Il Maggio radioso di 107 anni fa

di Achille Lucio Gaspari*

Il 24 maggio 1915 l’Italia entrava in guerra contro l’Austria –Ungheria e un anno dopo anche contro la Germania.

Come si giunse a tanto considerando che l’adesione dell’Italia alla Triplice Alleanza durava ormai da trenta anni?

Sin dai tempi di Mario e Silla, come ben descrive Tacito, i popoli germanici sono sempre stati i violenti avversari delle popolazioni italiche. L’alleanza con gli Imperi Centrali non era mossa né da vicinanza culturale né da simpatia né da interessi comuni. Era un modo per il giovane stato italiano di tutelare la sua sicurezza dopo la guerra che ne 1866 l’aveva visto contrapporsi all’Austria con il determinante aiuto della Prussia. Che si trattasse di un “innaturale connubio” è dimostrato dal fatto che, essendosi l’Esercito Italiano spostato a sud, per portare soccorso dopo il terremoto di Messina del 1908, il Generale Conrad pensò di approfittarne per attaccare di sorpresa l’Italia che era sua alleata. Il fatto non si verificò per l’opposizione dell’imperatore Francesco Giuseppe il quale, essendo incerto il risultato, volle evitare al suo regno una terribile perdita di credibilità a livello internazionale. Trattandosi di una alleanza difensiva, ed essendo stata l’Austria –Ungheria lo stato aggressore, l’Italia dichiarò conseguentemente la sua neutralità. Tutta l’opinione pubblica accolse con favore questa decisione. Il contrasto di idee verteva sulla scelta di mantenere la neutralità oppure denunciare l’alleanza con gli Imperi Centrali e scendere in guerra contro di loro. Il problema che agitò l’opinione pubblica dall’agosto 1914 al maggio 1915 fu: mantenere la neutralità o dichiarare guerra all’Austria –Ungheria?

Neutralisti ed interventisti

I neutralisti costituivano probabilmente la maggioranza del paese. Erano composti dai Socialisti che, guidati da Filippo Turati, avevano questa posizione per ragioni ideologiche; una guerra tra stati borghesi era contro l’interesse del proletariato. I cattolici lo erano per ragioni religiose e la Curia parteggiava per l’Austria in quanto paese cattolico e conservatore. Una consistente parte dei liberali, quelli che facevano riferimento a Giolitti lo erano per ragioni politiche. Giolitti riteneva che l’esercito italiano non fosse preparato ad affrontare un impegno bellico così importante e come scrisse in un suo articolo sulla Tribuna, si sarebbe potuto ottenere “parecchio” utilizzando l’arma della diplomazia. Il comportamento austriaco fu miope ed evitò di venire incontro alle posizioni di Giolitti nonostante la fattiva mediazione della Germania. Le concessioni erano limitate e si sarebbero verificate a guerra conclusa vittoriosamente.

Gli interventisti, meno numerosi ma più attivi erano costituiti dagli irredentisti come Cesare Battisti che si prodigava per convincere l’opinione pubblica che la riconquista di Trento e Trieste era un sacro dovere. In questo schieramento un gruppo dinamico e consistente era fatto dai nazionalisti guidati da Filippo Corridoni , da Federzoni e da Paolucci. Le loro motivazioni andavano dalle idee risorgimentali che dovevano avere la loro conclusione vittoriosa, al desiderio di una politica di potenza che collocasse l’Italia a pieno titolo tra le potenze europee. I conservatori e una parte dei liberali seguivano le idee di Vittorio Emanuele III° che si mostrava propenso ad un accordo con l’Intesa, ma anche l’opinione degli industriali che desideravano fossero loro attribuite ampie commesse per la produzione bellica. Non mancava la partecipazione di uomini di cultura come Gabriele d’Annunzio e Marinetti con la loro convinzione del ruolo del superuomo nella storia e della guerra come “sola igiene del mondo “Sorprendente fu il mutamento di posizione del dirigente socialista Benito Mussolini che dalle pagine dell’Avanti sosteneva le ragioni del neutralismo, ma poi spostatosi nel campo degli interventisti e fondato a Milano il quotidiano Il Popolo d’Italia scrisse il 15 novembre un infuocato articolo dal titolo “Audacia”. Prezzolini e Ardengo Soffici scesero nella lizza letteraria. Quest’ultimo dalle pagine della rivista Lacerba attaccò frontalmente Giolitti con un articolo dal titolo “Il trionfo della merda”

Le trattative segrete.

La Camera dei Deputati era chiusa e sarebbe stata riaperta il 20 maggio. La maggioranza dei deputati era favorevole alla neutralità e quando Giovanni Giolitti scese a Roma si presentarono nell’albergo dove aveva preso residenza, e lasciarono il loro biglietti da visita; erano più di 300! Salandra, Presidente del Consiglio, e il ministro Sonnino, con l’appoggio della Corona lavoravano per un accordo con l’Intesa che fu stipulato a Londra il 26 aprile con questo impegno: all’Italia, a conclusione vittoriosa della guerra sarebbe andato il Trentino ed il sud Tirolo con il confine portato al Brennero. L’Italia avrebbe avuto anche Trieste e l’Istria fino al golfo del Quarnaro, esclusa Fiume, ma Dalmazia compresa. L’accordo era logicamente segreto e questo segreto fu serbato ermeticamente. Giolitti in una udienza con il Re chiese che l’Italia si mantenesse neutrale e si ritirasse dall’accordo con l’Intesa. A questa proposta il Re rispose che esisteva un suo impegno e piuttosto che violarlo avrebbe abdicato in favore del cugino Duca d’Aosta. Salandra appreso questo contrasto, dopo un agitato Consiglio dei Ministri, si dimise.

Il maggio radioso

Il questo clima di incertezza e di esaltazione presso lo scoglio di Quarto il 5 maggio veniva inaugurato un monumento che celebrava l’impresa dei Mille. Il giorno prima l’Italia aveva denunciato la Triplice Alleanza ma la notizia non era trapelata. Il Re e il Governo per ovvie ragioni di riservatezza si astennero dall’intervenire. Gabriele d’Annunzio venne nominato come oratore ufficiale. Nel suo discorso che era un dialogo con la numerosissima folla, sostenne la tesi della sacralità civile e religiosa che facevano del conflitto a cui l’Italia voleva partecipasse, una specie di guerra santa. Eccone trascritta una delle frasi più ispirate “Voi volete un’Italia più grande non per acquisto ma per conquista, non per misura ma a prezzo di sangue e gloria. Oh beati quelli che più danno perché più potranno dare, più potranno ardere. Beati i giovani affamati di gloria perché saranno saziati” La situazione era quasi da guerra civile. Numerose furono le manifestazioni pro intervento, ma anche quelle a favore del neutralismo con scontri che determinarono morti e feriti. D’Annunzio si precipitò a Roma e dal balcone del suo albergo tenne un discorso in cui attacco frontalmente Giolitti definendolo” vecchio boia ladrone le cui calcagna di fuggiasco conoscono la via di Berlino”.

Il 17 maggio dalla scalinata dell’Araceli tenne un discorso che capovolse la situazione. Ad un certo punto sguainò la sciabola che disse essere di Nino Bixio,e mentre il sole al tramonto la colorava di un rosso sangue la baciò e disse “L’Italia è liberata, le nostre armi sono le nostre mani. Non temiamo il nostro destino ma vi andiamo incontro cantando”

Il Re respinse le dimissioni di Salandra e il Governo chiese i pieni poteri che nella seduta del 20 maggio gli furono accordati con 407 voti contro 74

Epilogo

Il 24 maggi l’Italia entrava in guerra contro l’Austria- Ungheria. I fanti varcarono i vecchi confini e il conflitto durò tre anni e cinque mesi. Ci costò 650.000 morti e un milione e mezzo di feriti, ma concluse il nostro Risorgimento dandoci insieme alle terre irredente onore e gloria. Tanti furono gli eroi e tra questi anche gli Abruzzesi Gabriele d’Annunzio E Raffaele Paolucci. Ma tutti furono eroi e sono ricordati e celebrati da ignote mani che su muri diroccati scrissero; O IL PIAVE O TUTTI EROI O TUTTI ACCOPPATI e MEGLIO VIVERE UN GIORNO DA LEONE CHE UN ANNO DA PECORA.

Sul ricordo di tanti sacrifici, dalla sua cripta scavata nelle viscere della Maiella Madre veglia il nostro eroe abruzzese, la medaglia d’Oro Andrea Bafile.

*Professore Ordinario Emerito, Direttore Sezione Clinica Chirurgica, Facoltà di Medicina e Chirurgia
Università degli Studi di Roma Tor Vergata

Di Redazione Notizie D'Abruzzo

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Un commento

  1. Grande articolo che riesce a dire più di quanto avrei saputo dire io. Un grazie all’autore
    Paolo grippo

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