L’aumento dei prezzi, spinto dai prodotti energetici ma oramai esteso a tutti i settori impoverisce i meno abbienti. I dati dell’Istat mostrano che l’inflazione a giugno e’ salita all’8%, segnando il record dal 1986, ma per le fasce piu’ deboli nel secondo trimestre e’ al 9,8%, per i piu’ agiati e’ al 6,1%. L’istituto di statistica spiega che l’accelerazione dell’inflazione nel secondo trimestre del 2022 e’ determinata in buona parte dai beni energetici ma coinvolge anche beni come gli alimenti e, in misura piu’ contenuta, i servizi. Ed e’ proprio questa differenza che alimenta il ‘differenziale di classe’, salito a 3,7 punti percentuali: i beni, come quelli alimentari, incidono in misura maggiore sulle spese delle famiglie meno abbienti, mentre i servizi pesano invece di piu’ su quelle agiate.
L’Istat segnala che i beni del cosiddetto “carrello della spesa” hanno toccato i livelli piu’ alti dal 1986. A giugno i prezzi degli alimentari lavorati sono saliti da +6,6% a +8,1%, quelli dei non lavorati da +7,9% a +9,6%, e il carrello della spesa e’ salito all’8,2% (a gennaio 1986 era +8,6%). Il Codacons fa i conti di quanto costera’ questa corsa dei prezzi che per adesso non sembra fermarsi: sara’ una stangata da 2.457 euro annui per una famiglia piccola, e con due figli salira’ a 3.192 euro annui. Federconsumatori invece ha cominciato ad osservare come cambiano le abitudini di spesa: diminuisce di oltre il 16% il consumo di carne e pesce, si scelgono verdure piu’ convenienti, si ricorre alle offerte e ai banchi con i prodotti piu’ vicini alla scadenza, si evita sempre piu’ spesso di mangiare fuori casa