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Emilia-Romagna e Veneto sono le regioni con più Dop e Igp

Emilia-Romagna e Veneto sono le regioni con più Dop e Igp (rispettivamente 45 e 38 prodotti riconosciuti). Lo sostiene l'Istat che per l’anno 2017 conferma che il nostro Paese è il primo per numero di riconoscimenti di prodotti agroalimentari conferiti dall'Unione europea.
Il numero di produttori Dop, Igp e Stg aumenta, rispetto al 2016, dell'1,8% sintesi del persistente calo registrato al Nord (-2,8%) e di un consistente aumento rilevato nel Mezzogiorno (+7,3%) e, in misura più lieve, al Centro (+1,4%). Cresce considerevolmente il numero dei trasformatori (+7,6%); l'aumento è maggiore nel Mezzogiorno (+11,5%) e al Centro (+8,4%).
Nel confronto con l'anno precedente, gli allevamenti (40.043 strutture) si riducono dell'1,3% mentre la superficie (232.803 ettari) aumenta del 17,9%, con una crescita intensa nel Mezzogiorno (+31,2%) e nel Nord (+22,9%).
Fra i principali settori sono in crescita gli Ortofrutticoli e cereali e gli Oli extravergine di oliva.
Nel periodo 2007-2017, i produttori, storicamente più radicati nelle regioni settentrionali, crescono maggiormente nel Centro-sud; in particolare, i produttori del Mezzogiorno superano stabilmente, a partire dal 2013, quelli del Nord-est, che invece risultano in calo (Figura 2). Tale andamento si deve sia alla crescita del numero di prodotti meridionali riconosciuti dall’Ue, e di conseguenza all’aumento dei loro produttori, sia all’incremento dei produttori delle filiere lattiero-casearia in Sardegna e oleicola in Puglia e Sicilia.
I produttori risultano fortemente concentrati in alcune aree; oltre la metà (50,9%) è localizzata in tre regioni: Sardegna, Toscana, e Trentino-Alto Adige, con un peso pari, rispettivamente, a 20,5%, 16,1% e a 14,3% del totale nazionale.
Circa la metà dei trasformatori (48%) opera in quattro regioni del Centro-nord: Emilia-Romagna (18,6%), Toscana (16%), Veneto (7,4%) e Lombardia (6%). In Emilia-Romagna e Lombardia prevalgono i trasformatori di prosciutti e insaccati (macellatori, elaboratori e porzionatori), in Toscana gli operatori oleari (molitori e imbottigliatori) e in Veneto i confezionatori ortofrutticoli. A livello regionale, i maggiori incrementi si segnalano in Sicilia (+750 produttori, +21%; +8,3 mila ettari, +36,2%; trasformatori +106, +22,4% e impianti di trasformazione +193, +32,7%) Puglia (+465 produttori, +14,4%; +8,7mila ettari, +26,4%), Emilia-Romagna (+11mila ettari; +115,4%) e Veneto (+104 trasformatori; +21,1%).
Gli allevamenti sono particolarmente concentrati in Sardegna (41,1% delle strutture), Lombardia (13,1%), Emilia-Romagna (9,8%) e Veneto (6,6%), ossia nelle aree geografiche del Paese storicamente specializzate nell’allevamento suinicolo e nella produzione lattiero-casearia di qualità.
La superficie interessata alle Dop e Igp, investita principalmente a ortofrutta e olivo, è concentrata in tre regioni: Toscana (30,3%), Puglia (17,8%) e Sicilia (13,3%), seguono Trentino-Alto Adige (9,3%), Emilia-Romagna (8,8) e Calabria (5,6%).
Si conferma la netta prevalenza della melicoltura in Trentino-Alto Adige, dell’olivicoltura da olio in Toscana, Puglia e Sicilia e dell’ortofrutta in Sicilia ed Emilia-Romagna. Le specialità Dop e Igp riconosciute dall’Ue sono ampiamente diffuse sul territorio. La ripartizione con più prodotti Dop e Igp è il Mezzogiorno che comprende 114 riconoscimenti, pari al 38,9% dei prodotti italiani (Stg escluse) riconosciuti dell’Ue.
Alcune regioni sono particolarmente ricche di Dop e Igp4; in Emilia-Romagna e Veneto i prodotti riconosciuti sono rispettivamente 45 e 38. Nel Nord spiccano anche Lombardia e Piemonte con 35 e 24 specialità, mentre la Valle d’Aosta dispone di soli quattro riconoscimenti.
Nel Centro, la maggiore consistenza di denominazioni si rileva in Toscana e Lazio, rispettivamente con 31 e 28 specialità. Nel Mezzogiorno le regioni con più riconoscimenti sono la Sicilia con 30 prodotti e la Campania con 23, seguono Puglia e Calabria, rispettivamente, con 20 e 18 prodotti.
L’Italia si conferma il primo Paese per numero di riconoscimenti Dop, Igp e Stg conferiti dall’Unione europea. I prodotti agroalimentari di qualità riconosciuti al 31 dicembre 2017 sono 295 (4 in più sul 2016); tra questi, quelli attivi sono 285 (96,6% del totale).
 
Nel 2017 gli operatori certificati sono 85.592, 1.897 in più del 2016 (+2,3%). Tra questi, il 90,6% svolge solo attività di produzione, il 6,4% solo trasformazione e il 3% entrambe le attività. Durante il 2017 entrano 11.116 nuovi operatori nel sistema di certificazione a fronte dei 9.219 che escono.
Gli operatori sono soprattutto uomini: l’83,8% dei produttori e l’86,2% dei trasformatori.
I produttori (80.189) sono particolarmente numerosi nei settori Formaggi (26.491, 33% del totale), Oli extravergine di oliva (21.959, 27,4%) e Ortofrutticoli e cereali (18.746, 23,4%). Anche i trasformatori (8.050) sono presenti soprattutto nei settori Oli extravergine (2.206, 27,4% del totale), Ortofrutticoli e cereali (1.674, 20,8%) e Formaggi (1.505, 18,7%).La metà dei produttori è attiva in aree montane mentre oltre un quarto (26,5%) opera in collina.

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Coldiretti, autunno ricco per castagne, funghi e tartufi

 Un anno d'oro per i frutti dell'autunno 2018 con risultati positivi per le ricerche di funghi e tartufi e un aumento della produzione nazionale di vino, kiwi, nocciole e castagne, quest'ultime con un raccolto stimato superiore a 30 milioni di chili in aumento dell'80% rispetto a cinque anni fa. Secondo una analisi della Coldiretti per l'autunno 2018 una netta inversione di tendenza rispetto alle delusioni dello scorso anno, anche per l'effetto delle condizioni climatiche. Con i risultati positivi delle ricerche si sono ridotti di 1/3 (-33%), rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, i prezzi del tartufo bianco che hanno toccato i 300 euro all'etto al borsino del tartufo di Alba, punto di riferimento a livello nazionale, per pezzature medie attorno ai 20 grammi, proprio all'apertura della Fiera Internazionale, secondo la Coldiretti. Valori molto piu' convenienti rispetto allo scorso anno che stanno facendo volare i consumi si registrano dal Piemonte alle Marche, dalla Toscana all'Umbria, dall'Abruzzo al Molise, ma anche nel Lazio e in Calabria dove sono numerosi i territori battuti dai ricercatori del Tuber magnatum Pico che si sviluppa in terreni freschi e umidi sia nelle fasi di germinazione che in quella di maturazione. Si stima siano coinvolti complessivamente circa 200 mila raccoglitori ufficiali che riforniscono negozi e ristoranti e alimentano un business che, comprensivo di indotto, sviluppa un valore stimato in circa mezzo miliardo di euro tra fresco, conservato o trasformato. Anche i funghi hanno beneficiato delle condizioni climatiche e le previsioni per quest'anno sono di un raccolto ben superiore a quello delle annate normali negli oltre 10 milioni di ettari di bosco che coprono un terzo dell'Italia. Una boccata di ossigeno per gli appassionati lungo tutta la Penisola dove per porcini, finferli, trombette, chiodini si stanno registrando risultati particolarmente incoraggianti. Il raccolto 2018 di nocciole si prospetta in crescita, con una ripresa delle produzioni dopo un deludente 2017, anche se, in alcune zone, ci sono state difficolta' legate alle precipitazioni eccessive dell'ultimo periodo, mentre per il kiwi, il raccolto fa segnare un balzo del 18% con l'Italia che e' il primo produttore europeo e il secondo mondiale dopo la Cina. Anche per la vendemmia si prevede in aumento tra il 10% e il 20% (50 milioni di ettolitri). L'annata si prospetta generalmente positiva anche per le castagne che fanno segnare un aumento della produzione dopo la strage provocata dall'insetto cinipide galligeno, proveniente dalla Cina, che per anni ha infestato i boschi lungo la Penisola. Quest'anno la stagione e' stata segnata da un aumento in quantita' e in qualita'

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Prezzi del tartufo in calo del 44 per cento

Sono quasi dimezzati (-44%) rispetto allo scorso anno i prezzi del tartufo bianco che hanno toccato i 250 euro all'etto al borsino di Alba, punto di riferimento a livello nazionale. E' quanto afferma la Coldiretti nel rendere note le prime quotazioni per pezzature medie attorno ai 20 grammi di inizio stagione, che fanno segnare valori più convenienti rispetto ai 450 euro all'etto dello scorso anno facendo volare i consumi. E' l'effetto delle condizioni climatiche favorevoli in una estate in cui è caduto il 56% in più di pioggia che ha permesso la moltiplicazione del prezioso frutto dell'autunno; tutto da sperare quindi, precisa la Coldiretti, in una raccolta da record. Dal Piemonte alle Marche, dalla Toscana all'Umbria, dall'Abruzzo al Molise, ma anche nel Lazio e in Calabria sono numerosi i territori battuti dai ricercatori; si stima che quelli ufficiali siano circa 200 mila che riforniscono negozi e ristoranti ed alimentano un business che, indotto compreso, sviluppa un valore stimato in circa mezzo miliardo di euro tra fresco, conservato o trasformato. 

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Coldiretti, 148 prodotti tipici dell’Abruzzo per le bandiere del gusto

Riporteranno a casa la mortadella di Campotosto o i salamini teramani, una bottiglia di pomodoro a pera d'Abruzzo o una bella forma di pecorino di Farindola senza dimenticare la prelibata Ratafia come digestivo di fine pasto. Sono i prodotti tipici a classificarsi come souvenir preferiti dai turisti dell'estate 2018 che, a fine vacanza, anche in Abruzzo acquisteranno un "ricordo da assaporare" più che da mostrare. E' quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixe' divulgata questa mattina a Roma in occasione dell'assegnazione delle "Bandiere del gusto 2018" - specialità regionali ottenute secondo regole tradizionali protratte nel tempo per almeno 25 anni - dalla quale si evidenzia che le difficoltà economiche spingono verso spese utili come vino, formaggio, olio di oliva, salumi o conserve che vincono su tutte le altre scelte. L'acquisto di prodotti tipici come ricordo delle vacanze - al secondo posto tra i souvenir si classificano prodotti artigianali e a seguire gadget, portachiavi, magliette - è una tendenza in rapido sviluppo favorita dal moltiplicarsi delle occasioni di valorizzazione dei prodotti locali che si è verifica nei principali luoghi di villeggiatura, con percorsi enogastronomici, città del gusto, aziende e mercati degli agricoltori di Campagna Amica, che in Abruzzo sono in pianta stabile ben tre nelle città capoluogo di provincia di Chieti, Pescara e L'Aquila recentemente inaugurata. Sette turisti su 10 (71%) in vacanza nel Belpaese - precisa la Coldiretti - hanno deciso di visitare frantoi, malghe, cantine, aziende, agriturismi o mercati degli agricoltori per acquistare prodotti locali a chilometri zero direttamente dai produttori e ottimizzare il rapporto prezzo/qualità. Il 34% dei vacanzieri - continua la Coldiretti - consuma pasti principalmente al ristorante durante la vacanza, il 9% in agriturismi, l'8% in pizzeria, ma più uno su quattro (il 26%) mangia a casa anche se non manca che sceglie paninoteche, fast food, cibi di strada e pranzi al sacco. E in questo scenario l'Abruzzo non fa eccezione con oltre 148 "bandiere del gusto" su ben 5056, veri e propri primati della nella qualità, nella sostenibilità ambientale e nella sicurezza della propria produzione agroalimentare che peraltro ha contribuito a mantenere nel tempo un territorio con paesaggi di una bellezza unica". Per l'Abruzzo, spiccano infatti 7 bevande, 25 tipologie di carne, 14 formaggi, 49 prodotti della panetteria e 17 prodotti della gastronomia solo per citarne alcuni. Tra le tante "bandiere", il pecorino di Farindola, il caciofiore aquilano, il peperone rosso di Altino, la scrucchiata, la ventricina vastese e teramana, le lenticchie di santo Stefano, le olive intosso, l'Incanestrato di Castel del Monte. Primati che - sottolinea Coldiretti Abruzzo - anche nella nostra regione rappresentano una attrazione fatale per i turisti stranieri e hanno permesso di conquistare nel primo trimestre del 2018 il record storico per il Made in Italy agroalimentare nel mondo con le esportazioni che fanno registrare un incremento nazionale del 3,3 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, per un valore che sfiora i 10 miliardi.

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Torna il concorso ‘Miele dei Parchi d’Abruzzo 2018’

 Il Parco Nazionale della Majella e i Parchi nazionali d'Abruzzo, Lazio e Molise, del Gran Sasso e Monti della Laga e il Parco regionale Sirente Velino propongono per il quinto anno il concorso "Miele dei Parchi d'Abruzzo 2018", per la selezione dei migliori mieli prodotti all'interno dei rispettivi territori. Il concorso si rivolge agli apicoltori che raccolgono il miele prodotto nel corso dell'ultima annata apistica: il 2017 per i mieli di produzione autunno-invernale, il 2018 per gli altri, da arnie posizionate, anche temporaneamente, in uno dei Comuni ricadenti nelle aree protette. I campioni di miele saranno valutati, nell'ambito della categoria dichiarata, attraverso le analisi più idonee a mettere in evidenza pregi e difetti del prodotto: in particolare, saranno utilizzate analisi fisico-chimiche, melissopalinologiche e organolettiche. La scheda di partecipazione al concorso può essere scaricata dai siti ufficiali dei Parchi: www.parcoabruzzo.it, www.parcomajella.it, www.gransassolagapark.it, www.parcosirentevelino.it e dovrà pervenire insieme ai campioni di miele, entro il 17 settembre 2018. La premiazione avrà luogo a Guardiagrele il 14 ottobre prossimo, nella sede del Comune. Soddisfatto il direttore del Parco nazionale della Majella, Oremo Di Nino, che commenta "positivamente questa sinergia tra Parchi abruzzesi consolidata negli anni che ha visto la partecipazione congiunta anche a numerose altre manifestazioni fieristiche in Italia e all'estero". Sempre Guardiagrele il prossimo 18 agosto ospiterà "Mielinfesta", mostra mercato dei mieli abruzzesi al cui interno sono previste attività di educazione alimentare per bambini e degustazioni guidate. Appuntamenti inseriti nel Protocollo d'Intesa siglato dai presidenti dei Parchi per realizzare la complementarità e l'integrazione di iniziative e progetti per lo sviluppo e valorizzazione delle attività apistiche, tramite azioni coordinate e interventi atti a favorire il miglioramento della competitività del settore apistico regionale, oltre alla sua divulgazione e conoscenza presso un più ampio pubblico

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Coldiretti, calano le vendite di vino made in Italy in Canada

Calano del 4% le bottiglie di vino Made in Italy esportate in Canada nel primo quadrimestre del 2018 rispetto al quello dell'anno precedente, dopo l'entrata in vigore dell'accordo Ceta il 21 settembre 2017. E' quanto afferma la Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nel primi quattro mesi dell'anno. Con il Ceta si è verificata - sottolinea la Coldiretti in un comunicato - una brusca inversione di tendenza rispetto allo stesso periodo dello scorso anno quando le bottiglie esportate erano aumentate del 15%. Il vino - sottolinea la Coldiretti - è il prodotto agroalimentare italiano piu' venduto nel Paese nordamericano dove rappresenta oltre 1/3 del valore totale dell'export. L'accordo di libero scambio con il Canada (Ceta) - denuncia la Coldiretti - non protegge dalle imitazioni dall'Amarone all'Ortrugo dei Colli Piacentini insieme a molti altri vini e non prevede nessun limite per i wine kit che promettono di produrre in poche settimane le etichette piu' prestigiose dei vini italiani, dal Chianti al Valpolicella, dal Barolo al Verdicchio che il Canada produce ed esporta in grandi quantità in tutto il mondo. L'intesa raggiunta con il Canada, sebbene abbia mantenuto l'accordo siglato nel 2003, non ha previsto - precisa la Coldiretti - l'aggiornamento dell'elenco con le denominazioni nate successivamente. E pertanto non trovano al momento tutela importanti vini quali l'Amarone, il Recioto e il Ripasso della Valpolicella, il Friularo di Bagnoli, il Cannellino di Frascati, il Fiori d'arancio dei Colli Euganei, il Buttafuoco e il Sangue di Giuda dell'Oltrepo' Pavese, la Falanghina del Sannio, il Gutturnio e l'Ortrugo dei Colli Piacentini, la Tintillia del Molise, il Grechetto di Todi, il Vin santo di Carmignano, le Doc Venezia, Roma, Valtenesi, Terredeiforti, Valdarno di Sopra, Terre di Cosenza, Tullum, Spoleto, Tavoliere delle Puglie, Terre d'Otranto. La mancata protezione delle denominazioni di vino italiane nei diversi Paesi non solo rischia di favorire l'usurpazione da parte dei produttori locali ma - conclude la Coldiretti - favorisce anche l'arrivo su quei mercati di prodotti di imitazione realizzati altrove

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La bioeconomia in Italia vale 260 miliardi di euro 

Secondo il Rapporto 2018 sulla bioeconomia in Italia, realizzato dal Centro studi di Intesa Sanpaolo, il settore vale nel nostro Paese 260 miliardi di euro e dà lavoro a circa 1,7 milioni di persone. Si tratta - come spiegato - di un metasettore all'interno del quale l'industria chimica bio-based svolge ''un ruolo essenziale'' come traino di innovazione e sviluppo sostenibile consentendo di portare sul mercato nuovi prodotti che presentano nel corso della loro vita performance migliorative rispetto a prodotti tradizionali o che permettono migliori opzioni di smaltimento. ''E' tempo di ridisegnare l'interno modello di sviluppo - ha aggiunto Bastioli - traducendo la strategia nazionale sulla bioeconomia in un piano d'azione dettagliato con obiettivi chiari e definiti e che stimoli un modello di innovazione continua, applicata ai territori, per una reale accelerazione verso uno sviluppo sostenibile in grado di rigenerare le risorse naturali e dare lavoro di qualità''. Un settore, la bioeconomia, che soprattutto nel Mezzogiorno può costituire una grande opportunità partendo - come evidenziato - dalle competenze e dalle tecnologie che già esistono per consentire progetti di riqualificazione territoriale. 

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Biodiversità, in Italia un quinto delle specie a rischio

In Italia oltre un quinto del totale delle specie presenti è a rischio di estinzione. Il marine litter tra i principali nemici della biodiversità marina insieme all’inquinamento e ai cambiamenti climatici. Tra le specie minacciate la tartaruga Caretta caretta, la Berta maggiore e la balenottera comune. Da Manfredonia Legambiente, con l’Anteprima di Spiagge e fondali puliti 2018, lancia il suo messaggio: “Per contrastare il marine litter e la perdita di biodiversità, puntare su politiche di prevenzione e sensibilizzazione e una corretta gestione dei rifiuti coinvolgendo i cittadini”
Anche in Italia e nel Mar Mediterraneo la biodiversità è in pericolo. Inquinamento e marine litter, in primis, ma anche cambiamenti climatici, alterazione dell’habitat, specie aliene invasive e sovra sfruttamento delle risorse naturali sono i principali nemici di questo capitale naturale, di cui l’Italia è uno dei paesi più ricchi in Europa, ospitando circa la metà delle specie vegetali e circa un terzo di tutte le specie animali attualmente presenti nel vecchio continente. Una biodiversità che oggi deve essere più tutelata e protetta. Nel nostro Paese oltre un quinto del totale delle specie presenti sono a rischio di estinzione. Su un campione, utilizzato dall’IUCN, di 2807 specie italiane di spugne, coralli, squali, razze, coleotteri, farfalle, pesci d’acqua dolce, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi, ben 596 sono infatti a rischio di estinzione.

A lanciare l’allarme è Legambiente che, in occasione della giornata mondiale della biodiversità, fa il punto sullo stato di salute delle specie viventi in Italia, nel rapporto “Biodiversità a rischio 2018”, con un approfondimento sul Mediterraneo e su alcune specie minacciate dal marine litter; e da Manfredonia (FG), luogo simbolo dell’Anteprima organizzata oggi di Spiagge e Fondali puliti 2018, l’associazione ambientalista ha ribadito con forza che per contrastare il marine litter e la perdita di biodiversità è fondamentale puntare su prevenzione e corretta gestione dei rifiuti. Ad oggi i rifiuti marini, soprattutto la plastica, sono una delle principali minacce per circa 180 specie marine mediterranee. La tartaruga Caretta caretta, insieme alla balenottera comune e agli uccelli marini come la Berta maggiore, sono tra le specie minacciate dai rifiuti galleggianti e dall’inquinamento da plastica in mare. Ogni anno nel Mediterraneo sono oltre 130mila le tartarughe marine Caretta caretta che rimangono vittime di catture accidentali durante le normali operazioni di pesca professionale. Di queste circa 70 mila abboccano agli ami utilizzati per la pesca al pescespada, oltre 40 mila rimangono intrappolate in reti a strascico e circa 23 mila in quelle da posta. Oltre alle tartarughe, tra le specie minacciate dal marine litter ci sono anche gli uccelli marini, in particolare i procellariformi, tra cui si trova la berta maggiore, con più del 63% delle specie affette da inquinamento da plastica. E poi c’è la balenottera comune, unico misticeto residente nel Mar Mediterraneo, classificato come in pericolo dalle liste rosse della IUCN, e che risulta essere in diminuzione rispetto agli ultimi 20 anni. La balenottera, alimentandosi per filtrazione, con ogni boccone arriva ad ingerire fino a 7mila litri d’acqua inghiottendo, insieme al krill, anche grandi quantità di macro e microplastica.

Nel report “Biodiversità a rischio” l’associazione ambientalista ricorda che il Mediterraneo, per la sua variegata eterogeneità di ecosistemi, è uno dei 25 biodiversity hotspots del mondo, ovvero una delle regioni con il maggior numero di specie viventi in tutto il pianeta. È un punto cruciale per gran parte delle rotte migratorie degli uccelli paleartici, nelle sue acque vivono circa 900 specie di pesci e cetacei e circa 400 specie vegetali. Oggi il marine litter rappresenta una delle principali minacce per mari e oceani. La maggior parte dei rifiuti marini (circa il 95%) è composta da plastica (UNEP/MAP 2015) e sempre secondo l’UNEP il Mar Mediterraneo è attualmente una delle sei aree maggiormente invase da marine litter nel mondo: la concentrazione dei rifiuti in alcune aree è comparabile a quella delle cosiddette “isole galleggianti” dell’Oceano Pacifico. Questo è dovuto principalmente alla sua struttura: essendo esso un bacino semichiuso con ridotti scambi d’acqua con l’Oceano Atlantico, accumula al suo interno un enorme quantitativo di rifiuti galleggianti e non. Tartarughe, mammiferi e uccelli marini possono morire per soffocamento dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di plastica) scambiati per cibo oppure possono restare intrappolati nelle reti da pesca e negli attrezzi di cattura professionale. I principali tipi di impatti causati dai rifiuti marini sulla biodiversità sono infatti l’aggrovigliamento (intrappolamento) – a livello globale, diversi studi indicano che le principali vittime di aggrovigliamento sono gli uccelli marini (35%), pesci (27%), invertebrati (20%), mammiferi marini (circa 13%) e infine rettili (5%) – e l’ingestione (quest’ultima è stata rilevata in diversi organismi. A livello globale il 40% delle specie di uccelli marini ingerisce rifiuti di plastica, il 100% delle specie di tartarughe e il 50% di mammiferi).

Oltre al marine litter e all’inquinamento, gli altri nemici della biodiversità sono il sovra sfruttamento delle risorse naturali. Nel Mediterraneo il 96% degli stock ittici europei è sovrasfruttato. In particolare l’Adriatico, che da solo sostiene il 50% della produzione ittica italiana, è, insieme al Golfo di Gabes in Tunisia, l’area del Mediterraneo dove si pratica con più intensità la pesca a strascico, particolarmente distruttiva per gli ecosistemi di fondo. La perdita e frammentazione degli habitat (dovuta ad esempio all’erosione delle coste e al mattone selvaggio), i cambiamenti climatici che sono una delle concause che favoriscono la diffusione delle specie aliene e invasive: l’Ispra, stima che ad oggi, 42 nuove specie ittiche sono state osservate nei mari italiani.

“Oggi – dichiara Antonio Nicoletti, responsabile aree protette e biodiversità di Legambiente - ci troviamo a dover affrontare una serie di sfide ambientali in costante aumento e soprattutto siamo ancora lontani dal centrare l’obiettivo principale dell'UE di porre fine alla perdita di biodiversità e al degrado dei servizi ecosistemici entro il 2020 e ripristinarli nei limiti del possibile. Anzi, malgrado i miglioramenti ambientali avvenuti negli ultimi decenni e gli sforzi a livello nazionale e internazionale, stiamo continuando a danneggiare i sistemi naturali. Per questo è fondamentale implementare misure di conservazione e azioni di tutela e un monitoraggio continuo delle specie a rischio”.

E sul problema del marine litter, il Presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani spiega: “Il problema dei rifiuti marini costituisce un’emergenza ambientale di scala mondiale e, per risolverla, è urgente mettere in atto azioni concrete puntando, sempre di più, su politiche di prevenzione e sensibilizzazione, su una corretta gestione dei rifiuti e coinvolgendo cittadini e giovani generazioni. Da anni Legambiente riserva alla tutela del mare e delle sue coste un impegno continuo e costante attraverso numerosi progetti, iniziative di volontariato ambientale, attività didattiche, di educazione ambientale e di citizen scienze. Spiagge e Fondali puliti va proprio in questa direzione e oggi siamo orgogliosi di festeggiare la giornata mondiale della biodiversità qui a Manfredonia con un’anteprima, davvero, speciale di Spiagge e Fondali puliti 2018, la nostra storica campagna di volontariato ambientale che dal 25 al 27 maggio chiamerà a raccolta, in Italia e nel Mediterraneo, tanti volontari per ripulire i lidi dai rifiuti spiaggiati”.

La scelta di fare oggi l’Anteprima a Manfredonia non è casuale, qui ha sede per altro il Centro recupero tartarughe marine di Manfredonia (CRTM) gestito dell’associazione ambientalista, che in questi anni di attività ha ospitato, curato e salvato 1404 esemplari di tartarughe marine in difficoltà, la maggior parte delle quali giunte al centro a causa di catture accidentali in reti da strascico (circa il 92%). Recenti studi condotti nel Tirreno settentrionale sulla specie Caretta caretta, la più diffusa nei nostri mari, hanno dimostrato l’ingestione di rifiuti di plastica nel 71% degli individui per i quali è stato analizzato il tratto gastrointestinale. In 22 campioni sono stati trovati 483 frammenti di rifiuti, con una media di oltre 16 pezzi a esemplare. L’anteprima di Spiagge e Fondali puliti ha visto la partecipazione degli studenti dell’Istituto Tecnico Nautico Rotundi/Fermi di Manfredonia, del Presidente nazionale di Legambiente Stefano Ciafani, dei volontari del Centro Recupero Tartarughe Marine di Manfredonia, di alcune realtà associative e il coinvolgimento dell’amministrazione comunale. Obiettivo ripulire il tratto di spiaggia compreso tra Siponto e la foce del Candelaro e augurare buona fortuna alla tartaruga, che è stata liberata in mare oggi al largo della costa sipontina dopo essere stata curata a Manfredonia nel Centro Recupero Tartarughe marine di Legambiente.

A raccontare la giornata di volontariato ambientale in spiaggia, le telecamere di Skytg24, che hanno ripreso anche il momento della liberazione della tartaruga in mare curata. Sky, per altro, collaborerà al grande week-end di Spiagge e Fondali puliti, in programma dal 25 al 27 maggio in tutta la Penisola, attraverso la campagna un Mare da salvare partecipando, il 26 maggio, al week-end di mobilitazione a Genova, Roma e Cagliari insieme ai volontari.


Infine Legambiente oggi ha ricordato che si possono aiutare le tartarughe marine anche con un’adozione simbolica attraversa Tartalove, la campagna lanciata dall’associazione per sostenere i centri di recupero e le attività per la tutela delle tartarughe che popolano i nostri mari e che nidificano lungo le nostre coste. Sul sito www.tartalove.it è possibile visionare periodicamente le foto e le brevi storie delle tartarughe da adottare personalmente o come regalo per una persona cara. Per ogni donazione verrà inviato un piccolo kit di adozione paper-free, che include un certificato di adozione, una fotografia della tartaruga scelta e un racconto più ampio della sua storia. Perché ogni esemplare ha una storia da raccontare.

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Bandiere Blu 2018, premiati 9 Comuni abruzzesi. Mazzocca: Risultato altamente positivo

“La conferma del sensibile miglioramento della qualità delle acque nel mare d'Abruzzo giunge dalla Fee che ha premiato i Comuni di Tortoreto (Spiaggia del sole), Giulianova (Lungomare Zara e Lungomare Spalato), Roseto degli Abruzzi (Lungomare nord, centrale e sud), Pineto (Villa Fumosa, Corfù, S.Maria a valle nord e sud, Torre Cerrano), Silvi (Lungomare Centrale, Parco Marino Torre Cerrano e arenile sud Le Dune new entries 2018), Fossacesia (Fossacesia Marina), Vasto (Punta Penna e Vignola), San Salvo (Marina di San Salvo) e Scanno per il lago (Parco dei salici e Acquevive). La Fee Italia (Foundation for Environmental Education - Fondazione per l'Educazione Ambientale) dal 1987 assegna ogni anno le “Bandiere Blu” secondo svariati criteri basati sulla pulizia del mare e depurazione delle acque, gestione sostenibile del territorio e dei rifiuti, presenza di piste ciclabili, aree verdi, e servizi degli stabilimenti balneari”.

A dichiararlo è il Sottosegretario Regionale Mario Mazzocca che sottolinea: “Il risultato altamente positivo era stato preannunciato già nel marzo scorso, in occasione dei risultati del tavolo tecnico di balneazione da me insediato e relativo agli adempimenti regionali per la stagione balneare 2018 e alla qualità delle acque marino-costiere”.

“A conclusione del tavolo - spiega Mazzocca - l'Esecutivo Regionale varò le risultanze dei campionamenti dell'anno 2017 relative alla qualità delle acque di balneazione. I risultati, incrociati con le precedenti tre annualità, evidenziavano un quadro oltremodo positivo per tutti i centri della costa abruzzese. Sulle 114 attività di prelievo effettuate da Arta in altrettanti punti sottoposti ad analisi, 78 (pari a circa il 70% sul totale) ottennero la qualifica di “Eccellente”, percentuale che sale al 78%, se includiamo anche i 15 prelievi con esito “Buono” e addirittura all'85% se consideriamo anche i 7 punti di prelievo qualificati come “Sufficiente”. In soli 10 casi (8,5% sul totale) i prelievi evidenziarono una qualità di tipo “Scarso”. Un risultato tanto positivo quanto assolutamente impensabile fino a tre anni fa. È indubbio il benefico effetto indotto dai 185 interventi atti a migliorare il sistema depurativo regionale, buona parte dei quali già realizzati e posti in esercizio, per un complessivo investimento di circa 316mln di euro”.

“Pertanto, sento il dovere - conclude il Sottosegretario - di tornare a ringraziare i nostri uffici regionali, quelli delle ASL, l'encomiabile supporto tecnico di Arta, le Capitanerie di Porto e tutti i Comuni coinvolti per la tempestiva e fattiva attività coordinata messa in campo”.

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Corsa alla terra, Coldiretti: in Abruzzo esercito dei mille

 

Con un ritorno epocale, che non avveniva dalla rivoluzione industriale, è’ corsa alla terra per quasi 30mila giovani di cui 1.088 abruzzesi che nel 2016/2017 hanno presentato in Italia domanda per l’insediamento in agricoltura dei Piani di sviluppo rurale (Psr) dell’Unione Europea, con ben il 61% concentrato al sud e nelle isole e il 19% al centro e il resto al nord. E’ quanto emerge dallo studio della Coldiretti “Ritorno alla Terra” presentato questa mattina al primo “Open Day dell’agricoltura” italiana organizzato nel lungomare Imperatore Augusto a Bari al quale hanno partecipato anche centinaia di abruzzesi partiti questa mattina all’alba per raggiungere il capoluogo pugliese. “I dati – dice Coldiretti Abruzzo – confermano che il mestiere della terra non è più considerato l’ultima spiaggia di chi non ha un’istruzione ma è la scelta di nuove generazioni istruite e con voglia di fare tanto e bene. Tuttavia, per i giovani bisogna lavorare ancora e, in Abruzzo, c’è la necessità di modificare il Programma di sviluppo rurale prevedendo altre risorse per i giovani e attuando una vera semplificazione della burocrazia, uno dei grandi ostacoli per chi decide di fare impresa seriamente. La nostra richiesta – aggiunge Coldiretti Abruzzo – sarà comunque ufficializzata nel tavolo verde del prossimo 3 maggio”.

 

Ma qual è la strada per avere successo nei campi? Secondo Coldiretti le mosse da seguire sono dieci.

Il primo passo è avere un’idea d‘impresa ben chiara sulla tipologia di imprenditore che si intende diventare intorno alla quale costruire un progetto di sviluppo, poi bisogna studiare bene territorio, risorse disponibili, mercato, concorrenti e normative vigenti, quindi si entra nella fase della progettazione vera e propria con la verifica della fattibilità redigendo con l’aiuto di adeguati specialisti un business plan in grado di conferire credibilità al progetto e consentire la richiesta di finanziamento che rappresenta la quinta tappa del percorso insieme alle verifica successiva della possibilità di accesso a risorse private o pubbliche, una volta individuato l’istituto di credito al quale appoggiarsi o il bando pubblico al quale concorrere. Le ultime fasi sono la ricerca delle garanzie necessarie alla concessione dei finanziamenti anche con la consulenza e la collaborazione di CreditAgri, il sistema di garanzia della Coldiretti per le aziende agricole. Il traguardo, che diventa poi il punto di partenza dell’impresa, è la realizzazione del progetto per la quale servono energia, entusiasmo e concentrazione, oltre a una certa dose di pazienza per l’inevitabile burocrazia che agli imprenditori agricoli – spiega Coldiretti – sottrae almeno 100 giorni di lavoro ogni anno.

 

Tra gli altri ostacoli da superare c’è anche il costo elevato della terra visto che – spiega un’analisi Coldiretti su dati Eurostat - quella arabile in Italia è la più cara d’Europa con un prezzo medio di 40.153 euro all’ettaro, che varia da regione a regione. In ogni caso se si considera che la dimensione media di un’impresa agricola italiana è di circa otto ettari – sottolinea la Coldiretti – è chiaro che il “prezzo d’ingresso” per un giovane rischia di diventare proibitivo. Per questo una delle soluzioni consigliate dai tutor della Coldiretti è di iniziare affittando la terra con una spesa attorno ai 700 euro a ettaro all’anno, ma che può raggiungere valori molti più alti in zone pregiate di pianura e collina, magari nelle aree di produzione dei grandi vini. Se per i settori a forte investimento finanziario come la zootecnia da latte, se si parte da zero, necessitano di grossi di capitali, per gli altri comparti rurali – spiega la Coldiretti – l’impegno economico totale di partenza dipende dal tipo di attività: dalla coltivazione di frutta e verdura all’allevamento di capre e pecore fino a settori di nicchia come quello dello zafferano o altri come la produzione di mirtilli o piante e fiori nei vivai. E poi – conclude Coldiretti - serve tanto impegno, fatica, volontà e fantasia nell’adottare le più recenti soluzioni tecnologiche e studiare nuovi canali commerciali per i propri prodotti, comprese le vendite on line.

  

LE DIECI REGOLE D’ORO DI COLDIRETTI PER IL SUCCESSO NEI CAMPI

1)    Avere un’idea chiara di quello che si vuole fare

2)    Studiare territorio, mercati e normative

3)    Progettare un business plan

4)    Disegnare una mappa delle fonti di finanziamento

5)    Individuare la banca o il bando pubblico a cui rivolgersi

6)    Verificare le possibilità di accesso alle risorse

7)    Cercare con CreditAgri le garanzie per il finanziamento

8)    Presentare il progetto per accedere al credito bancario

9)    Presentare il progetto per accedere ai fondi pubblici

10) Realizzare il progetto

 

 LA MAPPA DELLA CORSA DEI GIOVANI ALLA TERRA

REGIONI

DOMANDE PRESENTATE

ABRUZZO

1.088

BASILICATA

1.546

CALABRIA

2.110

CAMPANIA

586

EMILIA ROMAGNA

824

FRIULI-VENEZIA GIULIA

172

LAZIO

1.218

LIGURIA

445

LOMBARDIA

794

MARCHE

544

MOLISE

385

P.A TRENTO

352

PIEMONTE

1.807

PUGLIA

4.540

SARDEGNA

2.707

SICILIA

4.700

TOSCANA

2.763

UMBRIA

877

VALLE D'AOSTA

39

VENETO

1.327

TOTALE NAZIONALE

28.824

Fonte: Elaborazione Coldiretti al 1 aprile 2018

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