Primo Piano

Nella manovra ci sarà la ‘norma Abruzzo’ per spalmare il debito

 Nella legge di bilancio dello Stato c'e' la 'norma Abruzzo' che consente di spalmare su 20 anni, e non sui 10 previsti attualmente, il debito ereditato al 31 dicembre 2014. Si tratta di 770 milioni provenienti dalle gestioni di governo regionale precedenti e relative al periodo 1999-2014. La norma stabilisce anche l'obbligo di aumentare gli investimenti del 2% a partire dal 2018. "La finanza pubblica della Regione Abruzzo torna cosi' definitivamente in bonis". Annunciano il presidente della Giunta regionale, Luciano D'Alfonso, e l'assessore regionale al Bilancio, Silvio Paolucci. "Si tratta di un risultato senza pari. A questo punto si puo' cominciare a correre e a ingrandire il nostro regionalismo", dicono D'Alfonso e Paolucci. 

 "Si tratta di un traguardo storico che mette fine definitivamente a 20 anni di sofferenze per i conti della Regione. Ha a che fare con la vita della gente e delle persone perche' grazie a questa norma il governo D'Alfonso consente la spalmatura sostenibile dell'enorme debito del passato alimentando investimenti e consentendo il finanziamento di trasporti e sociale". Queste le parole dell'assessore regionale al Bilancio, Silvio Paolucci, in merito all'inserimento nella Legge di bilancio dello Stato della cosiddetta 'norma Abruzzo' che prevede di spalmare in 20 anni (contro i 10 attuali) i 770 milioni di debito. "E' dunque una svolta per l'intera comunita' regionale - afferma Paolucci - e in particolar modo per le fasce deboli, per gli anziani, i diversamente abili e gli studenti. E' una norma che cambia la storia di questa regione".

 

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Ferrovie, annunciato il potenziamento delle linee verso Roma

Il potenziamento e il miglioramento dei collegamenti ferroviari fra Roma e le aree colpite dal terremoto del 2009 del 2016. Sono gli obiettivi dei progetti presentati oggi a Rieti da Maurizio Gentile Ad Dg di Rete ferroviaria Italiana alla presenza del Ministro delle Infrastrutture dei Trasporti Graziano del Rio e i presidenti delle Regioni Lazio e Marche Nicola Zingaretti e Luca Ceriscioli. I progetti si inseriscono nel più ampio programma di sviluppo e riqualificazione delle zone colpite dallo sciame sismico del 2016 e l'area in questione interessa circa un milione e 400 mila abitanti ed è caratterizzata da un forte pendolarismo infatti sono circa 80 mila gli spostamenti giornalieri. Grazie poi al potenziamento dell'anello ferroviario dell'Appennino centrale sarà dunque possibile sviluppare di collegamenti ferroviari verso la Capitale con standard elevati di qualità e puntualità - assicura Rfi - sia sul versante Nord da l'Aquila, Rieti e Terni, sia su quello Est da Pescara, Sulmona e Avezzano. Altro obiettivo poi - come spiegato oggi a Rieti - sarà collegare le aree produttive della zona e i territori montuosi con le altre regioni attraverso dei sistemi di trasporto collettivo meno inquinanti e più sicuri per un maggiore sviluppo delle attività economiche

Dal punto di vista dei collegamenti ferroviari, invece, "quest'area- ha spiegato l'Ad di Rfi Gentile- interessa circa un milione e 400 mila abitanti che si muovono prevalentemente verso la Capitale ed e' caratterizzata da un forte pendolarismo, infatti sono circa 80 mila gli spostamenti giornalieri stabili. In questo contesto- ha spiegato- abbiamo inquadrato meglio un programma sistemico che abbiamo chiamato Anello ferroviario dell'Appennino centrale". Grazie al suo potenziamento sara' dunque possibile sviluppare dei collegamenti ferroviari verso la Capitale con standard elevati di qualita' e puntualita' - assicura Rfi - sia sul versante Nord da l'Aquila, Rieti e Terni, sia su quello Est da Pescara, Sulmona e Avezzano. Altro obiettivo poi- come spiegato oggi a Rieti - sara' collegare le aree produttive della zona e i territori montuosi con le altre regioni attraverso dei sistemi di trasporto collettivo meno inquinanti e piu' sicuri per un maggiore sviluppo delle attivita' economiche. "Gli investimenti previsti sono di 2 miliardi e 400 milioni, gia' previsti dal contratto di programma con il ministero dei Trasporti", ha concluso Gentile. 

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Record per l’export di cibo italiano

 E' record storico per il Made in Italy alimentare all'estero con le esportazioni di prodotti alimentari e bevande che crescono del +9,1% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E' quanto emerge da una analisi della Coldiretti sui dati Istat relativi a commercio estero ad agosto del 2017 dopo che nel 2016 l'agroalimentare aveva già raggiunto il massimo storico di 38,4 miliardi. Se il trend dei primi otto mesi del 2017 (+7,5%) sarà mantenuto, a fine anno - sottolinea la Coldiretti - saranno superati per la prima volta nella storia i 40 miliardi di euro di export agroalimentare Made in Italy. Il balzo ad agosto si è verificato - precisa la Coldiretti - sia nei Paesi dell'Unione (+9,5%) che in quelli fuori dell'Europa dove ha messo a segno un incoraggiante +8,6%. Quasi i due terzi delle esportazioni agroalimentare - precisa la Coldiretti - interessano i Paesi dell'Unione Europea, ma gli Stati Uniti - sottolinea la Coldiretti - sono di gran lunga il principale mercato dell'italian food fuori dai confini dall'Unione e il terzo in termini generali dopo Germania e Francia e prima della Gran Bretagna. Il prodotto agroalimentare italiano piu' esportato all'estero - continua la Coldiretti - è il vino seguito dall'ortofrutta fresca

L'andamento sui mercati internazionali potrebbe ulteriormente migliorare con una piu' efficace tutela nei confronti della "agropirateria" internazionale che fattura oltre 60 miliardi di euro utilizzando impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all'Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale. All'estero - conclude la Coldiretti - sono falsi quasi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre. In testa alla classifica dei prodotti più taroccati - conclude la Coldiretti - ci sono i formaggi a denominazione di origine Dop a partire dal Parmigiano Reggiano e dal Grana Padano, ma anche il Provolone, il Gorgonzola, il Pecorino Romano, l'Asiago o la Fontina. Poi ci sono i salumi più prestigiosi dal Parma al San Daniele che spesso "clonati", ma anche gli extravergini di oliva, le conserve. A preoccupare - sottolinea la Coldiretti - sono gli effetti del Trattato di libero scambio con il Canada (CETA) in corso di ratifica in Italia in cui per la prima volta nella storia l'Unione Europea si legittima in un trattato internazionale la pirateria alimentare a danno dei prodotti Made in Italy piu' prestigiosi, accordando esplicitamente il via libera alle imitazioni che sfruttano i nomi delle tipicità nazionali, dall'Asiago alla Fontina dal Gorgonzola ai Prosciutti di Parma e San Daniele. Un accordo che colpisce anche il formaggio italiano piu' esportato nel mondo, il Parmigiano Reggiano, che potrà essere liberamente prodotto e commercializzato dal Canada con la traduzione di Parmesan. La svendita dei marchi storici del Made in Italy agroalimentare non è solo un danno sul mercato canadese ma - conclude la Coldiretti - è soprattutto un pericoloso precedente nei negoziati con altri Paesi anche emergenti che sono autorizzati cosi a chiedere le stesse concessioni ai concorrenti piu' insidiosi delle specialità Made in Italy all'estero

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Dissesto idrogeologico, sono 31 le opere idriche incomplete

In Italia ci sono 31 opere idriche incompiute, si tratta di dighe, impianti di irrigazioni, adduttori ed altri interventi, interrotti per contenziosi sugli appalti, interruzioni del finanziamento o altre ragioni. Per realizzare queste incompiute - in vari stadi di realizzazione - sono gia' stati utilizzati finanziamenti per 537.211.456 euro, la stima del costo per ultimarle e' di 620.748.032 euro. Le regione che hanno piu' incompiute idriche sono la Campania e la Calabria con 7 a testa, seguono Sicilia, Puglia e Lazio con 4, l'Abruzzo con 2, chiudono la classifica Emilia Romagna, Molise e Sardegna con una a testa: totale 31. Sono alcuni dei dati contenuti del rapporto 'Manutenzione Italia' dell'Anbi, l'associazione nazionale dei 151 consorzi per la gestione e tutela del territorio e delle acque irrigue. Queste incompiute "hanno creato un danno enorme al Paese", dice il presidente Anbi Francesco Vincenzi, "dobbiamo avere il coraggio di dire se le terminiamo o non le terminiamo. Dobbiamo voltare pagina". Tra i casi piu' clamorosi la diga sul Melito in Calabria, ai piedi dell'altopiano della Sila, nel catanzarese: doveva essere una delle piu' grandi dighe in Europa, capace di fornire acqua potabile e per irrigazione e con l'ambizione di stimolare anche il turismo (lacustre, per l'invaso che sarebbe nato) dando una mano all'ambiente oltre che all'agricoltura. Il progetto interessa 55 Comuni per circa 500mila abitanti che sarebbero stati serviti dall'invaso che avrebbe fornito acqua sufficiente per irrigare 16mila ettari circa di terreno. La realta' che racconta l'Anbi oggi e' invece di un'opera i cui lavori sono iniziati negli anni 90 ma dopo quasi 30 anni risultano completati solo al 10%. Lavori sospesi per un contenzioso con l'impresa appaltante, a fronte di 112 ettari di terreno gia' espropriati, migliaia di posti di lavoro persi e 400 ettari di terreno impegnati inutilmente. 

Altro caso preoccupante e' quello della diga di Pietrarossa, tra le province di Catania e Enna. Potrebbe garantire, riferisce Anbi, 17.500 ettari di terreno irrigabili a fronte degli attuali 6mila, sul territorio dell'intera piana di Catania e le province di Catania, Siracusa ed Enna con 35 milioni di metri cubi d'acqua invasabili. I lavori, aggiungendo al danno la beffa, sono completati al 95%. Erano iniziati nel 1989 e sono stati interrotti nel 1993, sono poi ripresi nel maggio del 1997 e sospesi nell'ottobre dello stesso anno a causa del ritrovamento di un sito archeologico. Intanto, denuncia Anbi, 11mila ettari di terreno soffrono la siccita' mentre risultano necessari appena 60 milioni per il completamento del restante 5% dell'opera. C'e' poi il caso della rete irrigua Alento-Campania, a completamento dell'invaso Piano della Rocca. Si potrebbero avere 5mila ettari irrigabili in 12 comuni del Cilento, con risparmio di acqua, ammodernamento del servizio irriguo e riduzione del degrado ambientale. I lavori sono iniziati nel 1999 e sono stati sospesi nel 2011 dopo il completamento dei lotti 1 e 2 per il mancato finanziamento del lotto 3. Intanto pero' sono stati gia' finanziati e spesi 34 milioni mentre 1.600 ettari risultano ancora non irrigabili per il mancato completamento dell'opera.

Insomma, "risulta non piu' rinviabile la realizzazione di quelle opere", avverte Anbi, che pero' non si ferma a questo. Per "risolvere o quanto meno alleviare" la situazione di rischio idrogeologico nei territori italiani che ricadono nei comprensori di bonifica l'Anbi propone un piano pluriennale di interventi aggiornato al 2017 che prevede 3.709 interventi per un importo complessivo di quasi 8 miliardi, tenendo presente che "ogni milione di investimento nel settore genera 7 posti di lavoro", mentre "per i danni da alluvioni lo stato spende ogni anno 2,5 miliardi". Sul fronte della disponibilita' idrica Anbi ritiene "non piu' rinviabile provvedere a realizzare serbatoi, vasche di espansione e laminazione delle piene al fine di regolare la cospicua quantita' di acqua della stagione piovosa e conservare tale risorsa per la stagione irrigua". Allo stesso tempo, pero', e' "non piu' rinviabile ammodernare e razionalizzare le reti consortili per lo scolo delle acque" e "completare, ammodernare e rendere piu' efficienti" gli impianti di irrigazione collettiva. Da queste necessita' discende l'esigenza di un Piano nazionale per i piccoli e medi invasi, oltre alle infrastrutture per l'utilizzo dell'acqua, da 20 miliardi di investimenti per 2.000 interventi, per 400 dei quali i Consorzi hanno gia' progetti definitivi ed esecutivi.

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Dal 2014 al 2016 l’Abruzzo ha perso 2.425 imprese

Dal 2014 al 2016 l'Abruzzo ha perso 2.425 imprese passando dalle 129.488 del 31.12.2013 alle 127.063 del 31.12.2016. Nello stesso periodo, in termini percentuali, l'Abruzzo decresce dell'1,87%, valori pari a due volte e mezzo la decrescita media a livello nazionale (-0,77%). Lo rende noto in un report il ricercatore Aldo Ronci in base ai dati di Movimprese. A livello provinciale le variazioni sono state molto diverse tra loro: l'unica a segnare un incremento e' Pescara (+385), subiscono pesanti flessione Chieti (-1.092) e Teramo (-1.082), registra un decremento piu' lieve L'Aquila (-636). Le variazioni percentuali rispecchiano i valori assoluti. Pescara (+1,25%) registra un incremento, Teramo (-3,41%) annota un decremento importante, mentre Chieti (-2,66%) e L'Aquila (-2,46%) segnano decrementi piu' lievi. 

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Cgia, investimenti pubblici crollati del 35% con la crisi

Nel nostro Paese sono crollati gli investimenti pubblici. Dal 2005 al 2017, secondo la Cgia di Mestre, la contrazione e' stata del 20%; ma rispetto al 2009, punta massima di crescita registrata prima della crisi, la riduzione e' stata pesantissima: -35%. Nessun altro indicatore economico ha registrato una caduta percentuale cosi' rovinosa. In termini nominali in questi ultimi 8 anni abbiamo "bruciato" 18,6 miliardi di euro di investimenti. Se rispetto al 2016 abbiamo leggermente invertito la tendenza, nella Nota di aggiornamento del Def presentata nelle settimane scorse si evince che nel 2017 l'ammontare complessivo della spesa per investimenti del settore pubblico si dovrebbe attestare a quota 35,5 miliardi di euro. A livello territoriale, invece, gli ultimi dati disponibili sono aggiornati al 2015 e includono anche quelli realizzati dal Settore pubblico allargato (Spa), ovvero dalle imprese pubbliche nazionali (Posteitaliane, Gruppo Ferrovie dello Stato, Terna, Aci, Gestore servizi elettrici, etc.) e da quelle locali (Municipalizzate, Consorzi di Enti locali, etc.).

Se tra il 2005 e il 2015 gli investimenti del Settore pubblico allargato in conto capitale sono diminuiti a livello nazionale del 23% (pari a -13,3 miliardi di euro), la ripartizione territoriale che ha registrato la contrazione piu' importante e' stata il Nordest che ha subito un "taglio" pari a 5,3 miliardi di euro (-37,4%). Friuli Venezia Giulia (-51,1), Piemonte (-44,9) ed Emilia Romagna (-41,9) sono state le regioni piu' "colpite" da questa "sforbiciata". Se anche il Nordovest (-32,2%) e il Centro (-27,6) segnano riduzioni molto consistenti, l'unica macro area che ha registrato un risultato positivo e' stata il Mezzogiorno (+ 419 milioni di euro pari al +2,7%). Tra le regioni del Sud spicca il risultato positivo ottenuto dalla Puglia (+20,3%), dalla Basilicata (+24,3), dalla Calabria (+38,1) e dall'Abruzzo (+57) che ha potuto beneficiare degli interventi pubblici riconducibili alla ricostruzione post terremoto. Per la Cgia se alla spesa per investimenti aggiungiamo anche la spesa per trasferimenti in conto capitale, osserviamo che in questi ultimi 10 anni i primi, sono diminuiti del 23%, i secondi, invece, sono aumentati del 15,7%. Complessivamente, comunque, il totale della spesa in conto capitale (investimenti + trasferimenti) e' in calo del 12,7% attestandosi nel 2015 su un valore nominale pari a 69,1 miliardi di euro. Grazie alla disponibilita' di queste due fonti, e' stato possibile mettere in linea gli interventi pubblici in conto capitale che sono stati effettuati tra il 2005 e il 2015 sia dalla Pa sia dalla Spa per ciascun livello di governo. Il risultato che emerge e' molto significativo. Se la Pa nel suo complesso ha tagliato decisamente gli investimenti del 30,6% (pari a -15,2 miliardi di euro), le aziende del Settore pubblico allargato, invece, hanno aumentato l'impegno del 17,5% (+5,1 miliardi di euro). In buona sostanza lo Stato e gli enti locali hanno ridotto il loro impegno di spesa e a investire ci hanno pensato le grandi aziende pubbliche. Sempre tra il 2005 e il 2015, i settori maggiormente interessati da questa stretta sugli investimenti sono stati in termini nominali la mobilita' (-5,2 miliardi pari a -24,9%), la cultura e la ricerca (-4,1 miliardi pari a -47,6%), l'amministrazione generale (-2,3 miliardi di euro pari a -41,8), le attivita' produttive e le opere pubbliche (-2,2 miliardi pari a -13,3%). 

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Sanità, netto miglioramento per l’Abruzzo sui LEA

Resa nota nella serata di ieri la Griglia Lea (livelli essenziali di emergenza-assistenza sanitaria) 2015: la migliore e' la Toscana, inadempiente tutto il Sud (tranne la Basilicata). Le criticita' maggiori nella copertura vaccinale, screening e assistenza sul territorio. Balzo in avanti per l'Abruzzo che risulta essere fra le 11 regioni adempienti con un punteggio di 182. L'assessore regionale alla Sanita' Silvio Paolucci, a margine di una conferenza a Pescara sui fondi regionali destinati alle Province abruzzesi, ha manifestato la sua soddisfazione: "Intanto c'e' una forza terza che comunica questo grande risultato della nostra regione. E' il Ministero della Salute che attesta che non solo che l'Abruzzo e' totalmente adempiente sui livelli essenziale di assistenza e quindi sugli obiettivi di statue, ma registra che questa regione ha avuto il balzo piu' alto con un + 19 punti dell'intero Paese e a testimonianza di tre anni di buon lavoro che hanno portato a questi risultati e che finalmente una forza cosi' autorevole e terza puo' mettere fine a tutte le strumentalizzazioni di questi anni. Siamo migliorati nella rete ospedaliera, ma ancor di piu' nella prevenzione oncologica, nell'assistenza territoriale, siamo migliorati in quel sistema di residenzialita' e anche nella risposta ai cosiddetti tempo-dipendenti, ovvero a quelle patologie salvavita delle persone. Insomma tre anni di buon lavoro che vengono certificati con questo straordinario risultato che ci viene riconosciuto dal Ministero della Salute e che ci induce a fare meglio e a darci nuovi obiettivi per il futuro". L'assessore Paolucci ha poi spiegato come la Regione abbia anche pensato alle aree interne. "Noi abbiamo gia' risposto alle esigenze delle popolazioni di queste zone perche' la Regione e' stata l'unica, dopo trent'anni che ha messo in campo e installato nuove postazioni del 118, sapendo che ogni postazione costa oltre un milione di euro, per dire di quanto e' stato imponente l'investimento portato a termine nella rete della emergenza-urgenza, con quasi 15 postazioni in alcune aree interne come Campo di Giove (L'Aquila), San Salvo (Chieti), Lama dei Peligni (Chieti), Carunchio (Chieti), Torricella Peligna (Chieti), tanto per ricordarne alcune, e ora con un passo successivo vogliamo scommettere su questo ruolo importante dei distretti sanitari aperti 24 ore su 24 e che ovviamente saranno,presenti anche in certe zone piu' complicate, e - ha concluso l'assessore alla Sanita' - serviranno a far filtro rispetto al presidio piu' lontano. Sono modalita' che permetteranno a queste zone di vivere con piu' sicurezza per i tempi-dipendenti e con piu' qualita' di assistenza per quanto riguarda la rete residenziale, territoriale ed extra-ospedaliera anche per riguarda gli altri tipi di servizi".

 

Nel 2015 risultano adempienti - in base ai 35 indicatori della cosiddetta "Griglia LEA" - la maggior parte (11) delle regioni monitorate (16) ad esclusione di Molise, Puglia, Sicilia, Campania e Calabria, che si collocano nella classe "inadempiente" e che dovranno superare le criticità rilevate su alcune aree dell'assistenza tra cui: vaccinazioni, screening, assistenza agli anziani ed ai disabili, appropriatezza nell'assistenza ospedaliera (es. parti cesarei). Per queste regioni, il monitoraggio delle criticità è effettuato nell'ambito degli obiettivi previsti dal Piano di Rientro. E' questo in estrema sintesi il risultato illustrato nel documento "Monitoraggio dei LEA attraverso la Griglia LEA - Metodologia e risultati dell'anno 2015", a cura dell'Ufficio della Direzione generale della programmazione sanitaria del Ministero della Salute. Si analizza la capacità delle Regioni di garantire ai cittadini l'erogazione dell'assistenza secondo standard di appropriatezza e qualità. Conferma per la Toscana che rimane sul gradino più alto del podio seguita da Emilia Romagna e Piemonte su punteggi pari o superiori a 200 insieme al Veneto. In netto miglioramento Abruzzo e Calabria, mentre peggiorano Campania e Sicilia, rispetto ai punteggi rilevati nell'anno di Verifica 2014

Anche per le Regioni non sottoposte alla 'Verifica adempimenti', in base ai dati a disposizione è stato possibile elaborare la Griglia Lea 2015 e la valutazione sarà resa nota successivamente, precisa il ministero che passa ad analizzare i principali parametri analizzati. Sul fronte prevenzione, "la copertura vaccinale nei bambini a 24 mesi per ciclo base (polio, difterite, tetano, epatite B, pertosse, Hib) risulta totalmente raggiunta in Lazio, Abruzzo, Basilicata, Calabria e Sardegna, mentre nella Provincia autonoma di Bolzano, in Friuli Venezia Giulia, Veneto e Campania si registrano bassi livelli di copertura. In tendenziale e generalizzata diminuzione risulta la copertura vaccinale per una dose di vaccino contro morbillo, parotite e rosolia, dove tutte le Regioni registrano una copertura al di sotto del valore di riferimento, mentre la copertura vaccinale antinfluenzale nell'anziano registra un lieve incremento nella maggior parte delle regioni, seppur costantemente al di sotto del livello soglia". Quanto all'attività di screening, dimostra "un elevato gradiente tra le regioni centro-settentrionali e quelle meridionali. In quest'ultime non si denotano miglioramenti nel trend 2010-2015 e i valori dell'indicatore di monitoraggio sono al di sotto del parametro di riferimento". Per l'assistenza ospedaliera "si conferma il trend in diminuzione dei ricoveri per tutte le regioni e il tendenziale miglioramento dell'appropriatezza dell'assistenza ospedaliera, riscontrabile in particolare nella diminuzione dei ricoveri attribuiti a Drg ad alto rischio di inappropriatezza". Resta invece "elevata" la percentuale di parti cesarei primari, con "valori ben oltre i parametri di riferimento specialmente in Campania". Ancora. "In tendenziale aumento risulta la percentuale di pazienti con frattura del femore operati entro 2 giorni, anche nelle regioni meridionali che, tuttavia, si attestano ancora su valori inferiori al parametro di riferimento". Relativamente all'assistenza territoriale il dicastero nota "criticità relativamente alla presa in carico dei soggetti anziani nelle strutture residenziali, in particolar modo nelle regioni meridionali dove l'offerta di posti letto è carente". Infine, "per quanto riguarda l'ospedalizzazione in età pediatrica per asma e gastroenterite si riscontrano dei valori al di sopra del valore di riferimento specialmente nelle regioni meridionali".

 

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Studio Confartigianato boccia gli uffici tributi in Abruzzo

Il 54,8% degli Uffici tributi dei Comuni abruzzesi, cioe' 143 su 261 presi in esame, e' 'inefficiente' o 'sotto livello' in materia di tasse e politiche fiscali. Il 47% della spesa regionale relativa alle attivita' degli Uffici tributi, pari a 10 milioni 947mila euro, e' da imputarsi a Comuni inefficienti o sotto livello. Su 9.150 procedure potenzialmente disponibili online, sono state avviate e concluse per via telematica solo 160 procedure, cioe' l'1,7%, dato che colloca la regione al sedicesimo posto della classifica nazionale. Lo rivela uno studio di Confartigianato Abruzzo, che ha analizzato alcuni dei dati contenuti nell'elaborazione 'Il labirinto del burofisco' della Confederazione nazionale. Gli standard di efficienza ed efficacia degli Uffici tributi dei Comuni vengono esaminati mediante il confronto tra fabbisogni standard e spesa storica. L'analisi consente di individuare, oltre ai Comuni 'efficienti' e 'sopra livello', quelli 'sotto livello', con spesa inferiore al fabbisogno standard e quantita' dei servizi erogati inferiore al livello dei servizi standard, e quelli 'inefficienti', con spesa superiore al fabbisogno standard e quantita' dei servizi erogati inferiore al livello dei servizi standard. In Abruzzo i Comuni efficienti sono 76 (29,1%), quelli sopra livello 42 (16,1%), quelli sotto livello 95 (36,4%) e quelli inefficienti 48 (18,4%). La regione e' al decimo posto della classifica nazionale per percentuale di Comuni inefficienti. Sul fronte della spesa relativa alle attivita' degli Uffici tributi, 2 milioni 829mila euro riguardano Comuni efficienti (12,2%), 9 milioni 495mila euro Comuni sopra livello (40,8%), 5 milioni 234mila euro Comuni sotto livello (22,5%) e 5 milioni 713mila euro Comuni inefficienti (24,5%). In questo caso l'Abruzzo e' al dodicesimo posto della graduatoria italiana per inefficienza. A livello territoriale, maglia nera, per inefficienza, alla provincia di Pescara: 9 Comuni efficienti (19,6%), 3 sopra livello (6,5%), 21 sotto livello (45,7%), 13 inefficienti (28,3%). Seguono L'Aquila, con 22 Comuni efficienti (25,6%), 8 sopra livello (9,3%), 34 sotto livello (39,5%), 22 inefficienti (25,6%), e Teramo, con 7 Comuni efficienti (17,5%), 12 sopra livello (30%), 15 sotto livello (37,5%), 6 inefficienti (15%). La situazione migliore e' quella della provincia di Chieti: 38 Comuni efficienti (42,7%), 19 sopra livello (21,3%), 25 sotto livello (28,1%), 7 inefficienti (7,9%). Significativo per l'Abruzzo anche il dato relativo alle prestazioni che le pubbliche amministrazioni e gli enti locali (Regione, Province, Comuni e Asl) offrono alle imprese: l'Abruzzo, con l'1,7%, e' tra le regioni che hanno la minor quota dei servizi gestibili completamente online. Su 9.150 procedure potenzialmente disponibili (cioe' il numero dei comuni moltiplicati per i 30 servizi presi in esame), le procedure disponibili online sono solo 160. "E' necessario che gli enti locali svolgano il ruolo di facilitatori per coloro che vogliono fare impresa - afferma il direttore regionale di Confartigianato, Daniele Giangiulli -. Ricordiamo che in cinque anni abbiamo perso 12mila occupati nell'artigianato, mentre il freno della burocrazia rappresenta uno degli ostacoli da rimuovere. E' impensabile anche che ad oggi solo l'1,7% dei Comuni riesca a svolgere pratiche online, il processo di digitalizzazione delle imprese deve investire necessariamente anche la pubblica amministrazione".

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Olio, qualità eccellente ma si rischia di perdere il 50% della produzione

 La raccolta delle olive in Abruzzo per la campagna 2017 a fronte di un qualita' eccellente evidenzia il rischio di perdere il 50% della produzione di olio. Lo dice Coldiretti Abruzzo che traccia una prima stima della raccolta dell'olivo che sta iniziando in questi giorni ma che, a causa delle gelate primaverili e della siccita' estiva, sara' caratterizzata da un notevole decremento della produzione. Rispetto alle previsioni di un mese fa, le piogge autunnali sembrano aver leggermente migliorato la situazione, ma il raccolto sara' comunque notevolmente ridotto, pur se sopra i livelli del 2016. Il calo si deve principalmente alla siccita' e al crollo delle precipitazioni nei mesi da giugno ad agosto: in Abruzzo la stragrande maggioranza degli ettari coltivati non e' dotata infatti di impianti di irrigazione, per cui il caldo e la mancanza di pioggia hanno causato la caduta prematura delle olive e impedito la crescita dei frutti. La situazione varia considerevolmente da provincia a provincia e da zona a zona. In via generale, la diminuzione e' stimata intorno al 50% rispetto alla media annuale (con una situazione con areali caratterizzato da produzione normale e altri con produzione molto bassa) con una produzione di circa 7mila tonnellate di olio (contro i 14.700 circa del 2015): un duro colpo soprattutto se si pensa che gia' lo scorso anno (2016) si era avuta una importante perdita quantitativa dovuta alle altalenanti condizioni meteorologiche. Secondo Coldiretti la perdita di produzione avra' una forte ripercussione in termini economici riportando l'attenzione sull'importanza di un comparto che, in Abruzzo, conta oltre 5 milioni di piante (circa un milione sono state spazzate vie dalla neve combinate alle scosse del sisma lo scorso gennaio) su circa 46mila ettari che rappresentano circa il 50% della superficie agricola arborea utilizzata, un totale di circa 60mila aziende di cui 15mila che coltivano prevalentemente olivo, oltre 350 frantoi e tre Dop presenti nelle province di Chieti (colline Teatine), PESCARA (Aprutino Pescarese) e Teramo (Pretuziano delle colline teramane). Numeri importanti che fanno i conti con una realta' aziendale variegata, che oscilla da una minoranza di imprese specializzate alle aziende a conduzione familiare fino ad arrivare ai numerosissimi "agricoltori della domenica" che si limitano a raccogliere i frutti della terra senza investimenti o lavorazioni del caso (il 75% delle aziende in Abruzzo e' di piccole dimensioni). "Una annata decisamente negativa per produzione, che si aggiunge alla pessima campagna del 2016 - dice Giulio Federici, Direttore Coldiretti Abruzzo - fortunatamente pero' la qualita' e' stata salvaguardata e l'olio avra' parametri qualitativi eccellenti anche perche', se da una parte la siccita' ha compromesso la produzione, dall'altra ha determinato il mancato attacco dei parassiti piu' importanti tra cui sicuramente la mosca olearia influenzando positivamente le qualita' organolettiche". Qualita' preservata e garantita quindi. Ma Coldiretti avverte: attenzione a cosa compriamo. "La diminuzione di prodotto abruzzese, e in genere italiano, di certo provochera' l'aumento della presenza sul mercato di prodotti di provenienza estera anche perche' quest'anno mancano anche le scorte di prodotto "vecchio". In tal senso, le precauzioni da prendere prima di "scegliere un olio" sono almeno tre: guardare con piu' attenzione le etichette; acquistare extravergini a denominazione di origine Dop, che hanno qualita' garantita e standard certificati; acquistare direttamente dai produttori organizzati in tutta la filiera che specificano in etichetta "olio extravergine" e "100% italiano"

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Traffico di auto di lusso in tutta Italia, 17 misure cautelari

I carabinieri del Comando provinciale di Milano stanno eseguendo 17 misure cautelari e patrimoniali nelle province di Monza, Milano, Pavia, Bergamo e Chieti, emesse dal gip del Tribunale di Monza, nei confronti di altrettante persone accusate a vario titolo di associazione per delinquere, aggravata dalla transnazionalita', finalizzata alla commissione di furti, ricettazione e riciclaggio di autovetture di lusso. I provvedimenti sono la conclusione di un'indagine svolta dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Monza, coordinati dalla Procura di Monza, su un presunto gruppo criminale che secondo le indagini agiva prevalentemente nelle province di Milano e Monza e Brianza. 

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