Primo Piano

Istat rivede le stime sui prezzi, inflazione a settembre +1,4%

A settembre 2018, l'Istat stima che l'indice nazionale dei prezzi al consumo per l'intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, diminuisca dello 0,5% rispetto al mese precedente e aumenti dell'1,4% su base annua (era +1,6% ad agosto). La stima è stata rivista al ribasso, il dato preliminare del tasso di inflazione era infatti +1,5%

Il rallentamento dell'inflazione si deve principalmente alla dinamica dei prezzi dei beni alimentari sia lavorati (la cui crescita in termini tendenziali passa da +1,9% a +1,2%) sia non lavorati (da +3,1% a +2,4%) alla quale si aggiunge quella dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (da +2,8% di agosto a +2,5%) e dei beni energetici non regolamentati (da +9,5% del mese precedente a +9,3%), che tuttavia continuano ad aumentare a ritmi sostenuti. La diminuzione congiunturale dell'indice generale dei prezzi al consumo si deve prevalentemente al calo dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (-4,9%) e, in misura più contenuta, dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona (-0,8%), a causa, prevalentemente, di fattori di natura stagionale; a contribuire alla flessione sono anche i beni alimentari lavorati che si riducono dello 0,6% su base mensile. L'"inflazione di fondo", al netto degli energetici e degli alimentari freschi, e quella al netto dei soli beni energetici registrano una decelerazione rispettivamente da +0,8% a +0,7% e da +1,1% a +0,9%. Mentre l'inflazione acquisita per il 2018 è +1,2% per l'indice generale e +0,8% per la componente di fondo. "Dopo quattro mesi di accelerazione, a settembre l'inflazione rallenta. A decelerare - è il commento dell'Istat - di alcuni decimi di punto è anche l'inflazione che pesa sulle spese quotidiane (beni alimentari, per la cura della casa e della persona e prodotti ad alta frequenza d'acquisto) a causa del rallentamento sia delle componenti più volatili del paniere, come frutta, vegetali freschi e carburanti, sia dei prodotti alimentari lavorati". Per i prodotti di largo consumo, così come per gli energetici regolamentati (gas ed elettricità) la crescita dei prezzi rimane comunque più alta di quella che si registra per il paniere nel suo complesso

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Undici milioni di euro per il turismo accessibile in Abruzzo

Undici milioni di euro per costruire un'accoglienza inclusiva in Abruzzo e favorire il turismo: li prevede il bando predisposto dalla Regione. Risorse disponibili ai sensi della legge 77 del 2000 e destinate alle strutture ricettive - quelle alberghiere, extralberghiere e stabilimenti balneari - che hanno i requisiti e risponderanno all'avviso. Stamani, a Pescara, nella sede della Regione Abruzzo, focus sull'iniziativa, con tutti gli operatori del settore. L'obiettivo dell'incontro era proprio quello di illustrare caratteristiche e vantaggi del nuovo bando, che oltre alla questione accessibilità prevede interventi in materia di riduzione del rischio sismico e riutilizzo del patrimonio esistente. Vi hanno preso parte l'assessore regionale alle Politiche sociali, Marinella Sclocco, quello al Turismo, Giorgio D'Ignazio, la responsabile ufficio Sostegno alle Imprese della Regione, Patrizia Di Sipio, il direttore del dipartimento Turismo, Cultura e Paesaggio, Francesco Di Filippo, e Simona Petaccia, professionista del 'Turismo per Tutti'. Ricordando i risultati raggiunti dall'Esecutivo regionale, come il premio del Ttg all'Abruzzo come regione più accogliente, D'Ignazio ha sottolineato che obiettivo dell'iniziativa odierna è quello di "condividere con gli operatori ogni mossa che noi facciamo" ed ha ricordato che "l'assessorato è a disposizione di tutti per ogni informazione necessaria". Sclocco ha sottolineato che la misura è finalizzata a "rendere accessibili e comode le nostre strutture. La nostra è un'accoglienza speciale - ha detto - rendiamola tale per tutti. Spesso è difficile trovare luoghi comodi o accessibili. Investire in tal senso fa vincere ognuno". Petaccia ha ricordato i numeri dell'indotto creato dal turismo accessibile ed ha sottolineato che., "in Europa, non fare fa perdere 142 miliardi di euro all'anno e 3,4 milioni di posti di lavoro perché le persone disabili non possono accedere alle strutture turistiche esistenti". 
 
 
 

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Bankitalia, debito agosto scende a 2.326 miliardi

Ad agosto il debito delle amministrazioni pubbliche e' diminuito di 15,5 miliardi rispetto al mese precedente, risultando pari a 2.326,5 miliardi. E' quanto rileva Bankitalia nel supplemento al Bollettino statistico 'Finanza pubblica, fabbisogno e debito, spiegando che la diminuzione e' dovuta alla riduzione delle disponibilita' liquide del Tesoro (14,9 miliardi, a 65,1 miliardi) e, in misura molto minore, all'avanzo di cassa (1,3 miliardi); gli scarti e i premi all'emissione e al rimborso, la rivalutazione dei titoli indicizzati all'inflazione e la variazione dei tassi di cambio hanno complessivamente incrementato il debito di 0,7 miliardi. Con riferimento alla ripartizione per sotto-settori, il debito delle amministrazioni centrali e' diminuito di 15,7 miliardi e quello delle amministrazioni locali e' aumentato di 0,2 miliardi; il debito degli enti di previdenza e' rimasto pressoche' invariato.

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Coldiretti, imprenditrici guidano 1 azienda agricola su 4

 In Italia più di un'azienda agricola su quattro è guidata da donne, con il 45% delle circa 215 mila imprese in rosa che si concentra al sud dalla Sicilia alla Puglia, dalla Calabria alla Campania, dalla Basilicata al Molise. E' quanto emerge da un'elaborazione di Coldiretti su dati Unioncamere, in occasione della Giornata mondiale delle donne rurali che ha visto l'elezione di Monica Merotto, nuova responsabile nazionale di Donne Impresa Coldiretti la maggiore associazione femminile di categoria. Allevatrice di bovini Limousine e produttrice di olio e vino in Toscana, Merotto sarà affiancata per i prossimi cinque anni da una giunta formata dalle due vice presidenti Rita Licastro, olivicoltrice della Calabria e Chiara Bortolas coltivatrice di ortaggi in Veneto; oltre a Elisabetta Secci dalla Sardegna, Wilma Pirola dalla Lombardia, Cristina Adelmi dalla Liguria, Margherita Scognamillo dalla Sicilia, Floriana Fanizza dalla Puglia e Antonella Di Tonno dall'Abruzzo. 

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Manovra, la sintesi dei provvedimenti del Governo

Il Governo composto da Lega e Movimento 5 Stelle presenta la sua manovra da 37 miliardi di euro. Pensioni, reddito di cittadinanza, flat tax e ancora sterilizzazione degli aumenti dell'Iva e pace fiscale. Queste le aree principali di intervento. 

Il primo impegno del contratto di governo è la sterilizzazione degli aumenti che scattano il primo gennaio 2019 (dal 10 all'11,5% per l'aliquota più bassa, dal 22 al 24% per quella più alta). Il superamento della legge Fornero è una misura che entrambe le forze di governo (M5S e Lega) inseguono e rivendicano. L'obiettivo è di garantire la possibilità di andare in pensione a chi tra età e contributi arriva a 'quota 100', probabilmente partendo dalla combinazione 62-38. Il costo è di 7 miliardi di euro e il meccanismo dovrebbe partire a febbraio.

Ci saranno poi 9 miliardi per il reddito di cittadinanza (di cui 2,6 da attingere dalle risorse già stanziate per il Rei) a cui aggiungere un ulteriore miliardo destinato al rafforzamento dei centri per l'impiego. L'attivazione vera e propria della misura dovrebbe scattare in primavera. L'assegno da 780 euro, secondo quanto annunciato finora, verrà caricato sul bancomat, con una sorta di monitoraggio degli acquisti. Il sostegno sarebbe garantito solo a patto di frequentare corsi di formazione e di prestare 8 ore a settimana di lavoro socialmente utile. Il reddito verrebbe meno dopo il rifiuto di tre offerte di lavoro, ma con una specifica "geografica", con l'obiettivo di non penalizzare cioè chi non accetterà come prima offerta un'occupazione al di fuori della propria città o Regione. I fondi in parte giungeranno dal taglio delle pensioni sopra i 4.500 euro netti al mese nella parte di assegno non coperta dai contributi pagati che porterà nelle casse dello Stato un miliardo di euro nell'arco di un triennio.  Altre risorse giungeranno dal taglio dei fondi per l'immigrazione, con un primo step di 500 milioni nel 2019. Per legge i ministeri devono già operare tagli per un miliardo di euro l'anno. Lo sforzo richiesto potrebbe essere però ben superiore, pari a 3-4 miliardi.

Sembra essere stato raggiunto l'accordo raggiunto sulla cosiddetta "pace fiscale", con un'aliquota al 20% per sanare il pregresso di chi ha già presentato la dichiarazione dei redditi. Sarà prevista l'opzione di dichiarazione integrativa ma con la possibilità di far emergere fino ad un massimo del 30% in più rispetto alle somme già dichiarate e comunque con un tetto di 100.000 euro. Per ridurre il contenzioso, si potranno inoltre sanare le liti con il fisco pagando senza sanzioni o interessi il 20% del non dichiarato in 5 anni in caso di vittoria del contribuente in secondo grado (o il 50% in caso di vittoria in primo grado). Allo stesso tempo, con la rottamazione ter delle cartelle Equitalia saranno cancellati sanzioni e interessi, dilazionando i pagamenti in 20 rate in 5 anni e arriverà lo stralcio delle minicartelle sotto mille euro accumulate dal 2000 al 2010.

Per i lavoratori autonomi è previsto un forfait esiste al 15% per i professionisti con ricavi fino a 30.000 euro e per le altre categorie con ricavi fino a 50.000 euro. L'obiettivo è estendere la platea ad autonomi, Snc, Sas e Srl che optano per il regime di trasparenza con ricavi fino a 65.000 euro. Dai 65.000 ai 100.000 euro si pagherebbe un 5% addizionale. Le start up e le attività avviate dagli under35 godrebbero di un supersconto al 5%. Il costo è di circa 600 milioni il primo anno e di 1,7 miliardi a regime.

Per finanziare le agevolazioni fiscali alle imprese saranno abolite l'Ace, l'Aiuto alla crescita economica, e la mai nata imposta ridotta Iri, destinata al mondo delle Pmi e attesa dal primo gennaio 2019. Il recupero finanziario è di circa tre miliardi.

Per le assicurazioni la novità è l'arrivo di un secondo decreto, che scorpora dal dl fiscale norme altrimenti non omogenee. Il dl rinominato "taglia scartoffie e leggi inutili" cancella oltre 100 adempimenti per le imprese" e ingloba misure per garantire una Rc auto "più equa"; per sancire l'incompatibilità tra ruolo di governatore regionale e commissario alla sanità "per non avere più casi De Luca"; per bloccare i pignoramenti della casa per chi ha crediti verso la P.a. (norma Bramini) e per bloccare "i medici furbetti che aumentano la lista di attesa per l'intramoenia".

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Manovra, M5s e Lega trovano l’accordo

Via libera del consiglio dei Ministri sul decreto fiscale e sulla legge di Bilancio. "Sono lieto di annunciarvi che nei tempi previsti e senza nessuna dilazione" abbiamo approvato i due provvedimenti ha ufficializzato il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, in conferenza stampa. E ha annunciato: "Come nelle previsioni manderemo la lettera a Bruxelles entro le 24 di oggi". Dopo due giorni di tensioni sui nodi della cosiddetta pace fiscale e sulle pensioni d'oro, M5s e Lega hanno raggiunto la difficile intesa nel pomeriggio, durante un vertice di circa due ore e mezza che ha preceduto il Cdm, slittato di un paio d'ore. Il partito di Matteo Salvini ha incassato il via libera alla 'pace fiscale' concedendo in cambio il proprio lasciapassare al taglio delle pensioni d'oro. Nessun condono, ha sostenuto, il premier, Conte "noi le chiamiamo definizioni agevolate, poi lei scriva quello che vuole", ha risposto ai cronisti in conferenza stampa. Quindi, ha rivendicato: "Siamo riusciti a tenere i conti in ordine mantenendo le promesse annunciate" e "il fatto di aver rispettato i tempi dimostra che abbiamo le idee chiare". E ancora: "Rispettiamo il patto di stabilita' e crescita, ma abbiamo invertito la sintassi. Puntiamo sulla crescita nella stabilita'. In Europa ci confronteremo e lo faremo nei tempi che abbiamo rispettato". Anche il vicepresidente del consiglio e ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio, si e' mostrato soddisfatto per l'accordo raggiunto perche' "manterremo le promesse". E sul reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia di M5s, ha aggiunto che insieme alla pensione di cittadinanza "partira' nei primi tre mesi del 2019". 

Il ministro del Tesoro, Giovanni Tria, ha difeso le misure approvate: "No, non e' un condono - ha sostenuto a proposito della pace fiscale - si tratta di una serie di norme complesse che vanno viste nel loro insieme. Leggete e valutate". Quindi ha negato qualunque ipotesi di possibili dimissioni all'indomani dell'approvazione della manovra: "Non sono portato al masochismo di subire tutta la legge di bilancio per dimettermi dopo". Poi, a proposito del dialogo con la Ue, ha aggiunto: "L'idea che con questa manovra si voglia far saltare in aria l'Europa e' del tutto infondata".

Il vicepremier leghista, Matteo Salvini, ha 'salutato' l'accordo postando su Facebook un selfie di soddisfazione "in diretta" dal Consiglio dei ministri. Poi ha chiosato: "La manovranon moltiplica i pani e i pesci, ma migliora la vita di alcuni milioni di italiani, e dopo 137 giorni di governo c'e' da essere soddisfatti". E sulle pensioni ha sottolineato: "Abbiamo avviato il percorso svolto a smontare mattone per mattone la legge Fornero" introducendo quota 100 da febbraio "senza penalizzazioni di alcun tipo per cui potra' andare in pensione chi ha 62 anni e 38 di contributi". E' "l'inizio di un percorso che vale 7 miliardi quest'anno. E' chiaro che l'obiettivo finale e' azzerare tout court" la legge, ha concluso. L'accordo, oggi, e' arrivato nell'incontro al quale hanno partecipato sia Salvini che Di Maio.

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Studio Cgia, il Sud sta peggio della Grecia

L'Italia e' un Paese sempre piu' spaccato a meta': se, dopo la crisi, il Nord ha ripreso a correre e con qualche difficolta' tiene il passo della locomotiva d'Europa, vale a dire la Germania, il Sud, invece, arranca e presenta una situazione socio/occupazionale addirittura peggiore della Grecia, che da oltre un decennio e' stabilmente il fanalino di coda dell'Eurozona. E' questo il risultato a cui e' giunto l'Ufficio studi della Cgia dopo aver comparato una serie di indicatori economici, occupazionali e sociali della Germania con il Nord Italia e della Grecia con il nostro Mezzogiorno. Le variabili messe a confronto dall'Ufficio studi si raggruppano in 3 grandi aree: economia (Pil pro capite, produttivita' del lavoro, export/Pil e saldo commerciale/Pil); lavoro (tasso di occupazione, tasso di occupazione femminile, tasso di disoccupazione e tasso di disoccupazione giovanile); sociale (rischio di poverta' o esclusione sociale). Ma lo studio valuta anche la forte presenza dell'economia non osservata che, solo per la parte del lavoro irregolare, produce nel Mezzogiorno oltre 27 miliardi di euro di valore aggiunto sommerso all'anno. Secondo una elaborazione della Fondazione Leone Moressa, citata dalla Cgia, tra il 2008 e il 2017 il Mezzogiorno d'Italia ha perso 310.000 occupati e ha registrato un aumento dei disoccupati pari a 592 mila unita'. Sempre nello steso arco temporale, al Nord i posti di lavoro sono aumentati di 74 mila unita', mentre il numero dei senza lavoro e' salito di 413 mila. L'Istat, tuttavia, stima che nel Mezzogiorno le unita' di lavoro standard in nero siano pari a 1.300.000, contro le 776 mila presenti nel Nordovest e le 517.400 "occupate" nel Nordest. Cgia punta poi l'indice sulla ripresa dell'emigrazione: dal 2015 - secondo dati Svimez - il numero di cittadini del Mezzogiorno che per ragioni di lavoro ha raggiunto il Centronord e' tornato a crescere. Se 3 anni fa a lasciare il Sud erano stati poco piu' di 113 mila addetti, nel 2016 il numero e' salito a 137 mila per sfiorare l'anno scorso quota 145 mila.

Dalle comparazioni fatte dalla Cgia emerge che in termini di Pil pro capite il Nord Italia sconta un differenziale negativo con la Germania di poco superiore ai 4.300 euro; il dato del Mezzogiorno, invece, e' superiore a quello greco di 2.000 euro. Tuttavia un cittadino del settentrione dispone di oltre 15.600 euro all'anno in piu' rispetto a un residente al Sud. Sul versante della produttivita' del lavoro (valore aggiunto per occupato in euro), invece, sia il Nord sia il Sud hanno la meglio rispettivamente della media tedesca e di quella greca. E' questo l'unico indicatore tra i 10 presi in esame dove l'esito delle due macro aree del nostro Paese e' migliore di quello registrato a Berlino e ad Atene. In merito all'export, infine, i dati della Germania non hanno eguali nel resto d'Europa, tuttavia il Nord Italia si difende benissimo, registrando un gap molto contenuto, anche nel rapporto tra saldo commerciale e Pil. Tra la Grecia e il nostro Sud, invece, le esportazioni sul Pil sono maggiori nel Paese ellenico, anche se il Mezzogiorno d'Italia conta una bilancia commerciale meno squilibrata di quella greca. Sul versante occupazionale le distanze tra i dati riferiti al mercato del lavoro tedesco e quelli del Nord Italia sono importanti. Se il tasso di occupazione generale in Germania e' superiore di quasi 10 punti, il tasso di disoccupazione, invece, e' di poco inferiore alla meta' (3,8 contro il 6,9 per cento). Altrettanto forte e' il divario riferito al tasso di disoccupazione giovanile: in Germania e' quasi 4 volte inferiore (6,8 contro il 24 per cento). Ugualmente preoccupanti i risultati che emergono dalla comparazione tra il nostro Sud e la Grecia. Solo per quanto concerne il tasso di disoccupazione generale il Mezzogiorno registra una situazione e' migliore di quella greca (19,4 contro 21,5 per cento). In tutti gli altri casi Atene ha sempre la meglio. Quanto al rischio poverta', sebbene il Nord Italia presenti degli indicatori occupazionali meno positivi della media tedesca, in materia di poverta' o esclusione sociale la situazione si capovolge. Nelle nostre regioni settentrionali le percentuali sono inferiori sia al rischio poverta' (19 contro 19,7 per cento), cosi' come inteso dall'indicatore previsto dalla strategia Europa 2020, sia quando analizziamo il "tradizionale" indicatore del rischio poverta' (12,1 contro il 16,5 per cento). Nelle comparazione tra il nostro Sud e la Grecia, infine, le distanze sono pesantissime e in entrambi i casi la popolazione greca presenta percentuali nettamente inferiori alle nostre

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Messa in sicurezza delle autostrade abruzzesi, è ancora scontro tra Regione e Ministero

"Il Decreto 'Genova' che il parlamento si appresta a convertire in legge, contiene una svista quando afferma che dai fondi destinati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per il Masterplan Abruzzo, vadano prelevati 250 milioni per la messa in sicurezza dei tratti autostradali A24 e A25". Non ha dubbi il presidente vicario della Regione Abruzzo, Giovanni Lolli e ha fiducia che un emendamento 'in tale direzione potrà arrivare prima della conversione in legge e consentire di far ricorso ai fondi statali - per una struttura di interessa statale - che ci sono e debbono essere utilizzati'. Ad affermarlo, è stato lo stesso Giovanni Lolli che oggi, insieme con il presidente del Consiglio regionale, Giuseppe Di Pangrazio e il direttore generale della Regione, Vincenzo Rivera, ha tenuto una conferenza stampa per esaminare il dossier di atti che si è formato dal 9 luglio scorso, ad oggi. Secondo Lolli, la delibera di Giunta regionale del 9 luglio 2018, che secondo una interpretazione del Ministro Danilo Toninelli consentirebbe al Mit di prelevare la somma di 250 milioni per gli interventi sulle autostrade abruzzesi già programmati, "non ha autorizzato l'utilizzo dei fondi del Patto per lo sviluppo-Masterplan Abruzzo, ma fa solamente riferimento a fondi assegnati, non trasferiti e non riferibili a procedure contrattuali esecutive o in esercizio". "Non si capisce perché", si domanda il presidente vicario, "fondi già destinati all'Abruzzo per azioni di contrasto al dissesto idrogeologico o per lo sviluppo economico del territorio, debbano essere utilizzati per una infrastruttura di interesse nazionale e che quindi vanno finanziati con fondi nazionali; che, tra l'altro, sono già disponibili".

"Vogliamo che finisca questa condizione di civil tenzone tra Stato e Regione, che non si giustifica solo perchè ci sono le elezioni. Noi vogliamo una condizione di piena collaborazione, lo Stato e il Governo devono aiutare. Noi stiamo patendo una fronda su molte questioni aperte, come la fragilità derivante dai luoghi ad alto tasso di sismicità e quella coincidente con questa infrastruttura della gomma". Lo ha detto il senatore del Pd, Luciano D'Alfonso, nel corso della conferenza stampa sul prelievo dei fondi del Masterplan per l'Abruzzo, con il dl Genova varato dal Governo, che li ha destinati alla messa in sicurezza delle autostrade A24 e A25. "Non vogliamo pensare che ci sia un ministero contrariante - ha proseguito D'Alfonso -. Noi, da sempre, abbiamo potuto contare sulla collaborazione del Mit, al di là di chi ci fosse alla guida politica". Poi D'Alfonso si è soffermato sul comunicato stampa a firma del ministro Toninelli, sempre sul dl Genova, nel quale veniva citata "l'intesa" con la consigliera del M5s, Sara Marcozzi, candidata alla presidenza della Regione alle prossime elezioni. "Penso ci sia stato uno strattonamento delle giacchette ministeriali, per fare in modo che nel comunicato del ministro Toninelli ci fossero anche quelle due gocce d'inchiostro, che riportavano il nome di una consigliera regionale di opposizione, descritta come colei che poteva chiarire ciò che non è chiaro della norma o della condotta ministeriale - ha detto il senatore -. Noi vogliamo che ci sia un'interlocuzione istituzionale, come si confà dentro un ordinamento civile, tra i vertici delle regioni Abruzzo e Lazio, il ministero delle Infrastrutture e il ministero delle Finanze, anche in occasione del prossimo Cipe, dove si dica chiaramente che l'eventuale prestito mensile, si dà luogo per attivare i cantieri, e si esaurisce nel dicembre del 2018". 

"La vicenda della messa in sicurezza delle autostrade A24 e A25 ha una vittima che è l'Abruzzo e gli abruzzesi, e due colpevoli che sono Pd e M5S". Lo ha detto il capogruppo in Consiglio regionale di Forza Italia Lorenzo Sospiri che ha espresso la posizione del suo partito sulla questione che da giorni sta creando polemiche tra i vari gruppi politici e il Governo. "Sia Pd che M5S bisticciano perché sanno di avere la coscienza sporca. E' stata la Regione governata da D'Alfonso che il 9 di luglio di quest'anno ha offerto in quota parte 80 e 20% a carico della Regione Lazio, fondi che secondo loro non potevano essere rendicontati entro il 31 dicembre 2018 per anticipare la cassa, e non la messa in sicurezza delle autostrade A24 e A25, cosa - ha detto ancora Sospiri - di cui diamo per scontato che al concessionario, debba essere lo Stato a finanziare l'intera messa in sicurezza, grazie ad un emendamento presente nella Finanziaria del Governo Pd del 2016; una volta che tu dai al Ministero la possibilità di capire che tu i soldi non li spendi, e che li vuoi utilizzare per altro, chi li va cercando per una manovra finanziaria senza copertura, li utilizza". L'esponente di Forza Italia ha poi aggiunto: "Io non capisco perché i lavori di prolungamento dell'asse attrezzato o la riqualificazione di tutto il materiale rotabile, non siano stati considerati una priorità per l'Abruzzo. In realtà - ha concluso Lorenzo Sospiri - parliamo di 200 milioni di euro che sul fondo complessivo da 14 miliardi del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti sono una inezia"

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Tetti di spesa alle cliniche, Chiodi e Venturoni rinunciano alla prescrizione

Hanno rinunciato alla prescrizione l'ex presidente della giunta regionale Gianni Chiodi e l'ex assessore regionale alla Sanità Lanfranco Venturoni, questa mattina davanti al tribunale collegiale di Pescara, nell'ambito del processo sui tetti di spesa alle cliniche private, della Regione Abruzzo, relativi all'anno 2010. Il processo dunque va avanti, anche per gli altri imputati, che invece beneficeranno dell'intervenuta prescrizione, che però sarà dichiarata soltanto al momento della sentenza. Nel processo, oltre a Chiodi e Venturoni, sono imputati l'ex sub commissario alla sanità Giovanna Baraldi e due tecnici dell'agenzia per i servizi regionali, Francesco Nicotra e Lorenzo Venturini. Le accuse, a vario titolo, sono di falso, violenza privata e abuso d'ufficio. Al centro della vicenda sono finiti i contratti delle case di cura che, secondo l'accusa, sarebbero stati estorti agli imprenditori della sanità privata con la minaccia del disaccreditamento. Il procedimento ha preso il via da un esposto di Luigi Pierangeli, imprenditore della sanità privata a capo del gruppo Synergo. Nella prossima udienza, in programma il 16 gennaio, saranno ascoltati i primi testimoni dell'accusa: Luigi Pierangeli, Antonella Gigante e Concetta Petruzzi. Il 31 gennaio sarà la volta degli altri testimoni citati dal pm Papalia. 

 "Non deve rimanere neanche un'ombra sull'opera di normalizzazione che abbiamo fatto, in termini anche etici, di quello che era il sistema perverso riguardante il rapporto tra sanità privata e amministrazione pubblica". Così l'ex presidente della giunta regionale, Gianni Chiodi, questa mattina in tribunale a Pescara al termine dell'udienza nel corso della quale, insieme all'ex assessore regionale Lanfranco Venturoni, ha rinunciato alla prescrizione nell'ambito del processo sui tetti di spesa alle cliniche private, della Regione Abruzzo, relativi all'anno 2010. "So quello che è accaduto e so che in Abruzzo non si firmavano i contratti con le cliniche private - prosegue Chiodi -. Io nel 2010 pretesi che quei contratti si facessero e da lì si è scatenato il finimondo". L'ex presidente della giunta regionale sottolinea che "l'azione svolta negli anni in cui sono stato presidente e commissario alla Sanità, per la normalizzazione in termini moralizzatrici del sistema della sanità privata, non poteva concludersi con un dubbio e se io avessi fatto ricorso alla prescrizione avrei potuto lasciare adito, a coloro che invece erano stati moralizzati, di poter dire che invece questa moralizzazione non era stata corretta". In conclusione Chiodi afferma di avere "fiducia nella giustizia e nella magistratura giudicante" e rimarca che, "poiché so di non avere fatto nulla che non fosse nell'interesse generale di un necessario risanamento economico, finanziario, giuridico e anche morale del sistema della sanità privata in Abruzzo, sono convinto che questa sia anche l'occasione per parlarne e per spiegare bene quali erano i vulnus e i problemi, che hanno originato certe scelte, poi convalidate dal Consiglio di Stato, e anche per sottolineare il giudizio incomprensibile della conclusione delle indagini preliminari, che hanno motivato la richiesta di rinvio a giudizio sulla base di varie sentenze che erano già state cassate, senza che se ne facesse menzione".

 "Credo possa essere l'occasione per consentire, sia ai magistrati che all'opinione pubblica, di conoscere quale è stata la storia della Sanità in Abruzzo, soprattutto nei rapporti tra sanità privata e pubblica amministrazione, che hanno portato la Regione al disastro economico". Lo ha detto l'ex assessore regionale alla Sanità, Lanfranco Venturoni al termine dell'udienza nel corso della quale, insieme all'ex presidente della giunta regionale Gianni Chiodi, ha rinunciato alla prescrizione nell'ambito del processo sui tetti di spesa alle cliniche private, della Regione Abruzzo, relativi all'anno 2010. "Una persona che è sicura della propria innocenza e di non avere fatto nulla, non può che accettare il processo in maniera chiara, limpida e senza paura di dire come stanno le cose - ha aggiunto Venturoni - e anzi può essere l'occasione per chiarire meglio i rapporti tra le cliniche private e la Regione Abruzzo, a partire dal 1995, ovvero da quando ho iniziato il mio lavoro con una Commissione d'inchiesta sui rapporti tra case di cura private e Regione".

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