suoi 880 euro al metro quadro, davanti ad altre 2 regioni del sud, Molise (1.025 euro/m2) e Sicilia (1.124 euro/m2)

 I mercati provinciali in terreno negativo (57) superano di poco i territori con variazioni positive questo mese (50). Oscillazioni comprese tra il -1% e l'1% interessano il 55% delle aree, mentre agli estremi spiccano i rimbalzi di Matera (7,4%), Rimini (4,7%) e Benevento (4%), insieme ai ribassi di Catanzaro (-3,9%), Brindisi (-5,1%) e soprattutto Agrigento (5,4%). Savona (3.220 euro/m2) rimane al top dei prezzi provinciali, davanti a Bolzano (3.170 euro/m2) e Imperia (2.671 euro/m2), mentre le aree dove i proprietari pretendono di meno sono Biella (644 euro/m2) e Caltanissetta (751 euro/m2). I prezzi a livello di grandi mercati sono sempre piu' stabili. Le variazioni maggiori questo mese si hanno a Trapani (-2,6%), Matera (-4,2%) e Catanzaro (-5,5%). Correzioni verso l'alto per Pavia (5,3%) Vicenza (5,4%) e Napoli (5,4%), che guida la ripresa delle grandi piazze immobiliari, insieme e a Bologna (1%) e Milano (0,6%). Roma (-0,5%), Firenze (-0.5%), Palermo (-0,4%) e Torino (-0,2%) segnano ancora variazioni negative anche se marginali e i prezzi sono sostanzialmente stabili. Nella graduatoria dei prezzi il podio resta invariato con Venezia (4.387 euro/m2) sempre in prima fila davanti a Firenze (3.581 euro/m2) e Bolzano (3.448 euro/m2). Biella con 720 euro al metro quadrato e' la piu' economica davanti a Caltanissetta (729 euro/m2) e Agrigento (861 euro/m2).

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Istat, prezzi in leggero aumento

Secondo le stime preliminari elaborate dall'Istat, nel mese di luglio 2018 l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettivita' (Nic), al lordo dei tabacchi, ha fatto registrare un aumento dello 0,3% su base mensile e dell'1,5% su base annua (da +1,3% di giugno). L'ulteriore accelerazione dell'inflazione si deve prevalentemente ai prezzi dei Beni energetici regolamentati (che invertono la tendenza da -1,2% di giugno a +5,3%), solo parzialmente bilanciata dal rallentamento della crescita dei prezzi dei Servizi relativi ai trasporti (da +2,9% a +1,7%). Pertanto l'"inflazione di fondo", al netto degli energetici e degli alimentari freschi, e quella al netto dei soli beni energetici ha subito una lieve decelerazione rispetto al mese precedente, rispettivamente da +0,8% a +0,7% e da +1,0% a +0,9%. 

L'aumento congiunturale dell'indice generale dei prezzi al consumo, secondo il report pubblicato oggi dall'Istat, e' dovuto per lo piu' ai rialzi dei prezzi dei Beni energetici regolamentati (+5,9%) e, in misura minore, dei Servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (+0,9%), solo in parte bilanciati dal calo dei prezzi dei Beni alimentari non lavorati (-1,8%). L'inflazione risulta accelerata per i beni (da +1,5% registrato nel mese precedente a +2,1%), mentre per i servizi si e' registrata una lieve decelerazione (da +1,0% a +0,9%); rispetto a giugno e' aumentato ulteriormente il differenziale inflazionistico tra servizi e beni (da -0,5 punti percentuali a -1,2). L'inflazione acquisita per il 2018, secondo i dati Istat, e' +1,2% per l'indice generale e +0,8% per la componente di fondo. Continuano le tensioni sui prezzi dei prodotti di lago consumo: nello specifico i prezzi dei Beni alimentari, per la cura della casa e della persona (da +2,2% di giugno a +2,3%) e quelli ad alta frequenza d'acquisto (da +2,7% a +2,8%) crescono su base annua piu' dell'indice generale. Secondo le stime preliminari, l'indice armonizzato dei prezzi al consumo (Ipca) e' diminuito dell'1,4% su base mensile, per l'avvio dei saldi estivi di Abbigliamento e calzature di cui il Nic non tiene conto, e cresce dell'1,9% su base annua (in accelerazione dal +1,4% registrato nel mese precedente). La maggiore ampiezza dell'accelerazione dell'Ipca rispetto a quella del Nic, si deve ai prezzi di Abbigliamento e Calzature la cui variazione su base annua sale da +0,1% di giugno a +3,5%. Cio' si deve per lo piu' all'inizio posticipato dei saldi estivi (il 7 luglio nel 2018 in quasi tutte le regioni; il 1° luglio nel 2017) per cui il calo congiunturale dei prezzi di Abbigliamento e calzature a luglio di quest'anno e' meno ampio (-19,1%) che a luglio dello scorso anno (-21,7%), determinando cosi' l'accelerazione tendenziale che si ripercuote sull'indice generale.

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Più di 6 italiani su 10 sonopreoccupati di subire un furto in casa

Più di 6 italiani su 10 sono molto o abbastanza preoccupati di subire un furto in casa. È quanto emerge da un’analisi di Uecoop, Unione europea della cooperative, sugli ultimi dati Istat alla vigilia del primo grande esodo di agosto con milioni di connazionali in viaggio verso le principali località turistiche al mare e in montagna. I più preoccupati sono i pugliesi con il 71,5%, seguiti dall’Emilia Romagna con il 69% e da Lazio e Umbria con il 65,9%. Mentre nelle regioni del Nord la preoccupazione resta su livelli inferiori: 66,5% in Lombardia, 62,9% in Veneto, 60,3% in Valle d’Aosta e si scende sotto il 60% in Piemonte (59,9%) e in Friuli (58,4%). Quello delle vacanze è un periodo delicato durante il quale le città si svuotano e per proteggere le abitazioni ci si affida a diverse soluzioni, sottolinea Uecoop, come porte blindate, inferriate, vetri anti sfondamento e impianti di allarme collegati alle forze dell’ordine o a servizi di vigilanza privata che, nel mondo delle cooperative, hanno registrato un balzo dell’11% negli ultimi 5 anni. 

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I ricavi delle imprese cresceranno in media del 4 per cento nel prossimo triennio

 L'attuale scenario macroeconomico positivo spinge i ricavi delle imprese italiane, che nel prossimo triennio cresceranno mediamente di oltre 4% ogni anno, con punte del 6-7% nei settori automotive e metallurgia. La crescita dei fatturati permetterà alle imprese di rendere più sostenibili debiti e oneri finanziari presenti nei bilanci, anch'essi in risalita fino al 2020. In questo caso, sono il chimico-farmaceutico e l'hitech, con un rapporto debiti-mol pari al 6-7%, i comparti più virtuosi, mentre faticano le costruzioni (21,1%) e i media (17,7%). E' quanto emerge dalla più recente edizione dell'Industry Forecast, le previsioni economiche-finanziarie e sul rischio di credito di oltre 200 settori dell'economia italiana, di Cerved, primario operatore in Italia nell'analisi del rischio del credito. La ricerca analizza lo scenario macroeconomico per elaborare previsioni sul rischio di credito e sui bilanci di singole imprese, settori produttivi e aree geografiche. 

In questa edizione, però, il report comprende anche una simulazione degli effetti di uno scenario macroeconomico recessivo, per cui si è considerato lo stress test realizzato dalla European banking authority (Eba) all'inizio di quest'anno con l'obiettivo di verificare la tenuta dei conti delle maggiori banche europee nel caso di un nuovo shock economico. Cerved ha stimato l'impatto dello scenario di stress Eba sui settori dell'economia italiana, confrontando i risultati con quelli delle previsioni dello scenario base. Da questa simulazione è emerso che, in caso di una nuova recessione economica, simile a quella del 2008, l'impatto sui conti delle imprese italiane sarebbe negativo in quasi tutti i settori economici. Soltanto largo consumo, hi tech, chimico-farmaceutico e servizi registrerebbero una crescita dei ricavi nel prossimo triennio, mentre tutti gli altri arriverebbero al 2020 con un saldo negativo, con perdite particolarmente rilevanti nei settori metallurgia (-13,1% rispetto allo scenario base) e automotive (-9,3%). Secondo le previsioni di Cerved su dati Istat, Imf e Bce, il prossimo triennio vedrà una crescita modesta del pil, pari all'1,3% annuo, e un aumento sostenuto degli investimenti, con ritmi stabilmente sopra al 2% fino al 2019, e delle esportazioni, oltre il 3%, mentre rimarranno fiacchi i consumi interni, con la domanda delle famiglie che crescerà a ritmi molto modesti. 

 Secondo i modelli di Cerved, in base a questo scenario macroeconomico, i ricavi delle imprese italiane sono previsti in crescita a un tasso medio annuo del 4,4%. La crescita sarà più intensa nella metallurgia (+7%), grazie alla ripresa dei prezzi delle materie prime, nell'automotive (+6,5%), spinta dal buon andamento della domanda interna, nella logistica (5,5%), trainata dalla ripresa dei consumi e dall'incremento dell'ecommerce, e nell'energia e utility (5,3%), su cui avrà un impatto positivo la risalita del prezzo del petrolio. Se si guarda agli oltre 200 settori merceologici analizzati, invece, la crescita risulterà più sostenuta nell'ecommerce (+15,7%), tra le società che gestiscono aeroporti (+13,7%) e nella cantieristica (+13,6%). Una decisa accelerazione, a un ritmo anche più sostenuto rispetto ai ricavi (+5,2% in media tra 2017 e 2020), riguarderà anche i margini, e consentirà di ridurre l'impatto della contemporanea crescita dei debiti e degli oneri finanziari, abbassandone rispettivamente l'incidenza da un multiplo pari a 3,8 a uno pari a 3,5 e dal 13,6% al 12,7%. Rimarranno, tuttavia, ampie differenze settoriali, con un'incidenza ancora elevata degli oneri nelle costruzioni (21,1%), nel comparto informazione-comunicazione (17,7%), nell'agricoltura (in cui l'indice è previsto in aumento, dal 17,2% al 17,3%) e nell'automotive (17,3%).

I settori con le situazioni più critiche saranno riconducibili alle costruzioni, in particolare cemento e calce (con gli oneri che pesano per l'86% dei margini), prodotti in terracotta per l'edilizia (81%) e impianti fotovoltaici (74%). Chimico-farmaceutico (6,2%), hi tech (7,5%) e metallurgia (7,5%), sono invece i macrosettori con gli oneri finanziari più sostenibili. Applicando i modelli Cerved allo scenario macroeconomico recessivo formulato da Eba è stato possibile simulare l'impatto di una eventuale nuova recessione sui conti delle imprese e prevedere quali settori avrebbero le ripercussioni più negative e quali invece sarebbero più resilienti. Lo scenario ipotizza una situazione simile a quella del 2008, con una crisi di fiducia dei mercati finanziari che produrrebbe un deciso aumento dei tassi di interesse e una stretta creditizia. Gli impatti sull'economia reale sarebbero particolarmente pesanti sotto diversi punti di vista: una brusca contrazione della domanda mondiale e quindi dell'export, un crollo degli investimenti e del mercato immobiliare, una caduta dei prezzi delle materie prime con effetti particolarmente negativi sui settori produttori e distributori. 

In uno scenario del genere, la maggior parte dei settori monitorati farebbe registrare una perdita del fatturato tra il 2017 e il 2020: solo largo consumo (+0,8%), hi tech (+0,4%), chimico-farmaceutico (+0,2%) e servizi (+0,2%), farebbero registrare un segno positivo nel triennio. Metallurgia e automotive sarebbero invece i comparti più penalizzati, con una perdita rispetto allo scenario baseline di 13,1 e di 9,3 punti percentuali. Fra i microsettori, invece, i più colpiti sarebbero le agenzie immobiliari (con il 30,3% in meno di ricavi), la cantieristica (-28,6%) e la siderurgia (-26,9%). Dal punto di vista della sostenibilità finanziaria, uno scenario come quello ipotizzato da Eba comporterebbe effetti particolarmente negativi per le costruzion. Solo due settori, hi tech e chimico-farmaceutico, manterrebbero l'incidenza degli oneri finanziari al di sotto del primo quartile 2017 (quindi sotto il 9%, rispettivamente 8,7% e 7%), mentre energia e utility e distribuzione (entrambi al 16,9%) vedrebbero aumentare il tasso da un livello compreso fra il primo e il terzo quartile (9%-16%) a uno superiore al terzo quartile 2017 (oltre il 16%). Costruzioni e mezzi di trasporto sarebbero i settori che, nello scenario stressato, presenterebbero le situazioni più delicate, perché con debiti meno sostenibili e minore resilienza rispetto a un deterioramento della congiuntura economica. Per le costruzioni, ciò sarebbe accompagnato dall'elevato numero di società fragili, con alta probabilità di default. 

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Olio di oliva, +135% di produzione in Italia quest’anno

La produzione mondiale 2017/2018 dell'olio di oliva, secondo le ultime stime del COI, si è attestata abbondantemente sopra i tre milioni di tonnellate (+30% rispetto alla campagna precedente) raggiungendo un risultato certamente inaspettato prima dell'inizio delle moliture. Tirando le somme, a frantoi ormai chiusi, l'Italia ha realizzato una produzione di circa 429 mila tonnellate, +135% rispetto alle 182 mila tonnellate dell'anno prima. Questo è il risultato di una crescita importante soprattutto nelle regioni del Sud a partire dalla Puglia che, stando a dati ancora provvisori, sembra aver superato la soglia delle 200 mila di tonnellate. Anche per Sicilia e Calabria si è tornati su livelli normali, così come in Abruzzo. Nel Centro Italia, soprattutto in Toscana e Umbria, la crescita è stata particolarmente contenuta perché la siccità ha limitato fortemente il recupero rispetto all'anno precedente. È andata decisamente meglio nel Lazio e nelle Marche. A livello di prezzi, La tendenza flessiva ha investito anche l'Italia. Nei primi sette mesi dell'anno la riduzione media dei listini dell'extravergine è stata pari al 29%, passando dai 5,86 euro al chilo come media di gennaio-luglio 2017 ai 4,18 euro dello stesso periodo del 2018. E' ancora molto presto per azzardare stime numeriche ma, nel frattempo, l'Ismea ha fatto una prima ricognizione sullo stato degli oliveti. Peseranno i danni da gelate sia nel Nord della Puglia che nel Centro Italia e a questo si aggiunge che il clima si questi ultimi tempi con piogge frequenti e caldo umido tiene alta l'attenzione dei produttori rispetto agli attacchi di mosca.

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Dimezzati gli alberghi all’asta

Il numero delle strutture turistico-ricettive all'asta in Italia è diminuito del 41,9% in sei mesi: le procedure in corso che riguardano alberghi, bed & breakfast, motel, campeggi e simili sono infatti 121, a fronte delle 208 individuate lo scorso gennaio. Si tratta del secondo calo consecutivo della quota di complessi in vendita forzata. Il comparto, dunque, è tornato a muoversi stabilmente nella stessa direzione di quello residenziale, in questo caso con percentuali di decremento ancora più decise. Lo riferisce il Rapporto semestrale sulle aste immobiliari del Centro Studi Sogeea. Se si sposta lo sguardo sulla distribuzione geografica del dato, si evidenzia come tutte le macroregioni abbiano registrato una sensibile diminuzione. Il Nord è passato da 61 a 40 (-34,5%), il Centro da 55 a 35 (-36,4%), il Sud da 47 a 29 (-38,3%) e le Isole addirittura da 45 a 17 (-62,3%, una variazione praticamente doppia rispetto a quelle delle altre aree geografiche del Paese). La Toscana si conferma la regione italiana con il più alto numero di strutture all'asta, 17, seguita dal Lazio (16) e dall'Emilia-Romagna (13). In doppia cifra anche la Campania (12) e la Sicilia (10), mentre in fondo alla graduatoria si trovano Calabria e Umbria che non presentano attualmente vendite forzate. A livello di province, invece, comandano Frosinone e Rimini con 10 strutture turistico-ricettive all'incanto: il dato è l'unico a cifra doppia nel panorama nazionale. A seguire troviamo Salerno con 7, Trento con 6 e, tutte a quota 4, Arezzo, Grosseto, Palermo e Pescara. 

Costante in tutte le rilevazioni, anche se con percentuali minori rispetto al solito, la grande incidenza nel dato complessivo delle realtà imprenditoriali di dimensioni contenute: il 54,6% dei complessi turistico-ricettivi finiti all'asta ha un prezzo inferiore al milione di euro, a conferma che a pagare dazio negli anni della crisi sono state più spesso le attività medio-piccole. Ha però preso più consistenza la fetta rappresentata dalle strutture più pregiate, il cui numero si è mantenuto costante rispetto a sei mesi fa: sono rimaste 27, ma adesso rappresentano il 22,4%. Questo dato può significare che, anche a fronte di prospettive economiche meno fosche se paragonate al recente passato, chi aveva disponibilità finanziarie ha scelto di effettuare investimenti su strutture di tipologia più contenuta, senza avventurarsi in acquisizioni più impegnative. "La conferma dell'arretramento delle vendite forzate nel settore turistico-ricettivo ha un suo peso specifico rilevante - spiega l'ing. Sandro Simoncini, presidente di Sogeea e direttore del Centro Studi -, anche se le tempistiche delle vendite immobiliari forzate non sono sovrapponibili agli scenari economico-finanziari attuali, poiché scaturiscono come reazione a problematiche sorte in precedenza. A differenza di quanto rilevato a inizio anno, si tratta di una tendenza positiva che tocca praticamente tutti i territori: il fatto che il panorama imprenditoriale storicamente più solido del Paese dia consistenti segnali di ricomposizione va accolto con soddisfazione". 

immagine di repertorio

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