L’Osservatorio

Cgia, evasione delle imprese e’ di 93 miliardi

In Italia a causa della non corretta dichiarazione dei redditi sono presenti 93,2 miliardi di euro di imponibile evaso imputabili direttamente alle imprese e alle partite Iva. Lo sostiene la Cgia di Mestre, secondo la quale questo avviene nonostante l'evasione sia diminuita di oltre 6 miliardi di euro rispetto all'anno precedente. L'incidenza dell'evasione attribuibile alle aziende sul totale del valore aggiunto prodotto dall'economia non osservata (207,5 miliardi) e' pari al 44,9%. Un altro 37,3% dell'evasione e' riconducibile al lavoro irregolare (pari ad un valore aggiunto di 77,4 miliardi) e, infine, un ulteriore 17,8 e' ascrivibile alle attivita' illegali e ai fitti in nero (36,9 miliardi). Nella quota strettamente in capo alle aziende, il macro settore con la maggiore propensione all'evasione e' quello dei servizi professionali (attivita' legali e di contabilita', attivita' di direzione aziendale e di consulenza gestionale, studi di architettura e di ingegneria, collaudi e analisi tecniche, altre attivita' professionali, scientifiche e tecniche e servizi veterinari). Secondo l'Istat, infatti, l'incidenza della sotto-dichiarazione del reddito di impresa sul valore aggiunto totale prodotto dal mondo delle libere professioni e' la piu' elevata tra tutti i macro settori presi in esame (16,2%); segue la percentuale riferita al commercio all'ingrosso e al dettaglio, trasporti, alloggi e ristorazione (12,8) e quella riferita alle costruzioni (12,3). Piu' contenuto, invece, il rischio evasione presente nei servizi alle persone, nella produzione di beni alimentari e di consumo, nell'istruzione e nella sanita', negli altri servizi alle imprese, nella produzione di beni di investimento e nella produzione di beni intermedi, energia e rifiuti. "Per combattere questa piaga sociale ed economica - sostiene il coordinatore dell'Ufficio studi Cgia Paolo Zabeo - la strada da percorrere e' una sola: ridurre il peso del prelievo fiscale e rimuovere i numerosi ostacoli burocratici che condizionano, di fatto, coloro che ogni giorno fanno impresa. In altre parole: pagare meno per pagare tutti". La ripartizione geografica che registra la percentuale di rivalutazione del valore aggiunto sotto-dichiarato piu' elevata d'Italia e' il Mezzogiorno (7,6%). Seguono il Centro (6,5), il Nordest (6) e il Nordovest (5,4). A livello regionale, invece, e' il Molise la regione con la quota piu' elevata (8,4%), seguono l'Umbria, Marche e Puglia, Campania, Abruzzo e Calabria, e Sicilia e Toscana. Diversamente, il Friuli Venezia Giulia (5,8%), il Lazio, la Lombardia, la provincia autonoma di Trento e quella di Bolzano sono i territori che presentano un rischio evasione piu' contenuto.

Oltre ai 93,2 miliardi di sotto-dichiarazione che sfuggono al fisco, la Cgia ricorda che, secondo l'Istat, l'economia non osservata e' composta da altri 77,4 miliardi di euro ascrivibili al lavoro irregolare e da 36,9 miliardi riconducibili alla voce altro (fitti in nero, mance) che include anche la quota di fatturato imputabile alle attivita' illegali (prostituzione, traffico di stupefacenti e contrabbando di tabacco). Pertanto, tra l'economia sommersa (data dalla somma dell'evasione da sotto-dichiarazione, da lavoro irregolare e altro), il valore aggiunto complessivo generato nel 2015 dall'economia non osservata e' stato di 207,5 miliardi di euro. Di questi 207,5 miliardi di euro di imponibile sottratto al fisco, l'Ufficio studi della Cgia ha stimato una evasione di imposta di circa 114 miliardi di euro l'anno. Per ogni 100 euro di gettito incassato, a causa dell'infedelta' fiscale degli italiani, a livello nazionale l'erario perde 16,3 euro. Le differenze territoriali sono notevoli: se nel Mezzogiorno il gettito che sfugge alle casse pubbliche ogni 100 euro prelevati e' di 22,2 euro, a Nordovest si scende a 13,4 euro. 

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Tornano a crescere i prezzi nel 2017

L'anno passato ha segnato il ritorno alla crescita dei prezzi. Lo certifica l'Istat, stimando nella media del 2017 un aumento dell'1,2%, dopo il calo dello 0,1% del 2016. Una "lieve flessione" che pero' aveva portato l'Italia in deflazione. L'Istituto, rilasciando i dati provvisori, parla di "una chiara inversione di tendenza", che consente di riagganciare il livello dei prezzi del 2013, ovvero di 4 anni prima. A fare la differenza sono i beni energetici (carburanti, luce e gas) e gli alimentari freschi (frutta e verdura).

Se i prezzi di benzina, diesel e gli altri carburanti nel 2016 erano risultati in discesa (-5,9%) nel 2017 sono invece tornati, ampiamente, in territorio positivo (+6,2%). Dinamica simile per i beni energetici regolamentati , quelli che vanno a finire nelle bollette (a +2,9% da -5,0%). Quanto ai prodotti per la tavola freschi, gli alimentari non lavorati, nel 2016 erano si' saliti ma solo dello 0,4% mentre lo scoro anno hanno segnato un rialzo del 3,6%. Sono queste "componenti piu' volatili" ad avere spinto i prezzi del 2017, spiegano dall'Istat. E dall'altra parte erano state le stesse voci ad affossare i listini l'anno prima. Ad ogni modo con il 2017 il Paese si e' smarcato da anni di bassa inflazione o addirittura prezzi in calo (come nel 2016, con il concretizzarsi, dopo mezzo secolo, della deflazione).

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Raddoppiano i poveri italiani in un decennio

Raddoppiano i poveri italiani in un decennio. Se nel 2006 erano 2,3 milioni, nel 2016 sono diventati 4,7 milioni con un incremento del 106,9%. In forte crescita anche il numero delle famiglie in difficoltà, che nello stesso periodo aumentano del 67,2%, passando da poco meno di un milione a 1,6 milioni. I dati sono contenuti nelle tabelle dell'Istat, sugli indicatori di povertà assoluta, ed elaborati dall'Adnkronos. Diverse sono le misure messe in campo dai governi che si sono succeduti negli ultimi anni, per sostenere le persone in difficoltà. Ultimo in ordine di tempo è il reddito d'inclusione che, secondo l'Inps, è stato richiesto da quasi 75.885 famiglie, pari al 4,7% dei nuclei risultati in forti difficoltà economiche nel 2016. 

 L'incremento maggiore di famiglie in povertà assoluta, in termini percentuali, si registra nelle regioni del centro (+133,8%); seguite da quelle del nord (+62%) e del sud (+52%). In termini assoluti, invece, la crescita più elevata riguarda il sud, dove si è passati da 460.000 nuclei in difficoltà nel 2006 a 699.000 nel 2016, seguita a stretto giro dal nord (da 376.000 a 609.000); mentre al centro da 133.000 si è passati a 311.000 famiglie povere. Tornando ai dati delle persone povere, in termini percentuali l'aumento maggiore si registra al centro (+176,5%), seguito dal nord (+139,8) e dal sud (+68%). In termini assoluti, invece, è nel mezzogiorno che si vede crescere di più il numero di poveri, che passa da 1,2 milioni a 2 milioni; segue il settentrione dove da 764.000 di passa a 1,8 milioni, e infine il centro che da 315.0000 arriva a 871.000 poveri. Rispetto alla popolazione residente i numeri sono più che raddoppiati quasi ovunque: al nord si passa dal 2,9% al 6,7%; al centro dal 2,8% al 7,3%; al sud dal 5,9% al 9,8%; e infine in Italia da 3,9% si arriva al 7,9%.

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Sondaggio Coop-Nomisma, la ripresa si consolida

 La ripresa si consolida nel vissuto degli italiani e gira al meglio l'umore dei consumatori per il 2018, almeno stando alla fotografia scattata con il sondaggio di fine anno Coop-Nomisma e le previsioni sui consumi del 'Rapporto Coop'. Alla 'speranza', parola chiave del 2016 e del 2017, gli italiani affiancano per il 2018 piu' concrete sensazioni di 'benessere' e 'soddisfazione'. Si affidano al cambiamento i piu' giovani e vedono decisamente rosa gli over 50. Credono nella ripresa maggiormente gli abitanti del Mezzogiorno. L'ottimismo tocca le intenzioni di spesa che tra il 2017 e il 2018 volgono tutte in segno positivo. Al top i soliti oggetti dei desideri: i viaggi (il 23,3% spendera' di piu') e lo smartphone (il 64% prevede in crescita il budget destinato), ma ritornano voci evergreen degli italiani come l'arredamento, la ristrutturazione della casa e ancora investimenti per il tempo libero e la cura di se' (abbonamenti a teatro, stadio, pay tv fino al ricorso alla chirurgia estetica). c

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Il rialzo dell’euro frena le esportazioni Made in Italy negli Stati Uniti

Il rialzo dell’euro frena le esportazioni Made in Italy negli Stati Uniti dopo che nel corso del 2017 si è registrato un aumento complessivo del 9% per un importo record di circa 40 miliardi di euro. E’ quanto emerge da una analisi della Coldiretti in riferimento al tasso di cambio dell’euro che ha raggiunto nei confronti del dollaro il livello massimo da tre anni.

 La nuova strategia Usa 'America First' - sottolinea la Coldiretti - sembra avere i primi effetti in una politica monetaria aggressiva che rischia di costare caro all’ Italia. Gli Stati Uniti - continua la Coldiretti - sono di gran lunga il principale mercato di riferimento per il Made in Italy fuori dall’Unione Europea con un impatto rilevante anche per l’agroalimentare. Le esportazioni di cibo e bevande dall’Italia sono aumentare del 6% nel 2017 per un totale di circa 4 miliardi di euro, il massimo di sempre. Gli Usa, continua la Coldiretti, si collocano al terzo posto tra i principali italian food buyer dopo Germania e Francia, ma prima della Gran Bretagna. Il vino, conclude la Coldiretti, risulta essere il prodotto più gettonato dagli statunitensi, davanti a olio, formaggi e pasta.

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Federalberghi, 2,6 milioni di persone in viaggio per l’Epifania

Circa 2 milioni e 662 mila italiani (+10,7% rispetto al 2017) saranno in movimento durante il fine settimana dell'Epifania. Nel 95,2% dei casi la destinazione sara' l'Italia, mentre per il restante 4,8% verranno privilegiate mete estere. "Le previsioni sul movimento turistico per la festivita' dell'Epifania, mostrano un Paese che torna ad essere prudentemente ottimista'', dice il presidente di Federalberghi, Bernabo' Bocca alla lettura dei risultati dell'indagine realizzata con il supporto dell'istituto ACS Marketing Solutions

Circa 2 milioni e 662 mila italiani (+10,7% rispetto allo scorso anno) saranno in movimento durante il fine settimana dell'Epifania. Nel 95,2% dei casi la destinazione prescelta sara' l'Italia, mentre per il restante 4,8% verranno privilegiate mete estere. Tra i vacanzieri, 1 milione 455 mila si mettera' in movimento esclusivamente per l'Epifania, 367mila sono gia' in viaggio da Capodanno e ben 840 mila hanno optato per la vacanza "lunga", dal Natale alla Befana. Per coloro che faranno vacanza solo in occasione dell'Epifania, la durata media si assestera' sulle 3,1 notti, con una spesa media pro capite (comprensiva di trasporto, alloggio, cibo e divertimenti) di 397 euro, di cui 387 euro per chi rimarra' in Italia e 594 euro per chi scegliera' l'estero. Il giro di affari si attestera' sui 577 milioni di euro (contro i 437 dell'Epifania 2017, con un incremento del +32%). L'alloggio preferito sara' la casa di parenti o amici nel 32,7% dei casi (36,7% lo scorso anno), seguito dall'albergo con il 26,1% (rispetto al 20,1% del 2017). Moltissimi italiani (il 47,9%, contro il 28,3% dello scorso anno) hanno prenotato o intendono prenotare la vacanza utilizzando il sito internet dell'albergo o contattando la struttura tramite telefono o e-mail (45,2% vs 12,8%). La prenotazione diretta piace sempre di piu' anche perche' puo' consentire di ottenere soluzioni tagliate su misura e condizioni piu' vantaggiose. A conclusione delle festivita', e' possibile tracciare un bilancio dei motivi di "non vacanza". Il numero di coloro che rinunciano alla vacanza per motivi economici e', come di consueto, consistente (45,2%) ma in netto calo rispetto allo scorso anno (51,1%). Il 21,4% e' rimasto a casa per motivi di salute, il 18,1% per motivi familiari e il 14,3% a causa di impegni di lavoro. Da citare anche un 13,1% che fara' le vacanze in un altro periodo. "Sembra che gli italiani si stiano risvegliando da una sorta di stasi, provocata dall'onda d'urto della crisi, mettendo tra le priorita' il progetto-viaggio, principalmente in Italia e per un periodo di tempo economicamente sostenibile". Spiega ancora il presidente di Federalberghi, Bernabo' Bocca. "Stiamo assistendo all'espressione di un nuovo impulso - aggiunge Bocca - che contribuisce a far superare il timore dell'incognita di spesa cui solitamente si va incontro in occasione di un soggiorno fuori casa." "Lo scenario che si e' configurato conferma il trend di crescita registrato a Natale e Capodanno - prosegue il presidente di Federalberghi - il giro di affari previsto tocca i 577 milioni di euro, con un incremento consistente rispetto allo stesso periodo dello scorso anno". "Con questo non possiamo dire che la crisi sia totalmente alle spalle, ma senza dubbio si evidenzia l'approccio piu' fiducioso dell'italiano in viaggio per le festivita'". "Vale la pena di cogliere il senso di un "avanti tutta" - conclude Bocca - nella consapevolezza che quanto piu' si dara' sostegno concreto al settore che lavora per l'Italia, tanto piu' si potra' proseguire sulla strada dell'ottimismo". L'indagine, realizzata dalla Federalberghi con il supporto tecnico dell'Istituto ACS Marketing Solutions, e' stata effettuata tra il 1 e il 6 dicembre, ascoltando con il sistema C.A.T.I. (interviste telefoniche) 3.003 persone maggiorenni, per un campione rappresentativo di oltre 50 milioni di individui maggiorenni ed il campione e' stato costruito in modo da rispettare le quote della popolazione italiana maggiorenne e minorenne, in termini di sesso, eta', grandi ripartizioni geografiche ed ampiezza dei centri abitati. 

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Saldi, il 41 per cento delle famiglie usufruirà degli sconti

Tutto pronto per l'inizio dei saldi invernali. "L'andamento dei saldi per la stagione invernale del 2018 conferma la situazione di lieve crescita dei consumi: il 41% delle famiglie italiane si dedichera' allo shopping (pari a circa 10 mln di famiglie), ogni famiglia spendera' in media 181,20 Euro, per un giro di affari complessivo di circa 181,20 euro. Rispetto ai saldi invernali del 2017, in termini di spesa, l'aumento e' del +0,7%" scrive in una nota Federconsumatori. "Il periodo di sconti- continua- avra' inizio il 2 e 3 gennaio, rispettivamente in Basilicata e Valle D'Aosta. In tutte le altre regioni, eccezion fatta per la Sicilia dove i saldi prenderanno avvio solo il 6 gennaio, si partira' dal 5 gennaio ma la durata sara' differente a seconda di dove ci si trova. Ad esempio, in Abruzzo, Emilia Romagna, Lombardia, Molise, Sardegna, Toscana ed Umbria termineranno il 5 marzo; in Calabria, Piemonte e Puglia termineranno il 28 febbraio; in Friuli Venezia Giulia e Veneto termineranno il 31 marzo; nel Lazio l'8 febbraio; in Trentino Alto Adige il 16 febbraio; in Liguria il 18 febbraio; nelle Marche l'1 marzo e in Campania il 2 aprile". "Mentre in occasione del Natale si e' registrato un forte incremento delle vendite online (oltre il 62% degli italiani ha acquistato almeno un regalo su internet)- conclude Federconsumatori- tale tendenza risulta molto piu' contenuta in occasione dei saldi: appena il 19% degli italiani approfittera' degli sconti online". 

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Capodanno, Confesercenti: verso il pienone, prenotato 87% camere online

Un Capodanno da 'tutto esaurito' chiude l'anno record del turismo. Per la prossima notte di San Silvestro (30 dicembre - 1 gennaio) sono state già riservate l'87% delle camere offerte online, con punte del 94% per le località montane, ed è attesa una crescita nei giorni finali.Un dato che conferma il buon andamento delle feste 2017, per le quali si stimano 16,8 milioni di presenze, 380mila in più sullo scorso anno.Feste che sugellano, a loro volta, un 2017 da ricordare: l'anno si avvia infatti a totalizzare oltre 420 milioni di presenze, il 4,2% in più sul già ottimo 2016 e nuovo record storico per il nostro Paese, realizzato soprattutto grazie alla crescita dei flussi di turisti stranieri. È quanto emerge dall'indagine previsionale sui flussi turistici realizzata dal Centro Studi Turistici di Firenze, per conto di Confesercenti Nazionale, su un campione di 1.657 imprenditori ricettivi."Mai come quest'anno - commenta Vittorio Messina, Presidente di Assoturismo Confesercenti - l'Italia ha goduto di un contesto favorevole per il turismo. Il nostro Paese piace, soprattutto ai mercati europei, che l'hanno scelto come meta privilegiata per la qualità e varietà della nostra offerta territoriale e ricettiva. Un successo del nostro comparto turistico, responsabile indirettamente di oltre il 10% del Pil italiano, che però continua a soffrire i problemi di sempre: una pressione fiscale troppo elevata sulle imprese e sui turisti; un abusivismo ormai fuori controllo e la mancanza di collegamenti logistici efficaci, in particolare verso i Paesi extraeuropei, che rappresentano il futuro della domanda. In questi ultimi due anni il turismo ha dimostrato di essere un settore su cui puntare, un volano insostituibile per la ripresa del paese: l'auspicio è che l'attenzione alle imprese del comparto diventi un elemento centrale nell'agenda economica del prossimo Governo".Per il weekend di fine d'anno la tendenza positiva della domanda turistica è attesa in quasi tutte le aree del paese, anche se è la montagna a farla da padrone: il meteo - e la riapertura anticipata di tanti impianti sciistici - hanno dato una spinta al turismo straniero e domestico verso le nostre località montane, che registrano con un tasso di occupazione delle camere disponibili online intorno al 94%.Dati importanti anche per le località lacuali, con percentuali di occupazione per il fine settimana intorno al 92%, cosi come per le città d'arte, già prenotate per l'88% della disponibilità. Tra le regioni, i tassi di occupazione più elevati si registrano in Trentino Alto Adige (97%) e in Val D'Aosta (95%), a conferma dell'appeal esercitato quest'anno dalle località montane; seguono Umbria e Veneto, entrambe al 92%. In quinta posizione la Toscana, al 91%. Per tutto il periodo delle festività il mercato turistico registrerà complessivamente 5,9 milioni di arrivi e 16,8 milioni di presenze, di cui 12,5 milioni concentrate tra Capodanno e l'Epifania. La maggior parte delle presenze sarà di italiani - circa 10,2 milioni, con un incremento del 2,1% rispetto al 2016 (+210mila) - ma è il turismo straniero a crescere di più con 6,6 milioni di presenze, il +2,5% rispetto all'anno precedente (+170mila).Le previsioni sono incoraggianti per tutte le tipologie di strutture, anche se i valori potrebbero ulteriormente migliorare per effetto della domanda last minute. Gli alberghi registreranno aumenti sia dei turisti italiani (+2,4%) sia degli stranieri (+2,2%), a differenza delle strutture extralberghiere dove l'aumento degli italiani si ferma al +1,1% e quello degli stranieri sale al +3,9%.La domanda turistica è in crescita in tutte le aree geografiche, con percentuali più elevate per il Nord Ovest (+2,7%) e per il Sud/Isole (+2,8%); più contenute le stime per le regioni del Nord Est e del Centro Italia, anche se comunque in progresso di circa due punti percentuali. Le performance migliori sono state segnalate dagli imprenditori ricettivi delle città e dei centri d'arte (+2,5% e un incremento degli stranieri del +2,9%) e campagna/collina (+2,3%, con una crescita attesa degli stranieri pari al +4,2%). Ma se l'appeal delle nostre città d'arte è ormai un fatto scontato, il meteo 'da neve' dà una mano anche alle località montane, per le quali si stima un aumento dei flussi del +2,2%. Valori di crescita sono segnalati anche per le località di mare (+2%) e dei laghi (+1,6%). Fortemente dinamico anche il mercato delle aree classificate ad "altro interesse" (+2,6%), mentre valori di stabilità sono attesi per l'offerta termale (+0,1%).Per il consuntivo dell'anno si segnala una crescita sostenuta sia degli arrivi (+5 milioni sul 2016) che delle presenze turistiche (oltre 17 milioni in più), con aumenti che hanno coinvolto tutte le tipologie di prodotto e di strutture ricettive. La stima puntuale della variazione dei flussi per l'anno 2017 indica una crescita complessiva di presenze al 4,2%; per gli italiani si stima un balzo del 4,0%, per gli stranieri del 4,3%.L'aumento migliore, durante l'anno, l'ha messo a segno il comparto alberghiero (+4,3%), anche se l'extralberghiero si attesta al +3,9%.Per i diversi trend territoriali, invece, si registrano valori molto positivi soprattutto per le imprese del Nord Ovest (5,4%) e del Sud/Isole (+5,3%). Anche nel Nord Est la crescita ha toccato valori interessanti (+4,3%), mentre per le aree del Centro la stima si ferma al +1,9%. Una debolezza dovuta, in primo luogo, agli effetti collaterali dei terremoti che hanno colpito, tra il 2016 e l'inizio di quest'anno, diverse località di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo.Complessivamente, tutte le risorse turistiche del nostro Paese hanno beneficiato della situazione del mercato, ma il 2017 è stato particolarmente favorevole per le località di mare (+4,3%), dei laghi (+3,9%) e della campagna/collina (+3,8%). Molto bene anche le città ed i centri d'arte (+3,5%), così come le località della montagna con una stima di aumento del +3,2%. Anche le imprese attive nel comparto del termale dovrebbero conseguire un risultato positivo (+1,7%), sebbene inferiore alla media nazionale.

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Cgia: da gennaio termina decontribuzione per 80mila dipendenti

Per gli oltre 80.000 lavoratori dipendenti assunti nel gennaio 2015 con un contratto a tempo indeterminato, dal prossimo mese, ricorda l'Ufficio studi della CGIA, termina il beneficio della decontribuzione totale introdotto dalla legge n° 190/2014. In buona sostanza, per i datori di lavoro di questi dipendenti verrà meno lo sgravio contributivo Inps. Una misura, quella introdotta nel 2015 dal Governo Renzi, che ha consentito agli imprenditori che hanno assunto un lavoratore a tempo indeterminato durante tutto l'arco del 2015 (o trasformato un rapporto di lavoro a termine in uno a tempo indeterminato), di non versare alcun contributo previdenziale per i successivi 36 mesi, con l'impegno, da parte dell'imprenditore, di non licenziare questo neoassunto prima che il rapporto di lavoro compia il terzo anno di vita. "Venuto meno il vantaggio economico - segnala il coordinatore dell'Ufficio studi della CGIA Paolo Zabeo - auspichiamo che una parte di questi lavoratori dipendenti non venga lasciata a casa. Conti alla mano, qualche imprenditore che non ha ancora agganciato la ripresa potrebbe essere tentato di licenziare questi lavoratori. Dopo aver risparmiato nel triennio 2015-2017 fino a 24 mila euro per ciascun lavoratore assunto a tempo indeterminato e facilitato dalla soppressione dell'articolo 18, il licenziamento di un lavoratore che ha beneficiato della decontribuzione totale costerebbe all'impresa, in prima battuta, un ticket di circa 1.500 euro; a questo esborso, nel caso il dipendente impugni il licenziamento e il giudice gli dia ragione, si potrebbe aggiungere un indennizzo per i lavoratori alle dipendenze di imprese con più di 15 addetti fino ad un massimo di 24 mensilità. Ipotesi, quella del ricorso al giudice del lavoro, che nei fatti potrebbe essere evitata attraverso la stipula di un accordo economico tra le parti, meno oneroso per l'impresa ma, comunque, onorevole per il dipendente, che consentirebbe al titolare di chiudere il rapporto con un saldo positivo, tra quanto risparmiato in termini contributivi e quanto erogato in termini di ticket e di ristoro all'ex collaboratore".

In tutto il 2015, invece, le assunzioni con la decontribuzione totale sono state poco più di 1.444.000 (1 milione e 79 mila in senso stretto a cui vanno sommate 363,6 mila trasformazioni di contratti a termine). Sempre in questi 12 mesi, le assunzioni con lo sgravio contributivo totale (1,44 milioni) hanno riguardato circa il 60 per cento del totale delle assunzioni a tempo indeterminato (quasi 2,5 milioni). A livello territoriale la regione che nel gennaio 2015 ha registrato il maggior numero di assunzioni con il beneficio della decontribuzione totale è stata la Lombardia (15.449), seguono il Lazio (9.391), l'Emilia Romagna (8.486), il Veneto (7.287) e la Campania (6.849). La macro area più interessata da questo fenomeno è stata il Nordovest (23.280), ma altrettanto significativo è stato il risultato ottenuto dal Mezzogiorno (20.450). "Sebbene siano ancora troppo elevate e la riduzione risulti insufficiente - dichiara il Segretario della CGIA Renato Mason - le tasse sul lavoro stanno diminuendo. Ricordo, tuttavia, che i dati Ocse relativi al cuneo fiscale in percentuale del costo del lavoro dei dipendenti senza familiari a carico in Belgio, Francia e Germania sono superiori al nostro. Per appesantire le buste paga dei nostri lavoratori è necessario aumentare la produttività che da noi è molto bassa per il semplice motivo che, rispetto a 40 anni fa, non abbiamo più le grandi imprese". Degli 80.180 dipendenti assunti nel gennaio del 2015 con la legge n° 190/2014, il 61,7 per cento ha riguardato i maschi e il 38,3 per cento le femmine. La fascia di età più interessata è stata quella compresa tra i 30 e i 39 anni: i rapporti di lavoro avviati sono stati 26.672 a cui segue la coorte tra i 40 e 49 anni che ha contribuito per 21.796 assunzioni. Più in generale, ricorda l'Ufficio studi della CGIA, negli ultimi 3 anni il cuneo fiscale è diminuito in misura strutturale di 13,3 miliardi di euro. Grazie all'introduzione del bonus di 80 euro, che grava sulle casse dello Stato per 8,9 miliardi l'anno, e all'eliminazione dell'Irap dal costo del lavoro dei dipendenti in forza all'azienda con un contratto a tempo indeterminato, che consente agli imprenditori di risparmiare 4,3 miliardi l'anno, il peso delle imposte e dei contributi previdenziali sul lavoro è iniziato a scendere

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Aumenta la produzione del latte del 3,1 per cento

La produzione lattiero-casearia nel 2016 registra un aumento nel latte raccolto (+3,1 %) e dei formaggi (+2,1 %), mentre si rileva una contrazione per il burro (-0,5 %). In aumento la produzione di uova (+5,4 %) e in diminuzione quella della lana (-1,2 % ). Lo rileva l'Istat nell'annuario statistico 2017. Nell'ambito della produzione di latte, la distribuzione tra le varie tipologie è sostanzialmente in linea con gli anni precedenti: la quota più rilevante è rappresentata dal latte di vacca (94,6 %), seguito da quello di pecora (3,5 %), di bufala (1,6 %) e, in ultimo, di capra (0,3 %). Lombardia ed Emilia-Romagna si confermano ai primi posti nella raccolta di latte di vacca: insieme coprono il 62,8% della produzione nazionale. Mentre l'82,9% del latte di pecora italiano viene raccolto in Toscana e in Sardegna. La Sardegna rappresenta anche una quota rilevante di latte di pecora all'interno della produzione complessiva di latte nazionale (68,4%). La Campania si conferma la regione con la percentuale maggiore di latte di bufala raccolto: l'84% del latte di bufala nazionale proviene da questa regione. All'interno della produzione di latte campana il latte di bufala continua a crescere, passando dal 43,3% della produzione complessiva di latte del 2015, al 43,4% del 2016, a spese della produzione del latte di vacca, che passa dal 56,2 a 55,9%. 

Nel 2016 si registra un aumento nella macellazione di tutte le specie considerate: ovi-caprini (+5,3%), bovini e bufalini (+4,9%) suini (+4,8%). I suini si confermano la specie più macellata con 11.848 capi abbattuti. Inoltre la produzione ittica totale del 2015 risulta essere aumentata rispetto al 2014 del 7%. In particolar modo risultano in aumento la produzione di tonno (+20%), di alici, sarde e sgombri (+16%) e di crostacei (+12%). La regione con la maggior produzione di alici, sarde e sgombri è il Veneto, in linea con il 2014, con 188.720 quintali di pescato, mentre l'incremento più alto in percentuale rispetto all'anno precedente in questo tipo di pescato si registra in Sardegna. Il valore più alto nella produzione di tonni si registra in Campania con 15.920 quintali di pescato, mentre l'incremento più alto in percentuale rispetto all'anno precedente in questo tipo di pescato si registra in Toscana, seguita da Puglia e da Abruzzo. Alla Sicilia spetta il primato della produzione di crostacei con 91.110 quintali. 

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