Primo Piano

Reddito di inclusione, in Campania, Sicilia e Calabria il maggior numero di domande

Le Regioni con più beneficiari del Reddito di inclusione (Rei), la misura di contrasto alla povertà partita a gennaio, sono quelle dove il tasso di disoccupazione è più elevato, si tratta di Campania, Sicilia e Calabria. E’ questa una delle conclusioni a cui è giunto Openpolis, osservatorio civico della politica italiana che si occupa di accesso ai dati pubblici. “Queste tre Regioni sono infatti le uniche ad aver registrato nel 2017 un tasso di disoccupazione superiore al 20%. Nei primi 3 mesi del 2018 ha raggiunto 317mila persone, per oltre il 70% famiglie meridionali. Questo dato, scrive l'associazione  ha riaperto la questione delle condizioni sociali del Mezzogiorno.
La relazione tasso di disoccupazione-Rei riguarda tutte le regioni italiane, con l'eccezione apparente della Puglia: quarta per disoccupazione (18,8%) e solo nona per quota di beneficiari (33,7 ogni 10.000 abitanti). Ma si tratta appunto di un'apparenza: i dati sul Rei per adesso non integrano i beneficiari di altri sussidi regionali, come il reddito di dignità pugliese.
Il Rei, sottolinea Openpolis, è l'assegno anti-povertà che varia in base al numero del nucleo familiare: si va dai 187,50 euro al mese per un solo componente ai circa 540 euro per le famiglie con almeno 5 persone. Viene erogato attraverso una carta prepagata e possono riceverlo i nuclei familiari sotto i 6.000 euro di Isee. A regime è previsto uno stanziamento pari a circa 2 miliardi di euro annui, capaci di raggiungere 2,5 milioni di persone. Un passo avanti ma ancora non in grado di corrispondere all'intera platea dei poveri assoluti in Italia, quantificata da Istat in 4,7 milioni di individui. Un numero che nel corso dell'ultimo decennio è cresciuto in conseguenza della crisi economica.

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Istat, cresce la stima degli occupati dello 0,1%

A febbraio 2018 la stima degli occupati cresce dello 0,1% (pari a +19 mila rispetto a gennaio). Il tasso di occupazione rimane stabile al 58,0%.

Rispetto a gennaio, si stima un significativo incremento congiunturale dei dipendenti a tempo indeterminato (+54 mila) e una lieve crescita di quelli a termine (+4 mila); continuano invece a diminuire gli indipendenti (-39 mila). La crescita del complesso degli occupati è determinata dalla componente femminile, mentre resta invariato il numero di uomini occupati. Con riferimento all'età, si registra un aumento tra le persone di 35 anni o più (+37 mila), a fronte di un calo tra i 15 e i 34 anni (-18 mila).

Nell'arco del trimestre dicembre-febbraio l'occupazione diminuisce dello 0,1% (-32 mila) rispetto al trimestre precedente. Il calo si concentra tra gli uomini. Segnali positivi si registrano tra i giovani di 15-24 anni (+23 mila) e gli over 50 (+41 mila), a fronte di un calo nelle classi comprese tra 25 e 49 anni (-96 mila). Crescono nel trimestre i dipendenti a termine (+55 mila), mentre calano i permanenti (-33 mila) e gli indipendenti (-53 mila).

Dopo l'aumento del mese scorso, a febbraio la stima delle persone in cerca di occupazione diminuisce dell'1,7% (-49 mila). Il calo della disoccupazione si concentra tra le donne e nelle classi di età centrali tra 25 e 49 anni. Il tasso di disoccupazione scende al 10,9% (-0,2 punti percentuali rispetto a gennaio), mentre quello giovanile sale al 32,8% (+0,3 punti).

A febbraio la stima degli inattivi tra i 15 e i 64 anni aumenta dello 0,2% (+28 mila). L'aumento interessa prevalentemente le donne e i 25-34enni. Il tasso di inattività sale al 34,7% (+0,1 punti percentuali).

Nel trimestre dicembre-febbraio, rispetto ai tre mesi precedenti, al calo degli occupati si accompagna una diminuzione dei disoccupati (-1,1%, -32 mila) e un aumento degli inattivi (+0,4%, +52 mila).

Su base annua si conferma l'aumento degli occupati (+0,5%, +109 mila), prevalentemente tra le donne. La crescita si concentra esclusivamente tra i lavoratori a termine (+363 mila) mentre i permanenti rimangono stabili e calano gli indipendenti (-255 mila). Aumentano soprattutto gli occupati ultracinquantenni (+292 mila) ma anche i 15-24enni (+36 mila), mentre calano i 25-49enni (-219 mila). Nello stesso periodo diminuiscono i disoccupati (-4,8%, -143 mila) mentre gli inattivi restano sostanzialmente stabili.

Al netto dell'effetto della componente demografica, l'incidenza degli occupati sulla popolazione cresce su base annua in tutte le classi di età.

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Commissione Agricoltura in apertura della settimana del Consiglio regionale

La settimana politica all’Emiciclo si apre con la seduta della Commissione Agricoltura in programma mercoledì 4 aprile, alle ore 12, per esaminare il Piano Strategico del Turismo Abruzzo 2017 -2019 con le audizioni del Direttore del Dipartimento Turismo, Cultura e Paesaggio Francesco Di Filippo e di Claudio Ucci (DMC), Marcello Squicciarini (PMC), Gianmarco Giovannelli (Presidente Federalberghi Abruzzo), dei Presidenti di Confesercenti e Confcommercio, Lido Legnini (Direttore Confesercenti Abruzzo). Il secondo punto all’ordine del giorno è il Testo unico in materia di commercio, per il quale sono stati convocati il Direttore del Dipartimento Sviluppo Economico, Piergiorgio Tittarelli, i Presidenti di Confesercenti e Confcommercio e Lido Legnini. La Commissione Politiche Europee si riunirà in seduta straordinaria giovedì 5 aprile alle ore 11 per esaminare il provvedimento che riguarda l’adeguamento dell’ordinamento regionale agli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea in materia di procedure d’infrazione e aiuti di stato

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Approvata la graduatoria per i progetti dell’area di crisi Vibrata – Tronto

È stata approvata la graduatoria relativa al POR FESR Abruzzo 2014-2020 - Azione 3.2.1: "Interventi a sostegno delle aree territoriali colpite da crisi diffusa  delle attività produttive, finalizzati alla mitigazione degli effetti delle transizioni industriali sugli individui e sulle imprese. Area di crisi complessa Vibrata-Tronto-Piceno riconosciuta dal MISE con Decreto del 10 febbraio 2016.

"Era importante - affermano il vice presidente della Giunta regionale, Giovanni Lolli e l'assessore Dino Pepe - dare le prime concrete risposte alle imprese che avevano dimostrato tanto interesse agli investimenti in questa area". Sono 70 le istanze che, in base alla graduatoria provvisoria, sono risultate idonee e finanziabili.  "Siamo soddisfatti – dichiarano congiuntamente Lolli e Pepe  - innanzitutto per  essere giunti alla conclusione dell’iter amministrativo in tempi ragionevoli ed in questo senso ci teniamo ad esprimere un sentito ringraziamento agli Uffici regionali che hanno permesso questo risultato. Era forte l'esigenza di dare le prime concrete risposte alle tante imprese che hanno creduto nel rilancio di questa area, rispondendo alle opportunità dell’avviso pubblico regionale con proposte progettuali serie e concrete".

Il dato che emerge  va oltre ogni rosea aspettativa considerando che  le imprese risultate idonee svilupperanno investimenti pari ad Euro 18.000.000,00, 11 milioni in più rispetto ai fondi, pur cospicui, messi a disposizione dalla Regione Abruzzo e con una previsione di incremento occupazione di circa 200 unità lavorative.

Questa rappresenta la prima fase dell'intero impianto di rilancio che prevede , oltre agli strumenti regionali di sostegno dei progetti di investimento per innovazioni di processo o di prodotto (Por Fesr 2014/20) e di sostegno al capitale umano (Por Fse 2014/20) anche gli strumenti agevolativi  nazionali, in particolare quelli messi in campo dal Ministero dello Sviluppo Economico  e da Invitalia (Euro 15 milioni) con la  Legge 181/89 e che sono in fase di istruzione.

 

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Artigianato, 11000 piccole e medie imprese in meno nel 2017

Il 2017 si è chiuso per le piccole e medie imprese artigiane con un saldo negativo: 11.000 le imprese in meno rispetto al 2016. Ma i l dato (secondo i dati diffusi da Unioncamere e InfoCamere sull'imprenditoria artigiana a partire dal Registro delle Imprese delle Camere di commercio) è comunque il migliore da 5 anni, e sottolinea un'inversione di tendenza.
A soffrire sembrano in particolare i settori più tradizionali: edilizia (-1,4%) e manifattura (-1,5%) mentre crescono i servizi alle imprese (+3,6%).
Le cessazioni di impresa si attestano sul minimo del decennio (92.265 unità) e risulta in calo anche il numero di quanti decidono di intraprendere una attività artigiana (80.836). Dal 2012 quando l'anagrafe artigiana segnava un 1,4 milioni di imprese, ad oggi si registra una diminuzione dello stock di oltre 110mila unità, con una riduzione complessiva vicina all'8%, oltre 1 punto percentuale in media all'anno.
Tutte le macro-aree del Paese hanno fatto registrare una diminuzione dello stock delle imprese, in una forchetta compresa tra le -2.500 imprese del Nord-Est e le oltre 3.500 del Mezzogiorno, ma tutte in miglioramento rispetto ai dodici mesi precedenti.
Tra le regioni, il Trentino-Alto Adige è l'unica che presenta una modestissima crescita (+8 imprese, +0,03%). La graduatoria provinciale per tasso di crescita evidenzia una presenza ridotta di province caratterizzate da un segno positivo: Reggio Calabria (+0,85% pari a +83 imprese), Bolzano (+0,71% e +95 imprese), Milano (+0,65% per 455 imprese artigiane in più), Taranto (+0,17% e +13 imprese), Trieste (+0,11% e +5 unità) e Monza (+0,05% e +11 unità).
Tra i settori crescono il settore Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese, in cui si è registrato un saldo di 1.807 imprese in più (pari ad una crescita del 3,6% rispetto al 2016). Performance positive caratterizzano il settore delle 'Altre attività di servizi' (in particolare grazie all'aumento delle attività legate ai servizi alla persona), e quello della comunicazione, con un saldo positivo rispettivamente di 1.224 e 244 imprese, con un tasso di crescita pari a +0,66% per il primo comparto e che ha sfiorato il 2% per il secondo.
Risultato negativo, come si è detto, per le costruzioni, che, nel 2017 perdono oltre 7mila unità (-1,4%), ma che fanno meglio dell'anno precedente dove avevano fatto registrare una contrazione di oltre 10mila aziende. Le cose non vanno meglio per le imprese che operano nel trasporto e magazzinaggio e per l'industria in senso stretto: nel 2017 il saldo delle imprese artigiane è diminuito di 1.764 imprese (-2,0%) per il primo comparto e addirittura, per il secondo, il calo è stato di 4.744 imprese (-1,5%).

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Febbo: Pasqua senza stipendio per migliaia di dipendenti delle partecipate

 “I lavoratori di Cotir, Ciapi, Tua, Abruzzo Engeneerig, Sviluppo Italia Abruzzo, oltre 2.000 dipendenti interessati nelle partecipate della Regione Abruzzo, senza dimenticare le Associazioni, le Cooperative che lavorano all'interno del sistema Socio Sanitario regionale,sono senza stipendio e trascorreranno anche queste feste di Pasqua nell’incertezza per il loro futuro e quello degli enti di riferimento. Questo è la situazione drammatica in cui versa l’Abruzzo dopo questi 4 anni di governo D'Alfonso e del centrosinistra”. E’ quanto afferma il Consigliere regionale di Forza Italia Mauro Febbo

“Ogni giorno assistiamo a una conferenza stampa del Presidente D'Alfonso in cui si annunciano risorse per i territori, Masterplan, Cipe ma a conti fatti la realtà è ben diversa. Tra i lavoratori delle partecipate della Regione Abruzzo serpeggia il malcontento a causa di una precarietà senza precedenti; un esempio lampante è Abruzzo Engineering dove solo due giorni fa l'amministratore unico della società ha comunicato alle organizzazioni sindacali ed alle RSA aziendali che il pagamento delle 4 mensilità arretrate non potrà avvenire prima del periodo compreso tra il 20-29 Aprile, a causa dei ritardi nelle procedure amministrative. Stessa difficile situazione che vivono i lavoratori del Cotir di Vasto e del Ciapi di Chieti senza stipendio ormai da tre anni e adesso anche senza lavoro dopo la brusca chiusura sia del centro di ricerca sia della struttura di formazione”, conclude Febbo. 

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Confartigianato, allarme abusivismo e sommerso in Abruzzo

Allarme abusivismo e sommerso in Abruzzo: due artigiani su tre sono a rischio. Nel 2017, la concorrenza sleale nei settori con un tasso di lavoro irregolare superiore alla media, infatti, è subita da 19.697 attività, pari al 64% delle imprese artigiane, cioè i due terzi dell'artigianato regionale. E' quanto emerge da un approfondimento di Confartigianato Abruzzo, che ha elaborato i dati contenuti in un'elaborazione del Centro studi della Confederazione nazionale.

In Abruzzo il tasso di irregolarità dell'occupazione è pari al 16,7% (13,5% in Italia), dato che colloca la regione al quinto posto della graduatoria nazionale, dopo Calabria (23,2%), Campania (21%), Sicilia (20,6%) e Puglia (17,6%). L'indice di pressione della concorrenza sleale del lavoro non regolare sull'occupazione artigiana è pari a 1,6: il dato rivela il rapporto tra il volume del lavoro non regolare che genera concorrenza sleale all'artigianato - occupati non regolari calcolati come media del tasso di irregolarità settoriale ponderata con gli occupati presenti nell'artigianato – e gli addetti dell'artigianato desunti dal Registro Istat ufficiale.

"Il quadro che emerge dall'analisi dei dati – commenta il presidente regionale di Confartigianato, Luca Di Tecco – è piuttosto allarmante per una realtà come quella abruzzese, apparentemente tranquilla. La nostra associazione, da sempre sensibile sul tema della legalità, è da tempo impegnata nella lotta al sommerso e all'abusivismo e nella tutela di tutti quegli artigiani che operano in modo corretto e nel rispetto delle regole, portando avanti con onestà il proprio lavoro. Rinnoviamo il nostro impegno e ci mettiamo a disposizione di tutte quelle imprese che vogliano denunciare situazioni di concorrenza sleale al fine di segnalarle alle autorità competenti".

La situazione peggiore si registra in provincia dell'Aquila: le imprese artigiane esposte a concorrenza sleale del sommerso sono 4.687, cioè il 67,9% dell'artigianato. Seguono la provincia di Chieti (5.507, 64,5%), quella di Pescara (4.634, 63%) e quella di Teramo (4.869, 61,2%).

Le imprese artigiane maggiormente esposte alla concorrenza sleale del sommerso sono quelle delle costruzioni: 10.727 unità sul totale di 19.697 esposte, cioè il 54,5%. Seguono quelle che si occupano di altri servizi alla persona (5.513, 28%), trasporti e magazzinaggio (1.565, 7,9%), servizi di alloggio e di ristorazione (1.104, 5,6%), servizi di informazione e comunicazione (358, 1,8%), agricoltura, silvicoltura e pesca (261, 1,3%).

A livello nazionale la concorrenza sleale nei settori con un tasso di lavoro irregolare superiore alla media è subita da 858.347 imprese artigiane, pari a quasi i due terzi (64,7%) dell'artigianato nazionale, che danno lavoro a 1.339.401 addetti (49,7% dell'occupazione dell'artigianato). L'Indice di pressione della concorrenza sleale nei confronti dell'artigianato presenta valori più elevati in Campania, Lazio, Calabria e Sicilia e nel Mezzogiorno è il doppio della media nazionale.

 

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Rapporto Cresa su Abruzzesi e qualità del lavoro

Sono nel complesso positive le indicazioni che provengono dal mercato del lavoro anche se l’Abruzzo riporta valori ancora inferiori a quelli medi nazionali e migliori soltanto di quelli del Mezzogiorno. Nonostante un consistente incremento dell’occupazione femminile, la situazione di genere resta sbilanciata a favore degli uomini.

Nel 2017 aumentano le forze di lavoro 15-64 anni (544 mila unità) per effetto di una crescita del numero degli occupati di pari età (479 mila), in particolar modo donne, e di una contrazione di quello dei disoccupati (65 mila dai 15 anni in su), principalmente uomini. Il tasso di attività è del 64,5%, inferiore a quello medio nazionale, con un valore per la componente maschile (75,7%; Italia: 75%) decisamente superiore a quello femminile (53,5%; Italia: 56,3%). Il tasso di occupazione aumenta di poco più di un punto percentuale rispetto all’anno precedente (uomini: 68,6%; donne: 45,1%), e resta per entrambi i generi al di sotto dei valori del Centro-Nord. Il tasso di disoccupazione (uomini: 9,2%; donne: 15,3%) diminuisce dello 0,6% e si allinea per gli uomini al valore del Centro, mentre per le donne si pone ampiamente al di sopra di esso.

La qualità del lavoro non risente positivamente delle buone dinamiche dell’occupazione. L’incidenza di lavoratori irregolari stimata per il 2014 è del 15,7% assai superiore al 13,3% medio nazionale e in aumento di più di due punti percentuali rispetto al 2004.

La percentuale di occupati che vede la stabilizzazione del rapporto di lavoro entro un anno è in regione in discesa libera rispetto al 2012 e nel 2014 è particolarmente bassa sia per gli uomini (10,3% contro una media nazionale del 22,4%) sia per le donne (6,3%; Italia: 18,7%).

I cosiddetti “precari permanenti” o “di lungo periodo” salgono dal 20,1% al 20,7%. L’analisi di genere consente di evidenziare che, in realtà, il dato relativo ai maschi mostra un lieve calo (da 19,1% a 17,7%, valori entrambi inferiori a quelli medi nazionali), al contrario crescono le precarie di lungo termine (da 20,8% a 23,9%) che a livello medio nazionale restano stabili sul 21,1%.

Il part time involontario è un fenomeno più marcatamente femminile e riguarda il 21,6% delle occupate e il 5,6% degli occupati, percentuali in forte aumento rispetto al 2004 e, per le donne, sensibilmente superiore alla media nazionale (uomini: 6,4%; donne: 19,4%).

I lavoratori sovraistruiti, vale a dire quelli che posseggono un titolo di studio superiore a quello necessario per svolgere le mansioni assegnate, sono nel 2015 quasi 3 su 10. L’aumento rispetto al 2004 è, almeno per gli uomini, assai più spinto (quasi 10 punti percentuali) e per le donne più contenuto di quello medio nazionale (+6% contro +8%).

Quanto alle retribuzioni, rispetto al 2008 nel 2015 la percentuale dei lavoratori con bassa paga[7] è scesa per gli uomini dal 7,3% al 6,1% del totale e per le donne è salita dal 13,8% al 15,3% delle occupate.

Migliora rispetto al 2013 la percezione della insicurezza dell’occupazione (Abruzzo: 10,9%; Italia: 8,6%), definibile come opinione dei lavoratori riguardo la probabilità di perdere il lavoro attuale e di non trovarne un altro simile nei successivi sei mesi.

Per quanto riguarda il grado di soddisfazione per il lavoro svolto, gli occupati regionali, sia uomini sia donne, si mostrano al pari delle maggior parte delle regioni italiane, discretamente soddisfatti (7,3 in una scala da 0 a 10), con valori per entrambi i generi simili e allineati alla media nazionale.

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Miccoli (Uiltucs): il terziario è il traino dell’Abruzzo

La Uiltucs Abruzzo, la federazione dei lavoratori del turismo, commercio e servizi ha celebrato il congresso regionale, al termine del quale Mario Miccoli è stato confermato segretario.

Nel corso della sua relazione, il segretario Miccoli ha spiegato che “nella nostra regione il terziario rappresenta indiscutibilmente il traino dell’economia, attestandosi nei nostri settori al 70 per cento circa del pil abruzzese. Il settore del terziario tradizionale e avanzato ha dimostrato negli ultimi anni di essere un settore dal forte potenziale di crescita oltre ad aver retto la botta della recente crisi economica ha preservato meglio di altri comparti il suo bacino occupazionale, i servizi rappresentano oltre il 70 per cento dell’occupazione abruzzese e contribuiscono alla creazione di circa i tre quarti della nostra ricchezza”. In merito al nuovo Testo Unico sul commercio, Miccoli ha spiegato che si è persa “l’occasione di dotare la legislazione regionale di una normativa che regolasse il lavoro domenicale e festivo, lasciando alla normativa nazionale tale prerogativa” che di fatto “genera una forte sofferenza circa il ricorso al lavoro domenicale e festivo specie nella grande distribuzione”. 

Un accenno importante, poi, è stato fatto in merito alla grande distribuzione: “L’Abruzzo rispetto alla sua densità della popolazione per concentrazione di centri commerciali tiene testa all’hinterland di Milano, per non parlare poi dei danni che tale fenomeno ha arrecato ai centri urbani e alle piccole e medie imprese che, a mio avviso, meritano politiche di rivitalizzazione. In tal senso, il testo unico del Commercio di recente licenziato ha recepito le nostre istanze limitando gli insediamenti di nuovi ipermercati sino al 2021”.

Il segretario nazionale Bruno Boco ha detto nel suo intervento conclusivo che “il problema dei problemi in Italia sono i 6 milioni di cittadini al di sotto della soglia della povertà. Una cifra di fronte alla quale tutti si dovrebbero mobilitare. Non possiamo non partire dai problemi e dalle sofferenze del Paese anche come sindacato. Dobbiamo lanciare un libro bianco in cui, dopo anni di destrutturazione delle tutele, indicheremo nuovi percorsi per ricostruirle: una strada, una direzione per migliorare i rapporti all’interno delle aziende. Avanti così, c’è sempre più bisogno del sindacato”.

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Una famiglia su tre (34,3%) in Italia ha rinunciato a curarsi nel 2017

Luci ed ombre sul servizio sanitario nazionale nella fotografia dell'Ips, l'Indice di Performance Sanitaria, sviluppata per il terzo anno consecutivo dall'istituto Demoskopika e presentata il 28 marzo a Rende, in provincia di Cosenza.
I sistemi sanitari piu' apprezzati sono quelli in Valle d'Aosta, Trentino Alto Adige e Veneto. Circa 4 italiani su 10 (36,7%) dichiarano di essere soddisfatti dei servizi sanitari legati ai vari aspetti del ricovero: assistenza medica, assistenza infermieristica e servizi igienici. Un andamento in crescita del 2,5% rispetto all'anno precedente. L'indicatore conferma però il divario esistente tra le diverse realta' regionali. 
Come si è detto i cittadini più soddisfatti vivono in Valle d'Aosta che ha ottenuto il massimo del risultato (100 punti) immediatamente seguita dal Trentino Alto Adige (90,8 punti). A seguire con una distanza significativa, Veneto (70,9 punti), Emilia Romagna (66,5 punti), Umbria (64,6 punti), Piemonte (58,5 punti), Liguria (54,4 punti), Friuli Venezia Giulia (45,4 punti), Marche (43 punti), Lazio (34, 7 punti), Toscana (33 punti) e Sardegna (32,5 punti), realtà in cui il livello medio di soddisfazione per i servizi ospedalieri, rilevata dall'Istat tra coloro che hanno subito almeno un ricovero nei tre mesi precedenti l'intervista, oscilla tra il 50% ed il 30%. In coda alla graduatoria per il minor livello di soddisfazione, pari mediamente al 20%, si collocano le rimanenti sette realta' regionali: Campania, Abruzzo, Molise, Sicilia, Puglia, Calabria e Basilicata.
Tra i dati più eclatanti rientra la conferma che  nel 2017 13,5 milioni di italiani, pari al 22,3%, hanno rinunciato a curarsi per motivi economici, per le lunghe liste di attesa e perché, non fidandosi del sistema anitario della regione di residenza, non hanno potuto  affrontare i costi della migrazione sanitaria ritenuti troppo esosi. Un comportamento ancora preoccupante nonostante una rilevante contrazione rispetto al 2016 pari all'11,8%. Le rilevazioni effettuate dall'Istituto Demoskopika sono starew effettuate sulla base di otto indicatori: soddisfazione sui servizi sanitari, mobilità attiva, mobilità passiva, risultato d'esercizio, disagio economico delle famiglie per spese sanitarie out of pocket, spese legali per liti da contenzioso e da sentenze sfavorevoli, costi della politica e speranza di vita. Dallo studio emergono anche notevoli differenze, come si è accennato, tra le Regioni. E' l'Emilia Romagna la regione in testa per efficienza del sistema sanitario italiano, strappando la prima posizione al Piemonte, mentre Sicilia e Molise si collocano in coda tra le realtà "più malate" del paese. In totale sono sei le realtà territoriali definite "sane", nove le aree "influenzate" e cinque le regioni "malate". Crolla il Piemonte che precipita di ben 10 posizioni rispetto all'anno precedente, collocandosi nell'area delle regioni "influenzate". Entrano, inoltre, nell'area delle realtà sanitarie d'eccellenza, Marche, Veneto, Toscana e Umbria. Al Sud la migliore perfomance spetta alla Puglia, all'Abruzzo e alla Basilicata che migliorano la loro "condizione", rispetto all'anno precedente, lasciando l'area dei sistemi sanitari locali piu' sofferenti.
La Calabria abbandona, per la prima volta, l'ultima posizione tra le realta' "malate" collocandosi immediatamente al di sopra di Sicilia e Molise.

Il dato più allarmante è che una famiglia su tre (34,3%) in Italia ha rinunciato a curarsi nel 2017. Tra i fattori principali figurano i "motivi economici" e le "lunghe liste di attesa" rispettivamente nel 10,9% e nel 9,8% dei casi. E, ancora, l'8,9% del campione intervistato ha dichiarato di non curarsi "in attesa di una risoluzione spontanea del problema" o, addirittura, per "paura delle cure" come nel 2,9% dei comportamenti rilevati. L'impossibilita' ad occuparsi della propria salute o di quella di qualche suo familiare perche' "curarsi fuori costa troppo, non fidandosi del sistema sanitario della regione in cui vive", inoltre, ha rappresentato un valido deterrente per l'1,6% dei cittadini, con un picco nelle realta' regionali del Sud pari al doppio (3,1%). La paura delle cure, infine, con il 2,9% dei casi rilevati, chiude le motivazioni della rinuncia a curarsi nel 2017. in ogni caso 4 italiani su 10 (36,7%) dichiarano di essere soddisfatti dei servizi sanitari legati ai vari aspetti del ricovero: assistenza medica, assistenza infermieristica e servizi igienici. Un andamento in crescita del 2,5% rispetto all'anno
precedente. 
Dall'indagine emerge anche che nel 2017 sono stati oltre 320 mila i "viaggi della speranza" dal Sud. I meridionali confermano la loro diffidenza a curarsi nelle loro realta' di regionali. In particolare, con un indice medio di "fuga", pari al 10,4%, che misura, in una determinata regione, la percentuale dei residenti ricoverati presso strutture sanitarie di altre regioni sul totale dei ricoveri sia intra che extra regionali, il Sud si colloca in fondo per attrattivita' sanitaria dopo le realta' regionali del Centro con un indice di fuga pari all'8,9% e del Nord (6,8%). Cio' significa che, nei 12 mesi del 2016, la migrazione sanitaria dalle realta' regionali del meridione puo' essere quantificabile in oltre 321 mila ricoveri. Come per la mobilita' attiva, anche per la mobilita' passiva, lo studio di Demoskopika ha generato una classifica parziale che vede collocate, nelle "posizioni estreme", il Molise in cima per "diffidenza" con un indice di mobilita' passiva pari 27,2%; sul versante opposto, i piu' "fedeli" al loro sistema sanitario si confermano i lombardi. La Lombardia, infatti, con appena il 4,7%, registra il rapporto minore di ricoveri fuori regione dei residenti sul totale dei ricoveri totalizzando il massimo del punteggio (100 punti).

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