L’Osservatorio

Tra il 1977 e il 2016 le lavoratrici sono aumentate del 54,9%

Negli ultimi 40 anni in Italia molto è cambiato, e se negli anni settanta a portare lo stipendio a casa era solo una donna su tre (33,5%), oggi a lavorare è quasi una donna su due (48,1%). Le serie storiche dell'Istat, elaborate dall'Adnkronos, mostrano che tra il 1977 e il 2016 le lavoratrici sono aumentate del 54,9%, passando da 6,1 milioni a 9,5 milioni. Allo stesso tempo il numero delle donne inattive è crollato del 21,7%, passando da 11,2 milioni a 8,7 milioni.

Rispetto al totale degli occupati, che nel 1977 era di 19,5 milioni, la quota rosa arrivava al 31,5% mentre oggi, con un numero complessivo di occupati che è arrivato a quota 22,8 milioni, le donne hanno conquistato una fetta importante del mercato del lavoro, arrivando al 41,8%. Rispetto al totale del numero di persone occupate si registra un incremento di oltre 10 punti percentuali (+10,3). Osservati da un altro punto di vista, i dati mostrano che gli uomini occupati, nello stesso periodo, sono rimasti sugli stessi livelli: erano 13,4 milioni negli anni settanta e sono passati a 13,2 milioni lo scorso anno. Rispetto al totale del numero di persone occupate hanno quindi perso terreno, passando dal 68,5% al 58,2%. Gli inattivi, nello stesso periodo, sono aumentati del 27,7%: erano 3,8 milioni e sono saliti a 4,9 milioni.

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Cgia,2.000 pagine tra circolari e risoluzioni del Fisco nel 2016

Nel 2016 tra leggi e decreti legge in materia fiscale ne sono stati approvati 11, queste novita' legislative hanno modificato 110 normative esistenti; inoltre, sono stati emanati 36 decreti ministeriali composti da ben 138 articoli; il direttore dell'Agenzia delle Entrate ha firmato 72 provvedimenti, infine gli uffici del ministero delle Finanze e dell'Agenzia delle entrate hanno pubblicato 50 circolari e 122 risoluzioni costituite, complessivamente, da quasi 2.000 pagine. La denuncia, sollevata dalla Cgia, mette in luce in maniera inequivocabile un aspetto: nonostante le promesse politiche, l' oppressione fiscale sta debordando sempre piu', disorientando non solo i contribuenti, ma anche gli addetti ai lavori; come i Caf, i commercialisti e gli esperti delle associazioni di categoria

 "Con un sistema fiscale cosi' complesso, spesso contradditorio e poco trasparente - rileva Paolo Zabeo della Cgia - non dobbiamo sorprenderci se l'anno scorso 21 milioni di contribuenti, pari al 54% circa del totale, avevano una pendenza economica con Equitalia inferiore a 1.000 euro. Sicuramente tra questi debitori ci sono anche coloro che, probabilmente, non hanno pagato il bollo dell'auto o il canone Rai, ma la grande maggioranza e' costituita da vittime di un fisco arcaico e spesso indecifrabile, che in questi ultimi anni ha fatto aumentare in misura esponenziale il rischio di commettere errori formali a seguito di un ingorgo normativo che non ha eguali nel resto del mondo". Per la Cgia, oltre ad avere un peso fiscale che in Italia rimane tra i piu' elevati tra i paesi piu' industrializzati, e' inaccettabile che il grado di complessita' del fisco scoraggi la voglia di fare impresa. "Non e' un caso - spiega Renato Mason, segretario Cgia - che molti operatori stranieri non investano da noi proprio per l'eccessiva ridondanza del nostro sistema burocratico. Secondo un'indagine realizzata da Promo Pa Fondazione, l'81% delle imprese con meno di 50 addetti, vale a dire le piccole, e' costretto a ricorrere a consulenti esterni, di cui il 70% ad integrazione o a supporto del lavoro svolto dagli uffici amministrativi che operano all'interno dell'azienda, mentre l'altro 11% si affida a terzi per tutte le incombenze"

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Censis, 13,5 milioni gli over 65 in Italia

Gli over 65 in Italia sono aumentati di 1,8 milioni negli ultimi dieci anni e oggi sono complessivamente 13,5 milioni. Cresciuto anche il numero degli over 80, sono 1,1 milioni in piu', oggi 4,1 milioni. Questi alcuni dei dati emersi da una ricerca del Censis sulla longevita', che, da domani al 17 gennaio 2018, saranno raccontati dalla mostra fotografica "La lunga vita. Longevita': nuova fonte di energia", con le fotografie di Costantino Ruspoli e curata da Alessandro Scotti, nella Chiesa di Maria Santissima Annunziata a Palermo, riaperta al pubblico per l'occasione dopo un lungo restauro

Secondo il Censis, il piu' longevo dei comuni italiani e' Zerba, borgo in provincia di Piacenza di 78 abitanti, di cui 51 hanno piu' di 65 anni e 27 sono ultraottantenni. Segue San Benedetto in Perillis, in provincia dell'Aquila: un paesino di 107 abitanti, di cui 66 hanno piu' di 65 anni e 26 ne hanno piu' di 80. Poi c'e' Fascia, in provincia di Genova, con 46 abitanti con almeno 65 anni su 75 residenti e 23 abitanti con piu' di 80 anni. Nei comuni di medie dimensioni (con almeno 10.000 residenti) i piu' longevi si trovano a Lerici (dove sono il 35% del totale), Copparo (32,5%), Albisola Superiore (32,4%): il primo e il terzo si trovano in Liguria, il secondo in Emilia Romagna. Poggiodomo, in provincia di Perugia, conta la quota piu' alta di ultranovantenni: sono l'11,6% della popolazione residente.

Dalla ricerca e' emerso, inoltre, che i longevi hanno inventato stili di vita molto diversi dalle precedenti generazioni di coetanei. Sono attenti all'attivita' fisica e sono ormai il perno degli eventi sportivi dilettantistici, dalle gare podistiche a quelle ciclistiche: oggi sono 9,6 milioni gli over 65 che camminano almeno 30 minuti ogni giorno, 3,5 milioni svolgono attivita' fisica, altrettanti fanno cure termali, massaggi, bagni e inalazioni, 1,8 milioni frequentano palestre e piscine, 1,5 milioni praticano tecniche di rilassamento o meditative. E sono otto su dieci gli anziani che tengono intenzionalmente la mente allenata: sono tra i piu' assidui lettori di quotidiani (il 50,8% contro una media della popolazione pari al 35,8%), settimanali (il 42,6% contro il 31%) e mensili (il 31,7% rispetto al 26,8%).

Gli anziani di oggi hanno vite piene: 6,5 milioni gli over 65 che frequentano ristoranti e trattorie, 6 milioni vanno al cinema, teatri e musei, 2,8 milioni frequentano scuole di ballo, balere e locali, 3 milioni fanno viaggi all'estero. E sono protagonisti primari del volontariato: 3,8 milioni svolgono attivita' di volontariato (piu' di 700.000 in modo regolare). Come risultato, il 71,4% degli ultraottantenni si dichiara soddisfatto della propria vita. "Quando la salute tiene, gli anziani svolgono tante attivita' diverse: segno di una grande fiducia in se stessi e di una voglia di credere e investire nella societa'. Con un'alta soggettivita', un'attenzione al benessere del corpo e della mente, tanto impegno nelle relazioni", ha dichiarato Giuseppe De Rita, presidente del Censis. "Ecco perche' sempre piu' persone longeve vivono con soddisfazione questo periodo della propria vita. Ed e' un beneficio per tutta la comunita'", ha concluso De Rita.

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Studio Cgia, nelle liti con il fisco il contribuente perde 4 a 3 

Davanti alla Commissione tributaria la 'partita' tra fisco e contribuente si chiude con 4 a 3 per il primo. Infatti, come rileva la Cgia, in tutte le Commissioni tributarie provinciali del paese, nel 45% dei casi definiti nel 2016 ha avuto ragione il fisco contro il 31,5% dei contribuenti. Lo scarto aumenta quando il risultato e' riferito al valore economico del giudizio: sempre nel 2016, gli importi delle sentenze pro fisco sono stati pari al 48,1%, mentre la percentuale di vittoria ad appannaggio del contribuente si e' fermata al 23,4. Anche in Commissione tributaria regionale si registrano piu' o meno gli stessi differenziali sempre a vantaggio degli uffici del fisco. Le cifre che si deve sobbarcare il contribuente, oltre al tempo, variano di molto in relazione alla complessita' e al valore della pratica e sono dell'ordine delle migliaia di euro. Si consideri poi che il ricorso non evita il versamento, anche se parziale, di quanto richiesto dal fisco: ad esempio a fronte di un avviso di accertamento e' prevista la riscossione di 1/3 delle imposte contestate, mentre prima di ricorrere in secondo grado (in caso di sentenza avversa al contribuente in primo grado) si deve versare 2/3 degli importi dovuti a titolo di imposta ed interessi (al netto di quanto gia' versato). Se a cio' si aggiunge che il tempo medio della giustizia tributaria e' di circa 2 anni e 2 mesi per ognuno dei due gradi del giudizio, si comprende come per importi "piccoli" al contribuente convenga pagare piuttosto che ricorrere. L'analisi dei giudizi pendenti presso le Commissioni Tributarie evidenzia come a partire dal 2012, si registri un calo progressivo che ha portato la giacenza a scendere al di sotto delle 500 mila unita' nel 2016 (469.048 liti pendenti). Si tratta di un risultato che dipende essenzialmente dalla riduzione dei ricorsi pervenuti, questo in seguito all'introduzione dell'istituto della "mediazione". Dal 2012 infatti, nel caso di controversie di importo sino a 20.000 euro, vi e' una fase anteriore alla procedibilita' del ricorso in primo grado. In questa fase, l'Agenzia delle Entrate prendono in considerazione il reclamo presentato dal contribuente che puo' contenere anche una proposta di accordo (mediazione). L'istituto della "mediazione" risulta particolarmente efficace nello scoraggiare il contenzioso in quanto si e' rilevato che, oltre la meta' dei reclami presentati non si e' tramutato in contenzioso evitando un ulteriore processo tributario. Un risultato pregevole che ha indotto di recente il legislatore ad innalzare tale limite a 50.000 euro. 

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Sondaggio Swg, la crisi fa paura al 37% degli italiani

Il 37% degli italiani ha oggi paura di una futura crisi economica e il 68%, ossia quasi 3 italiani su 4, si sente escluso dal contesto sociale ed economico in cui vive, percependo che la propria vita sia fuori dal proprio controllo. E' quanto emerge da un sondaggio di Swg sulle paure emergenti, e presentato in occasione del Quarto Congresso legacoopsociali sul tema: 'Gli Altri, il Nuovo, il Domani'. Sul tema dell'immigrazione emerge poi che il 29% degli italiani chiede che vengano respinti piu' immigrati possibile, percentuale in rialzo dal 24% del 2015, mentre per il 36% bisogna accogliere soltanto chi scappa dalla guerra e respingere chi viene perche' povero. Solo uno su tre mostra un sentimento di apertura verso gli immigrati. A molti italiani piace inoltre la dittatura. Uno su quattro (il 23%) crede che per riuscire a "cambiare realmente" l'Italia e fare "riforme vere e durature" serva "una dittatura di 4-5 anni".

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Pil, Istat: +0,5% nel III trimestre +1,8% annuo

Nel terzo trimestre del 2017 il prodotto interno lordo e' aumentato dello 0,5% rispetto al trimestre precedente e dell'1,8% nei confronti del terzo trimestre del 2016. La stima e' dell'Istat che segnala anche come il terzo trimestre di quest'anno abbia avuto tre giornate lavorative in piu' del trimestre precedente e una giornata lavorativa in meno rispetto al terzo trimestre del 2016. La variazione acquisita per il 2017 e' pari a +1,5%. La variazione congiunturale, sottolinea l'istituto di statistica, e' la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto nel comparto dell'agricoltura e di un aumento nei settori dell'industria e dei servizi. Dal lato della domanda, vi e' un contributo positivo sia della componente nazionale (al lordo delle scorte), sia di quella estera (esportazioni al netto delle importazioni). Nello stesso periodo il Pil e' aumentato in termini congiunturali dello 0,7% negli Stati Uniti, dello 0,5% in Francia e dello 0,4% nel Regno Unito. In termini tendenziali, si e' registrato un aumento del 2,3% negli Stati Uniti, del 2,2% in Francia e dell'1,5% nel Regno Unito

Il dato congiunturale e' in linea con le stime del governo e del bollettino economico di Bankitalia. Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, nel corso di un'audizione sulla manovra martedi' scorso aveva detto: "L'evoluzione del prodotto interno lordo e' robusta nel terzo trimestre con un crescita che accelera e si puo' stimare pari allo 0,5%". 

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Le imprese tornano a cercare personale

 Le imprese tornano a cercare personale, con il tasso di posti di lavoro vacanti che e' pari all'1% (lo scorso trimestre la stima era di 0,9%) nel terzo trimestre del 2017, il massimo da quando e' iniziata la serie, ovvero dal 2010. E' quanto emerge dalla stima preliminare dell'Istat che, rispetto al secondo trimestre dell'anno in corso, segna un incremento di 0,1 punti percentuali (dati destagionalizzati). La platea di riferimento comprende i settori dell'industria e dei servizi con almeno dieci dipendenti.

Nel dettaglio, spiega l'Istat, nel terzo trimestre del 2017 il tasso dei posti vacanti cresce di 0,1 punti percentuali nei servizi, raggiungendo l'1,1% (anche questo dato e' un record dal 2010), mentre rimane stabile allo 0,8% nell'industria rispetto al trimestre precedente. Il tasso di posti vacanti e' il rapporto percentuale fra il numero di posti vacanti e la somma di posti vacanti e posizioni lavorative occupate. Si tratta di un indice 'spia', che da' il senso di dove si sta andando. E se le imprese sono interessate a nuovo personale significa che l'economia tira, anche se, in alcuni casi, un valore alto puo' indicare lo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro: le imprese cercano personale che non trovano sul mercato del lavoro, perche' magari le competenze richieste sono differenti da quelle disponibili. Pero', in linea di massima, quando il tasso dei posti vacanti si alza vuol dire che si sta innescando una ripresa e viceversa. Non a caso il minimo storico e' stato toccato nei periodi piu' bui per il mercato del lavoro. "I posti vacanti misurano le ricerche di personale che alla data di riferimento (l'ultimo giorno del trimestre) sono gia' iniziate e non ancora concluse", precisa l'Istituto di statistica. "Sono, infatti, quei posti di lavoro retribuiti che siano nuovi o gia' esistenti, purche' liberi o in procinto di diventarlo, per i quali il datore di lavoro - sottolinea - cerchi attivamente un candidato adatto al di fuori dell'impresa interessata e sia disposto a fare sforzi supplementari per trovarlo". Ecco che, aggiunge, "il tasso di posti vacanti puo' fornire, usato assieme ad altri indicatori, informazioni utili ad interpretare la congiuntura. I posti vacanti, infatti, possono dare segnali anticipatori sull'andamento del numero di posizioni lavorative occupate nel prossimo futuro"

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Pil, allarme Cgia: l’80% riconducibile ai consumi che crescono ancora poco 

Su oltre 1.680 miliardi di ricchezza prodotta in Italia, quasi l'80 per cento (per la precisione il 79,6) è riconducibile ai consumi interni che, a loro volta, sono composti per il 60,8 per cento dalla spesa delle famiglie e un per un altro 18,8 per cento dalla spesa della nostra Pubblica amministrazione (Pa). In buona sostanza, segnala l'Ufficio studi della Cgia, la gran parte del nostro Pil lo dobbiamo ai consumi che, però, presentano anche quest'anno livelli di crescita molto modesti. Nel 2017, infatti, l'aumento di quelli delle famiglie dovrebbe attestarsi all'1,4 per cento; nell'area euro solo Francia (+1,1) e Grecia (+0,9) faranno segnare un risultato inferiore al nostro. Le spesa per consumi della Pa, invece, registrerà quest'anno uno striminzito +0,7 per cento.Per recuperare gli effetti negativi prodotti dalla crisi ci vorrà ancora del tempo: rispetto al 2007 (anno pre crisi) dobbiamo ancora "riprendere" 2,8 punti di spesa delle famiglie e 1,7 di spesa della nostra Amministrazione pubblica. E sebbene la variazione del Pil nazionale sia tornata ad essere positiva dal 2014, per riportarci allo stesso livello che registravamo l'anno prima dell'avvento della crisi dobbiamo ancora "riconquistare" 5,4 punti percentuali. Sebbene le vendite al dettaglio siano in leggera ripresa anche in questi primi 9 mesi del 2017 (+0,4 per cento), questo segnale positivo non coinvolge tutti gli operatori."Le piccole attività commerciali e artigianali continuano a non percepire la ripresa - dichiara il coordinatore dell'Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo -. Queste imprese, infatti, lavorano quasi esclusivamente per il mercato domestico e sebbene negli ultimi 3 anni i consumi sono tornati a salire, i benefici di questa crescita hanno interessato quasi esclusivamente la grande distribuzione organizzata. Dal 2006 al 2016, ad esempio, il valore delle vendite al dettaglio nell'artigianato e i nei piccoli negozi di vicinato è crollato del 13,1 per cento; nella grande distribuzione, invece, è aumentato del 6,2 per cento. Questo trend è proseguito anche nei primi 9 mesi di quest'anno: mentre nei supermercati, nei discount, nei grandi magazzini le vendite sono aumentate dell'1,7 per cento, nei piccoli negozi la diminuzione è stata dello 0,6 per cento". Se negli ultimi 10 anni (2016 su 2006) i consumi delle famiglie per funzione principale hanno visto crollare del 12 per cento quelle riferite ai beni, mentre le spese per i servizi sono aumentate del 7 per cento, i settori che hanno subito le contrazioni più importanti sono stati i trasporti (-15,4 per cento), i mobili/elettrodomestici (-15,1 per cento) e gli alimentari/bevande (-11,2 per cento). Un'altra voce importante sono gli investimenti che, sul totale della ricchezza prodotta nel Paese, incidono per il 17,1 per cento. Se negli ultimi 10 anni sono crollati del 24,3 per cento, nel 2017 dovrebbero registrare una crescita del 2,5 per cento, grazie anche alle misure messe in campo dal Governo negli ultimi 2 anni per favorire la diffusione della digitalizzazione nel nostro sistema produttivo.

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Unioncamere, crescono imprese femminili al Sud 

Quasi 32mila imprese femminili in piu' in tre anni, con Roma leader per presenza di donne d'impresa. Questi alcuni degli spunti che emergono dalla fotografia, scattata dall'Osservatorio dell'imprenditorialita' femminile di Unioncamere-InfoCamere, sulla base dei dati al 30 settembre scorso, confrontati con lo stesso periodo del 2014. L'analisi fa da sfondo alla decima edizione del Giro d'Italia delle donne che fanno impresa, l'iniziativa organizzata da Unioncamere insieme ai Comitati per l'imprenditorialita' femminile delle Camere di commercio. Partito oggi da Firenze, il Giro tocchera' domani Pescara, e fara' poi tappa a Ravenna (16 novembre), Arezzo (28 novembre), Torino (30 novembre), Ferrara (4 dicembre), Mantova (5 dicembre), Lecce (7 dicembre), Viterbo (12 dicembre) e Roma (14 dicembre)per informare le imprenditrici e offrire strumenti formativi a chi aspira a diventarlo. I dati del Registro delle imprese mostrano una presenza cospicua e crescente delle donne nel nostro sistema produttivo. A fine settembre scorso, hanno sfiorato un milione e 330mila unita', aumentando non solo di numero (quasi 32mila in piu'), ma facendo crescere anche l'incidenza sul totale: dal 21,45% del settembre 2014 al 21,83% della piu' recente rilevazione. Piu' del 40% del saldo del triennio proviene dalle imprese femminili del Mezzogiorno (poco meno di 14mila in piu'). Nelle regioni del Centro, le donne d'impresa sono aumentate di oltre 8.800 unita', nel Nord Ovest di piu' di 5mila e nel Nord Est di oltre 4mila. E' proprio in quest'ultima area, pero', che l'incidenza sul totale delle imprese e' cresciuta maggiormente, portandosi a fine settembre scorso al 20,11% a fronte del 19,55% di tre anni fa.

 

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Rapporto Svimez, cresce l’occupazione ma con basso reddito

Nel 2016 è proseguita la crescita dell'occupazione al Sud, con ritmi più accentuati rispetto al resto del Paese. Gli occupati sono aumentati di 101 mila unità, +1,7%, ma persiste il dualismo territoriale, essendo nel Mezzogiorno il tasso d'occupazione ancora lontano oltre 20 punti dalla media europea alla quale, invece, sono vicine le regioni del Centro - Nord (47% nelle regioni meridionali, 69% Centro-Nord). Inoltre, mentre le regioni centro-settentrionali hanno recuperato integralmente la perdita di posti di lavoro avvenuta durante la lunga fase recessiva (+48 mila nel 2016 rispetto al 2008), in quelle meridionali la perdita di occupazione rispetto all'inizio della crisi è ancora pari a 381 mila unità. Nel 2016 la crescita ha interessato marginalmente per 18 mila unità, +1,3%, l'occupazione giovanile, ma la crescita maggiore dei posti di lavoro al Sud continua a riguardare gli ultra cinquantenni, con oltre 109 mila unità, pari al +5,6%. Va tenuto conto che durante la fase di crisi, al Sud si erano perduti 622 mila posti di lavoro giovanili e ne sono stati recuperati nel biennio di ripresa (2015-2016) appena 40 mila. Non a caso il tasso di occupazione giovanile resta ancora bassissimo nel Sud, pari al 28,1%, rispetto al 47,3% delle regioni del Centro Nord. La crescita dell'occupazione riguarda sia gli uomini che le donne, ma è leggermente più accentuata per la componente femminile (+2,1%, mentre per gli uomini è +1,5%).
Nel Mezzogiorno la crescita dell'occupazione dipende quasi interamente dal lavoro dipendente, come anche nel resto del Paese, tra questi ultimi aumentano in modo particolare i rapporti a tempo indeterminato, (+91 mila unità, pari a +2,5%), mentre quelli a termine restano stabili. Ciò a causa degli effetti positivi delle misure di decontribuzione. Su tale crescita incide l'ulteriore aumento del part-time involontario (+1,9%), che si concentra sempre più nelle regioni meridionali, a fronte di una lieve flessione nel Centro-Nord (-0,1%). L'esplosione della quota degli involontari è un fenomeno della crisi: è da segnalare allora negativamente il fatto che, malgrado la ripresa produttiva, la sua incidenza sul totale del lavoro a tempo parziale resti al Sud altissima, di poco inferiore all'80%. Questi risultati del mercato del lavoro meridionale nel suo complesso interessano quasi tutte le regioni: gli occupati calano solo in Sardegna, e, in misura contenuta, in Sicilia, ma restano comunque distanti da prima della crisi: -10,5% di occupati in Calabria, -8,6% in Sicilia, -6,6% in Sardegna e Puglia, -6,3% in Molise, -5% Abruzzo. Solo in due regioni siamo su valori vicini a quelli del 2008: Campania (-2,1%) e Basilicata (-0,8%). Sotto il profilo settoriale, al Sud l'occupazione riprende a crescere nell'industria in senso stretto (+2,4%), mentre torna negativa nelle costruzioni (-3,9%). L'incremento più significativa è in agricoltura (+5,5% come nel 2015), mentre nei servizi l'occupazione aumenta dell'1,8%.
Il tasso di disoccupazione resta molto elevato e cresce leggermente nel 2016 rispetto al 2015 (19,6% rispetto al 19,4%). In particolare il tasso di disoccupazione giovanile è al 35,8%, contro il 16,1% del Centro Nord. Nel 2017 l'occupazione è continuata a crescere nei primi sei mesi dell'anno in corso, ma in misura meno accentuata: gli occupati al Sud, infatti, aumentano rispetto al primo semestre del 2016 di 42 mila unità (+0,7%), il che fa presagire che a fine anno non si riuscirà a raggiungere quel +1,7% dell'anno precedente. Il tasso di disoccupazione continua quest'anno a salire leggermente, superando il 20% rispetto al 19,6% del 2016, ma questa è anche la conseguenza di un calo degli inattivi per la maggior fiducia nella possibilità di trovare un posto di lavoro, complice la ripresina economica in atto. Secondo la SVIMEZ, la crescita dei posti di lavoro nell'ultimo biennio riguarda innanzitutto gli occupati anziani, nella media del 2016 si registrano ancora oltre 1 milione e 900 mila giovani occupati in meno rispetto al 2008. E poi il lavoro a tempo parziale, che però non deriva dalla libera scelta individuale ma è involontario. Si sta consolidando un drammatico dualismo generazionale, al quale si affianca un deciso incremento dei lavoratori a bassa retribuzione, conseguenza dell'occupazione di minore qualità e della riduzione d'orario, che deprime i redditi complessivi

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