L’Osservatorio

Istat, export in calo a luglio

Rispetto al mese precedente, a luglio 2017 si registra una diminuzione per le esportazioni (-1,4%) e una crescita per le importazioni (+0,9%). Lo rende noto l'Istat. Il calo congiunturale dell'export coinvolge sia i mercati extra Ue (-1,8%) sia, in misura minore, l'area Ue (-1,1%). Tutti i raggruppamenti principali di industrie sono in diminuzione, a eccezione dei beni di consumo (+0,6%). Nel trimestre maggio-luglio 2017, rispetto al trimestre precedente, l'export risulta stazionario ed è sintesi dell'aumento delle vendite dell'area Ue (+0,7%) e della diminuzione di quelle dell'area extra Ue (-0,8%). Nello stesso periodo le importazioni registrano una crescita (+1,0%). A luglio 2017 la crescita tendenziale dell'export si mantiene positiva (+5,1%) e riguarda sia l'area Ue (+6,2%) sia quella extra Ue (+3,8%); l'aumento dell'import (+10,5%) è determinato da un forte dinamismo degli acquisti da entrambe le aree di sbocco (+12,1% per l'area Ue e +8,2% per l'area extra Ue). Tra i settori che contribuiscono in misura più rilevante alla crescita dell'export, si segnalano articoli farmaceutici, chimico-medicinali e botanici (+22,8%), autoveicoli (+14,0%), sostanze e prodotti chimici (+7,9%), prodotti alimentari, bevande e tabacco (+7,6%), prodotti delle altre attività manifatturiere (+5,7%) e macchine e apparecchi n.c.a. (+5,4%). Rispetto ai principali mercati di sbocco, si segnala la marcata crescita tendenziale delle esportazioni verso Stati Uniti (+9,9%) e Regno Unito (+7,9%). A luglio 2017 il surplus commerciale è di 6,6 miliardi (+7,8 miliardi a luglio 2016). 

 Nei primi sette mesi dell'anno l'avanzo commerciale raggiunge 25,6 miliardi (+45,3 miliardi al netto dei prodotti energetici) con una crescita sostenuta sia per l'export (+7,6%) sia per l'import (+11,2%) rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. A luglio 2017 l'indice dei prezzi all'importazione dei prodotti industriali diminuisce dello 0,3% rispetto al mese precedente e aumenta dell'1,8% nei confronti di luglio 2016. A luglio 2017, la flessione congiunturale dell'export (-1,4%) è determinata da entrambe le aree di interscambio: -1,8% per l'area extra Ue e -1,1% per l'area Ue. Rispetto al mese precedente l'aumento dell'import (+0,9%) è la sintesi della crescita degli acquisti dall'area Ue (+2,4%) e di una diminuzione dall'area extra Ue (-1,4%). Nel trimestre maggio-luglio 2017 la stazionarietà congiunturale dell'export è la sintesi della crescita delle vendite verso l'area Ue (+0,7%) e di una diminuzione di quelle verso l'area extra Ue (-0,8%). Nello stesso periodo l'incremento congiunturale dell'import (+1,0%) è determinato esclusivamente dagli acquisti dall'area Ue (+2,1%). 

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Cgia: la Sanità ha un debito con i fornitori di quasi 23 miliardi

Fino ad oltre un anno di ritardo per pagare i propri fornitori: l'amministrazione della sanita' italiana e' ancora troppo lenta e il debito accumulato e' arrivato a 22,9 miliardi di euro. Lo rileva la Cgia di Mestre analizzando la "Relazione sulla gestione delle Regioni" della Corte dei Conti, relativa al 2015, ultima rilevazione disponibile. Sebbene negli ultimi anni lo stock sia in calo, l'ammontare del debito commerciale del nostro SSN non e' ancora stato ricondotto entro limiti fisiologici. Soprattutto nel Mezzogiorno, le Asl sono in affanno con i pagamenti, mettendo cosi' in seria difficolta' moltissime Pmi. "Non e' da escludere che in alcune regioni, in particolar modo del Sud, avvengano degli accordi informali tra le parti, per cui le Asl o le case di cura impongono ai propri fornitori pagamenti con ritardi pesantissimi, ma a prezzi superiori rispetto a quelli, ad esempio, praticati nel settore privato", spiega il coordinatore dell'Ufficio studi degli Artigiani di Mestre, Paolo Zabeo, analizzando le cause che hanno determinato l'accumulazione di una cifra cosi' rilevante. "Se e' noto che le Asl pagano da sempre con molto ritardo - rileva Zabeo - e' altrettanto vero che in molti casi le forniture continuano ad essere acquistate con forti differenze di prezzo tra le varie regioni". La sanita' regionale piu' indebitata e' quella del Lazio, con 3,8 miliardi di euro: a seguire la Campania con 3 miliardi di euro, la Lombardia con 2,3 miliardi, la Sicilia e il Piemonte entrambe con 1,8 miliardi di euro ancora da onorare. Se, invece, rapportiamo il debito alla popolazione residente, il primato spetta al Molise, con 1.735 euro pro capite. Seguono il Lazio con 644 euro per abitante, la Calabria con 562 euro pro capite e la Campania con 518 euro per ogni residente. Va comunque segnalato che dal 2011 il debito complessivo e' in costante calo ed e' sceso di 15 miliardi di euro (-39,7%). A livello regionale le contrazioni piu' importanti si sono verificate nelle Marche (-69,5), in Campania (-55,4) e in Veneto (-51). Solo nel Molise e in Umbria la situazione e' peggiorata: nel primo caso la crescita e' stata del 39,7%, mentre nel secondo caso del 57,7. L'anno scorso la peggiore pagatrice e' stata l'Azienda sanitaria regionale del Molise, che ha pagato i propri fornitori con un ritardo medio ponderato di 390 giorni. L'Asp di Catanzaro, invece, ha saldato i propri debiti dopo 182 giorni, mentre l'Asl Napoli 1 Centro ha rinviato il saldo fattura rispetto gli accordi contrattuali di 127 giorni. Le aziende sanitarie piu' virtuose, invece, sono state l'Usl Umbria 1 e l'Azienda sanitaria universitaria di Trieste. Nel primo caso gli impegni economici assunti sono stati onorati con 24 giorni di anticipo rispetto alle indicazioni da contratto, nel secondo caso di 13. Per quanto concerne i tempi medi di pagamento praticati nel 2016 e riferiti alle sole forniture di dispositivi medici (fonte Assobiomedica), in Molise il saldo della fattura e' avvenuto mediamente dopo 621 giorni, in Calabria dopo 443 giorni e in Campania dopo 259 giorni. Se teniamo conto che la legge in vigore stabilisce che i pagamenti delle strutture sanitarie debbano avvenire entro 60 giorni dall'emissione della fattura, nessun valore medio regionale rispetta questo termine. Tuttavia, ricorda il segretario della Cgia, Renato Mason, il servizio sanitario nazionale resta fra i migliori in Europa.

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Il numero operatori nel settore idrico è in discesa

 Il numero operatori nel settore idrico è sceso da 2.600 del 2014 a 2.100 di quest'anno. Nonostante la riduzione di 500 unità ''la frammentazione caratterizza ancora'' la gestione della rete. Lo afferma l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, in audizione nella commissione Ambiente della Camera. Delle attuali 2.100 gestioni, osserva ancora l'Authority, sono circa 1.300 le entità in cui il servizio non risulta ancora affidato a un gestore unico, che sono collocate prevalentemente nell'Italia meridionale e insulare. Gli approfondimenti compiuti in ordine alla costituzione degli enti di governo ''hanno messo in luce la permanenza di contesti potenzialmente critici, seppur con elementi di differenziazione'', si osserva nella relazione consegnata al parlamento. Le arre a rischio si trovano, in particolare, nel Lazio, in Calabria, in Abruzzo, in Molise, in Calabria e in Sicilia. 

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Confesercenti: Segnali positivi soprattutto dal turismo

Agosto si conferma il mese ‘caldo’ sul fronte dei prezzi delle vacanze: gli aumenti registrati per i servizi ricreativi, ricettivi e dei trasporti riflettono, infatti, il buon andamento dei consumi turistici, unico vero volano della ripresa. Ma a parte i segnali positivi che arrivano da questo fronte, la domanda interna continua ad essere debole. Così l’Ufficio Economico Confesercenti sui dati definitivi dei prezzi al consumo di agosto, diffusi oggi dall’Istat."Siamo ancora in presenza di una dinamica dei prezzi altalenante, influenzata più da fattori esterni che dal rafforzamento della domanda dei consumatori. A testimoniarlo è la sostanziale stabilità, e a livelli molto bassi, dell’inflazione di fondo (1%). A condizionare l’indice di agosto, infatti, sono perlopiù fattori esterni e stagionali: le componenti che hanno determinato il leggero rialzo dell’inflazione, riportandola ai livelli di giugno dopo due mesi di frenata, continuano ad essere quelle energetiche e tariffarie, come dimostra l’aumento del +2,5% su agosto 2016 della voce abitazione, acqua, elettricità e combustibili", spiega Confesercenti

"È la conferma che il miglioramento attuale della congiuntura italiana è dovuto, in primo luogo, ad un contesto internazionale più favorevole, di cui beneficia anche il turismo. La nostra economia, però, resta distante dal suo potenziale ed anche la dinamica dei prezzi resta pilotata al ribasso dall’ampia disponibilità di fattori produttivi non utilizzati. Occorre consolidare e rafforzare la ripresa in atto per determinare un miglioramento stabile dell’economia, vedremo se la manovra di bilancio sarà in grado di essere d’aiuto”, ha concluso.

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Cresce la domanda di stanze in affitto

Cresce la domanda di stanze in affitto (28,5%) e aumentano anche le richieste dei proprietari da 308 euro di media del 2016 ai 343 di quest'anno, per un incremento del'11,4%. È quanto rileva il rapporto annuale sulle case in condivisione elaborato da Idealista. Il caro-stanze interessa tutte le piazze dove il fenomeno è più diffuso: Roma (5,2%), Napoli (7,2%) e Milano (9,2%).Il primato degli aumenti spetta però a Bologna (17,7%), seguita da Siena (11,7%). Entrambe segnano una crescita a due cifre, al di sopra della media nazionale. Affittare una stanza costa meno rispetto all'anno meno solo a Genova (-7,7%), Trento (-5,7%) e L'Aquila (-5,6%). In tutti gli altri centri analizzati i prezzi sono aumentati.

Secondo lo studio di Idealista è Milano la città più cara con i suoi 450 euro. A seguire Roma (407 euro) Firenze (363 euro) e Bologna (352 euro). Le soluzioni più economiche si trovano al Sud, a Lecce e Reggio Calabria, dove le richieste sono, rispettivamente, di 182 e 183 euro al mese. L'età media dei coinquilini è di 29 anni, a dimostrazione che si si continua a vivere con amici e colleghi anche dopo la fine degli studi. Queste persone vivono nelle aree semi centrali o centrali delle grandi città, sono fumatori e non hanno animali domestici (77,5% dei casi).L'età dei conviventi va dai 33 anni di Venezia ai 23 di Pavia. Un'età media che sale nelle grandi città come Firenze (32), Catania (30), Napoli e Bologna (29), mentre cala nelle città prettamente studentesche come Perugia (26 anni), Pisa (25) e appunto Pavia (23 anni). Milano e Roma si attestano a una media di 28 anni.Lo studio rivela che il 74% delle convivenze sono miste (uomini e donne); la coabitazione tra sole donne ricorre nel 20% dei casi, quella tra uomini nel 6% dei casi.I punti più caldi dell' affitto stanze sono Roma e Milano, dove si concentra rispettivamente il 44,5% e il 13,6% dell'offerta. Seguono Napoli (6,7%), Catania (3,3%), Torino e Bologna (entrambe con il 2,5%).

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Report Ocse, Italia maglia nera per la spesa per la pubblica istruzione

Pochi fondi pubblici destinati all'istruzione, pochi laureati e un alto numero di Neet. Questo il quadro dell'Italia secondo il report Ocse "Uno sguardo sull'istruzione 2017". Nonostante il nostro Paese abbia oil primato per laureati in discipline umanistiche (30%) e abbia messo a segno una media tra le piu' alte per partecipazione alla scuola dell'infanzia ("quasi universale"), nel 2016 non riesce a ottenere piu' di un penultimo posto per numero di laureati: sono il 18% dei 25-64enni, contro una media Ocse del 36%. Peggio di noi solo il Messico. Risultato negativo anche per numero di Neet: in Italia lo e' un 15-29enne su 4 (26%). "Incrementare il numero di laureati - afferma la ministra Valeria Fedeli - e' uno degli obiettivi che ci siamo prefissati e verso il quale ci stiamo gia' muovendo. Il Governo sta mettendo in campo azioni mirate": "aumentare il numero di coloro che si laureano, con un'attenzione specifica all'incremento nei settori scientifici, e' un tema che guarda al futuro del Paese". NEL 2014 PER ISTRUZIONE SOLO 7,1% SPESA - Contro una media Ocse dell'11,3%. Un calo del 9% rispetto al 2010. Sempre nel 2014, l'Italia ha dedicato il 4% del Pil a tutta l'istruzione (contro il 5,2% della media Ocse), con una riduzione del 7% sul 2010. Anche gli stipendi dei docenti rimangono inferiori alla media Ocse. Il divario della spesa - e' stato spiegato durante un incontro alla Luiss, promosso da Trellle - e' piu' ampio per l'universita', rispetto a primaria e secondaria. Inoltre, riportando dati del 2014, il rapporto non tiene conto delle innovazioni introdotte dalla Buona scuola. "L'Italia non investe in istruzione, per scelta e non per contrazione della spesa", sottolinea il segretario della Uil scuola, Pino Turi. "Serve un investimento straordinario nella prossima legge di stabilita' finalizzato a infrastrutture, diritto allo studio, salari, alla stabilizzazione dei precari e a nuove assunzioni", aggiunge il segretario Flc-Cgil, Francesco Sinopoli. ITALIA PENULTIMA PER LAUREATI, MANCANO PROSPETTIVE - Male anche il dato sulla prima laurea (35%): il quarto piu' basso dopo Ungheria, Lussemburgo e Messico. Queste cifre potrebbero essere dovute a "prospettive insufficienti di lavoro e a bassi ritorni finanziari in seguito al conseguimento di un titolo di studio terziario". Nel 2016 solo il 64% dei laureati tra i 25 e i 34 anni aveva un lavoro, mentre il dato arrivava all'80% tra gli adulti 25-64enni. In Italia le prospettive di lavoro per i laureati sono inferiori rispetto a quelle dei diplomati. PIU' GIOVANI LAUREATI AL NORD - Il Centro (20%) ha una maggior percentuale di laureati tra i 25-64enni rispetto al Nord (18%) e al Sud e Isole (15%). I dati migliorano tra i 25-34enni e soprattutto al Nord. Trento ha il piu' alto tasso tra i giovani (30%); buoni risultati anche in Veneto. Sud e isole (21%) restano indietro rispetto al Centro (29%) e al Nord (27%). NEET 1 RAGAZZO SU 4, PEGGIO SOLO TURCHIA - Il 26% non e' occupato o non e' iscritto a un percorso di formazione (Neet), contro una media Ocse del 14%. In Campania, Sicilia e Calabria la percentuale raggiunge rispettivamente quota 35%, 38% e 38%. In Sardegna e Puglia il 31%. Le aree con meno Neet sono Bolzano (10%), Veneto, Emilia Romagna e Trento (16%). MA C'E' BOOM DI LAUREE UMANISTICHE - L'ha ottenuta il 30% dei laureati (dati 2016), il numero piu' importante nell'area Ocse. Bene anche le discipline scientifiche (24%). Ma molti laureati hanno difficolta' a trovare un impiego che corrisponde al titolo di studio. "Va rafforzato l'orientamento con piu' consapevolezza sui bisogni emergenti", ha osservato Francesco Avvisati, analista Ocse. Attualmente e' poco legato ai bisogni emergenti dell'economia (il 39% dei neolaureati di primo livello del 2015 e' in campo umanistico), con conseguenze negative per il tasso di occupazione. "Il futuro di Industria 4.0 chiede sempre piu' laureati STEM, ossia in Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica. Piu' giovani laureati in queste discipline sono una necessita' per l'economia del futuro", avverte il Vice Presidente di Confindustria per il Capitale Umano, Giovanni Brugnoli. 53% ITALIANI AVRANNO DIPLOMA PROFESSIONALE - Al momento della scelta della scuola superiore, il 42% degli studenti preferisce un programma tecnico-professionale. E il sistema di istruzione professionale in Italia prevede che il 53% otterra' un diploma secondario superiore a indirizzo professionale. Ma la partecipazione degli adulti a percorsi di formazione resta tra le piu' basse tra i paesi Ocse (1 su 4). PARTECIPAZIONE QUASI UNIVERSALE A MATERNA - Nel 2015 la media italiana e' tra le piu' alte. "I tassi d'iscrizione sono del 92% per i bambini di 3 anni, del 94% per quelli di 4 e del 97% per i quelli di 5". L'84% della spesa per la scuola dell'infanzia proviene dal settore pubblico, il 16% dalle famiglie.

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Il 65% dei giovani è disposto a lavorare all’estero

Il 35% dei giovani italiani tra i 18 e i 34 anni vorrebbero poter sviluppare la propria carriera professionale in Italia e andrebbe all'estero solo a fronte di un'offerta di lavoro davvero vantaggiosa. Sono queste le principali evidenze che emergono dalla ricerca svolta da InfoJobs, la piattaforma di recruiting online n°1 in Italia, su un campione di oltre 4.000 utenti. La survey ha infatti evidenziato che il 65% dei giovani sarebbe disposto a lavorare all'estero ma, di questi, il 32,6% si trasferirebbe solo per fare un'esperienza da sfruttare al rientro in Italia, mentre il 51% ritornerebbe in patria a fronte di un'offerta di lavoro valida. Il 79,6% degli intervistati, inoltre, si muoverebbe dalla penisola solo con un impiego sicuro nel Paese di destinazione, mentre solo il 20,5% partirebbe senza sicurezze in cerca di un'occupazione una volta raggiunta la meta estera. Il lavoro ideale al di fuori dell'Italia si pone per la grande maggioranza del campione in continuità con quanto iniziato a costruire in patria, seguendo quindi il settore della professione (39,6% del totale) o degli studi (37,2%) che si svolgono attualmente. Relativamente alla meta geografica verso cui indirizzare il trasferimento professionale, l'Europa resta il continente maggiormente attrattivo: sarebbe infatti la scelta per il 67,0% del campione. Le nazioni più ambite sono il Regno Unito (41,2%), seguito da Svizzera (37,1%), Germania (35,9%) e Spagna (35,3%). Il 19,3% dei giovani intervistati si trasferirebbe invece negli Stati Uniti o in Canada, mentre il 5,4% in Australia. L'1,5% sceglierebbe invece l'Asia, con una netta preferenza per il Giappone (77,1%).

 Tra i motivi che spingono i giovani a intraprendere un'avventura professionale all'estero ci sono la ricerca di una migliore qualità della vita (57,4% del campione) e di salari più alti (56,6%). Viene anche inseguita una maggiore meritocrazia (41,2%) e un ambiente di lavoro stimolante e dinamico (32,4%). Le pecche maggiori del mercato del lavoro in Italia sono, oltre alla difficoltà a trovare un'occupazione (per il 65,0% dei rispondenti), il basso livello di retribuzione (55,6%) e le scarse possibilità di crescita professionale (38,9%). La survey fornisce poi interessanti elementi per valutare l'esperienza di chi sta già svolgendo un percorso professionale all'estero. In particolare, chi è partito lo ha fatto per una ragione di attrattività dell'offerta estera (41,7%) o perchè il lavoro proposto aveva condizioni molto vantaggiose (36,1%). Anche in questo caso, il trasferimento è avvenuto solo con un impiego sicuro nel Paese di destinazione (per il 61,2% del campione). La grande maggioranza dei rispondenti si è indirizzata verso un Paese europeo (72,6% del totale), mentre il 6,0% ha optato per Stati Uniti o Canada e il 2,7% l'Asia. La scelta è stata fatta principalmente sulla base di una remunerazione più adeguata (45,5%), di un maggior riconoscimento delle capacità individuali (41,4%) e di una migliore qualità della vita (41,3%). Le difficoltà con cui si sono scontrati una volta sbarcati all'estero sono invece state legate alla capacità di raggiungere un buon tenore di vita (29,1% del totale) e di avere un orario di lavoro che permettesse di conciliare tempi lavorativi e personali (20,4%). Infine, per quasi la metà del campione (46,8%) l'esperienza all'estero è stata temporanea e utile per la crescita personale, mentre per il 21,4% è stata una scelta permanente, che li ha portati a costruirsi una nuova vita nel Paese in cui si sono trasferiti per lavoro.

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Estate 2017, numeri da record

La torrida estate del 2017 ha segnato in Italia il grande successo delle spiagge, con 90 milioni di presenze negli stabilimenti ed una crescita del 16%. Ma in tanti hanno scelto anche la campagna, o hanno apprezzato un giro per borghi e castelli, incuriositi dai musei. Nell'Italia della crisi, il turismo tira e cresce. Con numeri che fanno ben sperare per gli arrivi dall'estero, ma pure per i movimenti interni degli italiani alla scoperta dei tesori del loro paese.

I dati raccolti dal Mibact vedono le localita' di mare al top, con un + 16 per cento delle presenze, ma vanno bene anche alberghi e strutture extralberghiere (+ 2 per cento), cresce il turismo interno (+3,2%), incassano borghi e musei (+12,5%). MARE AL TOP: Nel periodo che va da giugno ad agosto gli stabilimenti balneari hanno registrato 90 milioni di presenze, con una crescita del 16% rispetto ai 75,6 milioni del 2016 (Fonte Cna), un incremento dei turisti stranieri del 55 sullo stesso periodo dell'anno scorso e un aumento generalizzato in tutte le regioni costiere. Il primato e' dell'Emilia Romagna con un + 25% seguita da Puglia (+23%) e Sicilia (+22%). BENE ALBERGHI, BENISSIMO AIRBNB: Tra giugno e settembre , secondo dati di Federalberghi e Federturismo, le strutture alberghiere ed extralberghiere hanno registrato 48,3 milioni di arrivi e 208,7 milioni di presenze, con un +2% rispetto al 2016. Ancora meglio ha fatto Airbnb che tra giugno e agosto ha segnato un aumento del 20 per cento rispetto all'anno scorso, grazie a 3 milioni di arrivi e 15 milioni di presenze. Un incremento sostenuto dal turismo straniero, ma anche da quello interno con 34 milioni di italiani in movimento (+3,2% rispetto al 2016 secondo dati Federalberghi e Federturismo). L'estate e' stata positiva anche per la montagna e le citta' d'arte. E pure la campagna e' piaciuta con 7 milioni di pernottamenti negli agriturismi (+ 8 % rispetto al 2016 secondo i dati di Coldiretti). BOOM MUSEI: Continua l'onda d'oro dei musei, che in estate, segnalano dal Mibact, hanno registrato un tasso di crescita doppio rispetto al corso dell'anno. CRESCE TURISMO ONLINE: Secondo una ricerca commissionata da Enit a travel Appeal e realizzata in collaborazione con Amadeus travel Intelligence, Trivago e Goggle trends, nel 2017 crescono del 19,3 i viaggiatori online che hanno scelto l'Italia come meta turistica. AUTUNNO IN CRESCITA: Dopo un'estate felice anche l'autunno promette bene con piu' di 9 milioni di italiani che faranno almeno un gionro di vacanza a settembre (+7,2% rispetto al 2016). Per 7,5 milioni di persone sara' la vacanza principale dell'estate. VERSO UN 2017 DA RECORD: I buoni risultati dell'estate fanno da corollario al bilancio positivo del primo semestre con l'incremento dei flussi turistici nelle strutture alberghiere ed extralberghiere (rispettivamente +4,6% e +6% rispetto al primo semestre 2016 secondo l'Istat). Il saldo positivo e in crescita per la bilancia dei pagamenti (+5,8% nei primi cinque mesi secondo Bankitalia) l'aumento del 4,6% nel primo semestre della spesa degli stranieri in Italia, l'incremento del 6,8% dei passeggeri aerei. In crescita anche i viaggiatori di Trenitalia (24 milioni di passeggeri) e il traffico automobilistico. PIACE IL TURISMO SOSTENIBILE: Nell'anno dei borghi, crescono del 7,4% le presenze nelle aeree rurali. Piace e cresce il turismo dei cammini, con un incremento che va dal 10 al 20 per cento. Cosi' come il viaggio sui treni storici che nel 2017 tocchera' quota 70 mila viaggiatori, contro i 59.691 del 2016.

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Calamità naturali, in 15 anni danni per quasi 50 miliardi

Terremoti, alluvioni ed eruzioni vulcaniche. Negli ultimi 15 anni l'Italia è stata colpita da nove disastri naturali che hanno provocato danni per un totale di 49,9 miliardi di euro. Nello stesso periodo nel vecchio continente, complessivamente, sono stati registrati 75 eventi, che vanno dalle tempeste agli incendi, distribuiti tra 24 nazioni, con conseguenze stimate in 119,3 miliardi di euro. Lungo lo stivale si sono concentrati il 12% delle catastrofi che si sono abbattute sull'Europa, con conseguenze economiche pari al 41,8% del totale. I dati, forniti dalla Commissione europea ed elaborati dall'Adnkronos, partono dal 2002 e arrivano a giugno di quest'anno. Il centro Italia paga il prezzo più alto, tra tutti gli eventi che si sono verificati in Europa negli ultimi 15 anni, a causa dei terremoti del 2016 e 2017, con danni stimati in 21,9 miliardi. Il sisma in Emilia Romagna del 2012 è costato 13,3 miliardi e quello in Abruzzo del 2009 altri 10,2 miliardi. A cui vanno aggiunte le innondazioni del 2014, con 2,2 miliardi di danni. Dal terremoto del Molise è costato 1,6 miliardi di euro, a cui si aggiunge l'eruzione dell'Etna nello stesso anno (poco meno di un miliardo), e gli alluvioni in Veneto nel 2010, in Liguria e Toscana nel 2011 e in Sardegna nel 2013 (che sono costati circa 700 mln ognuno).

L'Unione europea per sostenere le nazioni colpite dalle calamità naturali ha stanziato 5,1 miliardi di euro, attraverso il Fondo di solidarietà. All'Italia è andata circa la metà delle risorse, pari a 2,5 miliardi di euro (49,5%). L'ultimo contributo erogato, per i terremoti che hanno colpito il centro Italia tra il 2016 e il 2017, ammonta a 1,2 miliardi di euro e rappresenta la somma più alta mai stanziata dall'Ue. Al centro Italia è andato il 47,6% del totale delle risorse stanziate per la penisola. Importanti sono stati anche i contributi dell'Europa, erogati per far fronte agli allagamenti del 2012 in Emilia Romagna (670 mln) e al terremoto del 2009 in Abruzzo (494 mln). Gli altri eventi che hanno ottenuto un contributo dall'Ue sono: il terremoto del 2002 nel Molise (31 mln); l'eruzione del vulcano Etna nel 2002 (17 mln); l'alluvione del 2010 nel Veneto (17 mln); l'alluvione del 2011 in Liguria e Toscana; l'alluvione in Sardegna nel 2013 (16 mln) e le alluvioni che si sono abbattute su diverse regioni nel 2014 (56 mln).

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Settore sportivo cresciuto del 25,7% in cinque anni

 Il settore dello sport è cresciuto del 25,7% negli ultimi cinque anni, con il numero delle imprese che è cresciuto fino a 20.199 unità. È quanto emerge da un’elaborazione della camera di commercio di Milano su dati del registro imprese al primo trimestre 2017 confrontati con il primo trimestre 2012. In particolare, sono 18.560 le attività sportive e 1.639 le imprese che si occupano di corsi sportivi e ricreativi. La regione più 'in forma' è la Lombardia, che con 3.826 imprese rappresenta il 19% del totale. Seguono Lazio (2.223 imprese, 11%), Emilia Romagna (1.944 imprese, 9,6%). A crescere di più in cinque anni sono il Lazio (+37%), il Veneto (+35%) e le Marche (+34%). Tra le province italiane, prima è Roma con 1.760 imprese attive nei settori dello sport, l’8,7% del totale nazionale, seconda Milano.Sono al nord i cittadini che dichiarano di praticare sport in modo continuativo. Su un campione Istat del 2016 di 100 persone con le stesse caratteristiche, è il Trentino ad avere i cittadini più in forma: il 39% pratica sport costantemente a Bolzano e il 33% a Trento.

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