Le Idee

Lavorare in sicurezza per costruire il futuro. Il messaggio di questo difficile 1 maggio.

 Lavorare in sicurezza per costruire il futuro. Il messaggio di questo difficile 1 maggio.

 

E’una festa dei lavoratori unica, particolare e difficile quella che celebriamo quest’anno alle prese con la drammatica pandemia del Covid 19. Niente grande corteo unitario sindacale, né il grande concertone a Piazza San Giovanni; in molti casi ci si limiterà a delle iniziative di Cgil. Cisl. Uil sul web per celebrare una ricorrenza che, comunque, esalta il valore universale del lavoro nell’attuale periodo storico che vive il nostro Paese. Tutto ciò, per la nostra realtà abruzzese, significherà, ad esempio, che per la prima volta, in cent’anni non si festeggerà il primo maggio a Popoli; cosa che neanche nel periodo fascista era accaduta. E non ci saranno le celebrazioni a Manoppello,a Teramo, dove storicamente si tiene il corteo più imponente,nella Marsica e neanche a Pescara che pure negli ultimi anni, soprattutto a partire dal 1992, aveva ripreso a dare risalto alla Festa del Lavoro. Personalmente, confesso di vivere una condizione inedita avendo partecipato per oltre un trentennio ai comizi del primo maggio, in modo particolare,a Manoppello a Popoli a Bussi ma anche a Teramo. Ciò non toglie che questa festa del lavoro conservi il suo valore universale.

E’ la sicurezza sul lavoro il primo grande messaggio di Cgil Cisl Uil; di estrema attualità poiché siamo, tuttora, alle prese con la pandemia del Covid19. E il primo pensiero non può che andare ai 152 medici ed ai 37 infermieri morti negli ospedali, in condizioni drammatiche, senza le necessarie protezioni, per dare assistenza e cura agli ammalati di coronavirus, ed anche alle 27.682 vittime finora accertate, gran parte delle quali persone anziane, in particolare residenti nelle Rsa. E’ stato giustamente scritto che, in questi giorni tristi, abbiamo perso la memoria ed il racconto della generazione che negli anni cinquanta ha assicurato il boom economico al nostro Paese. Come scriveva Gabriel Garcia Marquez “la vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla”. Sotto questo aspetto domani avremo una società spiritualmente più povera.

In questo 1 maggio rendiamo omaggio a tutte quelle lavoratrici e lavoratori che, in questo periodo, nonostante l’emergenza,hanno continuato a lavorare per garantire la produzione e l’erogazione di beni e servizi essenziali; medici, infermieri, assistenti sociali, addetti alle pulizie, operatori dei pronto soccorso, della protezione civile, delle forze dell’ordine. che nei luoghi di cura e nel territorio, hanno prestato servizio per evitare il dilagare del virus, hanno curato ed assistito i malati mettendo a rischio la loro salute e quella dei loro familiari. Del loro eroico esempio non bisognerà dimenticarsi nel prossimo futuro!

E’ evidente che nella fase della ripartenza bisogna tornare fortemente ad investire nella sanità pubblica, senza la quale non saremmo, finora, riusciti a contenere l’esplosione della pandemia. E’ quindi urgente superare ogni sterile remora ed utilizzare rapidamente i 37 miliardi del MES, senza condizioni, per potenziate e qualificare, ulteriormente ,il nostro sistema sanitario pubblico soprattutto nel territorio e nella prevenzione. La sicurezza sui posti di lavoro deve essere garantita soprattutto nella imminente fase di avvio alla ripartenza del nostro sistema industriale. Ciò deve avvenire mediante l’applicazione dei protocolli nazionali sulla sicurezza firmati il 14 marzo ed il 26 aprile che sanciscono il principio che “la prosecuzione della attività industriale può avvenire solo in presenza di condizioni che assicurino alle persone che lavorano adeguati livelli di protezione” e che assegnano un ruolo determinante al sindacato confederale nei posti di lavoro. Su questa base è importante l’accordo raggiunto alla FCA ed alla Sevel per riaprire in sicurezza; così come, da noi, le esperienze positive alla De Cecco ed alla Fater dove non ci si è mai fermati lavorando in sicurezza.

In questi giorni ,ed in queste ore, si parla tanto di fase due e della fine del lockdown, mentre il Parlamento approva un ulteriore sforamento del deficit pubblico di 50 miliardi. Ma il conto che il Covid 19 presenterà al nostro Paese sarà pesantissimo. Proprio recentemente il Fondo Monetario Internazionale ha stimato in 9 mila milardi la distruzione del Pil nel mondo, l’Italia vedrà nel 2020 abbassarsi il pil del 9,1% (peggio di noi solo la Grecia!); la Francia e la Germania vedranno scendere, nel 2020, il pil del 7%, gli USA del 5,9%. Avremo un deficit statale del 150% del pil. Abbiamo a che fare con la crisi economica mai vista, addirittura peggiore della grande Depressione del 1930. Ed il ruolo nazionale del mondo del lavoro è fondamentale per la tenuta economica e democratica del nostro Paese.

Vivendo una fase di stagnazione della domanda e dell’offerta, di rivoluzione del mercato globale, che richiederà la riprogettazione del nostro sistema industriale, a livello organizzativo e di prodotto, saranno necessari, da subito, forti ammortizzatori sociali per superare una non breve fase intermedia, prima dell’avvio di un nuovo ciclo di sviluppo. A questo riguardo sono indispensabili i fondi europei SURE: 100 miliardi per gli ammortizzatori sociali, così come i 1500, 2000 miliardi dei Recovery Found che speriamo non diventino operativi a babbo morto...necessari per un grande piano di investimenti pubblici.

In questi giorni si è parlato di economia di guerra e di ricostruzione. Allora la mia memoria è andata al nostro secondo dopoguerra del secolo scorso, al 1949 quando Giuseppe Di Vittorio lanciò il Piano del Lavoro, proposta che venne apprezzata dall’allora presidente di Confindustria Angelo Costa. Ed ancora andando avanti nel tempo al 1986 quando Luciano Lama, in una condizione difficile del Paese, lanciò la proposta del “patto dei produttori”che era inserita “in una strategia che tende a coinvolgere lavoratori, giovani, disoccupati, forze economiche con interessi coinciden-ti, per un politica di sviluppo.”

 

E’ questo, a mio modo di vedere, l’impegno delle parti sociali nella gestione della nuova vicenda economica e sociale del nostro Paese che mi auguro veda come protagonisti CGIL CISL UIL che marcino verso l’unità sindacale.

 

Unità sindacale che la mia generazione di sindacalisti ha clamorosamente fallito e che oggi sarebbe un grande elemento di fiducia per il mondo del lavoro dipendente del nostro Paese. W il 1 Maggio.

 

Nicola Primavera

 

 

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#Iorestoacasa: al via le gite di primavera in un click

In attesa di tornare a camminare nella natura, #Iorestoacasa con i video del progetto LIFE Floranet.

Parte l'iniziativa social @Floranetlife alla scoperta delle specie floreali protette custodite nei parchi dell'Appennino Abruzzese

 

Da molte settimane, ormai, siamo tutti a casa per rispettare le norme di distanziamento sociale necessarie per evitare la diffusione della pandemia da Covid-19. Una condizione che ci accomuna alla popolazione di molti altri paesi, in Europa e nel Mondo, e che stiamo imparando a vivere, adattandoci a uno stile di vita inedito, che riconosce negli strumenti tecnologici e nei social media una risorsa importante, per lavorare in modalità smart, per tenerci in contatto con parenti e amici, ma anche per visitare musei e fare viaggi virtuali guardando lo schermo del nostro laptop, tablet o smartphone.

Ecco allora un pacchetto di “gite di primavera in un click”, perché, se non possiamo andare a camminare nei parchi, i parchi vengono da noi, con alcuni brevi video che ci mostrano la loro maestosa bellezza e alcuni dei fiori che si possono incontrare lungo i sentieri e nelle radure, specie endemiche che il progetto Life Floranet ha scelto per un grande intervento di salvaguardia.

Mettetevi comodi, quindi. Si comincia con le immagini del Parco nazionale della Majella, dove tra il fascino delle altre quote e incantevoli torrenti faranno capolino i fiori, che sono il filo conduttore delle nostre “gite”. L'iniziativa proseguirà, dando appuntamento settimanale, con i boschi rigogliosi del Parco nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise e, infine, con le magnifiche grotte e la dolcezza dei pascoli nel Parco regionale del Sirente Velino.

Il Cypripedium calceolus, meglio noto come Scarpetta di Venere, l'Iris marsica, l'Astragalus aquilanus, sono alcune delle specie floreali di interesse comunitario al centro di un grande progetto di tutela e valorizzazione nei Parchi naturali dell'Appennino abruzzese che oggi possiamo ammirare rispettando la regola #iorestoacasa.

In attesa di poterle vedere a distanza ravvicinata, organizzando una bella escursione nel territorio dei tre Parchi, le specie protette si mettono in mostra, dunque, via social. Ogni settimana, sulla pagina facebook e via twitter @Floranetlife, oltre che sul profilo Instagram @LegambienteLab, verrà postato un video, per cominciare bene o finire in bellezza la giornata.

Dopo i video, troveranno spazio sui social anche le meravigliose fotografie che hanno vinto il recente contest “Fiori appenninici. Bellezza in posa”, corredate da una breve descrizione delle specie floreali per imparare a riconoscerle e apprezzarle. In attesa, a fine maggio, del lancio del nuovo contest fotografico, che vedrà in gara scatti “rubati” all'interno del Parco regionale del Sirente Velino.

Life Floranet - www.floranetlife.it - vede coinvolto il Parco Nazionale della Majella, in qualità di ente coordinatore, insieme al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, al Parco Regionale Sirente Velino, all’Università di Camerino e Legambiente, allo scopo di tutelare le sette specie vegetali della flora appenninica di interesse comunitario oggetto del progetto, che è cofinanziato attraverso lo strumento Life dell'Unione europea. Nasce anche per informare e sensibilizzare turisti, operatori del territorio e comunità locali rispetto all'importanza della conservazione della biodiversità dei parchi.

 

 

 



 

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Bella Ciao. Un canto di pace e di libertà

 Bella Ciao. Un canto di pace e di libertà 

La canzone "Bella Ciao" trae l'ispirazione da un fatto contingente di guerra e narra la storia di un giovanissimo soldato, che è sul punto di morire. Da un fatto molto triste, il canto ascende al lirismo più delicato: essere seppellito lassù in montagna sotto l'ombra di un bel fior. Il soldato saluta i cari e l'amica con una Bella Ciao, che sublimizza la morte, l'amore per la vita, il dolore. E' un canto epico che non inneggia alla guerra, all'odio verso il nemico, ma raggiunge con delicatezza i più alti gradi della liricità. La canzone è stata interpretata anche in altre occasioni, fuori dalla nostra Penisola da comunità straniere ed ha trasmesso un messagio senza confini, spirituale. Rappresenta una piccola Iliade riguardante le sofferenze del mondo. È un canto di pace e di libertà. L'auspicio è che non sia tuttora interpretato come canto di divisione, ma di amore, di accettazione del dolore comune e della catarsi dell'umanità.

di Vittorio Morelli
storico, appassionato di antropologia culturale

 

 

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L’Europa matrigna e Conte uber alles

L’Europa matrigna e Conte uber alles


L’Europa non ci è né madre né sorella; è una matrigna avara e severa. Lo abbiamo visto durante la fase del governo giallo-verde quando siamo stati lasciati da soli a cavarcela con gli sbarchi dei migranti. Si diceva che fosse a causa di un governo sovranista e populista le cui tesi non trovavano accoglienza a Bruxelles. Le visite di Di Maio ai Gilet gialli e gli attacchi verbali ad alzo zero che Salvini riservava agli esponenti di governo delle altre nazioni non favorivano le intese. Si pagava anche l’inesperienza politica di Conte, Di Maio e Salvini. Non è con gli attacchi verbali che si ottengono le cose ma con un sapiente lavoro diplomatico che avrebbe dovuto coagulare intorno ai nostri interessi nazioni di un certo peso politico e con interessi convergenti, non certo l’Ungheria e i paesi di Viseguard!

IL CAMBIO DI GOVERNO

L’alleanza giallo-rossa sembrava far partire il nuovo governo con un piede diverso. La presidente della commissione Von der Leyen veniva eletta con i voti determinanti dei 5 stelle ed arrivava come contentino l’elezione di Sassuoli a presidente del Parlamento Europeo e la nomina di Gentiloni a membro della Commissione. Che si sia trattato di un contentino lo dimostra il comportamento di quelli che contano, Presidente della Commissione compresa, nel momento del bisogno. La Germania per fare il doppio gioco manda avanti l’Olanda a fare la cattiva. E così uno sputo di nazione che versa contributi proporzionati al suo Pil ha nei voti non un peso ponderato ma un voto che vale quello dell’Italia. Gli Eurobond non ci saranno, ci sarà però il MES depurato di condizionamenti dice Gualtieri. Sarà, però il PD si affretta a chiedere la realizzazione di una patrimoniale. Non è per caso una delle condizioni richieste dall’Europa? Meglio sarebbe l’emissione di Titoli di Stato nominativi, per evitarne una acquisizione da parte delle banche e degli speculatori, riservati alle famiglie italiane, a lunga scadenza, con un rendimento interessante e completamente detassati.

CONTE UBER ALLES

Talvolta un successo rapido e insperato può dare alla testa. Così è capitato a Renzi che si è ritrovato a fare il Presidente del Consiglio senza essere mai stato sottosegretario e ministro e senza essere neanche membro del Parlamento. Si voleva fare una legge elettorale ed una riforma della Costituzione tutta per se per garantirsi un lungo periodo di incontrastato governo. Aveva almeno affrontato le elezioni per la presidenza della provincia di Firenze, era stato eletto sindaco, aveva vinto le primarie ed era segretario del PD. Conte invece, Carneade chi era costui? Si è ritrovato Presidente del Consiglio dal nulla e già questo può aver indotto una super valutazione di se stesso, che sarà sicuramente aumentata quando in modo del tutto irrituale il presidente Trump, invece di limitarsi a fare le congratulazioni al nuovo Presidente del Consiglio, spingeva per il reincarico di Giuseppi. il nostro eroe che durante le dichiarazioni del primo incarico sbagliava nel leggere i fogli del discorso ,era diventato così sicuro di se durante l’agosto passato da scaricare su Salvini un vagone di insulti. Curioso che ci avesse governato per oltre un anno senza accorgersi di tutte queste malefatte, o accorgendosene di averle tollerate.

IL REGIME DI POLIZIA

Da un mese alcuni diritti costituzionalmente tutelati sono soppressi. Siamo rinchiusi a casa, ogni spostamento è proibito, e la strada è piena di polizia. Carabinieri e personale dell’esercito. Mancano solo i carri armati e i nidi di mitragliatrice. Tutto questo per il nostro bene, per sconfiggere la pandemia. I provvedimenti vengono presi per decreto. Anche in altre nazioni democratiche viene utilizzato questo strumento, ma prima di emettere i decreti il Governo si confronta con il parlamento e ne chiede l’autorizzazione. Da noi decreto si succede a decreto e quando si passa alla conversone in legge viene messa la questione di fiducia. Ricapitolando: tutti chiusi a casa e pene severe a chi trasgredisce, polizia, Carabinieri ed esercito per le strade, le elezioni comunali e regionali rinviate, tutto questo per decreto.

L’USO DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE DI MASSA.

Non vorrei che tutto questo potere quasi senza controllo abbia fatto venire in mente a Conte di essere un Ceausescu qualunque. Il timore viene dal considerare che lo scorso venerdì ha utilizzato i mezzi di comunicazione dello Stato per sferrare, con la scusa di illustrare un nuovo decreto, uno sgangherato ed inopportuno attacco alle opposizioni come se non ricoprisse la carica di Presidente del Consiglio ma quella di un Segretario di Partito. Se questi comportamenti fossero stati tenuti Salvini la sinistra che vede fascisti da per tutto avrebbe gridato addirittura al pericolo nazista

CHI VIGILA SULLA DEMOCRAZIA?

Vigilare perché la democrazia non venga incrinata è uno dei compiti più importanti della opposizione, una opposizione che non gode però di buona salute. Berlusconi è un leader squalificato e vigila sui resti di un partito personale un dì molto forte da un dorato esilio e non sembra avere grandi energie da profondere. Salvini dopo una collezione di errori dà poco affidamento e meno male che per protestare contro Conte abbia telefonato al Capo dello Stato evitando di citofonargli. La Meloni è una brava ragazza ma per stare più tranquilli ci vorrebbe una Merkel o addirittura una Tatcher. Mattarella è la nostra garanzia attuale, ma ci vorrebbe per questa necessità una forza di Centro equilibrata, aliena da ogni faziosità, piena di rispetto per la democrazia e la verità, pronta a servire lo Stato con abnegazione ed altruismo. Chi può dire che questa condizione difficile che attualmente stiamo vivendo non ne favorisca la nascita?

di Achille Lucio Gaspari

 

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Meritocrazia Italia: progettualità e sicurezza alla base del varo della fase due

 Meritocrazia Italia: progettualità e sicurezza alla base del varo della fase due

"La curva del contagio del Coronavirus sta iniziando fortunatamente a calare ed è doveroso iniziare a pensare alla "fase 2". Secondo le prime anticipazioni, vi sarà una ripresa limitata solo ad alcune attività produttive classificate a basso rischio, per le quali rimarranno tuttavia le regole sul distanziamento e continuerà ad essere incentivato lo smart working. La responsabilità del Governo in questo momento è elevatissima: l'entusiasmo dettato dal crescente abbassamento dei ricoveri e dei decessi non deve vanificare i sacrifici, in termini di vite umane e di paralisi delle attività produttive, sin qui compiuti. Il rischio di contagio è tutt'ora presente ed occorre prendere a modello le esperienze internazionali di "exit strategy", con una idea di contenimento che sia di lungo periodo. Innanzitutto occorrerebbe la costituzione di una catena di comando centralizzata ed autorevole, che tenga nel giusto conto il rango delle norme emesse, contemperando le esigenze emergenziali con i principi costituzionali". Lo affermano i referenti di Meritocrazia Italia.

"Al fine di evitare una fase 2 dai tempi indefiniti, con la possibile insorgenza di nuovi focolai, occorre finalmente colmare l'attuale carenza di dispositivi diagnostici. Prendendo a modello alcune esperienze internazionali virtuose, occorre tendere ad uno screening totale: ogni cittadino dovrà essere sottoposto a test in tempi ragionevoli. C’è da chiedersi anche in ordine ai costi ed alle energie spese in fase di emergenza se possono essere mitigati con uno screening della popolazione che può salvaguardare il lavoro e la salute dei cittadini italiani. Nelle more, bisognerebbe adottare strumenti di controllo digitale che attraverso i big data consentano il monitoraggio dei flussi di persone nel rispetto dei principi democratici.  Servirebbe infine un protocollo unico per l’intera nazione, con regole precise sul distanziamento tra i cittadini e sulle protezioni da adottare per i lavoratori, analizzando le esigenze delle varie tipologie di aziende pubbliche e private. Solo sulla base di questi imprescindibili presupposti si potranno contestualmente programmare le attività necessarie alla ripresa economica; innanzitutto quelle di supporto al settore sanitario, farmaceutico e agroalimentare, quelle ad altissima automazione per passare infine alla individuazione degli altri settori da sbloccare. Se la sicurezza non è al centro dell’obiettivo governativo tutto il resto diventa inutile. Nessun intervento, comunque, potrebbe mai essere efficace sul lungo periodo senza una strategia concordata con gli altri paesi europei. Diversamente, soprattutto a causa dei diversi tempi di diffusione del virus nella zona UE, il rischio di contagio di ritorno sarebbe inevitabile. In un momento come questo, una UE con una voce sola sarebbe auspicabile non solo per condividere le strategie, ma anche per rafforzarne il ruolo stesso a livello internazionale.  Ai fini di contenere definitivamente il contagio e favorire una ripresa comune, sarebbe opportuno che l’intera Unione Europea adottasse misure valevoli per tutti gli Stati membri. Meritocrazia Italia chiede che nel programmare la fase due il Governo tenga presente la pericolosità del contagio del virus affinché si eviti uno nuovo stop che possa decretare la fine di molte realtà lavorative anche di tipo artigianale. La scelta dovrà essere assunta in modo graduale attraverso l’adozione di procedure di sicurezza che possano durare nel tempo per migliorare la qualità del lavoro. Non deve essere persa l’occasione di salvaguardare in modo stabile la sicurezza sul lavoro, l’ambiente con la drastica riduzione delle immissioni in atmosfera o dei versamenti di prodotti industriali nei fiumi e nei mari, la ripresa economica, la valorizzazione del disagio sociale al fine di apportare idonee misure di sostegno, la gestione degli spazi pubblici, la riduzione sensibile della macchina burocratica ed infine la riduzione stabile della pressione fiscale".

 

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Una Via Crucis d’artista a San Valentino in Abruzzo Citeriore

Una Via Crucis d'artista a San Valentino in Abruzzo Citeriore

Il ceramista di Castelli, prof. Rinaldo Pardi, e le sue mattonelle a carattere religioso.

 

Questa Pasqua, segnata dall'emergenza per l'epidemia del Coronavirus è sicuramente diversa da tutte le altre che abbiamo vissute, dominata da un silenzio surreale ed ha come sfondo città quasi vuote, negozi chiusi e strade semideserte. I riti della Settimana Santa si stanno svolgendo in modo silenzioso; con l'aiuto della tecnologia molte processioni del Venerdì Santo in Abruzzo si svolgeranno in streaming. Manifestazioni molto sentite dalla popolazione abruzzese che si svolgevano ininterrottamente da molti secoli.

Lo studioso di abruzzesistica Alessandro Morelli propone una breve riscostruzione biografica dell'autore e una descrizione delle ceramiche poco approfondite finora.

“A San Valentino in Abruzzo Citeriore, in provincia di Pescara, nel bellissimo Duomo con i campanili gemelli, dedicato ai S.S. Valentino e Damiano è presente la Via Crucis in maiolica del ceramista Rinaldo Pardi, nato a Castelli nel 1898, partecipò a numerosi concorsi per l'arte ceramica in Italia, lavorò a Civitavecchia, Grottammare, Busto Arsizio. Egli fu insegnante e titolare di una manifattura ceramica negli anni '40 con grande ammirazione da parte del pubblico per le sue doti artistiche. Un esponente di grande importanza della tradizione ceramica abruzzese, con soggetti che potevano variare dai paesaggi, momenti della vita quotidiana fino alle scene bibliche. Morì a Castelli nel 1945.

Conservate presso il Duomo le stazioni in maiolica sono costituite da 14 pezzi di dimensione cm 45.0x30.0 (ciascuna), ornano le pareti entro cornici in legno con firma (sigla) dell'autore in basso a destra R.P.

Altre bellissime maioliche di bravissimi artigiani sono presenti nel Pescarese a Penne e Manoppello ad esempio.

Le stazioni in maiolica a S. Valentino in A.C. :

 

  • Gesù Cristo condannato a morte (I)

  • Gesù Cristo è caricato della croce (II)

  • Gesù Cristo cade la prima volta (III)

  • Gesù Cristo incontra la Madonna e le pie donne (IV)

  • Gesù Cristo aiutato dal cireneo a portare la croce (V)

  • Gesù Cristo è asciugato dalla Veronica (VI)

  • Gesù Cristo cade la seconda volta ( VII)

  • Gesù Cristo consola le donne di Gerusalemme (VIII)

  • Gesù Cristo cade la terza volta (IX)

  • Gesù Cristo è spogliato delle vesti (X)

  • Gesù Cristo inchiodato alla croce (XI)

  • Gesù Cristo muore in croce (XII)

  • Gesù è deposto dalla Croce e consegnato alla Madre (XIII)

  • Gesù Cristo deposto nel sepolcro (XIV) 

  • TUTTE LE FOTO DAL LINK: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=2837570123032473&id=202280223228156

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La guerra al Covid-19 e quella vissuta dai nostri padri e nonni

I bollettini di guerra

Nelle case dei nostri nonni non mancava mai una carta geografica delle zone di operazioni appesa al muro con delle bandierine montate su uno spillo che venivano spostate secondo i bollettini di guerra editi ogni giorno e che venivano ascoltati alla radio con grande apprensione. Tranne dove venivamo aiutati dai tedeschi c’era sempre un movimento di ritirata in Albania come in Nord-Africa fino allo sbarco degli alleati in Sicilia. Anche noi abbiamo i nostri bollettini; sono quelli della Protezione Civile che ci fanno vedere come avanza il Cov-19 e ci danno il conto dei morti e feriti (i contagiati e i deceduti a causa della polmonite interstiziale). Quando le cose si misero male per l’esercito italiano le famiglie erano costrette in casa dal coprifuoco. Anche noi da quando le cose si sono messe male abbiamo il nostro coprifuoco ancora più duro perché è integrale e vige giorno e notte.

Gli inizi della guerra

Quando il 10 giugno 1940 ci fu la dichiarazione di guerra mio nonno Ettore che era di Francavilla al Mare ma viveva a Roma dall’età di tre anni si precipitò come tanti altri a riempire la cantina di generi alimentari. Allo stesso modo abbiamo fatto noi all’inizio delle restrizioni del movimento, assaltando quasi negozi e supermercati. Quando il 18 giugno 1940 ci fu l’armistizio con la Francia tutti pensavano che la guerra lampo fosse finita. Ci fu una grande euforia, le persone si riversarono nelle strade e nei locali da ballo; per evitare che i viveri accumulati andassero a male (allora nessuno aveva frigoriferi e surgelatori) si organizzarono pranzi e cene con amici e parenti che finivano in mangiate pantagrueliche. Sappiamo bene come poi andò a finire. Sarà bene pertanto, quando le restrizioni verranno mitigate, agire con molta prudenza, non credere che il nemico sia stato sconfitto in modo definitivo e comportarsi di conseguenza.

 

L’entrata in guerra nel 1940

Nel giugno 1940 Mussolini decise di entrare in guerra; la guerra odierna non siamo stati noi a dichiararla ma qui iniziano le similitudini.  L’esercito italiano era assolutamente impreparato: le artiglierie erano quelle austriache preda di guerra del 15-18, le forze corazzate inadeguate e l’aviazione dotata di aeroplani che non potevano reggere il confronto con quelli nemici. Questo stato di cose Mussolini lo sapeva benissimo ma ad una politica guerrafondaia non corrispondeva una adeguata preparazione. Nonostante queste condizioni, il Governo Fascista giocò la carta del confronto militare convinto che sarebbe stato breve ed in pratica già vinto dall’alleato tedesco. La pace di Versailles aveva creato condizioni favorenti un nuovo conflitto e questo Mussolini lo sapeva benissimo ma non si era preparato a sufficienza. Che una grave pandemia virale avrebbe potuto colpire il mondo in modo simile a quanto accadde con l’epidemia di Spagnola i micro biologi lo segnalavano da molto tempo. Negli ultimi venti anni però c’è stata una corsa a tagliare letti, a chiudere ospedali e a bloccare le nuove assunzioni di medici ed infermieri. Per completare questo improvvido comportamento ci hanno pensato gli ultimi due governi ad utilizzare risorse economiche per la pensione a quota cento e al reddito di cittadinanza invece di assumere medici e infermieri, riaprire ospedali, aumentare il numero di letti di rianimazione e renderci autonomi per quanto riguarda la produzione di respiratori automatici e di mezzi di protezione individuale

 

L’andamento della guerra

Mussolini ordinò a Graziani che comandava le forze in nord africa di passare all’offensiva senza che quelle armate avessero i mezzi per sostenere una battaglia contro forze motorizzate e corazzate.  Evidentemente si sopra valutava e si sentiva sicuro. In modo non dissimile il nostro governo ha all’inizio di gennaio pensato, visto le notizie provenienti dalla Cina, che la cosa non ci riguardasse, ed in seguito, almeno nella fase iniziale riteneva che ogni preparativo fosse stato fatto, e che comunque il problema non era serio. Al riguardo ci sono state infatti numerose le dichiarazioni di membri del governo e di esponenti politici che tendevano a rassicurare la popolazione e questo fallace sentimento di sicurezza è stato probabilmente fonte di un ampliamento dei casi di contagio. Quando la percezione del pericolo è stata chiara, i medici e gli infermieri, veri eroi come quelli che scrissero durante la prima guerra mondiale sui muri di una casa diroccata “tutti eroi! O il Piave o tutti accoppati “sono andati alla battaglia contro il Covid 19 senza le necessarie protezioni e ci sono stati almeno una sessantina di caduti e un gran numero di feriti (contagiati).  Quando si verificò la rotta di Caporetto il comandante in capo dell’Esercito Italiano generale Cadorna dette la colpa ai soldati accusandoli di vigliaccheria. Quando durante questa epidemia le cose sono andate aggravandosi, qualcuno ha pensato bene di dare la colpa ai medici di Codogno tanto da far allertare la Procura della Repubblica competente per territorio. Nel momento dell’estremo pericolo sulle trincee del Piave accorsero i ragazzi del 99 e tanti volontari di tutte le età. Con lo stesso coraggio, con la stessa generosità, con lo stesso sprezzo del pericolo tantissimi medici e infermieri sono accorsi per portare aiuto dove ce ne era più bisogno

 

Il tradimento degli alleati

La prima guerra mondiale fu vinta con il contributo non trascurabile degli italiani che pagarono il prezzo di 650 mila morti e un milione di feriti e mutilati. Al momento delle trattative di pace gli alleati disattesero le condizioni stabilite nel patto di Londra; favorirono con il loro comportamento il sorgere del mito della vittoria mutilata ed il nascere del Fascismo .Ora di fronte alla grave crisi economica che si è determinata non per nostra responsabilità ma per un evento esterno alcune nazioni del nord Europa sostenute dalla Germania, ci voltano le spalle e ci dicono che sono fatti nostri e se proprio vogliamo un aiuto economico si apprestano a porci condizioni capestro. Si può a ragione temere che questo comportamento amplifichi a dismisura i sovranismi e metta a grande rischio la sopravvivenza stessa delle istituzioni europee.

 

Che tipo di pace ci aspetta?

La prima guerra mondiale terminò con una grande vittoria, la seconda invece con una resa senza condizioni. Come andrà questa volta? Nel conflitto del 15-18 venne cambiato il comandante supremo e al posto di Cadorna subentrò Diaz famoso anche per il bollettino della vittoria da lui firmato. Oggi alcuni ritengono che sia opportuno sostituire Conti con Draghi ma mi sento di escludere che questo possa accadere. Poiché non ci sarà una resa incondizionata non ci saranno neanche processi sommari perché alla fine questa guerra la vinceremo. Solo allora tutti i nodi verranno al pettine, forse con una Commissione Parlamentare di Inchiesta come si fece per l’episodio di Caporetto. Ora non è il momento di pensare a questo. Ora è il momento che tutti si assumano le proprie responsabilità e lo facciano con convinzione e con ottimismo. Questo tsunami non sarà una cosa passeggera, lascerà nei nostri cuori un sentimento forte. Sia singolarmente che a livello di famiglia e di sociatà dovremo rivalutare i nostri comportamenti, scartare quelli erronei, implementare quelli corretti e forse alla fine ci troveremo in un mondo migliore.

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Dalla Fimmg, al pronto soccorso, fino al personale in corsia, ecco le voci critiche di chi è in prima linea: troppi malati gravi in attesa e ospedali in ginocchio

Dalla Fimmg, al pronto soccorso, fino al personale in corsia, ecco le voci critiche di chi è in prima linea: troppi malati gravi in attesa e ospedali in ginocchio
 
Nel mirino i modelli organizzativi messi in atto. Così crescono i morti tra medici e pazienti. Il caso Bergamo in una lettera dei medici ospedalieri: epidemia fuori controllo

“Cominciamo a dire che c'è una grave mancanza di dispositivi di protezione individuale per i medici di famiglia, ed io di eroi morti non ne voglio più. Sono 30 i decessi di camici bianchi registrati. Più della metà di questi erano medici di famiglia. Già partiamo male, quindi…”. Lunga, rigorosa con più di una nota di sfiducia verso la carenza di sistemi di protezione per i medici e “i modelli” organizzativi delle Regioni, delle Asl e ospedali che seguendo ciascuno un protocollo si è arrivati ad una situazione di una difficoltà enorme. Il tutto sembra tenersi in piedi grazie grazie al senso di dovere e sacrificio del personale sanitario, mentre i cosiddetti modelli organizzativi non hanno tenuto conto delle troppe emergenze, come nel caso di pazienti che vedono nei medici di famiglia l’unico punto di riferimento, oppure del personale sanitario più esposto, come gli operatori delle squadre del 118. Da questo scenario di pesanti difficoltà arrivano le prese di posizione del segretario generale della Federazione italiana medici di medicina generale (Fimmg), Silvestro Scotti, e di Mario Balzanelli, presidente nazionale della Società Italiana Sistema 118. Entrambi per versanti diversi arrivano ad analisi che coincidono nel mettere in discussione i modelli organizzativi finora messi in campo per tutelare e prendere in carico i malati. Qualcosa non funziona tanto che a pagarne le conseguenze oltre ai malati è il personale sanitario.
A raccogliere le forti preoccupazioni così come le possibile soluzione è il
Quotidiano Sanità. Il presidente della Fimmg, Silvestro Scotti entra subito in argomento e osserva sconsolato: “Io vado a casa del paziente, ma non posso fare terapia né tamponi", dice il segretario dei medici di famiglia. Stesso discorso per il presidente della Società italiana sistema 118, Balzanelli: "Intervenire con il ricovero e l’inizio delle cure quando il paziente è già caduto in una condizione di grave insufficienza respiratoria acuta è assolutamente inappropriato". Parole che cadono in uno scenario che di giorno in giorno si fa più difficile: in Italia nelle ultime 24 ore c’erano oltre 69.000 i casi totali di Covid-19 e più di 6.800 i morti. Di questi decessi, il 61,2% si concentra nella sola regione Lombardia, la regione più colpita dall'epidemia, con quasi 31mila persone contagiate (di cui 54mila ancora positive), 9.700 pazienti affetti ricoverati in ospedale, dei quali 1.194 in terapia intensiva, che da soli costituiscono il 43% del totale dei ricoveri Covid-19 in Italia. Tutto questo in un contesto dove Governo e Regioni hanno deciso chiusure, blocchi, per imprese e famiglie, fino agli
incrementi di posti letto per le terapie intensive ed i reparti di penumologia ed infettivologia. Uno scenario, tuttavia, che cambia quotidianamente in una altalena di sforzi, di dati, di numero di morti che crescono, di guariti e di nuovi contagi. In prima linea ad affrontare questo inferno ci sono i medici e tra questi i più esposti quelli di famiglia e gli ospedalieri. Le parole di Scotti e Balzanelli, raccolte da Giovanni Rodriguez, sono una analisi chiara di ciò che non sta andando bene. Il dito è puntato contro i modelli organizzativi che riguardano un po’ tutta l’Italia dove ogni Regione è in affanno, dove le criticità diventano sempre più evidenti. Per Scotti, ad esempio, quanto accade in Lombardia "è anche dovuto anche al modello lombardo di medicina del territorio. A differenza del Veneto, dove questo è molto strutturato in distretti, territorio e servizi di prevenzione, in Lombardia si è puntato da tempo su un modello diverso che era stato strutturato sulla cronicità con le cooperative lombarde della medicina generale, che oggi non reggono rispetto ad un territorio che richiede servizi per acuti e modelli organizzativi utili nella prevenzione e nel contenimento e non hanno gli strumenti per convertirsi ed essere di supporto in questa situazione ai medici di medicina generale”.
“C'è un completo scollamento”,
osserva il segretario della Fimmg, “tra struttura territoriale e Aziende, e quindi il sistema si concentra negli ospedali con tutti i problemi che stanno venendo fuori". Poi c’e il grave irrisolto problema legato alla “tempistica della diagnosi”. Una questione che diventa drammatica per chi in isolamento avverte i sintomi della malattia che potrebbero evolvere in modo esponenziale. "L’identificazione rapida legata al tampone, e non a criteri epidemiologici, rallenta la diagnosi", fa presente Scotti. Ma quello che è più rilevante, osserva l’esponente della Fimmg, è la carenza di linee guida che consentano ai medici di famiglia di poter intervenire con protocolli terapeutici condivisi.
"Io vado a casa del paziente, ma non posso fare terapia né tamponi. Il tutto”, sottolinea Scotti, “in assenza di dispositivi di protezione individuale adeguati a proteggermi. Spiegatemi a questo punto cosa vado a fare nelle case, a parte per assistere alla morte dei miei pazienti o per azioni palliative e per infettarmi?". C’è il problema dei tempi - che ormai appaiono ingestibili - della presa in carico dei pazienti in isolamento a quando la malattia progredisce. A spiegare come il modello del ritardare la presa in carico del paziente e concentrare tutti i malati in ospedale si stia rivelando un danno è Mario Balzanelli, presidente nazionale della Società Italiana Sistema 118 (Sis 118): "La linea strategica sanitaria nazionale indica l’ospedalizzazione alla comparsa di affanno (dispnea) e questo per evitare l’ospedalizzazione di un numero troppo alto di pazienti con sintomatologia più lieve. Ma per questi ultimi, che restano a casa in isolamento e che nella maggior parte dei casi vengono trattati quasi esclusivamente con paracetamolo, c’è il rischio crescente di un progressivo peggioramento della funzionalità polmonare con la rincorsa successiva al ricovero quando magari diventa troppo tardi o comunque con condizioni cliniche molto gravi".
"Quando compare la dispnea, infatti, il danno, strutturale e funzionale, del polmone è assai avanzato”, fa presente Balzanelli, “Subito dopo la comparsa di dispnea, come verificato sistematicamente nella nostra esperienza quotidiana, l’insufficienza respiratoria acuta tende a precipitare in tempi rapidissimi, imponendo non solo ossigenoterapia ad alti flussi ma, molto spesso, troppo spesso, il ricovero nelle unità operative di terapia intensiva, con intubazione del paziente, coma farmacologico, e ventilazione meccanica invasiva e con netto peggioramento della prognosi. Intervenire con il ricovero e l’inizio delle cure quando il paziente sia già caduto in una condizione di grave insufficienza respiratoria acuta è, a nostro parere, assolutamente inappropriato, e configura, sul piano clinico, un vero e proprio errore di programmazione e di gestione dell’epidemia". A fare da eco
al presidente nazionale della Società Italiana Sistema 118,
contro un modello di gestione di presa in carico dei pazienti incentrato solo sui ricoveri sono stati anche i medici dell'ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Parliamo di una struttura all'avanguardia con 48 posti di terapia intensiva, al centro della battaglia contro il virus nel bergamasco. In una lettera pubblicata sul New England Journal of Medicine Catalyst Innovations in Care Delivery, scrivono i medici: "A Bergamo l'epidemia è fuori controllo. Il nostro ospedale è altamente contaminato e siamo già oltre il punto del collasso: 300 letti su 900 sono occupati da malati di Covid-19. Più del 70% dei posti in terapia intensiva sono riservati ai malati gravi di Covid-19 che abbiano una ragionevole speranza di sopravvivere".
"Stiamo imparando che gli ospedali possono essere i principali veicoli di trasmissione del Covid-19”, proseguono i 13 medici del Papa Giovanni XXIII nella lettera denuncia, “poiché si riempiono in maniera sempre più veloce di malati infetti che contagiano i pazienti non infetti. Lo stesso sistema sanitario regionale contribuisce alla diffusione del contagio, poiché le ambulanze e il personale sanitario diventano rapidamente dei vettori. I sanitari sono portatori asintomatici della malattia o ammalati senza alcuna sorveglianza. Alcuni rischiano di morire, compresi i più giovani, aumentando ulteriormente le difficoltà e lo stress di quelli in prima linea". Ma a questo punto, tra modelli di intervento, messi in discussione, dubbi e allarmi di focolai in ogni zona d’Italia, cosa propongono i medici, per cercare di bloccare contagi, malati e decessi? Una proposta è legata alla rapidità degli interventi e sulla dotazione tecnologica.
“Cure a domicilio e cliniche mobili per evitare spostamenti non necessari e allentare la pressione sugli ospedali”, scrivono i medici del Papa Giovanni XXIII, “Bisogna creare un sistema di sorveglianza capillare che garantisca l'adeguato isolamento dei pazienti facendo affidamento sugli strumenti della telemedicina. Un tale approccio limiterebbe l'ospedalizzazione a un gruppo mirato di malati gravi, diminuendo il contagio, proteggendo i pazienti e il personale sanitario e minimizzando il consumo di equipaggiamenti di protezione".
“Negli ospedali”, concludono, “si deve dare priorità alla protezione del personale medico. Non si possono fare compromessi sui protocolli. Le misure per prevenire il contagio devono essere implementate in maniera consistente". Dalla città di Bergamo che rimane la più colpita per numero di contagi, di decessi, non sono solo i medici dell’ospedale Papa Giovanni XXIII a parlare di ciò che non va. A scendere in campo è il sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, durante una videochiamata con il sindaco di Bari e il presidente dell’Anci, Antonio Decaro, ha lanciato un drammatico allarme: "Oggi qui non siamo in grado di portare tutti in ospedale e quindi succede che molte persone muoiono a casa, molte più di quante vengano contabilizzate ogni giorno per il virus. Ho fatto una ricerca mettendo insieme il dato del mio Comune e di altri 12 con i dati dell’anagrafe sui morti e il rapporto è di quattro a uno: per ogni persona che risulta deceduta con diagnosi di Coronavirus ce ne sono altre tre per le quali questo non è accertato ma che muoiono di polmonite".
Cambi di rotta però non se ne intravedono. Ad oggi, anche seguendo gli annunci giornalieri della Protezione Civile, rivela QuiSanità, “sull'acquisto di respiratori e sull'ampliamento delle dotazioni di posti letto di terapia intensiva, sembra che l'approccio all'epidemia continui a concentrarsi sulla presa in carico ospedaliera che dovrebbe essere l'ultima ratio per diversi motivi: attesa di un aggravamento del quadro clinico dei pazienti, mancanza di adeguati dispositivi di protezione individuale per il personale sanitario e possibile insorgere di focolai ospedalieri.
Il contenimento della curva epidemica dovuto al lockdown nazionale sembra al momento funzionare. Ma un approccio unicamente ospedaliero potrebbe risultare ancora più pericoloso al Sud, dove molte regioni non possono di certo contare su quelle dotazioni strutturali che caratterizzano Lombardia, Veneto o Emilia Romagna”.  Infine, qualcosa emerge oltre alle terapie intensive, negli ospedali, infatti, si attua dice possibile una sorta di protocollo terapeutico sperimentale con l’utilizzazione di diversi prodotti off label già usati in Cina e ormai in molte altri Paesi toccati dall’epidemia.
Ma sul territorio non c’è nulla di tutto questo. Le uniche indicazioni diramate fino ad oggi per l’assistenza domiciliare ai pazienti Covid sono quelle dell’Istituto superiore sanità, che però si limitano nel dare “Indicazioni ad interim per l’effettuazione dell’isolamento e dell’assistenza sanitaria domiciliare nell’attuale contesto Covid-19”, quindi sull'osservazione dei sintomi per i pazienti in isolamento e sull'attivazione del sistema di emergenza quando la situazione clinica degenera e si rende necessario il ricovero ospedaliero. Infine il capitolo, di speranza di cura farmacologica, per Covid 19, finirà non c’è nulla, ma ci si affida a farmaci usati per altre patologie, che sono presenti sul mercato.
Diversi medici di famiglia iniziano a scambiarsi tra loro protocolli di terapia domiciliare che includono la somministrazione di clorochina e idrossiclorochina che, bloccando l'endocitosi cellulare, che potrebbe ridurre l'ingresso del virus. Non a caso sembra che sia ormai quasi introvabile in farmacia il Plaquenil. Il tutto in attesa del prossimo bollettino della Protezione civile, del picco da superare, e se il distanziamento sociale del stare a casa, funzionerà.

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Abruzzo. Appello di due medici: formiamo una task force di medici e infermieri “riservisti”. Aiutiamo chi ha urgente bisogno

Abruzzo. Appello di due medici: formiamo una task force di medici e infermieri “riservisti”. Aiutiamo chi ha urgente bisogno

I promotori Palumbo e Tenaglia: necessari nuovi reparti di terapia intensiva e sub intensiva. Siamo a disposizione del presidente della Regione.

Sono pronti a dare un prezioso aiuto, determinati a unirsi a quanti tra medici e infermieri sono in prima linea nella lotta contro il coronavirus. A lanciarsi con determinazione nel progetto/appello chiamato “i riservisti”, sono due esponenti di lungo corso della medicina abruzzese, il dottor Walter Palumbo e il professor Raffaele Tenaglia che scrivono al presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio che in questi giorni ha lanciato un allarme sulla necessità di più medici per dare sostegno in corsia a chi da giorni si sottopone a turni lunghi e massacranti.
“Egregio Presidente
siamo un gruppo di operatori sanitari tra medici e infermieri”, spiegano Palumbo e Tenaglia, “e di operatori socio-sanitari, per lo più pensionati abituati a vivere in Ospedale, in sala Operatoria e in Rianimazione., che hanno deciso di organizzare fra di loro una task force volta a condividere un percorso comune per dare una mano a coloro che in questo momento di emergenza sanitaria sono in prima linea negli ospedali della nostra Regione.
Abbiamo deciso di chiamarci “I riservisti” perché nel passato in periodo di guerra, e questa lotta contro il Coronavirus è una guerra, il Paese per aumentare la sua forza combattiva richiamava in servizio coloro i quali avevano lasciato il servizio militare attivo”. Nel merito Walter Palumbo e Raffaele Tenaglia, chiariscono come intendono raccogliere, unire e gestire il gruppo di supporto tra chi ha già aderito e a quanti risponderanno all’iniziativa. Un progetto di coinvolgimento che per ora unico in Italia.
“Abbiamo voglia, anticipando anche le richieste dei Presidenti delle Regioni Lombardia e Puglia in particolare, di far trovare pronto questo ‘gruppo di supporto’. Come?”, spiegano i due medici, “Facendo e selezionando chi può fare cosa, con la guida determinante di rianimatori che potrebbero avere sostituti e soprattutto, aprendo nuovi spazi (un reparto di almeno 50 posti di Intensiva, Sub-intensiva e di Medicina Generale) avrebbero quei giusti rapporti professionali per farlo. Non spetta a noi indicare dove, ma cominciare a fare delle prove di preparazione, sarebbe opportuno e potrebbe dimostrarsi determinante per affrontare questa terribile fase.
Le chiediamo quindi di utilizzare queste competenze e di far presto a trovare le soluzioni logistiche per l’aumento di posti letto, specialmente quelli per la terapia intensiva, per non doverci trovare impreparati a un aumento spropositato di richieste di ricovero come purtroppo sta avvenendo nelle Regioni del nord Italia.
Crediamo che la cosa migliore che possiamo aspettarci noi che viviamo in Abruzzo e Molise, è saper che si sta allestendo un nuovo reparto di 100-150 posti letto di Terapia Intensiva, Sub-intensiva e di ricovero cautelare.
Ci permettiamo”, continua la lettera dei due medici, “di suggerire che ci sono strutture sanitarie, per lo più Ospedali riconvertiti per altre esigenze assistenziali pronti per questa esigenza, in pochi giorni, dove potremmo cominciare subito una fase di simulazione.
Fra questi gli Ospedali di Atessa, Casoli, Gissi, Guardiagrele, Pescina e Tagliacozzo che, unitamente agli Ospedali di Atri, Penne e Popoli potrebbero essere destinati al ricovero di pazienti non affetti da Coronavirus lasciando agli ospedali di Avezzano, Chieti, Giulianova, Lanciano, L’Aquila, Pescara, Penne, Sant’Omero, Sulmona, Teramo e Vasto la cura dei pazienti affetti da Coronavirus.
Ascolti al riguardo anche gli appelli dei Sindaci che le hanno fatto già richieste, specie il Sindaco di Guardiagrele e quello di Atessa”. Infine la richiesta di un incontro urgente,
“In attesa di ricevere Sue notizie”, concludono Walter Palumbo e Raffaele Tenaglia, “e, magari di incontrarla per condividere il nostro progetto, La salutiamo caldamente”.

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Ecco Meritocrazia Italia: valorizzazione del merito e dell’equità sociale

 Ecco Meritocrazia Italia: valorizzazione del merito e dell'equità sociale

Sono Micaela De Cicco, Coordinatore Regionale per l’Abruzzo di Meritocrazia Italia, Movimento socio culturale senza fini di lucro, nato all’incirca un anno fa con l’intento di realizzare un progetto aggregativo, fondato sulla valorizzazione del merito e dell'equità sociale, al fine di favorire la riscoperta di valori fondamentali e condurre l’Italia verso una gestione della Cosa Pubblica più vicina al cittadino.

Il Movimento conta circa 2500 iscritti, dislocati sul territorio di ogni Regione, ed in ognuna di esse è istituito un coordinamento regionale.

Il Movimento al suo interno è organizzato in Dipartimenti settoriali, gli associati all’interno dei Dipartimenti si confrontano quotidianamente su temi di interesse sociale, culturale, politico ed ambientale, nell’ambito di uno spazio concreto di dialogo costruttivo e propositivo, realizzando un vero e proprio laboratorio di idee e di progetti, proponendo soluzioni o semplicemente segnalando iniziative ed esperienze virtuose da condividere.

Al contempo, Il Movimento ha elaborato una vasta gamma di lavori quali pubblicazioni , proposte, interviste, tutte a beneficio dell’intera collettività con spirito propositivo a favore di tutti e mai contro nessuno. Questi lavori sono visionabili sulla piattaforma online www.meritocrazia.eu, sulla pagina Facebook Nazionale del Movimento “L’Italia che merita” nonché sulla pagina Regionale dell’Abruzzo; in quest’ultima sono presenti anche e soprattutto i lavori e le iniziative a carattere regionale.

L’auspicio è quello di poter fungere da raccordo tra le istanze dei cittadini, alle quali si vuole dar voce, e le istituzioni, divenendo un punto di riferimento per tutti coloro i quali abbiamo voglia di esprimersi.

Nell’attesa di un Vostro contatto per un’eventuale approfondimento, per il quale mi pongo sin d’ora a disposizione, l’occasione mi è gradita per porgere i miei migliori saluti.

Il Coordinatore della Regione Abruzzo- Micaela De Cicco

 

 

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